martedì 26 marzo 2013

Troppo facile tagliare solo lo stipendio dei banchieri

Troppo facile tagliare solo lo stipendio dei banchieri:

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Potenza dello sguardo

Nel novecento i fisici hanno esplorato a lungo le meraviglie dei mondo infinitamente piccolo.
E quando dico piccolo intendo proprio piccolo:
Il loro stravagante resoconto non è poi così difficile da rendere ma resta comunque ostico da assimilare. Il profano che si affida mani e piedi all’ intuizione vacilla.
***
Per chi crede che la natura profonda delle cose ci parli di Dio, forse vale la pena fare un piccolo sforzo di concentrazione poiché autorevoli personaggi hanno sostenuto che proprio questa dimensione del reale sia quella più idonea per captare segnali interessanti.
Purtroppo non si puo’ prescindere dal “come”, dal “quando” e dal “perché” dei fenomeni fisici, quindi è necessaria un’ infarinatura generica. Una specie di meccanica quantistica per filosofi.
Di seguito assimilerò gli elettroni a palline da tennis allo scopo di spiegare (innanzitutto a me stesso) nel modo più intuitivo possibile l’ aspetto  sconvolgente della meccanica quantistica.
Consideriamo due proprietà dicotomiche degli elettroni: direzione (x o y) ed effetto (up o down). Diciamo quindi che le palline possono variare per colore (bianca/rossa) e per pelosità (pelosa/pelata).
Gli elettroni possono essere trattati mediante magneti che variano queste proprietà. Diciamo allora che anche le palline possono essere trattate facendo loro attraversare opportune scatole.
Ci sono due tipi di scatole: scatole rosse e scatole bianche.
Se 100 palline bianche entrano in una scatola bianca, usciranno nelle stesse condizioni in cui sono entrate. La scatola bianca è “neutrale” per le palline bianche.
Lo stesso dicasi della scatola rossa per le palline rosse.
Se 100 palline bianche entrano in una scatola rossa, usciranno 50 palline rosse pelose e 50 palline rosse pelate. Questo indipendentemente dalla pelosità delle palline entrate a suo tempo.
Lo stesso dicasi per le palline rosse che entrano in una scatola bianca.
In questi casi avviene una specie di “azzeramento” delle caratteristiche di partenza.
Quando dico che introducendo 100 palline rosse in una scatola bianca ne escono 50 bianche pelose e 50 bianche pelate faccio un’ approssimazione consentitami dalla legge dei grandi numeri. In effetti andrebbe rimarcato il ruolo rivestito dal calcolo probabilistico in queste faccende. Infatti, se introduco una sola pallina rossa pelosa in una scatola bianca, avrò il 50% di probabilità di vedermi uscire una pallina bianca pelosa e il 50% di probabilità di vedermi uscire una pallina bianca pelata.
L’ effetto delle scatole sulle palline trattate è certo perché replicato infinite volte in sede sperimentale.
Ampliamo gli esperimenti e costruiamo adesso uno scatolone in cui inserire delle palline.
Lo scatolone è cosi costruito: all’ ingresso è posizionata una scatola bianca che deve essere attraversata dalle palline introdotte. All’ uscita è posizionata una scatola rossa che deve essere attraversata dalle palline espulse.
Ora introduciamo nello scatolone 100 palline bianche. Come usciranno?
Secondo quanto detto in precedenza la prima scatola dovrebbe essere neutrale mentre la seconda dovrebbe essere azzerante. Dovrebbero quindi uscire 50 palline rosse pelose e 50 palline rosse pelate.
Dando corso all’ esperimento si vedrà che le previsioni saranno confermate in pieno.
Adesso introduciamo nello scatolone 100 palline rosse. Come usciranno?
Secondo quanto detto in precedenza la prima scatola sarà azzerante, la seconda neutrale. Dovrebbero uscire quindi 50 palline rosse pelose e 50 palline rosse pelate.
Dando corso all’ esperimento le previsioni vengono smentite. Infatti, se le 100 palline rosse introdotte erano pelose, verranno espulse 100 palline rosse pelose, quasi che entrambe le scatole posizionate all’ ingresso e all’ uscita dello scatolone fossero entrambe neutrali.
Che strano. Cosa è successo dentro lo scatolone? Dove sta l’ inghippo?
Ammettiamo di poter entrare nello scatolone con una microspia per capire come sono andate le cose là dentro.
In presenza della microspia proviamo di nuovo ad introdurre 100 palline rosse pelose, constateremo che in effetti l’ ingresso è azzerante, ovvero produce all’ interno dello scatolone 50 palline bianche pelose e 50 palline bianche pelate. Ma poi, all’ uscita? Ecco, ora che possiamo vedere le cose con i nostri occhi non noteremo nulla di particolare poiché constateremo che pure l’ uscita è azzerante – proprio come secondo i nostri calcoli iniziali - tanto è vero che escono 50 palline rosse pelose e 50 palline rosse pelate.
La cosa sconcertante è che il secondo esperimento ha dato un esito completamente diverso dal primo anche se si tratta dello stesso identico esperimento, salvo che il secondo lo abbiamo osservato dall’ interno con una microspia.
Insomma, se osserviamo come vanno le cose all’ interno dello scatolone, tutto si svolgerà secondo le regole generali. Se invece trascuriamo di osservare come vanno le cose all’ interno dello scatolone avremo l’ eccezione descritta in precedenza.
I fatti sono questi e sono talmente accertati che ormai nessuno più li mette in dubbio. Si tratta solo di darne un’ interpretazione.
atomiii
IC (interpretazione di Copenhagen) ci chiede di immaginare che le 100 palline rosse, una volta introdotte nello scatolone, assumano la condizione di [palline bianche pelose “o” palline bianche pelate] il che significa che all’ interno dello scatolone, in assenza dell’ osservatore, non ci saranno né [palline bianche pelose] né [palline bianche pelate] ma solo, come detto, palline [bianche pelose “o” bianche pelate].
Per le palline è una condizione metafisica un po’ strana che chiameremo “indeterminata”. Nel mondo fisico esisterebbero dunque realtà indeterminate.
La [pallina bianca pelosa “o” pallina bianca pelata] diventa a tutti gli effetti una [pallina bianca pelosa] o una [pallina bianca pelata] solo nel momento in cui con i nostri strumenti andiamo materialmente ad osservare le sue caratteristiche.
La determiniamo prendendole le misure.
***
La logica di IC è leggermente diversa da quella classica. Nella logica classica [A o B] è incompatibile con [né A  né B] mentre nella logica quantistica le due proposizioni possono andare tranquillamente a braccetto.
Fatta questa precisazione, in sé abbastanza sconcertante anche se formalmente poco rilevante, la logica classica continua a valere per tutto il resto.
E’ sbagliato quindi ritenere che la meccanica quantistica con i suoi “salti” sia una teoria che al suo interno tollera delle incoerenze. E’ invece una teoria perfettamente coerente.
I problemi logici compaiono semmai dovendo riconciliare la fisica delle particelle con la fisica tradizionale (teoria della relatività). Non si capisce bene come due teorie tanto diverse possano mai convivere in una teoria del tutto, ma questo è un altro discorso.
ATOMI
IC  è un’ interpretazione possibile ma non l’ unica. Bohm, per esempio, offre un’ alternativa
Per farla breve, Bohm ci chiede di immaginare  alcune particelle in continuo spostamento tra le palline. Secondo il fisico tedesco la presenza di un osservatore altererebbe in qualche modo l’ azione di questi corpuscoli di collegamento producendo le bizzarrie osservate.
Purtroppo l’ interpretazione di Bohm non è molto pratica e come sempre succede in queste diatribe un po’ fumose la soluzione più pratica è sempre quella vincente.
Con Bohm c’ è un altro inconveniente: considerando che le palline si muovono a una velocità vicina a quella della luce, le particelle di collegamento si dovrebbero muovere a una velocità ancora superiore, il che si concilia male con la teoria della relatività. Poco male, dirà qualcuno, tanto anche IC è incompatibile con la relatività. Ok, ma perché infierire?
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Il credente puo’ essere messo in crisi dalla meccanica quantistica? Lo chiedo perché c’ è chi ritiene che una scoperta scientifica metta automaticamente in crisi i credenti, i quali arrancano dietro alla scienza con la lingua di fuori.
