lunedì 14 ottobre 2019
venerdì 18 dicembre 2015
Pinker on Intelligence, Liberalism, and Economic Literacy, David Henderson | EconLog | Library of Economics and Liberty
'via Blog this'
Now we get to a finding that sounds more tendentious than it is: smarter people are more liberal. The statement will make conservatives see red, not just because it seems to impugn their intelligence but because they can legitimately complain that many social scientists (who are overwhelmingly leftist or liberal) use their research to take cheap shots at the right, studying conservatism as if it were a mental defect. (Fetlock and Haidt have both called attention to this politicization.) So before turning to the evidence that links intelligence to liberalism, let me qualify the connection. But the key qualification is that the escalator of reason predicts only that intelligence should be correlated with classical liberalism, which values the autonomy and well-being of individuals over the constraints of tribe, authority, and tradition. (italics in original)
... The economist Bryan Caplan also looked at data from the General Social Survey and found that smarter people tend to think more like economists (even after statistically controlling for education, income, sex, political party, and political orientation). They are more sympathetic to immigration, free markets, and free trade, and less sympathetic to protectionism, make-work policies, and government intervention in business. Of course none of these positions is directly related to violence. But if one zooms out to the full continuum on which these policies lie, one could argue that the direction that is aligned with intelligence is also the direction that has historically pointed peaceward. To think like an economist is to accept the theory of gentle commerce from classical liberalism, which touts the positive-sum payoffs of exchange and its knock-on benefit of expansive networks of cooperation. That sets it in opposition to populist, nationalist, and communist mindsets that see the world's wealth as zero-sum and infer that the enrichment of one group must come at the expense of another. The historical result of economic illiteracy has often been ethnic and class violence, as people conclude that the have-nots can improve their lot only by forcibly confiscating wealth from the haves and punishing them for their avarice. As we saw in chapter 7, ethnic riots and genocides have declined since World War II, especially in the West, and a greater intuitive appreciation of economics may have played a part (lately there ain't been much work on account of the economy). At the level of international relations, trade has been superseding beggar-thy-neighbor protectionism over the past half-century and, together with democracy and an international community, has contributed to a Kantian Peace.
Si diventa "intellettuali di sinistra" perché più intelligenti?
"... individuals with so-called liberal or leftist views are overrepresented in American academia... intelligence can account for most of the disparity between academics and the general population on the issues of abortion, homosexuality and traditional gender roles. By contrast, it finds that intelligence cannot account for any of the disparity between academics and the general population on the issue of income inequality..."
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0160289615001373
Si prendono gruppi omogenei di popolazione notando se c'è correlazione tra opinioni su un punto (aborto, diseguaglianza) e intelligenza. A quel punto l'intelligenza diventa predittiva.
altra speigazione:
I have to believe that a lot of the over-representation comes from discrimination. If you ask left-wing academics, they will tell you that essentially all of the over-representation comes from intelligence. This tells you that they associate conservative beliefs with stupidity and are therefore almost certain to under-rate the intelligence of anyone who fails to chime in with the appropriate left-wing dogma when relevant topics come up in casual conversation. Arnold Kling
lunedì 31 ottobre 2011
Ciarpame
Perché avere idee quando ci si puo’ limitare a emettere “profumi”?
Perché esprimersi con chiarezza quando ci si puo’ limitare a essere “bravi comunicatori”?
Perché avere un “pensiero” quando si puo’ avere una “narrativa”?
