giovedì 31 maggio 2012

La cocainomane felice

Guardatevi il video e interagite prima di proseguire la lettura:

 

Riassunto per gli impazienti:

Two scenarios are described, one with a busy mom, and one with a busy party girl, each similarly stretched a bit thin, but lovin' it. Both women are described as experiencing more or less the same upbeat, satisfied psychological states. But one's changing diapers and one's doing lines of blow. In each case, you're asked whether you'd consider the woman "happy". Then we go through the whole thing again, except that both women are described as having more or less the same anxious, dissatisfied psychological states. And in each case you're asked whether you'd consider the woman "unhappy".

Perché non crediamo che la cocainomane sia felice nonostante ci venga detto a chiare lettere?

Pregiudizio? Myside bias?

Forse.

Tento però una spiegazione alternativa.

L’ esperienza comune ci dice che fare il genitore puo’ renderci felici ma soprattutto è verosimile che segnali e produca felicità.

Segnala una felicità passata: chi ha figli di solito era più felice prima di averli, quando sognava almanaccando il futuro della famiglia da costruire con l’ amato.

Produce felicità futura: chi ha figli di solito è più felice quando i figli crescono e puo’ osservarli a distanza senza essere oberato da incombenze pressanti. Fare i nonni è il massimo.

Al contrario, la cocaina e il “tunnel del divertimento”, puo’ senz’ altro rendere felici, ma difficilmente segnala e produce felicità.

Segnala invece possibili disagi in un passato da dimenticare grazie a forme di stordimento.

Produce spesso forme di dipendenza e un futuro minaccioso o quantomeno poco sereno.

Ecco, penso che chi risponde, anziché limitarsi a considerare la semplice e chiara domanda, tenda ad allargare indebitamente lo spazio temporale incorrendo nell’ errore documentato dal video.

La cocainomane felice

Guardatevi il video e interagite prima di proseguire la lettura:

 

Riassunto per gli impazienti:

Two scenarios are described, one with a busy mom, and one with a busy party girl, each similarly stretched a bit thin, but lovin' it. Both women are described as experiencing more or less the same upbeat, satisfied psychological states. But one's changing diapers and one's doing lines of blow. In each case, you're asked whether you'd consider the woman "happy". Then we go through the whole thing again, except that both women are described as having more or less the same anxious, dissatisfied psychological states. And in each case you're asked whether you'd consider the woman "unhappy".

Perché non crediamo che la cocainomane sia felice nonostante ci venga detto a chiare lettere?

Pregiudizio?

Forse.

Tento però una spiegazione alternativa.

L’ esperienza comune ci dice che fare il genitore puo’ renderci felici ma soprattutto è verosimile che segnali e produca felicità.

Segnala una felicità passata: chi ha figli di solito era più felice prima di averli, quando sognava almanaccando il futuro della famiglia da costruire con l’ amato.

Produce felicità futura: chi ha figli di solito è più felice quando i figli crescono e puo’ osservarli a distanza senza essere oberato da incombenze pressanti. Fare i nonni è il massimo.

Al contrario, la cocaina e il “tunnel del divertimento”, puo’ senz’ altro rendere felici, ma difficilmente segnala e produce felicità.

Segnala invece possibili disagi in un passato da dimenticare grazie a forme di stordimento.

Produce spesso forme di dipendenza e un futuro minaccioso o quantomeno poco sereno.

Ecco, penso che chi risponde, anziché limitarsi a considerare la semplice e chiara domanda, tenda ad allargare indebitamente lo spazio temporale incorrendo nell’ errore documentato dal video.

lunedì 28 maggio 2012

Pensierino del giorno

Diversi studi ci confermano che chi sente il proprio aspetto fisico come “inadeguato” rispetto al “modello prevalente”, tende a centrare i giudizi su di sé e sugli altri intorno a valori “più profondi”: intelligenza, bontà, senso dell’ umorismo…

Ora, se ci fate caso, nulla più della pubblicità commerciale “produce inadeguatezza” e quindi, indirettamente, aiuta la diffusione presso la massa dei cosiddetti “valori profondi”.