Ma non parlo qui dello spiazzamento intellettuale che sente qualsiasi persona assennata al solo apprendere dell’ esistenza di realtà tanto bizzarre.
***
Ci sono in effetti dei motivi per paventare una crisi di fede. La fisica quantistica fa largo uso del calcolo probabilistico, qualcosa che in ambiti più tradizionali viene contrapposto alle leggi di natura.
Quello di “legge di natura” è un concetto caro ai credenti poiché introduce in ambito scientifico un elemento che trascende la materialità del fatto bruto: la “legge di natura” che governa la materia ha qualcosa di rassicurante.
La probabilità sembra essere l’ alternativa alla legge naturale. Nella vita di tutti i giorni usiamo le probabilità per individuare a spanne delle regolarità che ci potrebbero essere utili.
Consideriamo il ricorso alle probabilità come un metodo empirico per sopperire pragmaticamente all’ assenza o alla mancata conoscenza di una legge naturale.
Tanto è vero che nella fisica classica si ripiega sulle probabilità per fare delle previsioni quando non possediamo informazioni sufficienti per applicare le rigorose leggi naturali.
Ma nella fisica quantistica le cose non stanno così, qui il calcolo probabilistico descrive perfettamente una realtà di cui possediamo informazioni complete.
Nel mondo delle particelle subatomiche è la realtà stessa a essere “probabilistica” e non tanto la nostra conoscenza della realtà. In questo senso la probabilità cessa di essere “un metodo empirico” per divenire una caratteristica della realtà. In ultima analisi possiamo continuare a parlare di “leggi naturali” anche in assenza di previsioni deterministiche salvando così un concetto caro ai credenti.
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Per un altro verso le leggi della meccanica quantistica possono confortare la fede.
Non direttamente, non suggeriscono infatti alcuna prova dell’ esistenza di Dio. Ma indirettamente, mettendo in crisi il materialismo, ovvero la filosofia che più si oppone alla fede.
Per la filosofia atea del materialismo tutta la realtà è un sistema chiuso riducibile a un’ interazione tra elementi materiali, non c’ è spazio per entità trascendenti come l’ anima, il libero arbitrio eccetera. Noi siamo delle “macchine di carne”.
La meccanica quantistica introduce una variabile impazzita che fa saltare il “sistema chiuso” dei materialisti rendendo la loro filosofia incompatibile con le leggi della fisica. L’ idea che una realtà possa essere descritta esclusivamente in termini materialistici non regge più. Eugene Wigner e Rudolf Peierls sono stati espliciti sull’ argomento.
Il fatto è che concetti come “realtà indeterminata” e “salto quantico”, così decisivi nel descrivere adeguatamente il mondo microscopico, non possono fare a meno di una figura come quella dell’ “osservatore”. L’ “infarinatura” dovrebbe averlo chiarito.
Ma il concetto di “osservatore” è necessariamente trascendente o puo’ essere sostituito con una realtà inanimata? Per esempio, perché non utilizziamo un contatore Geiger per rilevare le misurazioni?
Risponde von Neumann: se l’ “osservatore” fosse una semplice entità fisica, per esempio un contatore Geiger, potrei in linea di principio ricavare a tavolino una complessa funzione d’ onda in grado di descrivere l’ intero sistema fisico (osservato + osservatore) e poi risolverla secondo le equazioni di Schrodinger senza produrre “salti quantistici”. Morale: se fossero coinvolte solo realtà materiali, allora non possono essere riprodotti i caratteristici “salti” della meccanica quantistica. Se ne ricava che i salti quantici esistono in virtù di un “osservatore” trascendente.
Nella sezione precedente ho accennato al fatto che nell’ IC è la realtà stessa a essere probabilistica. Ora possiamo aggiungere che il concetto di probabilità richiama quello di soggettività. Nell’ IC la realtà subatomica non puo’ essere pensata e descritta in modo rigoroso senza incorporare un soggetto che la osservi e la misuri.
Ora, per il materialista c’ è solo un modo di sfuggire alla necessità di introdurre un osservatore trascendente: postulare l’ esistenza di infiniti mondi. Le famose “sliding doors”.
Per farla breve, se la matematica della fisica quantistica è corretta e se lo è anche la filosofia materialistica, allora esistono necessariamente infiniti mondi.
Ma un’ ipotesi del genere è piuttosto forte, un fardello non da poco.
Chi puo’ evitarlo la evita volentieri, peccato che il materialista non possa farlo.
Tutto cio’ sembrerebbe deporre in favore delle filosofie non materialiste, le uniche in grado di avvalersi dell’ interpretazione tradizionale (IC). Respingendo il materialismo sarà infatti più facile accettare che non tutto si riduce a materia in movimento.
Chiudo con una classica domanda da lasciare a penzoloni: ma se la mente umana trascende la materia che osserva non potrebbe esistere una mente che trascende l’ intero universo?
La fisica quantistica non risponde certo a una domanda del genere ma la rende particolarmente sensata. Il che non è poco.
atom
Lo strano comportamento delle particelle subatomiche puo’ far pensare a forme di creazione ex nhilo?
Per il credente sarebbe un problema, lui attribuisce al suo Dio il monopolio nel settore “creazioni ex-nhilo”.
C’ è stato chi ha visto nel “salto quantico” una forma di creazione autonoma della materia. Una “creazione” senza Dio.
Se non sbaglio il famoso scienziato Stephen Hawking, nel solco dei lavori di E. P. Tryon, ha ipotizzato qualcosa del genere.
Secondo E. P. Tryon potremmo assimilare il nostro universo a quei singolari fenomeni che accadono di quando in quando e che oggi possiamo osservare a livello microscopico. Anche nel vuoto, infatti, esiste un certo “fermento quantistico”, particelle fugaci con un bilancio energetico pari a zero che vanno e vengono senza che si sappia bene da dove spuntino.
Se anche l’ universo che abitiamo ha un bilancio energetico pari a zero potrebbe essere il frutto di un “oscillazione” del genere.
Creazione dal nulla?
Purtroppo non ho ben capito nemmeno io quello che ho scritto e sicuramente la cosa depone a mio sfavore ma forse un pochino anche a sfavore della teoria. Ovvero: non esiste proprio qualcosa di più semplice? E’ davvero necessario spingersi tanto oltre nelle elucubrazioni inverificabili?
Scherzi (fino a un certo punto) a parte, ci sono almeno un paio di problemini. Innanzitutto quel “nulla” è come minimo uno spazio ben strutturato poiché deve risultare composto da campi definiti, per quanto a bassissimo livello energetico.
E poi, come potremmo rendere conto del nostro particolare universo in questo modo? Difficilmente vedremo mai emergere la vita in questa maniera. E allora? Rinviamo tutto al puro caso?
L’ unica alternativa è ipotizzare che il singolare fenomeno si sia ripetuto miliardi di volte creando miliardi di universi differenti cosicché il nostro sarebbe spiegabile come un tentativo “riuscito” tra i tanti “falliti”.
Ci sono parecchi “se” e “ma” che rendono la speculazione ardita. Forse esiste davvero qualcosa di meglio.  
***
P.S.
Il post, diversamente dai precedenti, non è costituito da appunti presi a latere di una lettura specifica. Mi sono invece temporaneamente appassionato all’ argomento e questo interesse mi ha fatto saltabeccare a seconda delle esigenze da uno scritto all’ altro.
Sono partito da una vecchio pezzo di Michael Huemer, Quantum Mechanics for Philosophers.
Per le questioni di logica quantistica ho rispolverato un vecchio testo di Michael Dummett: Le basi logiche della metafisica.
Naturalmente non poteva mancare il classico di Werner Heisenberg: Indetrminazione e realtà.
Ma più di tutto mi ha appassionato il saggio di Stephen  Barr: La fisica quantistica facilita la fede in Dio?
Per le speculazioni di Stephen Hawking e E. P. Tryon mi sono rifatto a un vecchio testo di John Leslie: Universes. Spero che gli aggiornamenti apportati dallo scienziato inglese nei lavori più recenti non siano decisivi.