Perché fare i filosofi quando si puo’ fare i “filosofi francesi”?:
Roger Scruton sulla nota combriccola (da: Del buon uso del pessimismo - Lindau):
Sulla scia di Althusser un fiume di linguaggio pomposo fluì dal ventre della storia, che all’epoca si trovava nella rivista di sinistra ‘Tel Quel’. Questa rivista pubblicava saggi di Derrida, Kristeva, Sollers, Deleuze, Guattari e un altro migliaio di autori, tutti creatori di ciarpame intellettuale, del quale si capiva chiaramente solo un aspetto, vale a dire la sua qualità di ’sovversione’ rivoluzionaria. Il loro stile vaticinante, in cui le parole vengono scagliate come incantesimi piuttosto che utilizzate come argomentazioni, ispirarono innumerevoli imitatori nelle facoltà umanistiche di tutto il mondo occidentale. [...] Scrittori come Derrida, Kristeva e i loro successori più recenti come Luce Irigaray e Hélène Cixous dovrebbe essere letti semplicemente come militanti di sinistra. E le loro sciocchezze, riportate nelle note e nelle bibliografie di migliaia di riviste accademiche – fra le quali la più importante è la ‘Modern Language Review’ – sono state depositate in quantità degne di Augia su ogni possibile spazio disponibile dei programmi di studi. Il risultato di questo sforzo concertato di rendere inespugnabile la posizione di sinistra è stato un disastro intellettuale, paragonabile all’incendio della biblioteca di Alessandria, o alla chiusura delle scuole della Grecia”.
mercoledì 2 febbraio 2011
Peggio del "faso tuto mì" c' è solo il "so tuto mì".
Fanno cio' a cuor leggero convinti di avere l' asso nella manica, ovvero di poter dimostrare che, comunque, dall' applicazione nelle loro materie, gli allievi avranno grandi benefici che si ripercuoteranno visibilmente nella vita futura fuori dai banchi.
Il concetto su cui si fonda tanta fiducia è quel mito noto come "imparare ad imparare": il latino, per esempio, serve a ben poco ma è pur sempre una "ginnastica per il cervello". In altri termini, lo studio forsennato del latino ci insegnerebbe innanzitutto ad imparare anche in altri contesti.
Purtroppo oggi sappiamo che la "conoscenza è specifica". Ovvero, chi conosce bene una certa cosa, non per questo gode di particolari vantaggi se chiamato ad apprendere un' altra in altri campi del sapere. Chi sa il latino, sa il latino. Punto. La cosa sarà utile a leggere le inscrizioni sui monumenti antichi e poco più. Vale per il latino, per la geografia, per la musica, per le scienza... vale un po' per tutte le forme di conoscenza.
Questo forse spiega lo sconcerto e l' imbarazzo per certe uscite degli intellettuali nostrani in materie che non sono le loro proprie: all' ignoranza da Bar Sport assommano evidentemente una fiducia malriposta nell' esistenza di una fantomatica "conoscenza generalizzata". Avendo studiato a fondo per una vita A, grazie al misterioso tramite della "conoscenza generalizzata", pensano che basti unno sguardo sommario, una "sensazione" per potersi pronunciare da competenti anche su B. Loro, del resto, sono convinti di aver "imaparato ad imparare", cosicchè pensano d' "imparare" all' istante qualsiasi sia la materia su cui posano lo sguardo.
L' arroganza che germoglia da questo bias molto comune, fa dell' intellettuale ignorante un super-ignorante a cui il buon senso di molti avventori del Bar Sport darebbe dei punti; ho l' impressione che ci sia proprio questo dietro un Dario Fo o un Moni Ovadia che sproloquiano di politica, un Sartori che conciona di demografia, un Camilleri che gioca a fare l' antropologo, un Claudio Magris austero moralista, un giallista che s' inventa giuslavorista teorizzando sul precariato e chi più ne ha più ne metta.
NOTA 1: letteratura sul "transfer learning". Vedi anche la voce su wikipedia.
NOTA 2: studio sull' utilità (nulla) del latino a scuola; vedi anche i lavori pionieristici di Edward Thorndike.
P.S. come evitare che in proposito venga in mente l' amato Tetlock e la sua predilezione dei ricci sulle volpi.
http://econlog.econlib.org/archives/2011/01/the_case_agains_5.html
giovedì 2 dicembre 2010
Sola a presidiare la fortezza
IMBAMBOLATI
Gli strani personaggi che popolano i suoi racconti osservano la realtà come imbambolati; ricordiamoci del precetto: più al lungo guardate un oggetto e più mondo ci vedrete dentro. Questo "eccesso di visione" è indescrivibile, ma c' è. E noi non sappiamo mai come inciderà sull' animo di chi vi si espone, ma sappiamo che da quel momento potrà accadere di tutto: violenza gratuita, grottesco, bizzarro, misto di comicità ed orrore. Cio' che sicuramente salta in aria è il buon senso.