Questo merito non solo non viene riconosciuto; al contrario, la Pubblicità deve sobbarcarsi l’ accusa di propalare solo valori superficiali.

headscratch

venerdì 25 maggio 2012

La Vergine dei colini

playlist:

David Lang – The so colled laws of nature

Juana Molina - La Visita

Raymond Scott - Sleepy Time

Maja Ratkje e Lasse Marhaug -

John Cage – In a Landscape

Meredith Monk - The Games/Memory Song

Grouper - Invisible

Pilentze Pee – Traditional

Der maurer – der maurer

Trapist – Pisa

La Brigata – Oltre il ponte (testi di Franco Fortini)

SISKIYOU - Twigs and Stones

 

- ASCOLTALA QUI -

Oppure qui:

dentro ci trovi…

... aria sanguinolenta...

palloncini colorati

palloncini colora

… flora minerale…

flora minerale

… il manifesto dei timidi…

hunger-games-poster

… tipi in carne…

uomini in carne

… abbracci anatomici…

juan-gatti-2

… la vergine dei colini…

vergine dei colini

vergine dei colinii

… tempeste di carta…

tempeste di carta

venerdì 18 maggio 2012

Bagatelle

… qualche musica per il week end…

… dentro:

… bagatelle…

banane in vacanza

… tanto calore (virtuale)…

calore virtuale

… la difesa dei (e dai) sogni…

begemott

… il lavoro paziente della bellezza insignificante…

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… la porta del Paradiso…

Willard Wigan

… situazioni al limite…

Cargo-vessel-Rena-Astrola-004

 

… pesci (rossi) nella rete…

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… bellezze dolorose…

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… neoplasie scolpite…

caraballo-farman TUMORI SCOLPITI

… tristezze avveniristiche…

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… nascita della Vedova Nera…