Getting Married Later Is Great for College-Educated Women - Eleanor Barkhorn

Getting Married Later Is Great for College-Educated Women - Eleanor Barkhorn - The Atlantic:

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Scuola. Meglio pagarla di tasca propria.

Chiaro di Luna: Scuola. Meglio pagarla di tasca propria.:

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Can Artists Make Money Without Copyrights?

Can Artists Make Money Without Copyrights? - YouTube:

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I guai con le libertà positive

messi ben in evidenza parlando di soda tax:


Frank’s subject this time is New York Mayor Bloomberg’s failed attempt to curb the sale of large sugary drinks. While acknowledging that such a ban would curb individual freedom in some dimensions, Frank argues that it would simultaneouslyenhance individual freedom in others — namely, it would enhance your “freedom” to prevent your child from drinking lots of soda.
Now, I do not doubt that for some parents, a ban on large sugary drinks would make it easier to prevent children from drinking lots of soda, but to call this an enhancement of freedom, you (or Robert Frank) would have to use the word “freedom” in a very unorthodox way. By Frank’s definition, a ban on Democratic campaign ads would enhance your “freedom” to prevent your children from voting for Democrats. Would Frank endorse such terminology? Or suggest that this effect, in and of itself, might suffice to consider the advertising ban a generally pro-freedom initiative?



Soda Jerk at Steven Landsburg | The Big Questions: Tackling the Problems of Philosophy with Ideas from Mathematics, Economics, and Physics:

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sabato 23 marzo 2013

Curarsi da soli

Overcoming Bias : Rah Second Opinions:

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E' razionale avere bambini?

Is it rational to have children? | Practical Ethics:

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Costi della politica

http://www.brunoleonimedia.it/public/Focus/IBL_Focus_223-Monsurro.pdf

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Storia della libertà (per chi va di fretta)

Quattro definizioni per quattro fasi storiche.

1. Gli antichi non facevano dell' individuo un titolare di diritti. Per loro solo una città poteva essere definita come "libera". Ecco, una città che si autogoverna è una città libera. Questa è la libertà degli antichi. Esempi: Grecia e Roma.

2. I moderni (Locke, Smith...) riferirono la libertà all' individuo facendo  nascere il cosiddetto liberalismo classico. Esempi: paesi anglosassoni.

3. In molti notarono che le regole liberali realizzavano a fatica quello che per loro era l' obiettivo ultimo: l' appianamento delle diseguaglianze materiali; attraverso una riforma si cercò così di limitare la libertà dell' individuo alla sfera politica e civile comprimendo quelle economiche. Nasce il liberalismo revisionista (o liberal) fondato sulla redistribuzione delle ricchezze. Esempi: Europa continentale.

4. Ma il liberalismo revisionista trascura un fattore: per redistribuire bisogna produrre e limitare le libertà economiche ostacola la produzione. Si cercò di rimediare ricorrendo a una deregolamentazione che introducesse una serie di libertà economiche affiancandole a una rete sociale in grado di garantire un livello minimo di benessere a tutti. Un livello destinato ad aumentare gradualmente al crescere della ricchezza complessiva del paese. Questo approccio si qualificò come neoliberismo. Esempi: Danimarca e Svezia (dagli anni 90).

One of Us

One of Us - Lapham’s Quarterly:

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College bias

Forbidden City | The Weekly Standard:

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Universali

Human Universals - Wikipedia, the free encyclopedia:

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Dilemma libertario: i matrimoni gay

Gay Marriage and the Libertarian’s Dilemma | Hoover Institution:

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Geoengineering

Tim Harford — Article — Geoengineering, a monster of our own making?:

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I miracoli del latte materno

The science of breast milk: Latest research on nursing and milk vs. formula.:

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mercoledì 20 marzo 2013

Limiti dell' utilitarismo

Costi psicologici e misura del danno:

http://www.thebigquestions.com/2013/03/20/censorship-environmentalism-and-steubenville/

Il mio dubbio: ma lo stupro della persona inconscia non è rischioso? Potremmo ritenerla inconscia mentre invece non lo è del tutto.

Ci esporremmo a un pericolo non da poco. Anche un ubriaco alla guida non fa alcun danno ma riteniamo vada punito. Lo puniamo per il pericolo e non per i danni materiali. Una questione di buon senso.

Nel caso in cui la "vittima" si procuri da sé l' incoscienza, nel caso in cui questa incoscienza sia ermetica e nel caso in cui non ci siano rischi di danni materiali collaterali, allora il problema resta insieme all' imbarazzo. Non sembrerebbe esserci altra via che l' autorizzazione dello stupro. Ma si tratta di situazioni verosimili?

.


Quando le informazioni private sono inservibili

Ovvero quando l' insider trading è impossibile: http://en.wikipedia.org/wiki/No-trade_theorem

lunedì 18 marzo 2013

Innovazione tecnologica e lavoro

Una narrazione:

http://marginalrevolution.com/marginalrevolution/2012/12/offshoring-and-directed-technical-change.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+marginalrevolution%2Ffeed+%28Marginal+Revolution%29