SHEPPARD
Rimpinzare il proprio vuoto con opere buone è un comportamento infernale. La fede è un riconoscimento, e l' ingordigia di "bontà" a volte ci obnubila favorendo distrazioni fatali. Con uno slancio generoso, Sheppard accoglie in casa Rufus Johnson, un ragazzino che era stato in Riformatorio e che lui voleva redimere. Imbevuto di nozioni psicologiche e di un umanitarismo filantropico, è convinto che il male possa essere vinto con un' educazione laica volta allo sviluppo dell' intelligenza. Ma ne uscirà sconfitto, J. non farà che sfuggire agli schemi razionali che stanno davanti a lui come trappole, e questo avviene in pagine che toccano il nervo più vivo della condizione umana.
ARTE = SOLITUDINE
L' arte è una lingua interiore. L' artista, poichè è chiamato ad occuparsi solo di se stesso, è deficitario, non ha strumenti per capire il mondo.
Spiego meglio.
La politica e la sociologia si occuperanno dell' interazione in gruppi umani estesi, l' economia in gruppi umani ristretti, la psicologia dei comportamenti individuali, ma solo l' arte si occupa del singolo in assenza di comportamento, di quel paesaggio interiore privo di espressione.
Il perito di questa immota solitudine ha solo parole svianti quando tenta di dedicarsi ad altro. E molti sembra proprio abbiano scelto l' arte come comoda via per fare poi altro.
Flannery invece amava la solitudine e vi anelava constantemente, già da piccola si chiudeva a chiave nelle stanze, benediceva ogni giorno la sua grave malattia pensandola come la barriera più efficiente contro la perniciosa interferenza dei contatti umani.
BELLEZZA SALVIFICA (OVVERO: L' ARTE SACRA OGGI)
Vi ricordate l' imbarazzante adozione di Tolkien ad opera dei "neo-fascisti"? Ebbene, da tempo i ciellini hanno adottato Flannery - ancora una prefazione di Don Giussani all' ultima raccolta di racconti, ancora una mostra in suo onore all' ultimo Meeting - con lei spartiscono un comandamento impegnativo: la bellezza salva.
La bellezza è una preda astuta, che sfugge e si metamorfizza nel tempo passando sotto il naso di chi ancora ha in mente le fattezze di quella strana "bestia" osservate allorquando un grande artista del passato riuscì temporaneamente ad ingabbiarla.
Ma Flannery ha le idee chiare e sa dove l' arte religiosa è chiamata a lavorare oggi: sono i malfattori, gli storpi, i deformi (dentro e fuori) coloro da cui promana quella particolare bellezza incommensurabile, l' unica che non si puo' dissociare dalla "verità", l' unica di cui è avida l' arte sacra.
Gli scrittori che vedono e narrano alla luce della fede cristiana sono chiamati ad essere i più fini osservatori del grottesco, del perverso, del demenziale, dell' assurdo, dell' autistico. Lo stesso dicasi per musicisti e pittori.
Sono chiamati anche a liberarsi di allegorie, metafore ed altri profilattici; sono chiamati a stare senza intermediazioni davanti all' incarnazione del difetto, del limitato, del tarato. Flannery è in questo fulgido esempio.
ORRORE
L' arte sacra deve rifuggire le formule pie, deve scioccare il lettore con il gusto dell' edificante, deve liberarsi di ogni svenevole moralismo, quello è annoiante laicume; deve setacciare tutto il sublime residuo e liberarsene finchè è in tempo: così prosciugata inscenerà uno spettacolo in cui l' orribile si offre sempre temprato dal ridicolo.
Nell' arte sacra non deve trapelare alcuna "intenzione ideale", il mestiere dell' artista è deludere il critico-tartufo che ne va in spasmodica ricerca.
E' difficile produrre oggi arte sacra, perchè una simile arte è chiamata a scandalizzare chi già passa tutto il giorno a scandalizzarsi per ragioni sbagliate.
Lo scandalo si crea quando uno stile concreto e realista presenta in carne e sangue un' imperscrutabile verità spirituale.
