This empirical analysis seeks to determine which institutional arrangement, capitalism or democracy, tends to be more effective at improving women's well-being and promoting gender equality in society. Country-specific indexes measuring the degree of economic freedoms that exist within the market and the degree of political rights that exist within a democracy are used in a panel data analysis to explain the observed levels of various quality of life measures reflecting issues that are relevant to women. These empirical results indicate that capitalism often has a stronger beneficial impact on many aspects of women's well-being and gender equality in society
Ci si sgola per spiegare che dobbiamo affrontare la nostra crisi di bilancio senza toccare il welfare.
Eppure i fatti parlano chiaro: il modo più efficace per ridurre il debito, se non l' unico, consiste nel tagliare il welfare:
By Andrew G. Biggs, Kevin A. Hassett, Matt Jensen
Most developed countries face the need for significant policy changes to balance their budgets over the long run. Yet there is significant disagreement in the literature concerning the identification and impact of successful fiscal consolidations. In this paper, we explore the impact that differing assumptions and methodologies have on conclusions, and derive bounds across specifications that can be used by policymakers in designing their own reforms. Using cyclically adjusted panel data for select OECD countries from 1970-2007, we explore how the compositions of successful and unsuccessful consolidations differ for varying definitions of success. While conclusions about the growth impact of reforms vary depending on methodology, we find that there is much less disagreement concerning composition. Specifically, we find strong evidence that expenditure cuts outweigh revenue increases in successful consolidations. We also find evidence that the type of the spending cuts is an important determinant of success, as is the type of tax increases. We use these results as a guide, and discuss specific proposals for reducing the United States' deficit that draw on the lessons from past consolidations.
Non manca mai poi chi chiede una maggiore spesa governativa per consentire alle donna una partecipazione al lavoro più consistente.
Se da noi è tanto bassa, si dice, lo si deve anche a carenze nei servizi di welfare offerti.
A costoro bisognerebbe ricordare che l' aumento dell' occupazione femminile ha sempre preceduto l' eventuale incremento nella spesa per servizi sociali che, evidentemente, non ne è la causa.
Tiago Cavalcanti & José Tavares Economic Inquiry, January 2011, Pages 155–171
Abstract: The increase in income per capita is accompanied, in virtually all countries, by two changes in economic structure: the increase in the share of government spending in gross domestic product (GDP), and the increase in female labor force participation. We argue that these two changes are causally related. We develop a growth model based on Galor and Weil (1996) where female participation in market activities, fertility, and government size, in addition to consumption and saving, is endogenously determined. Rising incomes lead to a rise in female labor force participation as the opportunity cost of staying at home and caring for the children increases. In our model, higher government spending decreases the cost of performing household chores, including, but not limited to, child rearing and child care, as in Rosen (1996). We also use a wide cross-section of data for developed and developing countries and show that higher market participation by women is positively and robustly associated with government size. We then investigate the causal link between participation and government size using a novel unique data set that allows the use of the relative price of productive home appliances as an instrumental variable. We find strong evidence of a causal link between female market participation and government size
Altri dicono che dobbiamo aumentare il nostro welfare per "includere", tutto cio' avrebbe l' auspicabile effetto di iniettare fiducia nel sistema. Ma i fatti dicono che il nesso di casualità va in senso inverso e che il welfare è un frutto dell' alta fiducia che circola nella società.
Andreas Bergh & Christian Bjørnskov Kyklos, February 2011, Pages 1–19
Abstract: Despite the fact that large welfare states are vulnerable to free-riding, the idea that universal welfare states lead to higher trust levels in the population has received some attention and support among political scientists recently. This paper argues that the opposite direction of causality is more plausible, i.e. that populations with higher trust levels are more prone to creating and successfully maintaining universal welfare states with high levels of taxation where publicly financed social insurance schemes. The hypothesis is tested using instrumental variable techniques to infer variations in trust levels that pre-date current welfare states, and then using the variation in historical trust levels to explain the current size and design of the welfare state, and finally comparing the explanatory power of trust to other potential explanatory factors such as left-right ideology and economic openness. To infer variation about historical trust levels, we use three instruments, all used previously in the trust literature: the grammatical rule allowing pronoun-drop, average temperature in the coldest month and a dummy for constitutional monarchies. Using cross-sectional data for 77 countries, we show that these instruments are valid and that countries with higher historical trust levels have significantly higher public expenditure as a share of GDP and also have more regulatory freedom. This finding is robust to controlling for several other potential explanations of welfare state size.
All' inizio degli anni novanta la Svezia era un paese sull' orlo del baratro, oggi la situazione è cambiata decisamente in meglio, che lezione possiamo trarne?
La ricetta della resurrezione svedese non andrebbe dispersa: basse tasse alle imprese, privatizzazioni (a cominciare dalle scuole) e deregolamentazione dei mercati.
Eppure, chissà perchè, quando si addita la Svezia a modello molti finiscono per ammirare la pesante zavorra che stava affondando il paese.
Per i dettagli cedo la parola ad Andreas Bergh: http://reason.tv/video/show/andreas-bergh-inteview.