Braciole

#hanson vegetarianesimo

1
Siete in fila dal macellaio per acquistare una braciola e vi coglie uno scrupolo etico: sarà giusto quel che state facendo? E’ il caso di procedere o di andarsene per abbracciare il vegetarianesimo una volta per tutte?
L’ animale, per quanto bestia, soffre e urla il suo dolore. Avete l’ impressione di essere coinvolti in qualcosa di terribile. State lì, in coda, proprio come ci stanno i corvi e le iene in attesa che il cucciolo spiri.
animal
Forse gli animali vantano davvero dei diritti, almeno le razze superiori. O no?
Un filosofo come Murray Newton Rothbard risponde secco:
… sono pronto a riconoscere agli animali ogni diritto che mi chiederanno…
Queste due righe racchiudono in modo icastico il “no” della tradizione: gli animali avranno diritti giuridici solo quando saremo pronti a riconoscere anche le loro responsabilità giuridiche.
Detto cio’, sia chiaro, per MNR gli animali hanno tutti i diritti che ritiene di conferire loro il padrone, compreso il deferente bacio della zampa imposto all’ ospite bipede ammesso in casa.
Sulla sponda opposta si colloca il controverso filosofo australiano Peter Singer.
Nel giustificare talune forme di infanticidio, costui attribuisce all’ animale uno status etico più elevato rispetto a quello  tipico del bimbo disabile.
Per Singer il “sentire” è tutto e una capacità percettiva menomata ci fa regredire verso la sfera degli oggetti.
meatt
2
Lo spettro è dunque ampio e forse una tra le soluzioni intermedie più promettenti è quella delineata da Robert Nozick:
etica kantiana per gli uomini ed etica utilitarista per gli animali…
Cio’ significa che solo l’ uomo puo’ vantare dei diritti più o meno assoluti.
Per dirlo con una formula: l’ uomo è sempre fine e mai mezzo.
Tradotto con un esempio facile facile: per salvare cinque meravigliose persone bisognose di un trapianto d’ organi non sarà mai lecito sacrificare uno scorbutico misantropo senza parenti particolarmente in salute!
Al contrario, quando consideriamo il mondo animale, poiché il fine giustifica i mezzi, sarà lecito massimizzare la felicità complessiva della comunità… “omoanimalesca”.
Una soluzione del genere ha il pregio di distinguere chiaramente tra uomo e animale e, contemporaneamente, di condannare senza appello le violenze gratuite contro questi ultimi.
3
Da questa premessa prende le mosse il saggio di Robin Hanson sul vegetarianesimo (Meat is moral).
Siamo fortunati perché quando si parla di utilitarismo RH è la persona più adatta da consultare.
Per RH un’ azione è buona solo se produce conseguenze complessivamente buone.
RH ha il pregio di praticare questo imperativo sempre e comunque, è l’ utilitarista più coerente che conosca…
[… secondo lui la shoah è esecrabile solo in virtù del fatto che “… il numero di nazisti coinvolti nel progetto era insufficiente…”!…]
sarà difficile andare d’ accordo con lui ma sarà molto facile capirsi e capire.
Per esempio, questo suo saggio è caratterizzato come anti-vegetariano ma io non escludo affatto che RH sia un vegetariano, anzi: ha una vera passione per gli argomenti che confutano le sue vedute.
Non temendo le possibili conseguenze imbarazzanti dell’ etica che professa, puo’ illustrarla senza tanti orpelli, sfumature e correzioni in corsa. Un intellettuale onesto fino in fondo. Merce rara.
MEAT
4
Bene, detto questo possiamo ricominciare: siete in fila dal macellaio per acquistare una braciola e vi coglie uno scrupolo etico: sarà giusto quel che state facendo? E’ il caso di procedere o di andarsene per abbracciare il vegetarianesimo una volta per tutte?
Se siete in procinto di compiere il grande passo forse vi interesserà sapere che:
… ordinando la braciola voi non danneggiate i maiali ma li aiutate
Eppure ordinando una braciola commissiono la morte di un maiale!
… errato… voi vi limitate a commissionare la carne di un animale già morto…
Sarà vero per quel maiale specifico ma per gli altri maiali che stanno nella fattoria o in allevamento?
… verranno uccisi comunque
Ma se contribuisco a comprimere la domanda di braciole la carneficina prima o poi cesserà o rallenterà. In effetti mi accorgo di avere a cuore soprattutto la vita dei “maiali futuri”, quelli che ora nemmeno sono nati.
… di male in peggio… dovrai infatti convenire che la tua azione li danneggia poiché i “maiali futuri” che avranno la fortuna di vedere la luce di questo mondo diminuiranno drasticamente anche per colpa tua…
Si sarà capito che per RH non esiste una relazione tra dieta vegetariana e riconoscimento dei diritti all’ animale, e laddove dovesse esistere sarebbe comunque una relazione inversa.
Cosa vi avevo detto? Abbiamo a che fare con un utilitarista tutto d’ un pezzo. Un vero osso duro.
5
RH ci fa solo notare che l’ alternativa ai maiali dalla vita breve non sono maiali dalla vita lunga ma maiali dalla vita ancora più breve. Anzi, dalla vita inesistente.
Se così stanno le cose, secondo l’ etica conseguenzialista la scelta è obbligata.
… chi non consuma carne consuma altri alimenti la cui produzione impegna il suolo come se non più dell’ allevamento… è da escludere quindi che un longevo maiale selvatico rimpiazzi il maiale domestico…
Ecco allora la reale alternativa:
… bisogna decidersi se sacrificare la già breve vita di un maiale o quella di un asparago… e poiché l’ asparago non ha uno statuto morale degno di nota, la scelta in favore dei maiali s’ impone…
Ma questa è proprio la scelta che compie inconsapevolmente l’ amante di braciole. Da qui la conclusione:
… per chi ha a cuore i diritti degli animali consumare braciole non è solo consentito ma addirittura doveroso… Al contrario, la pratica vegetariana è di fatto immorale e dannosa per gli animali che si vorrebbe proteggere…
6
E’ giusto o sbagliato creare vite che saranno poi interrotte?
… in un’ ottica utilitarista non solo è giusto ma è doveroso se sono vite che vale la pena vivere
Giudicare l’ esistenza di questa condizione non è facile, mettersi nei panni di un maiale d’ allevamento è impresa ardua:
… a mio giudizio la vita in allevamento e nelle fattorie vale la pena di essere vissuta… d’ altronde a giudicare dai maiali che ho visto sembra trasparire una sete di vita più che di morte… non hanno nessuna intenzione di “farla finita”…
Forse ha un certo peso anche il fatto che alcune razze siano selezionate esclusivamente per l’ allevamento, sopportano bene la loro situazione e fuori da quel contesto avrebbero ancora più problemi.
meeeat
7
Naturalmente il ragionamento di Hanson presenta dei punti deboli.
Non penso proprio che gli amanti delle braciole abbiano in mente niente del genere e mi chiedo allora se una scelta etica possa mai esistere senza un’ intenzione etica. Per un utilitarista non ci sono problemi, ma per noi?
Come possiamo poi sapere che un animale non voglia suicidarsi?
Forse non ha nemmeno le facoltà mentali per deciderlo.
Oppure non ha i mezzi.
D’ altro canto è pure vero che, quanto più ipotizziamo ridotte le sue facoltà mentali, tanto meno siamo indotti a farne un titolare di diritti.
Forse il suicidio è doloroso in sé, per quanto si desiderino le conseguenze che comporta. Dopotutto per i maiali non esistono cliniche svizzere con tutti i comfort.
L’ evoluzione puo’ aver sviluppato dei bias che ingannano il maiale circa la scelta migliore da compiere: il maiale fenotipo e il suo “gene egoista” avrebbero infatti interessi divergenti qualora il suicidio fosse la via preferibile per il primo.
Certo, il fatto è che molti di noi si suiciderebbero se ridotti a una vita da maiali di allevamento ma la cosa non sembra molto rilevante poiché molti di noi si suiciderebbero anche se costretti a una vita da maiali selvaggi!
Andrebbe evitata ogni antropomorfizzazione.
Eppure, come faccio a giudicare se non “antropomorfizzo” almeno un po’?
Forse un simile giudizio non è solo difficile, è impossibile. Meglio rassegnarsi. In questo caso però un pregiudizio in favore della vita sarebbe plausibile. O no?
Potremmo tagliare la testa al toro e decidere di non preoccuparci per la vita dei “maiali futuri”. Rinunceremmo però anche alla massimizzazione dell’ utilità generale uscendo di fatto dall’ ottica utilitarista. Senza contare che i maiali esistenti, come ricordava RH, sarebbero comunque spacciati e allora tanto varrebbe mangiarli.
8
L’ opzione vegetariana è dunque immorale?
Direi che all’ interno di una prospettiva utilitarista l’ argomento di RH regge e suffraga per lo meno questa conclusione minimale.
L’ animalista coerente è tenuto a mangiare carne a più non posso?
Francamente nemmeno RH ha il coraggio di spingersi fino a un simile paradosso.
E allora, che fare?
Consiglierei chi intende rispettare in modo intelligente il mondo animale di mantenere la propria dieta carnivora, magari sobbarcandosi un supplemento di ricerca e di spesa per rifornirsi presso allevamenti conformi a certi standard. 

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=O4-DET1gpvU]

Aggiunta:
Ieri ho letto sul corriere questa notizia: Alexander Songorwa, responsabile per i parchi e la conservazione delle specie selvatiche della Tanzania, con un appello sul NYT chiede aiuto ai cacciatori USA promettendo che il leone non verrà inserito tra le specie in pericolo. Obiettivo: salvare i leoni (consentendo di ucciderne di più). Se i turisti americani non potranno riportare i propri trofei a casa, inevitabilmente sceglieranno altre mete e altri tipi di caccia, il che significherebbe anche un declino dell'intero impianto di gestione dei grandi parchi africani. Perdere questo genere di turismo sarebbe rovinoso per gli sforzi di conservazione. I cacciatori spendono il triplo di un turista qualsiasi e spesso contribuiscono di tasca propria al ripopolamento. Songorwa è l'equivalente del nostro ministro dell'Ambiente, è un ambientalista impegnato a contrastare la terribile piaga del bracconaggio e interessato alla conservazione della fauna nella propria nazione.
Non so perché ma ho come l’ impressione che una notizia del genere stia bene in fondo a questo post.