E' lo scandalo dell' Incarnazione! Sparisca ogni simbolo, ogni metafora, ogni allegoria, ogni linguaggio; l' arte deve farne a meno per privilegiare l' incandescenza del contatto diretto, unico "linguaggio" rinnovato in grado di rendere qui ed ora il mistero dell' Incarnato. Sia bandita ogni astrazione a favore della concretezza e di tutte le imperfezioni e asimmetrie che puo' presentare una pietra appena dissotterrata.
I racconti sono "duri", la musica "dissonante", le forme "ellittiche", ma solo perchè "duro", "dissonante", "ellittico" è il messaggio cristiano.
L' ambiguità grottesca che abbonda nelle pagine di Flannery è la stimmate di un' umanità marchiata dal Peccato originale, ovvero dal "limite". Mai soggetto si presta tanto ad essere trattato in racconti e in musiche dell' orrore.
Purchè siano racconti e musiche prive di "atmosfere" orrorifiche.
L' "orrore" prosciugato da ogni atmosfera resta inquietante poichè c' impedisce di dimenticare che partecipiamo della sua condizione. L' "atmosfera" mitiga questo effetto disturbante poichè amplifica artificiosamente il mostruoso puntando sulla sua rassicurante alterità.
Flannery difende con i denti il diritto dell' artista cristiano a scegliere il "negativo" della realtà, le numerose tare che l' affliggono. E con il mondo che diventa sempre più materialistico ci sarà sempre più da scegliere. L' arte sacra ha un futuro.
IL LATO RIDICOLO DELLA FEDE
la fede ha in sè qualcosa di ridicolo e il fedele che anela all' assoluto è un personaggio grottesco. Chi non lo riconosce è spacciato. Flannery lo racconta e riracconta in ogni sua pagina avvalendosi di uno stile chiaro, veloce e realistico.
VIOLENZA DELLA GRAZIA
La violenza non è sempre al servizio del Male, esiste anche la violenza al servizio del Bene.
Flannery decide scientemente di sostituire la parola "amore" con la parola "grazia". Questo perchè l' amore è incompatibile con la violenza mentre l' amore cristiano necessità di cospicue dosi di violenza visto che deve competere con un male concreto ed operante. La mente dell' uomo è chiusa e coesa come un diamante, solo la forza tagliente di un altro diamante puo' competere con essa.
"Il Paradiso è dei violenti", un titolo ma anche un motto che racchiude la piccola irlandese.
LEI
Brusca, sdegnosa, senza pretese, splendida e inappariscente... circondata dai suoi pavoni.
sabato 9 ottobre 2010
Stillava sangue
Dopo avere a lungo intinto le loro penne nel vetriolo, F. e Cl. Mag. se le dissero e dettero di santa ragione.
Avveniva tutto al cadere di Ottobre, nell' anno del Signore 2006.
Non che prima i due si fossero ignorati. Solo che si limitavano a far cadere le loro contumelie dall' alto, a distanza di sicurezza, senza mai incrociare lo sguardo reciproco.
Io, che conosco il primo come funambolo del rigo giornalistico - ben calibrato e mai privo di sugo - e il secondo come un tipo che per quanto ami apparire compassato alla fine non riesce mai a trattenersi, mi sono appostato sugli spalti sicuro di assistere ad una tenzone cruenta ma costruttiva.
Quel che rileva qui è solo uno scampolo della discussione...ma accidenti.
Mi riferisco al formidabile argomento che quel figlio di P. di F. faceva solo balenare all' orizzonte con il sorrisino del gatto alle prese col topo. E nell' alludervi le sue famose sopraciglia leonine arcuavano ulteriormente la loro esse diabolica.
Lo manteneva saldamente nelle retrovie con esclusive funzioni logistiche proprio mentre tutti gli altri argomenti venivano ordinatamente fatti marciare verso il fronte polemico.
Mi vedo costretto ad esporlo con sintesi brutale secondo quella che ne è la mia capacità di leggere dietro le righe: poichè Cl. Mag. aveva intrattenuto rapporti intensi con Monna Letteratura cio' poteva certo fargli meritare le medaglie più scintillanti e i riconoscimenti più solenni, ma tutto cio' lo rendeva profondamente inidoneo a spiegare quanto avviene nel nostro quartierino (ovvero il Pianeta Terra, una roba che sta in fondo a destra). Questo in generale. Sui giornali in particolare.
