Il nostro sistema soffre di un eccesso di produzione legislativa, l’Italia è sommersa da circa 200 mila leggi contro le poche migliaia di molti altri paesi.
Saranno giusti questi conti? Forse no, forse sono eccessivamente prudenti o esagerati, sta di fatto che l’allarme a me pare giustificato.
Troppe leggi creano guai: fanno perdere autorità alla leggeproducendo incertezza nel diritto.
Le nuove norme molto spesso non sono che la reiterazionedi norme esistenti di fatto inapplicate. Si ha come l’impressione che vengano approvate solo come bandiera di una campagna propagandistica, oppure per sfilare alla magistratura la funzione interpretativa.
La produzione legislativa è tale che ha di fatto snaturato il parlamento: i tempi per l’esame, il dibattito e l’analisi dei provvedimenti si sono ridotti drasticamente quando non sono stati annullati. La differenza con la catena di montaggio del calzaturificio si fa impercettibile.
Il vecchio Bismarck diceva: “se ti piacciono le salsicce e le leggi, non chiederti come vengono fatte”.
Esempio canonico: viene approvato un provvedimento che contempla una riduzione delle indennità parlamentari, dopodiché si provvede prontamente alla modifica. L’aspetto grave non è costituito dalla celere modifica ma dal fatto che si approvino leggi senza conoscerne il contenuto.
Questo modo di procedere è la migliore giustificazioni per pianisti e assenteisti.
Ma è anche la premessa ideale della corruzione: ci mostra quanto sia facile far passare una legge gradita alla propria lobby nel disinteresse generale. Quando chi vota non sa cosa vota le minoranze organizzate la fanno da padrone.
Del resto, che i voti si comprino è un dato di fatto che rileviamo dai cospicui finanziamenti della campagna elettorale. I generosi finanziatori non fanno altro che un comunissimo investimento: acquistano in anticipo quei favori legislativi che evidentemente valgono di più di quanto spendono.
Una volta in parlamento ogni eletto si concentra sulla sua leggina senza curarsi troppo di quella altrui: del resto i finanziatori di Tizio lo hanno foraggiato per avere il loro piccolo privilegio (deduzione, detrazione, esenzione, licenza, esclusiva…) non per stoppare le leggine proposte da Caio.
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Come porre rimedio? Si potrebbe agire sul processo di selezione dei nostri rappresentanti politici.
Oggi per essere eletti bisogna essere popolari e per rendersi popolari bisogna spendere ed essere finanziati.
Su questa esigenza fanno leva le lobby quando mirano ad avere una “leggina” tutta per sé.
Notare il domino: elezioni, campagna elettorale, spesa pubblica e fiscalità sono strettamente collegate.
Una misura che eliminerebbe il potere dei partiti, il costo delle campagne elettorali, l’utilizzo della spesa pubblica e della fiscalità come strumenti di acquisizione del consenso, e che ridurrebbe drasticamente la corruzione è costituita dall’abolizione delle elezioni, affidando la scelta dei rappresentanti politici al sorteggio, come accade per le giurie popolari.
Anche il ruolo del partito sarebbe ridotto a quello di “circolo di discussione”.
Ci sarebbero molte più donne e molta più varietà. Oltretutto, nessuno avrebbe l’arroganza di dire che “rappresenta il paese“. Si tratta di parole decisamente disturbanti.
I sorteggiati probabilmente sarebbero privi di esperienza politica. Ma abbiamo fatto esperienza di politici di esperienza e non è stata una grande bella esperienza :-).
E poi, che razza di democrazia è quella in cui l’attività politica è possibile solo ad una élite di mandarini?
Gli “incompetenti” in parlamento potrebbero essere un modo per arrivare alla sospirata semplificazione. Con la loro grettezza procederebbero ad una sorta di disboscamento.
Ma l’aspetto fondamentale è che grazie al sorteggio nessuno avrebbe più incentivi a rendersi popolare e ad acquisire consenso. Si cercherebbe di far bene nell’interesse di tutti per essere ricordati con gratitudine.
L’obiezione principale è che così facendo ci priveremo di quello che è considerato il fondamento stesso dellalegittimità democratica: il diritto di scegliere i nostri rappresentanti con il voto.
Si può rispondere che il meccanismo antidemocratico proposto passa comunque il test costi-benefici. Inoltre, non consegna il potere ad un temibile dittatore ma al caso, ovvero ad un’entità tutto sommato più affidabile dei politici.
Una proposta del genere ha del paradossale e molti pensano che non meriti nemmeno di essere discussa. Ha comunque la virtù di mettere in luce le radici dell’abuso della politica che è la causa dei nostri problemi.
Ci sono poi forme più moderate – e verosimili – di questo approccio: si potrebbe sorteggiare un numero limitato di parlamentari, lasciando il resto a libere elezioni. In questo modo l’obiezione di “democraticità” verrebbe affievolita. Si potrebbe poi circoscrivere il sorteggio a categorie di cittadini che offrono certe garanzie, per esempio cittadini in possesso di titoli specifici. In questo modo si rintuzza l’obiezione dell’incompetenza e, anzi, si attuano forme di epistemocrazia. Coniugato con un basso numero di parlamentari e un cospicuo vitalizio (non si nega un vitalizio a chi in fondo non se l’è cercato) si potrebbero fronteggiare i rischi di corruzione a posteriori.
È chiaro poi che il ruolo dello “specialista” si trasferirebbe sul burocrate. Ma forse che oggi non è già così? La cosa sarebbe solo più esplicita e avrebbe l’ulteriore virtù di rendere visibili i reali poteri forti in un regime democratico.
Detto questo ammetto di non nutrire particolare fiducia in questa soluzione: il voto è una forma di espressione di cui la gente ha bisogno per tranquillizzarsi. Potrebbe anche prendere coscienza che non serve a nulla, potrebbe anche realizzare che i costi sono inferiori ai benefici, potrebbe anche essere razionale per un momento, ma poi vorrebbe indietro il suo giocattolo, il suo “ciuccio”, l’unica cosa che la calma e la rende pacifica: il voto.