la nascita della vedova nera

… Napoletizzazione della Germania…

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mercoledì 16 maggio 2012

Se ce l’ abbiamo nel melone

Getto la spugna, lo faccio da inguaribile ottimista, rinuncio a ogni apologia liberista e mi ritiro alla chetichella: è tempo perso.
Cosa occorre in fondo per essere impermeabili al vangelo “mercatista”?
Molto poco: basta essere spontanei, sensibili ed empatici verso il prossimo.
In altri termini, basta essere “uomini” fatti e finiti, e della pasta migliore, stando al comune buon senso.
Il nostro cervello ci rende antiliberisti, siamo costruiti per scendere in piazza, “occupare wall street” e combattere l’ anarchia del “mercato selvaggio”; questo ci dice chi studia i nessi tra psicologia e ideologia: siamo degli “statalisti naturali”, non si scampa, ce l’ abbiamo nel melone.
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Qualsiasi brufolosa manifestazione studentesca offre uno spettacolo ripugnante, almeno ai miei occhi, ma come non riconoscerne una certa spontraneità? Il liberismo appare sempre più come un’ ideologia “vietata ai minori”. E’ impensabile sotto una certa età, è inconcepibile da tenere menti al riparo da ogni artificiosa sofisticazione
Io stesso, che mi ritengo un “militante” pro-market, faccio fatica a riconvertirmi ogni giorno: messo di fronte alla prima pagina di un giornale il primo istinto mi fa sbandare verso ricette antiliberali. Per tornare sulla strada maestra ho bisogno di concentrazione, di fare mente locale e ricalibrare il pensiero… una faticaccia.
In genere per tutti noi il “bene” non puo’ essere casuale, riteniamo scandaloso che possa emergere senza “intenzioni” specifiche, non riusciamo proprio a pensarlo come tale: se un bene si realizza, da qualche parte un Uomo della Provvidenza è in azione; così come se un Male ci affligge, dietro le quinte sta operando un Cattivone, e se proprio non è immediatamente visibile ripieghiamo volentieri sulle sempre disponibili tesi complottiste.
Da un lato converrebbe rimeditare una versione aggiornata di un concetto profondo come quello di “Abbandono alla Provvidenza”, dall’ altro i meccanismi cognitivi che ci spingono nelle braccia di Dio sono in fondo gli stessi che sviluppano la fiducia nel Big Government, da qui i nostri guai.
Spremendoci, possiamo al limite immaginare le strade che portano all’ inferno come lastricate da cattive intenzioni, ma difficilmente siamo in grado di immaginare le strade che portano al paradiso come non lastricate da alcuna intenzione.
Siamo fatti così: dopo aver pensato al Grande Problema cerchiamo la Grande Soluzione, e, una volta escogitata, sentiamo di poterci concedere un giusto riposo, il nostro lavoro intellettuale è felicemente concluso: le istruzioni ci sono, basterà demandare la loro esecuzione a un soggetto sufficientemente potente, meglio se Onnipotente. Un Governo purchessia fa proprio il caso nostro.
Rubano? Mettiamoli in galera. Ingrassano? Mettiamoli a dieta. Speculano? Regoliamoli. Evadono? Sanzioniamoli. Si arricchiscono? Tassiamoli. Scandalizzano? Censuriamoli.
Semplice no? Scendiamo dunque in piazza per urlare le nostre Soluzioni a cui solo il Maligno puo’ opporsi.
Trincerati nel baretto sforniamo Soluzioni a raffica tutto il santo giorno, basta dare per scontata la presenza di un Governo a cui passare i nostri suggerimenti, ci penserà lui. E se il governo reale tentenna, basterà potenziarlo affinché non accampi più scuse.
L’ ideologia antimarket è coriacea, non sembra nemmeno sensibile agli interessi materiali: se vinciamo alla lotteria il nostro voto politico non cambia!
Siamo dunque di fronte a una preferenza pura che dipende per lo più dal carattere: sulle modalità di questa dipendenza, poi, possiamo sbizzarrirci; esempio:
… critics of the free market are more neurotic… than proponents…
People high in Stability realize that, objectively speaking, life in First World countries is good and getting better all the time.
As long as government leaves well enough alone, our problems will take care of themselves…
People low in Stability, on the other hand, habitually blow minor problems out of proportion.
Even when they live in First World countries, they manage to convince themselves that the sky is falling.
Their typically neurotic response… is to beg for Big Brother to save them from their largely imaginary problems.
When government solutions don't work out, they misinterpret it as further proof that life is hopeless - not that their "solutions" were ill-conceived.
I liberali affannosamente hanno messo a punto una miriade di teorie per spiegare la crescente invadenza dello Stato nel corso del secolo passato: dalla diffusione di ideologie socialisteggianti, alle dinamiche parassitarie della burocrazia, si è tirato in ballo di tutto, ma poiché nessuna regge è tempo allora di accettare la spiacevole e cruda verità: se lo Stato cresce è perché lo vogliamo noi, il nostro cervello, la nostra psicologia, ne ha bisogno per pensare con meno sforzo.
… Democratic government cannot grow large, and stay large, against the express wishes of a substantial majority of the population…
Poi ci sono gli “ottimisti”, che, numeri alla mano, cercano di consolarsi: “ dopo tutto i pro-market sono tipi più intelligenti e istruiti, il futuro è loro”.
Macché: sebbene sia vero che istruzione e quoziente intellettivo tendano a crescere nella popolazione portandola su medie oggi riservate all’ élite liberista, è anche vero che lo sviluppo tecnologico avanza di pari passo.
Ma che c’ entra lo sviluppo tecnologico adesso?
C’ entra eccome! Lo sviluppo tecnologico è decisivo: solo la mancanza di mezzi in grado di conferire potenza allo Stato ci fa dubitare per un attimo del suo ruolo salvifico:
… perform a very simple thought experiment… Assume that we had no cars, no trucks, no planes, no telephones, no TV or radio, and no rail network.
Of course we would al be much poorer. But how large could government be? Government might take on more characteristics of a petty tyrant, but we would not expect to find the modern administrative state, commanding forty to fifty percent of gross domestic product in the developed nations, and reaching into the lives of every individual daily.
Think also about the timing of these innovations. The lag between technology and governmental growth is not a very long one…
Avere robuste cinghie per legare il paziente al tavolaccio è la premessa per operarlo. Avere un ferreo controllo sulla società è decisivo per “pianificarla” secondo le teorie elaborate al bar o nei centri studi: noi abbiamo continuamente delle idee e vogliamo “più Stato” affinché esista una Potenza che le realizzi; non appena i mezzi lo consentono, ce lo prendiamo.
Lo sviluppo tecnologico foraggia la tentazione "centralista" imponendo così una melanconica conclusione: il mercato genera innovazione e l’ innovazione genera statalismo. Non vedo vie d’ uscita: getto la spugna e mi defilo alla chetichella.
Alan Gerber et al: Personality Traits and the Dimensions of Political Ideology
Tyler Cowen: Does Technology Drive the Growth of Government?