Il nostro Literato si vede innamorato mentre scrive al caffè. Con questa predisposizione sognante infarcisce i suoi giudizi di buoni sentimenti un tanto al chilo, impenetrabile e dimentico di ogni dimensione tragica del Reale.
Costoro, dopo aver inclinato a lungo la spina dorsale sulle patrie lettere, nel tentativo estremo di vivacizzare le sudate carte e ampliare l' audience, rivolgono il loro ormai miope lume verso il quotidiano ma cio' che offrono è solo lo spettacolino di chi, dopo macerato ponzamento, improvvisa senza costrutto. Li vedi proferire le loro ingenuità accompagnandole con il fare tipico dei callidi.
Diciamoci la verità. Osservando le fanciullesche analisi internazionali dei vari Tab, M. Ov., D.F. sui blasonati tabloid, valutando la comica linea politica del Comico raffinato, soppesando lo sconclusionato programma di lotta politica del capriccioso regista, devo dire che tentenno nel liquidare all' istante un simile argomento, quand' anche non mi convinca del tutto.
E non puo' convinvìcermi del tutto certo come sono che l' arte sia pur sempre in grado di parlarci della Realtà.
Ma come conciliare due sensazione tanto stridenti?
Forse la facoltà di catturare il reale puo' presentarsi disgiunta dalla capacità di ricostruirlo cronachisticamente. La sintesi dell' opera è un dono che acceca lo sguardo quando si tratta di articolare un semplice resoconto con gli strumenti del buon senso.
Con eleganti metafore la cosa è stata espressa da un grande Lettore che fu anche grande Scrittore. Mi sia consentito di citarlo a memoria:
"...la visione del particolare illumina ed offusca lo Scrittore...In quanto scrittore mi complimento con chi si getta nelle fiamme per salvare il bambino piangente, ma stringo commosso la mano al salvatore che si ricorda di recuperare anche il giocattolo preferito dal piccolo...
...uno spazzacamino piombando dal sesto piano notò un errore di ortografia nell' insegna. Si chiese chi mai avesse potuto commetterlo...Anche noi precipitiamo verso la morte e notiamo parecchie cose sulla facciata che ci scorre davanti...
...questo incanto verso la minuzia mentre incombe il Pericolo costituisce la provvidenziale ed infantile speculazione dell' artista che per quanto corrughi la fronte resta un povero di spirito. Attività preziosa quanto lontana dal buon senso...Cercare qualcosa nel suo cuore che non sia affetto da questa santa aberrazione è cosa futile..."
Come dire: scrittori, scrivete e vi leggeremo. Ma mi raccomando: nei libri, non sui giornali
sabato 2 ottobre 2010
Promozioni a casaccio
Da questo semplice fatto potete riconoscere immediatamente il principio che informa le politiche del personale in quell' organizzazione: promuovere ad un posto di più alta responsabilità chi ha fatto bene nel suo incarico precedente.
Come mai un principio tanto di buon senso sfocia in esiti così perversi?
Il fatto è che un' organizzazione del genere raggiunge il suo equilibrio solo allorchè i posti a disposizione sono ricoperti da incompetenti.
[si ipotizza che salendo nella carriera i nuovi posti occupati richiedano competenze almeno in parte differenti rispetto a quanto si faceva prima]
Corollario: promuovere a casaccio è più efficiente.
La cosa è stata dimostrata matematicamente a Catania (vedi anche qui), che si è così portata a casa il meritato IgNobel.
Il principio di fondo era già ampiamente noto.
D' altronde il dubbio sorge spontaneo, chi sa fare bene una cosa forse è meglio che continui a farla!
martedì 3 agosto 2010
Perorando la Torre d’ Avorio
Stillava sangue quel giornale. Lo presi, lo apersi e capii.
Dopo avere a lungo intinto le loro penne nel vetriolo, F. e Cl. Mag. se le dissero e dettero di santa ragione.
Avveniva tutto al cadere di Ottobre, nell' anno del Signore 2006.