giovedì 7 marzo 2013

SAGGIO Il dio della monetina

Come deve votare il buon cattolico?
Per quanto la Chiesa non dia indicazioni vincolanti, suggerisce di orientarsi verso quelle forze politiche disposte a dare battaglia in difesa dei cosiddetti “principi non negoziabili”, ovvero:
1. difesa della libertà di istruzione e di religione
2. difesa della famiglia naturale fondata sul matrimonio tra uomo e donna;
3. difesa della vita dal concepimento al termine naturale.
In sé si tratta di battaglie alte e nobili, ma bisogna tener conto che in sede di voto va giudicata la loro natura politica.
E allora mi scappa una confessione: la prima battaglia mi entusiasma, la seconda molto meno.
La terza mi provoca sentimenti misti - tra aborto, eutanasia e testamento biologico c’ è una bella differenza! Meglio allora accantonarla evitando così l’ appesantimento dei distinguo.
Ma come tradurre un simile giudizio “di pancia” in un giudizio più meditato? Ci provo.
La prima battaglia sembra dire: “non siamo tutti uguali, lasciateci vivere a modo nostro”.
Mentre la seconda, di fatto, dice: “bene o male siamo tutti uguali, non consentite ad altri di vivere in modo differente da noi”.
Con la prima è come se si dicesse: “lasciateci sperimentare vie nuove alternative”.
Con la seconda, invece: “sappiamo già abbastanza, consentire la sperimentazione di vie nuove è un puro spreco di risorse”.
A questo punto spero che le cose siano un po’ più chiare: quanto più uno valorizza diversità e sperimentazione, tanto più abbraccia la prima battaglia e dubita della seconda.
Ma la sperimentazione puo’ trasformarsi in un valore?
Io penso di sì: rende umile la conoscenza e impedisce di abusarne.
Ci sono sublimi realtà ultraterrene che per la loro natura possiamo conoscere solo con il concorso della Grazia: che irresponsabile chi rifiuta tale illuminazione! Che provinciale chi parte con un atto di chiusura anziché con un atto di fiducia! Che ottusità dimostra chi non riversa sullo scettico l’ onere della prova.
Ci sono poi realtà mondane che possiamo conoscere grazie al metodo sperimentale: che presuntuoso chi rifiuta di mettere alla prova le proprie idee, che arrogante chi pensa che tutto si esaurisca nel proprio intuito, che atto di protervia dar peso solo alla propria esperienza personale, che grezza semplificazione ritenere che gli altri siano come noi o comunque sempre uniformabili a noi.
Le realtà mondane sono più disordinate e variegate di come ci piace rappresentarle. Per questo andrebbero accostate con umiltà.
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Se avete la mia età probabilmente da piccoli avrete dormito nella culla a faccia in giù:
… era il metodo più consigliato, reso famoso dal pediatra Benjamin Spock… se il bambino supino vomita è probabile che si soffochi nel suo vomito… e in effetti molti casi del genere furono riscontrati…
Oggi sappiamo che per alcune decine di migliaia di famiglie questo amorevole consiglio risultò fatale:
… il tasso di mortalità relativamente basso ha fatto sì che ci volessero anni per giungere alla verità su questa prassi…
Spock non fu certo accusato di infanticidio seriale, si era espresso in buona fede sulla base di ragionamenti plausibili e di un’ esperienza pluridecennale formatasi con tutti i crismi sul campo.
Fu solo nel 1988, dopo una serie rigorosa di sperimentazioni, che la prassi mutò:
… tra il 1970 e il 1988 morirono circa sessantamila neonati… la teoria e il buon senso causarono una strage degli innocenti…
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Nel XVII secolo Jan Baptist van Helmont sfidò i dottori dell’ epoca cercando di dimostrare che salassi e purghe non arrecavano alcun beneficio:
… tiriamo fuori dagli ospedali e dalle baracche 500 persone con febbre, pleurite eccetera. Dividiamole a metà, tiriamo a sorte quale metà viene con me e quale con voi: io li curerò senza purghe e salassi, voi fate come volete… vedremo quanti funerali avremo a testa…
Questa non fu l’ unica sfida lanciata da Helmont e a qualcuno lo strano dottore apparirà un po’ macabro, “contare i funerali” era il suo passatempo preferito. Eppure gli dobbiamo tanto, l’ applicazione reiterata delle sanguisughe su tutto il corpo è a dir poco sgradevole.