venerdì 11 maggio 2012

Alla ricerca della scomodità

Musiche per il week end:

 

… troverete…

… scomode sedute…

bench

… muri che crollano…

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… muri che si alzano…

John Scarratt

… pietre pettegole…

Diglett

… miracoli del caso…

Tommy Craggs

… supereroi depressi…

cerv 

… diversità che convivono…

Urban artist Tilt

… arti bestiali…

Cats Imitating Art

… passeggiate invernali…

Simon Beck lago gelato

… e altro ancora, compresa la possibilità di spegnere a piacimento…

Escrif

giovedì 10 maggio 2012

Ceffoni invisibili

Povero Adam Smith! Esiste forse una metafora più travisata della gloriosa (o famigerata) “mano invisibile”?

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Chissà perché un malizioso riflesso condizionato associa “mano invisibile” e “selezione naturale”, quasi che Darwin e Smith si facessero l’ occhiolino a distanza. E questo, sembra incredibile, anche in persone all’ apparenza colte: sarebbero da prendere a ceffoni (invisibili, naturalmente).

Il “liberista”, devoto al dio della Mano Invisibile, viene così bollato come “darwinista sociale”; francamente non sono in grado di dire se chi si dedica ad appioppare queste spiritose etichette conosca la biologia, di sicuro non conosce l’ economia e non sa cosa sia la “mano invisibile” di cui ciancia con ostentata sicumera.

[… recentemente è toccato ad Aldo Schiavone rinnovare il cargo cult, tra i salamelecchi di un Augias che, travestito da presentatore, faceva il compare nel solito gioco delle tre carte…]

Sta di fatto che sia Darwin che Smith sarebbero compresi molto meglio se pensati come in antitesi: Darwin vs. Smith.

In biologia non esiste infatti nulla di equivalente alla “mano invisibile”, tanto è vero che l’ evoluzione naturale è altamente inefficiente, e non c’ è motivo perché le cose vadano diversamente:

… male birds of paradise have ridiculously long tails.

… Evolution has cursed them with tails far too long for any practical purpose, and in fact long enough to be a substantial hindrance in locomotion. Their bodies expend precious resources to grow and maintain these tails, increasing the birds’ food requirements while simultaneously rendering them more susceptible to predators. How could such a handicap have survived natural selection?

In fact, Darwinism requires us to ask something far more perplexing: How could such a handicap have been a consequence of natural selection?

Remarkably, the biologists have answers.

Male birds compete for female birds, who want mates capable of fathering healthy offspring.

By growing a tail slightly longer than his rivals’, the male demonstrates that he is robust, that he eats well, and perhaps that he is sufficiently athletic to survive even when burdened with an absurd encumbrance.

These are just the qualities that the female wants in her sons, and so she seeks a mate who evidently has them. Long tails are a reproductive advantage and are therefore rewarded by natural selection…

Entriamo ora in una dimensione fantastica e consideriamo le cose come se la Mano Invisibile cominciasse ad agire anche nel mondo naturale; cosa succederebbe? Semplice (e inverosimile):

The male birds of paradise, concerned about escalating competition, have called a peace conference.

Some of the more scrawny-tailed birds have made a radical proposal: universal “disentailment,” by which all will agree to immediately and permanently discard all unnecessary plumage.

Their literature emphasizes advantages in the area of fox-avoidance but underplays the possibility of a redistribution of females.

The bird now occupying the podium is the bearer of a particularly magnificent specimen (he needed three assistants to carry it as he ascended the stage).