Non che prima i due si fossero ignorati. Solo che si limitavano a far cadere le loro contumelie dall' alto, a distanza di sicurezza, senza mai incrociare lo sguardo reciproco.
Io, che conosco il primo come funambolo del rigo giornalistico - ben calibrato e mai privo di sugo - e il secondo come un tipo che per quanto ami apparire compassato alla fine non riesce mai a trattenersi, mi sono appostato sugli spalti sicuro di assistere ad una tenzone cruenta ma costruttiva.
Quel che rileva qui è solo uno scampolo della discussione...ma accidenti.
Mi riferisco al formidabile argomento che quel figlio di P. di F. faceva solo balenare all' orizzonte con il sorrisino del gatto alle prese col topo. E nell' alludervi le sue famose sopraciglia leonine arcuavano ulteriormente la loro esse diabolica.
Lo manteneva saldamente nelle retrovie con esclusive funzioni logistiche proprio mentre tutti gli altri argomenti venivano ordinatamente fatti marciare verso il fronte polemico.
Mi vedo costretto ad esporlo con sintesi brutale secondo quella che ne è la mia capacità di leggere dietro le righe: poichè Cl. Mag. aveva intrattenuto rapporti intensi con Monna Letteratura cio' poteva certo fargli meritare le medaglie più scintillanti e i riconoscimenti più solenni, ma tutto cio' lo rendeva profondamente inidoneo a spiegare quanto avviene nel nostro quartierino (ovvero il Pianeta Terra, una roba che sta in fondo a destra). Questo in generale. Sui giornali in particolare.
Il nostro Literato si vede innamorato mentre scrive al caffè. Con questa predisposizione sognante infarcisce i suoi giudizi di buoni sentimenti un tanto al chilo, impenetrabile e dimentico di ogni dimensione tragica del Reale.
Costoro, dopo aver inclinato a lungo la spina dorsale sulle patrie lettere, nel tentativo estremo di vivacizzare le sudate carte e ampliare l' audience, rivolgono il loro ormai miope lume verso il quotidiano ma cio' che offrono è solo lo spettacolino di chi, dopo macerato ponzamento, improvvisa senza costrutto. Li vedi proferire le loro ingenuità accompagnandole con il fare tipico dei callidi.
Diciamoci la verità. Osservando le fanciullesche analisi internazionali dei vari Tab, M. Ov., D.F. sui blasonati tabloid, valutando la comica linea politica del Comico raffinato, soppesando lo sconclusionato programma di lotta politica del capriccioso regista, devo dire che tentenno nel liquidare all' istante un simile argomento, quand' anche non mi convinca del tutto.
E non puo' convinvìcermi del tutto certo come sono che l' arte sia pur sempre in grado di parlarci della Realtà.
Ma come conciliare due sensazione tanto stridenti?
Forse la facoltà di catturare il reale puo' presentarsi disgiunta dalla capacità di ricostruirlo cronachisticamente. La sintesi dell' opera è un dono che acceca lo sguardo quando si tratta di articolare un semplice resoconto con gli strumenti del buon senso.
Con eleganti metafore la cosa è stata espressa da un grande Lettore che fu anche grande Scrittore. Mi sia consentito di citarlo a memoria:
"...la visione del particolare illumina ed offusca lo Scrittore...In quanto scrittore mi complimento con chi si getta nelle fiamme per salvare il bambino piangente, ma stringo commosso la mano al salvatore che si ricorda di recuperare anche il giocattolo preferito dal piccolo...
...uno spazzacamino piombando dal sesto piano notò un errore di ortografia nell' insegna. Si chiese chi mai avesse potuto commetterlo...Anche noi precipitiamo verso la morte e notiamo parecchie cose sulla facciata che ci scorre davanti...
...questo incanto verso la minuzia mentre incombe il Pericolo costituisce la provvidenziale ed infantile speculazione dell' artista che per quanto corrughi la fronte resta un povero di spirito. Attività preziosa quanto lontana dal buon senso...Cercare qualcosa nel suo cuore che non sia affetto da questa santa aberrazione è cosa futile..."
Come dire: scrittori, scrivete e vi leggeremo. Ma mi raccomando: nei libri, non sui giornali.