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Aceto, acido solforico, acqua di mare, noce moscata, sidro o agrumi? All’ epoca di James Lind non si sapeva bene come curare i malati di scorbuto, cosicché si puo’ capire il suo imbarazzo quando dopo otto settimane di navigazione ben trenta marinai cominciarono a soffrirne:
… il buon Lind mise da parte le sue convinzioni e il suo intuito per selezionare una dozzina di soggetti con la malattia al medesimo stadio… li divise casualmente per coppie somministrando a ciascuna coppia una cura differente…
Solo la coppia che mangiò arance e limoni migliorò, gli altri morirono. Qualcuno, con calma, scoprì in seguito che lo scorbuto deriva da una deficienza di vitamina C, ma in attesa dell’ annuncio, molte vite umane si misero in salvo.
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Sembra semplice procedere in questo modo  ma esiste un problema etico:
… una volta sorto il sospetto su quale sia la cura migliore… i problemi etici vengono a galla… come potremmo replicare l’ esperimento di Lind rifiutando arance e limoni?…
La cavia umana non è una cavia qualsiasi, puo’ dare il suo consenso. Affidarsi al consenso evitando paternalismi troppo soffocanti consente di aggirare l’ obiezione etica.
Quante vite hanno salvato i genitori che accettarono di far dormire proni i loro bimbi? E quante i marinai che accettarono di curarsi con l’ acido solforico? Il paternalismo forse li avrebbe protetti con la sua potente egida ma avrebbe condannando le generazioni future.
Oggi, in un’ epoca in cui il paternalismo non manca, la sperimentazione è presa di mira e i paradossi fioccano:
… il ricercatore che volesse condurre un esperimento controllato confrontando due cure differenti dovrebbe rispondere a un comitato etico… il medico che si limita a prescrivere una delle due cure basandosi su intuito ed esperienza personale, no… è semplicemente uno che fa il suo lavoro…
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Un altro sperimentatore indefesso fu Archie Cochrane 
… propose un esperimento per individuare le punizioni più efficaci contro la pessima condotta degli scolari: una lavata di capo, la detenzione o le frustate… non riuscì a convincere nessuno a inserire le frustate poiché ai più sembrava una cosa deplorevole…
Il fatto è che nelle varie scuole del paese gli studenti venivano frustati comunque e Cochrane dubitava che questa pratica funzionasse:
… l’ avversione al metodo sperimentale su questioni del genere fu tale da far prevalere uno scrupolo di coscienza in realtà infondato…
L’ equivoco di cui fu vittima Cochrane si manifesta ancora oggi. Non ci si rende conto che:
… spesso l’ alternativa agli esperimenti controllati sono gli esperimenti non controllati… i quali sono peggiori e insegnano poco o nulla…
***
Il metodo sperimentale soffre di un altro grave inconveniente: poiché i risultati sono imprevedibili, potrebbero dispiacerci e questo ci fa tentennare. Chissà perché ma noi ci affezioniamo ad alcune idee e soffriamo se chiamati dall’ evidenza ad abbandonarle.
Altre volte è persino peggio: sono in gioco veri e propri interessi materiali.
Archie Cochrane condusse un esperimento controllato sull’ efficacia delle cure coronariche, voleva verificare se i pazienti curati a casa reagissero meglio di quelli curati in ospedale:
… in un briefing divenuto famoso illustrò ai suoi colleghi che i gruppi di pazienti curati a casa mostravano una mortalità superiore. La maggior parte reagì dicendo: “Archie, se davvero hai un’ etica devi sospendere l’ esperimento impedendo che i pazienti continuino a curarsi a casa”. Archie li lasciò parlare a lungo finché non rivelò di aver mentito, i numeri dicevano il contrario, la mortalità era più elevata tra i pazienti curati in ospedale. Dopo questa rivelazione, anche se Archie non la pose direttamente, aleggiò a lungo una domanda: adesso i medici avrebbero forse preteso di chiudere immediatamente le loro unità? Naturalmente non fu così… ci si limitò a virare verso posizioni di scetticismo…
***
Quali sono le conseguenze delle emissioni di biossido di carbonio sul clima globale?
Boh. Le osservazioni che possiamo fare e gli scenari che possiamo congetturare non sono rigorosi.
Ci sono questioni su cui a rigore non si puo’ sperimentare. Di “clima globale” ce n’ è uno solo e quindi la formazione di sottogruppi di controllo è preclusa.
Molti pensano che la realtà sociale non si presti a esperimenti. E’ troppo complessa e vede all’ opera una moltitudine di variabili interconnesse tra loro che non si fanno isolare in un laboratorio.
Le difficoltà non mancano, eppure, con uno sforzo ben calibrato, è possibile condurre anche in questo ambito esperimenti significativi.
Dirò di più, nelle scienze sociali il genio del ricercatore si manifesta più nell’ ideazione di esperimenti che nell’ ideazione di teorie.
Come misurare la “corruzione”, la “coesione comunitaria”, la moralità, il “capitale umano” eccetera? Non è facile, sono concetti sfuggenti. Ma non è nemmeno impossibile e ci sono esempi illuminanti che lo dimostrano.
***
I cosiddetti “randomisti” hanno cercato di affrontare il problema delle politiche in favore dei paesi poveri. Come aiutarli sul serio?:
… se con le nostre donazioni non sappiamo se stiamo facendo loro del bene, allora non siamo molto diversi dai medici del medioevo con le loro sanguisughe…
Molte associazioni filantropiche si rivolgono a loro per indirizzare gli investimenti:
… l’ ICS finanziò un programma di assistenza scolastica fornendo testi di inglese, matematica e scienze… invece di distribuire il materiale scegliendo semplicemente le 25 scuole più meritevoli, o più facili da raggiungere, su consiglio di tre “randomisti” (Kremer, Glewwe e Moulin)… le scuole vennero selezionate a casaccio… Tutti i tradizionali metodi statistici suggerivano che i libri di testo avevano un effetto molto positivo sul rendimento scolastico… ma Kremer e compagni trovarono ben poche prove a sostegno… gran parte delle ONG non si sarebbero mai curate di fare analisi tanto meticolose… al contrario si sarebbero affidate alle analisi che confermavano l’ efficacia dei libri di testo… Si passò a sperimentare soluzioni alternative (grandi album, plastici illustrativi e altro materiale didattico) per concludere che il profitto scolastico s’ impennava maggiormente investendo… in medicine per la cura dei bambini affetti dai vermi… non è certo l’ idea che viene in mente per prima quando s’ intende promuovere istruzione e cultura in un paese povero come il Kenya…
Alcuni donatori si mostrarono a disagio: a loro piaceva pensarsi come diffusori di cultura e il finanziare la cultura distribuendo libri era per loro un “progetto vetrina” ottimale.
Non mancò nemmeno l’ obiezione etica, quella di chi sostenne: non si sperimenta sulla pelle dei bambini.
In questi casi la difesa canonica del “randomista” suona così:
… i fondi erano comunque insufficienti per un finanziamento generalizzato dei programmi e la sperimentazione si limitava a fare di necessità virtù…
A volte la provvidenza si manifesta sotto forma di “fondi insufficienti”.
***
Se siete persone di cuore che donano generosamente a favore dei più sfortunati, mi complimento con voi. Se poi avete l’ accortezza di donare ad associazioni che si fanno controllare dai randomisti, allora tanto di cappello.
[… ci sono tante associazioni meritevoli ma forse le più meritevoli sono quelle che si prendono la briga di controllare i meriti delle altre. Penso a GiveWell. Forse la donazione più oculata è proprio quella fatta alle società che testano le organizzazioni filantropiche, peccato che spesso siano “profit” e nell’ ambito della filantropia vige ancora l’ assurda distinzione tra “profit” e “no profit”…]
I randomisti si affidano alla “monetina”, il metodo del testa o croce doma la complessità e compie il miracolo di trasformare la semplice “correlazione” in “causa”.
Provo a darne una descrizione intuitiva: se suddividete il campione-cavia in sottogruppi e somministrare casualmente il trattamento, l’ interferenza delle variabili estranee tende a dissolversi.
Nel caso degli esperimenti sulle donazioni ai paesi sottosviluppati i gruppi potrebbero essere rappresentati dai singoli villaggi.
Esempio: c’ è il dubbio che la vicinanza del villaggio all’ acqua interferisca nell’ esperimento in corso compromettendo un giudizio equilibrato sull’ esito? Nessuna paura perché scegliendo a caso i villaggi ne avremo sia di vicini all’ acqua sia di lontani cosicché questa variabile estranea verrà neutralizzata.