He rejects the radicals’ proposal out of hand but offers a grand compromise: “Let each and every one of us cut the length of his tail by half. To this there can be no objection.

The tails that are now the longest will remain the longest. Those who are now most attractive to females… will remain most attractive to females. At the same time, each of us will benefit from reduced maintenance costs, improved aerodynamics, and decreased visibility to our friends the foxes.”

What is remarkable about this proposal is not just that it benefits the birds as a species; it actually benefits each and every individual bird… The compromise is a game in which every player wins. Only the foxes might object…

Ridicolo vero? Più che ridicolo “innaturale”, direi.

Il meccanismo dell’ evoluzione è cieco, mette al centro la specie anziché i singoli senza badare troppo alle inefficienze; tutto il contrario della “mano Invisibile” che, ricercando imperterrita il vantaggio di tutti e la repressione degli sprechi, necessita come il pane di scambi e di mercati.

Il teorema della “mano invisibile” ci spiega sostanzialmente che tutti i problemi sociali hanno, in termini di efficienza, sempre la medesima soluzione: più mercato; si tratta solo di studiarne i modi d' introduzione.

Pensate a un problema per cui di solito sale sul banco degli imputati il mercato: l’ inquinamento. Adesso ripensateci mettendo da parte gli slogan e tenendo a mente il teorema della mano invisibile. Ok, ora siete in grado di isolare con facilità la fonte di tutti i guai e porvi rimedio: manca un mercato dell’ aria pulita:

The world abounds with inefficiency, and to the untrained eye much of it seems to be the result of “cutthroat competition” or “markets run amok.” But the Invisible Hand Theorem tells us that if we seek the source of inefficiency, we should look for markets that are missing, not for markets that exist…

Market for everything”, ecco la stella polare che guida l’ azione di chi si occupa in modo razionale della società.

E’ il cadeau che l’ “Adamo” di tutti gli economisti ha porto alle civiltà future, peccato che a distanza di due secoli abbondanti in molti non siano ancora in grado di sciogliere il fiocco del pacchetto.

***

p.s. vale un’ avvertenza, tanto per far capire che la comprensione avanza a fatica senza rinvenimento di bacchette magiche: se per i motivi più svariati il “mercato mancante” non potesse veder la luce in tempi brevi, allora non si puo’ escludere a priori che convenga eliminarne uno esistente:

… Jerry Romer, the governor of Colorado (and father of two great economists), recently spoke amusingly about leaf blowers.

He told of going for a walk on an autumn day and watching each Denver homeowner blow his leaves into the next homeowner’s yard.

He concluded that the problem consists of too many markets—we’d all be better off if nobody bought a leaf blower.

Perhaps his son could have told him that there are also too few markets: If there were a way to charge the neighbor for using your yard as a trash can, the problem would vanish.

The governor was onto something, though: two missing markets can be better than one.

We know from Adam Smith that it would be best if there were markets for everything. But given the fact that there is no market for yards-as-trash-cans, it can be better to eliminate the market for leaf blowers as well.

giovedì 3 maggio 2012

AAA antiliberali cercasi

Il guaio è che tra i nostri intellettuali un antiliberale reo confesso non lo trovi neanche se li sottoponi al waterboarding più invasivo.

Non esiste da noi uno schieramento culturale degno di questo nome che inalberi la nobile bandiera dell’ antiliberalismo.

Basta un ammicco o una faccia pensosa e anche la personalità più autoritaria e paternalista entra di diritto nell’ alveo liberale.

liberal fascism

E dire che appena t’ imbatti in una discussione politica – non importa se al bar o in qualche aula universitaria – li vedi tutti così scattanti nel proporre una congerie di regole e leggine risolutrici di cui vanno tanto fieri. E intanto regole e “leggine risolutrici” si affastellano nel nostro ordinamento alimentando un mostro che esige ogni giorno sacrifici umani.

Facendo un po’ di storia il vizietto risale all’ antifascismo d’ antan e alla sua insana passione per la “sintesi” tra libertà e eguaglianza: “tutto” e il “contrario di tutto” dovevano darsi la mano costi quel che costi per colpire uniti il regime dispotico.