Interessanti sono anche le considerazioni sull' origine della ricchezza svedese:
"The Nordic nation became rich between 1870 and 1970 when government was very small, but then began to stagnate as welfare state policies were implemented in the 1970s and 1980s"
Una cosa mi ha stupito:
Swedish women in the workplace who become pregnant must under Swedish law be given all sorts of benefits that few private businesses can afford -- so 75% of Swedish women work for the government. Nobody else wants them... (http://dissectleft.blogspot.com/2005_09_04_dissectleft_archive.html#112601329474472881).
Un dato che sembra collimare con il concetto di "bureaugamia" introdotto da Christina Hoff Sommers: le donne che si consideravano "matenute" dal marito ora sono "mantenute" dallo Stato: dalla padella alla brace.
add: tra USA e Svezia c' è differenza nella distribuzione dei redditi ma non poi così tanta nella distribuzione della ricchezza.
Pensavate che le battaglie femministe fossero all' origine della condizione sociale delle donne di oggi?
Ripensateci, è il consiglio di Tim Harford.
Lui ritiene infatti di attribuire questo merito (o demerito) alla pillola.
Pensavate che il referendum sul divorzio avesse dato la stura alle moltissime separazioni famigliari degli anni successivi?
Tim Harford dissente. Lui guarda piuttosto all' invenzione della Lavatrice.
Pillola e lavatrice valgono più di femminismo e legislazioni "avanzate" messi insieme.
Hanno la "logica" dalla loro parte, e non è poco.
Partiamo dalla pillola.
Con la pillola il maschio medio trova facilmente "cio' che cerca" senza bisogno d' imbarcarsi in un matrimonio. Le donne, a cui il matrimonio garantisce invece cure costanti da parte del marito, entrano tra loro in concorrenza spietata per farsi sposare. Prima bastava assicurare al potenziale marito "quella cosa lì", ora non basta, bisogna offrire di pù: c' è chi punta sulla bellezza e chi sull' istruzione. Più concorrenza... più università.
Il fenomeno è noto da tempo: quando le donne sopravanzano gli uomini per numero, la loro istruzione cresce. Figuratevi che negli stati degli USA dove ci sono molti carcerati uomini (a volte il 10% della popolazione maschile nera in età da matrimonio), le donne (nere) sono parecchio più istruite della media.
E non pensiate che occorrano chissà quali differenziali.
Per capire quanto basti poco per scatenere effetti di notevole magnitudo, ripassiamo la logica che sta sotto alla concorrenza rifacendo mentalmente un esperimento che è stato fatto realmente.
Prendete 99 uomini, 100 donne e date loro 50 euro ciascuno; adesso chiedete loro di accoppiarsi trovando un accordo su come dividersi i 100 euro che hanno insieme. Chi resta solo perde tutto il malloppo. Si formeranno le 99 coppie e alla donna di ciascuna coppia spetterà giusto un centesimo. Non male!
E' logico dunque che, nella vita reale, per evitare una simile sorte le donne cerchino di differenziarsi e spesso lo fanno andando all' università e trovandosi un lavoro di alto livello.
La pillola ha un po' le stesse conseguenze: mette le donne in concorrenza tra loro.
Ma veniamo alla LAVATRICE.
Il Mondo di oggi è molto molto molto più ricco di quello dei secoli scorsi: abbiamo scoperto la "divisione del lavoro".
Il successo di un' istituzione come quella matrimoniale è dovuto in gran parte al fatto di facilitare la divisione del lavoro tra coniugi: donne a casa, mariti fuori.
La divisione del lavoro conviene se ci sono "economie di scala" (tutti capiscono cosa siano) e "vantaggi comparati" (nessuno capisce mai cosa siano veramente tranne gli economisti).
Per la teoria dei vantaggi comparati, se si decide che l' uomo vada a lavorare piuttosto che allevare i figli e badare alla casa, non è per il fatto che l' uomo lavora meglio della donna!
La donna forse fa meglio entrambe le cose ma il divario è più netto nel settore "allevamento figli".
Quindi, in presenza di economie di scala, è naturale che la donna si occupi esclusivamente dei figli e della casa.
Specializzarsi però crea dipendenza reciproca: io non saprei nemmeno costruirmi una matita decente se lasciato a me stesso.
La lavatrice (e gli altri elettrodomestici) hanno abbattuto le economie di scala che esistevano nei lavori domestici. Cio' significa che la donna avanza del tempo e che quindi puo' lavorare.
Se la donna lavora conquista una sua autonomia materiale e psicologica: lo scudo del matrimonio indissolubile (regalatole dalla Chiesa) le serve molto meno. Ecco allora che in molti casi vi rinuncia, per esempio quando la convivenza è insopportabile (prima era più razionale tenere duro).
Il processo si autoalimenta: poichè esiste un rischio divorzio allora diventa sempre più conveniente lavorare (le donne con matrimoni a rischio sono più istruite e lavorano con più lena). Come se non bastasse, il fatto che ci siano in giro tanti divorziati accresce la possibilità di risposarsi.