E lo stesso varrà per tutte le altre, soprattutto le più insidiose, ovvero quelle a noi ignote e a cui non avremmo mai pensato.
Fuori dall’ accademia i randomisti devono lottare duramente per conquistarsi un credito:
… è imbarazzante difendere un sistema che lancia in aria una monetina…
In effetti il dio della monetina è un dio minore, un dio in incognito e senza pretese, disprezzato dai più; ma forse è proprio a lui e alle sue scarne indicazioni che dobbiamo rivolgerci per capire e agire assennatamente.
***
Gli esperimenti non finiscono mai.
Questo forse non è molto chiaro al profano il quale spesso sente parlare di “comunità scientifica” e pensa che esistano delle “verità ufficiali” di fronte alle quali proseguire la sperimentazione è insensato. Una simile idea non consente di capire che in ambito scientifico le verità emergono in modo decentralizzato:
… in science truth is not established by an authoritative committee but by a decentralized process which (sometimes) results in everyone or almost everyone in the field agreeing…
L’ idea di verità ufficiale e di comunità scientifica soffre di un difetto insormontabile:
Part of the problem with that approach is that, the more often it is followed, the less well it will work. You start out with a body that exists to let experts interact with each other, and so really does represent more or less disinterested expert opinion. It is asked to offer an authoritative judgement on some controversy: whether capital punishment deters murder, the effect on crime rates of permitting concealed carry of handguns, the effect of second hand smoke on human health.
The first time it might work, although even then there is the risk that the committee established to give judgement will end up dominated not by the most expert but by the most partisan. But the more times the process is repeated, the greater the incentive of people who want their views to get authoritative support to get themselves or their friends positions of influence within the organization, to keep those they disapprove of out of such positions, and so to divert it from its original purpose to becoming a rubber stamp for their views. The result is to subvert both the organization and the scientific enterprise, especially if support by official truth becomes an important determinant of research funding.
Insomma, anche gli esperimenti vanno sperimentati attraverso una concorrenza continua e paritaria. La monetina non deve mai smettere di rotolare!
Jeffrey Sachs è un grande nemico dei randomisti, lui non crede affatto che una monetina possa “domare la complessità”, un progetto ha qualche chance solo se sufficientemente vasto da coinvolgere tutto il contesto: l’ intuito maturato con una grande esperienza sul campo valgono più delle monetine. Anche per questo si dedica a progetti ambiziosi e molto articolati da implementare globalmente nell’ intero Paese che intende aiutare.
In linea di principio anche le sue geniali architetture d’ aiuto potrebbero essere testate, tuttavia Jeffrey ha deciso diversamente:
… dubito del valore etico di questi test… mi fa star male lavorare in un villaggio privo persino di zanzariere…
In realtà quella di Jeffrey è una caricatura dei randomisti:
… così come in campo medico le nuove medicine vengono messe a confronto con le migliori esistenti… lo stesso vale nell’ economia dello sviluppo: laddove i fondi non mancano, le ricette alternative vengono confrontate con le migliori ricette già esistenti… aiuti in natura, per esempio, vengono confrontati con aiuti in denaro che la popolazione puo’ spendere come crede…
E’ davvero difficile capire dove stia il problema, tranne per le persone che si sono convinte in anticipo di conoscere la soluzione.
Oppure per le persone che amano esibire i frutti del proprio lavoro:
… certi approcci attirano le donazioni più di altri… concentrando le risorse puoi ripulire per benino un villaggio facendo vedere subito al mondo intero quel che hai fatto… puoi mostrare l’ esito dei tuoi sforzi e il destino delle donazioni… anche se l’ effetto inizialmente sfolgorante è destinato a sbiadire inesorabilmente nel tempo…
***
Un randomista deve poter valutare cosa funziona e cosa no. Non è sempre facile.
Diventa fondamentale organizzarsi per raccogliere i vari feedback. Questa esigenza contrappone, almeno a livello di slogan, i randomisti ai no-global:
… anziché creare un mondo migliore dobbiamo creare un mondo con cicli di feedback migliori…
I genitori che pagano per la scuola frequentata dai figli si attivano per raccogliere feedback accurati ma un donatore che sostiene un progetto di sviluppo nel terzo mondo ha molte più difficoltà se vuole toccare con mano l’ opera a cui contribuisce, probabilmente non incontrerà mai i beneficiari, non parlerà mai con loro ma soprattutto non parlerà mai con chi ha ricevuto aiuti in forme diverse.
***
Paul Romer è un tipo particolare. Recentemente ha rifiutato il ruolo di economista capo alla Banca Mondiale perché vuole inseguire un suo sogno. E’ un po’ come se un Sacerdote si rifiutasse di diventare Papa per poter seguire i monelli dell’ oratorio.
Romer vorrebbe creare una nuova Chicago in Congo, il suo progetto è noto come “charter city”:
… le charter city sono città a statuto speciale, autonome rispetto alle aeree circostanti, dotate di proprie infrastrutture e di una propria legislazione…
Dal Vaticano, ai comuni italiani fino a Lubecca per arrivare a Singapore, Dubai e Hong Kong, gli esempi di città stato di successo non mancano ma Romer, anziché affidarsi alla storia, vorrebbe affidarsi agli sperimentatori.
Una specie di neo-colonialismo sui generis:
… il Paese povero dovrebbe cedere volontariamente la sovranità di un suo territorio a un Paese straniero affinché quest’ ultimo faccia sorgere lì la sua charter city…
La charter city è una specie di bolla legale-amministrativa e una zona franca sul piano economico:
… Cuba e gli USA potrebbero accordarsi per cedere al Canada la baia di Guantanamo affinché venga trasformata in una Hong Kong caraibica…
La tutela straniera offrirebbe credibilità a quei territori e i cittadini locali voterebbero con i piedi trasferendosi dove credono. La concorrenza tra “neo colonizzatori” sarebbe la benvenuta:
… riformare le normative di un paese è impresa non da poco ma costruire una piccola città dove tali normative siano più semplici è relativamente facile…
Si conta molto sul contagio delle pratiche migliori.
In fondo, se la Cina è diventata la super potenza economica che è, probabilmente lo si deve ai successi precedenti di un impertinente dirimpettaio come Hong Kong:
… si tratta di esperimenti abbastanza grandi da cogliere la complessità della vita sociale ma abbastanza piccoli da consentire che una dozzina o una centinaia di esperimenti simili possa svolgersi in parallelo…
La charter city offre un meccanismo ottimale per distinguere successi e fallimenti:
… se una di loro non riuscisse ad attrarre i cittadini o il mondo degli affari, il fallimento sarebbe irrimediabile… il diritto dei cittadini ad andarsene garantisce un giudizio spassionato sull’ esperimento…
La libertà di scelta, oltre a tutelarci contro l’ obiezione etica, ci garantisce un feedback importante.
***
Il metodo sperimentale è faticoso ma garantisce solidi progressi nella conoscenza della realtà, sia quella fisica che quelle sociale.
L’ obiezione etica si supera affidandosi alla responsabilità individuale, quella metodologica affidandosi alla creatività dei ricercatori.
Nella storia poche istituzioni hanno esaltato l’ umiltà, la libertà e la creatività umana quanto la Chiesa Cattolica. Spero allora che la sensibilità a questi valori si rifletta al più presto in una dottrina sociale orientata sempre più al metodo sperimentale.
***
Le ultime righe me le prendo per una precisazione.
Primo, sono stato troppo critico verso la Chiesa? Pretendo forse di “insegnare al Papa il suo mestiere”?
Spero di no, il mio è solo un atto di sincerità e a dirla tutto non comprenderei un’ accusa del genere.
Secondo, con un simile post m’ iscrivo di fatto al club dei cosiddetti “cattolici adulti”?
No.
Il mio intento non è quello di contribuire in modo critico all’ avanzamento e alla modernizzazione della Chiesa.
Dicendo quel che dico non mi arrogo dei meriti, semmai delle colpe. L’ unico merito, al limite, consiste nel non dissimulare le colpe. La mia è una confessione più che un contributo.
Insomma, se devo pensare a un contesto per questo sfogo, il confessionale forse è più adatto dell’ agorà.