Sul banco degli imputati salgono allora il “liberalsocialismo” di Carlo Rosselli e Piero Gobetti, il Partito d’ Azione, il movimento Giustizia e Libertà, e tutta la sfilata di ircocervi che hanno partorito una confusa genia di intellettuali almeno tanto influenti quanto cervellotici. Tutti elucubranti generali senza esercito (la pratica fece puntualmente esplodere le loro contraddizioni e a loro non restò che rifugiarsi nelle Università) vogliosi di “liberalizzare” (a parole) il socialismo e “socializzare” la libertà.

Nasce da lì questa notte intellettuale in cui tutte le vacche sono grigie, così come nasce da lì questa Costituzione pasticciata scritta su un tavolino a tre gambe e in cui si ritrovano a meraviglia le “menti pasticciate”, nasce da lì un’ identità vaga che, se non ci farà essere “niente”, nemmeno ci fa essere colpevoli di “niente”… un bel vantaggio per chi attraversa un secolo pieno di colpe da attribuire come il Novecento.

… dopo la caduta del Muro di Berlino, quando nessuno, a sinistra, osava proclamarsi "antiliberale" (i nostalgici rimasero una sparuta minoranza)… nessuno pensò di dover fare sul serio i conti col fallimento del "socialismo reale", la vacua formula liberalsocialista venne in soccorso agli sconfitti della storia, offrendosi come la comoda risorsa ideologica che consentiva di non essere coinvolti dal crollo della casa madre sovietica… e di conservare tutte le tradizionali riserve nei confronti del ‘mercato selvaggio’ e delle delle ingiustizie…

… la caduta dell’impero rosso, d’altronde, venne accolta con visibile sconcerto da… Norberto Bobbio: "e ora chi si farà carico dei dannati della Terra?", scrisse su La Stampa…

il grosso della cultura anticapitalista e antiborghese di un tempo si riconosce, ai nostri giorni, in un credo comune inteso fare dell’antifascismo azionista (con le sue sintesi epocali) il fondamento sia della Costituzione repubblicana sia della "religione civile" degli italiani… che trova i suoi organi di stampa, soprattutto, in Repubblica e in periodici come MicroMega…

E ancora oggi i nipotini dei generali di cui sopra te li ritrovi più assertivi e “saggii” che mai (sembrano appena scesi dalla collina partigiana) sdraiati da mane a sera sui divani della TV e della radio, specie se a sborsare il gettone di presenza è il contribuente.

Ma come scrollarsi di dosso la sgradevole compagnia di un Gustavo Zagrebleski, di uno Stefano Rodotà, di un Luciano Gallino, di una Nadia Urbinati, di un Aldo Schiavone e di un qualsiasi ospite fisso che di mestiere fa la sentinella tra Augias e Fahrenheit? Come rinfoltire lo sparuto schieramento degli antiliberali? In altri termini, come disinquinare il dibattito facendo in modo che le parole abbiano un senso preciso?

E consentitemi un’ ultima formulazione: come rendere antipatico, e quindi chiaro e utile, un concetto come quello di “libertà”?

Occorre un esperimento mentale da compiere e che divida il grano dal loglio. Propongo allora che il soggetto mediti su affermazioni di questo tenore:

… le donne dell’ Ottocento erano più libere delle donne d’ oggi…

sex and the city

Di sicuro l’ “infiltrato” non sottoscriverebbe. Anzi, si farebbe più che volentieri travolgere dall’ indignazione, sentimento di cui dispone senza riserve e a cui canta le lodi un giorno sì e l’ altro pure.

Ma un liberale doc, a mio avviso, ha su questo punto il dovere di rendersi odioso.

Si parta considerando l’ “oggi”.

Oggi, se una donna lavora, è tenuta farlo il condizioni di quasi-schiavitù per metà dell’ anno. Nel 2012 il tax liberation day cade quasi a Luglio. E non si obietti con argomenti ziotommistici che tirano in ballo la bontà del padrone.

Se invece non lavora, il “semi-schiavo” sarà il marito e la posizione di lei non sarà mutata di molto.