Attenzione: la lavatrice abbatte le economie di scala nei lavori domestici ma non quelle dei lavori fuori dalla famiglia e nemmeno intacca la legge dei "vantaggi comparati".
Cio' significa che se il differenziale di abilità in favore della donna nella cura dei figli permane (e un certo differenziale è naturale), a parità di tutto il resto, per la coppia conviene ancora che la donna si dedichi a lavori meno professionali persino, a volte, quando è più brava del marito nei lavori più qualificati.
Dimenticavo un particolare: dal 1960/70 la felicità delle donne è diminuita sia in termini assoluti che in termini relativi (rispetto agli uomini).
Dobbiamo assolvere il femminismo? Io non sarei dell' avviso: se un killer spara prima dell' altro e fa in modo che il suo proiettile si conficchi per primo nel corpo della vittima uccidendola, non per questo si prende tutte le colpe.
Tim Harford - la logica nascosta della vita
[P.S. il buon Tim divulga il leggendario "Trattato sulla famiglia" scritto da Gary Becker]
Il Grande Fratello prog-femminista è ancora al lavoro per manipolare la società manco fosse creta nelle sue mani.
Non rilascia ipnotiche malie linguistiche dai televisori, quelle semmai le denuncia con la complicità di esperti. Esperti in pagliuzze ma profani in fatto di travi.
Lui usa direttamente le armi da fuoco (tanto basta la minaccia), si fa prima ed è più comodo.
E poi, quando manipoli i corpi, nessuno potrà mai accusarti di manipolare le menti, che è la vera accusa infamante del nostro tempo.
Veniamo al dunque.
L' indignazione non è un sentimento che si addice ai liberali, in più i liberali sono quattro sparuti gatti. Maglio allora, sull' affair congedo parentale, l' asciutto resoconto di De Nicola. Lo sguardo, come al solito, è quello più semplice, quello che non riesce davvero a ravvisare indumenti sul corpaccione dell' orrido imperatore. Uno stralcio.
"... ancor'oggi, pur imperando un grande relativismo etico, non si rinuncia all'ingegneria sociale per indirizzare gli individui verso ciò che la cultura dominante considera virtuoso (anzi, politicamente corretto, la "virtù" è un valore anacronistico). Un esempio? La bizzarra proposta sull'obbligo di congedo paternale retribuito di due settimane approvata dal parlamento europeo e di cui si auspica l'adozione anche in Italia. Secondo il testo passato a Strasburgo, i padri non potrebbero per nessun motivo "cedere" le ferie alla madre e, alla nascita del bebè, dovrebbero starsene lontani dal lavoro (per ora la polizia non sorveglierà che i maschi stiano effettivamente a casa e non al bar).
Il primo impatto dell'innovazione sarà di aumentare i costi per le imprese e le casse dello stato senza alcun vantaggio né all'occupazione femminile (che, contrariamente alle leggende, in Italia sta inesorabilmente aumentando in proporzione a quella maschile) né al benessere complessivo. L'aspetto più irritante di questa nuova avanzata del progresso consiste comunque nella pretesa di non considerare le persone come individui responsabili delle proprie scelte e in grado di fare evolvere la società, ma come incapaci cui degli illuminati indichino cosa fare per raggiungere il Bene.
Un conto è infatti togliere barriere giuridiche e sociali a che ognuno possa scegliere liberamente (ad esempio, concedendo un quoziente di mesi di congedo per i genitori che tra loro sceglieranno come dividersi), un altro illudersi che le due settimane di ferie cambieranno le abitudini (negative e reazionarie!) del bracciante calabro o della casalinga di Voghera. Naturalmente in altri paesi la rivoluzione al femminile è avvenuta senza misure del genere (basti pensare agli Usa).
È la stessa logica alla base delle "quote rosa", ormai di prossima introduzione nei cda e collegi sindacali delle società quotate. Il merito, il talento, le preferenze (e anche il diritto a sbagliare da parte degli azionisti) sono variabili da eliminare, in attesa di introdurre quote per extracomunitari, minoranze etniche (con esatta differenziazione tra neri, asiatici e indios), gay, lesbiche, transessuali, obesi, brutti, cattolici, altri cristiani, musulmani, ebrei, buddisti, appartenenti a diversi partiti politici (ah no, quella c'è già, si chiama lottizzazione) e, ovviamente, padani. Quelli leghisti, però, piacciono meno ai progressisti, cui interessa far le stesse discriminazioni purché politicamente corrette. Auguri."
Il Sole 24 Ore
Il metodo-lega fa proseliti; ma per lo meno i leghisti sono brutti, cattivi e (quindi) simpatici. Questi scherani intellettualoidi del mostro, invece, beccati con la smoking gun ancora in mano, passano subito al contrattacco infarcendoti un insopportabile predicozzo in cui il greve bigottismo si alterna con l' occhio di vacca.
N.B. in un precedente articolo De Nicola, il più idoneo, aveva spiegato ai bambini (ma sopratutto alle bambine) cosa sono le quote rosa. Sveglia bambine, non sceglietevi un magnaccia del genere! Con tanti bei ragazzi, non spostatevi con lo Stato.