mercoledì 6 marzo 2013

Aborto e conseguenzialismo

I pro choice non potranno mai dirsi "conseguenzialisti". Come potrebbero mai barattare nove sgradevoli mesi della vita di A con l' intera vita di B?

sabato 2 marzo 2013

SAGGIO Undicesimo: non inquinare.

In tema di “comandamenti” da rispettare, diffidate delle liste pletoriche.
E intendo come tali quelle che vanno oltre i due punti.
Il fatto è che a queste regole di vita non basta attenervisi, bisogna farlo con coscienza, ovvero con qualcosa che va facilmente in panne se sfrucugliato di continuo.
La famigerata “coscienza ambientale”, poi, è particolarmente delicata: inoculata nell’ inerme bambino insieme all’ antipolio, viene successivamente innaffiata da un esercito di maestrine premurose e fatta sbocciare da benemeriti insegnanti di lettere specializzati nel prenderti da parte blandendo la tua precoce maturità e indirizzandola verso “impegni esistenziali” all' altezza: a quel punto, una volta ti buttavi su Pavese, oggi ti butti su Gaia. Più tardi, nell’ era dei cinismi universitari, scoccherà il colpo di fulmine nei confronti di oscure quanto seducenti equazioni di terzo grado messe a punto da “parascienziati verdi” con tribuna sui giornali di Confindustria (i vari Napoletano & Riotta devono lavare una coscienza sporca) o nella TV di Stato (i vari Tozzi & Colò devono ostentare una coscienza immacolata).
Usciti dal doveroso tunnel catechistico della giovinezza, non si guadagna molto in termini di condizionamento cognitivo: nel bel mondo, nicchiare sull’ argomento del risparmio energetico ti rende riprovevole moralmente ed esteticamente; e se sei tanto sprovveduto da cascarci, ti ritroverai presto alle calcagna i monopolisti del buon gusto con la bava alla bocca e l’ oscillante ditino alzato. Il prezzo da pagare sarà salato: prediche a gogò intonate alla luce del sole e sabotaggi orditi nell’ ombra.
Sfortunatamente, la causa ambientalista si materializza sempre più spesso in una sequela di fedeli che hanno smesso di “credere” per poter “abboccare”; e proprio come desidera ogni buon fedele ottuso, la loro è una chiesa particolarmente esigente con tanto di roghi e scomuniche, ma soprattutto con liste sterminate di prescrizioni a cui è tenuto anche il miscredente (il concetto di laicità qui non attecchisce). Per tenersi al passo e non essere indicate al pubblico ludibrio, persino le chiese  tradizionali hanno dovuto postillare in fretta e furia i loro scheletrici decaloghi: undicesimo, ricicla!
A questo punto scatta la domanda impertinente: ma la “coscienza ambientale” è uno strumento per preservare il pianeta o per guadagnarsi un qualche Paradiso post-moderno?
Il sospetto che per molti “ambientalisti-devoti” valga la seconda ipotesi è solido. In questo post cercherò di rafforzarlo ulteriormente.
AMBIENTTTTT
… nessuno ha più dubbi riguardo alla presenza di un effetto serra… a essere oggetto di dispute è invece quanto ce ne dovremmo preoccupare e cosa dovremmo fare…
Il primo problema è troppo difficile, implica analisi delle preferenze, considerazioni etiche intorno alle generazioni future e altri labirinti filosofici da cui non saprei bene come uscire. Quindi lo accantono.
Il secondo sembra invece avere una risposta molto semplice: “non inquinare”.
E’ la tipica risposta degli ambientalisti, ed è anche il motivo per cui una persona ragionevole conclude che “l’ ambiente è una cosa troppo seria per lasciarla agli ambientalisti”:
… chi risponde così confonde l’ importanza del problema con la semplicità delle soluzioni… è tipico della mentalità “verde” mescolare senza costrutto obiettivi e programmi…
Innanzitutto non è facile “rispettare il pianeta”, occorre una cultura spaventosa, oltre che una calcolatrice sempre a disposizione:
… chi nei consumi sostituisce il caffé con il latte forse non sa di inquinare di più… avendo nella testa le giuste nozioni e tra le mani una buona calcolatrice potreste scoprirlo da soli… ma non è facile come sembra…
I fanatici dello slow food, per esempio, si credono  “amici della terra” a prescindere; illusi:
… comprare prodotti locali riduce i trasporti ma spesso è controproducente… il cibo importato proviene da luoghi con condizioni climatiche molto più adatte… consumare l’ agnello italiano piuttosto che quello neozelandese ci rende degli “inquinatori netti” del pianeta… privilegiare i pomodori nostrani su quelli spagnoli è una scelta maldestra per chi tiene alla propria “coscienza ambientalista”… le emissioni dei TIR sono ampliamente controbilanciate dal fatto che la Spagna è baciata dal sole… il vino cileno deve viaggiare intorno al mondo ma per un inglese sensibile all’ ambiente è da preferire di gran lunga a molti vini locali… spesso il supermercato è rifornito con silos capienti che minimizzano il numero dei trasporti a lunga distanza e inoltre è più prossimo del contadino verso cui fate la spola incessantemente per fare le vostre piccole spesucce e meritarvi il titolo di “amico della terra” che compra a km/zero… e non preoccupatevi troppo del sacchetto di plastica, sprigiona un millesimo dell’ anidride carbonica emessa per ottenere i cibi che contiene…
Capito quante cose bisogna sapere? A quanto pare un compito arduo anche per chi possiede una cultura sopra la media come i fanatici dello slow food (che se si limitassero a magnare sarebbero più simpatici e farebbero meno gaffe).
I calcoli sono complicati e riservano sorprese:
… il classico bus londinese trasporta in media 13 persone mentre l’ auto 1,6… è quest’ ultima, di conseguenza, ad avere l’ impatto ambientale più favorevole!… anche la lavastoviglie consuma meno anidride carbonica del lavaggio a mano…
Fare l’ ambientalista serio è una vitaccia. Inquinare meno è un mestiere a tempo pieno, richiede una vita spesa nello studio delle emissioni di anidride carbonica. Calcolare l’ “impronta di carbonio” per ogni oggetto con cui interagiamo o interagisce colui con il quale interagiamo (o…), impegna tempo ed energie: gli esiti, poi, sono sempre da rivedere, e anche limitandosi a un esame sommario ci sono migliaia di fattori di cui tenere conto:
… nel momento in cui ci sentiamo stremati dal calcolo… capiamo anche che lo sforzo profuso è ancora insufficiente… decidendo di consumare quella bevanda locale al bar sotto casa, abbiamo scordato di soppesare il pendolarismo del barista che ce la serve, nonché i doppi vetri del locale e gli spostamenti del contadino che fornisce quei semini così caratteristici… si tratta forse delle variabili più importanti e noi le abbiamo trascurate per anni… insomma, ci sono miliardi di scelte tutte concatenate tra loro che sfuggono anche al controllo dei “ben intenzionati”…
Non contate troppo sul parere degli esperti, divergono quasi sempre, e la cosa è più che ragionevole: basta considerare, che ne so, condizioni di traffico leggermente diverse e i conti non tornano più:
… ci sono stati epocali scontri di civiltà sull’ “impronta ambientale” delle banane… non resta che girare con una pila di ricerche al seguito da consultare di frequente… e attenzione ai frequenti aggiornamenti della letteratura!…
Forse il modo migliore di fare colazione salvando il pianeta consiste nel “non fare colazione”. Più ti astieni, meno inquini e chi si sopprime inquina ancora meno.
Tuttavia, su questo versante gli eroi scarseggino. L’ ambientalismo non occupa mai per intero la nostra coscienza – e per fortuna!-, convive, per esempio, con la voglia del caffelatte. Ma soprattutto non occupa minimamente quella della maggioranza delle persone, a cui sarebbe risibile proporre una scelta vegana. Se è impossibile “non consumare” in generale, la scelta di “cosa consumare” riemerge continuamente.
AMBIEEEE
Per fortuna esiste una soluzione. E’ semplice, precisa, razionale, di facile implementazione e non richiede programmi ambiziosi: prezzare l’ anidride carbonica.
… un accordo intergovernativo dovrebbe proporre una tassa di X euro per tonnellata di carbonio contenuto nel combustibile fossile estratto… incassata dai produttori e veicolata nel sistema dei prezzi di mercato, verrebbe ddiffusa tra i cittadini…
Ogni prodotto che “consuma” energia comincerebbe a riflettere in qualche modo la presenza di un simile balzello:
… un camionista che ignorasse l’ eventuale prezzo più alto del gasolio finirebbe semplicemente fuori mercato e lo stesso accadrebbe per che coltiva pomodori in serra…
Prezzare l’ anidride carbonica risolve senza sprechi il problema degli incentivi alle fonti alternative: quelle che funzionano davvero (e solo quelle!) diverranno automaticamente convenienti.
AMBIEN
La bontà della soluzione proposta salta all’ occhio soprattutto se confrontata con le alternative scellerate ma tanto care ai sedicenti ambientalisti.
Prendiamone in considerazione una che compendi in qualche modo anche le altre:
la legge Merton prevede che ogni intervento edilizio dovesse ricomprendere la capacità di generare almeno il 10% in termini di energia rinnovabile di cio’ che l’ edificio avrebbe consumato in futuro…
All’ apparenza la norma offre, a zero spese per il governo, un sistema semplice e intuitivo per incoraggiare qualcosa che la gente ritiene auspicabile.
Ma:
… il prevedibile inconveniente è che aver installato uno strumento per rinnovare l’ energia non significa automaticamente che verrà utilizzato
Ci si mette a posto con la legge, dopodiché si fa cio’ che conviene. L’ effetto netto è un puro spreco di risorse con vantaggi nulli sull’ ambiente: installo i pannelli solari, incasso le licenze (e magari anche i finanziamenti) per poi continuare a inquinare esattamente come prima.
Siccome le regole ottuse sono il prodotto di menti ottuse, la possibilità che si perseveri di fronte a fallimenti lampanti sono alte. Infatti alcuni amministratori hanno posto l’ obbligo di utilizzo delle rinnovabili istallate per avere le licenze. Cosa è successo?
… immaginatevi i controlli ipertrofici necessari… con un battaglione di vigili urbani che piantonano le vostre caldaie per misurare l’a percentuale di utilizzo di quelle a pellet rispetto alle tradizionali…
Ma c’ è di peggio, lasciamo la parola all’ Ing. Palmer che ha recentemente restaurato l’ Elizabeth House:
… date le dimensioni dell’ edificio, per adempiere alla norma, abbiamo progettato una caldaia a biomassa con un deposito per il combustibile grande come una piscina di 25 metri… al fine di soddisfare il fabbisogno di (soli) 14 giorni (!)… Ho calcolato che per mantenere a livello il deposito con ciocchi di legno e truciolato dell’ IKEA fosse necessario che due camion di circa 40 tonnellate ciascuno facessero un viaggio settimanale dalla periferia fino al centro di Londra scaricando il contenuto nell’ area preposta…
A questo punto spero che anche gli entusiasti della legge Merton avranno smesso di saltellare gioiosamente e si siano messi in ascolto.
Altri inconvenienti? Le riparazioni.
… i proprietari dell’ edificio non saranno contenti di riparare costose apparecchiature… specie perché spesso sono tecnologie ancora poco mature… se qualcuno mette dei pannelli fotovoltaici che si guastano subito dopo la garanzia… è ben difficile che abbia voglia di mettere mano al portafoglio per sostituirli quando i finanziamenti sono ormai incassati e ha una caldaia tradizionale a disposizione…
Altri inconvenienti? L’ efficienza:
… una grande turbina eolica in cima alla collina puo’ essere anche efficace ma una piccola turbina sul mio tetto circondato da edifici più alti e messa lì solo per ottenere una licenza edilizia, lo è decisamente meno…  
Altri inconvenienti? L’ ottusa pervicacia nel perseverare:
… è possibile che persino l’ ambientalismo più sciagurato, se lasciato a se stesso, impari dai propri errori… ma le normative di governo, per loro stessa natura, tendono in qualche modo a essere impermeabili alle opportunità di miglioramento…
Altri inconvenienti? Trovateli voi, è facile!
Visto che casino? E per carità di dio non apro il capitolo tragicomico dell’ “etanolo” dove i “benintenzionati”, con tutto l’ apparato di regolamenti e contro regolamenti che si portano sempre dietro, hanno fatto una specie di strage degli innocenti.
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La carbon tax funziona perché non è un “progetto” ma si affida all’ evoluzione economica. L’ ideale per sciogliere nodi intricati. Questo almeno per chi crede che…
… l’ evoluzione è più intelligente di noi… lasciandola lavorare scatena milioni di esperimenti individuali volti al taglio delle emissioni di anidride carbonica per il solo motivo che tagliare le proprie emissioni fa risparmiare soldi…
La soluzione carbon tax non richiede di dare percentuali (sballate), di dare soglie (opinabili), di definire (arbitrariamente) cosa sia e cosa non sia “rinnovabile”, non verranno implicati giudizi arbitrari
… ma soprattutto, le apparenti debolezze si trasformeranno in punti di forza…
Esempi? Prendiamo un’ apparente debolezza: chi paga? Risposta semplice e sorprendente:
… non importa!…
Altra apparente debolezza: quali conseguenze (da un economia con carbonio ad alto costo)? Risposta:
… non lo sappiamo, e questo è il bello!… l’ evoluzione economica, inclinando il campo da gioco secondo nuove regole, cioé rendendo i "gas serra  più costosi, produrrà esiti inattesi… I governi non sono tenuti a scegliere modi specifici per salvare il pianeta ma solo a “inclinare il campo da gioco”…
Veniamo all’ ultima apparente “debolezza” della soluzione evolutiva, quella più sintomatica:
… il prezzo è qualcosa di cui teniamo conto tutti a prescindere dalla nostra coscienza ambientale…
Orrore: la coscienza ambientale non serve più per salvare il pianeta, basta soppesare prezzi e voglie, proprio come fa da sempre il buon vecchio consumista.
E che ce ne facciamo adesso delle vaccinazioni già pronte, dell’ esercito di maestrine premurose, dell’ insegnante missionario, dei guru verdi che pontificano sulla TV di stato e sull’ organo di Confindustria? Dei monopolisti del buon gusto? Che ce ne facciamo di un’ intera chiesa con tutti i suoi riti e i suoi chierichetti?
Risposta da dire con gli occhi: niente, li buttiamo nel cesso e tiriamo lo sciacquone.
La cosa puo’ dispiacere solo a chi considera la “coscienza ambientale” uno strumento per guadagnarsi l’ accesso a Paradisi post-moderni in cui San Pietro alza la sbarra solo a chi “ricicla & coibenta” a prescindere. Ecco, a tutti gli scornati del caso consiglio caldamente di indirizzare la loro prorompente spiritualità verso i meno evanescenti Paradisi della tradizione.
AMBIENTTTT