Ma potrei parlare anche dell’ ipertrofica regolamentazione. Oggi c’ è una regola per tutto, dal bimbo a bordo alla scadenza dello yogurt, tutto è meticolosamente programmato dall’ occhiuto legislatore che vede e provvede: a te tocca solo adeguarti o imboscarti.

E ieri, si stava forse meglio?

Premessa: prosperità e libertà non sono la stessa cosa; se oggi si “possono” fare molte più cose, spesso è grazie alla ricchezza più che all’ accresciuta libertà.

Ok ma il totem del voto?! Le donne “ieri” nemmeno votavano. Dirà allarmato l’ antiliberale in pectore. Calma:

… from a libertarian point of view, voting is at most instrumentally valuable… the fact that women were unable to vote in defense of their "basic liberty rights" doesn't show that political system denied them these rights…

Passiamo al matrimonio: certo, nell’ Ottocento il matrimonio faceva perdere una serie di diritti alla donna: per lavorare dovevi avere il permesso del marito. Un istituto del genere (in inglese coverture) non appare molto liberale.

Eppure… Pensateci bene: il matrimonio rimaneva comunque un atto volontario.

Per evitare certe conseguenze, bastava non sposarsi. Oppure sposarsi con contratti prematrimoniali ad hoc, cosa che quasi nessuno faceva.

Si potrebbe pensare che lo Stato, riconoscendo un matrimonio di tal fatta, alimentasse una cultura patriarcale.

… maybe, but … there's got to be some default contract.

The most libertarian option, of course, is separation of state and marriage, leaving the defaults up to private parties.

But the next most libertarian alternative, I think, is to defer to common definitions.

If by "marriage" most people mean "monogamous marriage," it's reasonable… for monogamy to be the default rule. If by "marriage" most people mean "a marriage where the wife needs her husband's permission to work," it's reasonable for that to be the default rule…

… At the time, almost all married women kept house and raised children. When a couple decided to marry, this sexual division of labor was probably what both of them had in mind…

In poche parole: al liberale non piacciono le regole, ma una cosa è certa: quelle che ci obbligano a fare quel che avremmo fatto ugualmente sono più simpatiche delle altre.

Per rinforzarci meglio in questa idea, pensiamo più a fondo alla famiglia tradizionale:

the traditional family made a lot of sense in traditional times. In economies with primitive technology and big families, it makes perfect sense for men to specialize in strength-intensive market labor and women to specialize in housework and childcare - and for default rules to reflect this economic logic…

Ma non è finita qui: gli obblighi che ama il liberale – ovvero gli obblighi che obbligano a poco o nulla – non sono solo quelli che mi “costringono” a fare quel che avrei comunque fatto spontaneamente, ma anche quelli che è difficile far concretamente rispettare, tanto che se ci sono o non ci sono fa ben poca differenza:

… even if you think you can condemn coverture (l’ istituto che priva di ogni diritto la donna sposata) on libertarian grounds, the letter of the law rarely makes a difference in marriage.

In modern marriages, spouses can't legally "forbid" each other to take a job, but as a practical matter… they still need each others' permission…

If a women in 1880 wanted to write a contract, I think she did the same thing a woman in 2010 would do - talk about it with her husband. If he refused, she did the same thing she'd do today: complain, argue, bargain, etc.

A man in 1880 was legally allowed to make a contract without his wife's approval, but in practical terms, his problem was the same as it is today: If your wife puts her foot down, it's almost impossible to move forward…

Pensate solo al divorzio…

Unless you're already on the verge of divorce, invoking the law just isn't a very useful way to win a fight with your spouse. Since divorce was much more difficult in the 19th century, the law probably mattered even less than it does today…

Conclusione: mia bisnonna molto probabilmente era più libera delle fighette newyorkesi di Sex and the City.

otto

Scandalizzati?

E perché mai? Basta convertirsi al fronte antiliberale e proseguire in santa pace le proprie lotte.

Spero solo di aver in parte centrato il mio modesto obiettivo, quello di rendere la Libertà un po’ meno sacra e un po’ più antipatica di prima.

Dino Cofrancesco – Il fascismo degli antifascisti.

Bryan Caplan – How free were american women?