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venerdì 24 dicembre 2010

Quando sanguina veramente un cuore?

Tutto scorre - Vasilij Grossman

Ogni grande scrittore manca l' appuntamento con la realtà tradito dalla mania di guardare le cose troppo da vicino.

Non fidatevi di lui quando sembra in vena di noiose sintesi, quando tira le somme, quando fa resoconti. Seguitelo invece nelle autopsie, quando rovista, quando ispeziona.

Il microscopio di Vassilij Grossman scruta il dolore dell' uomo riproducendone con perizia le configurazioni molecolari.

Visse al tempo dei lager sovietici e la materia prima non gli manca.

La nostra epoca consumistica è invece ossessionata dai record, cosicchè diventa urgente sapere quale spina attinge più a fondo le carni dei Giobbe della terra.

Sappiamo bene che il terreno è infido, l' "hedonic adaptation" gioca brutti scherzi e i bambini africani che scorazzano felici per le discariche non sono un' invenzione.

Vasilij, nel panorama letterario, diventa a questo punto referente decisivo.

E lui non ha dubbi nell' indicarci il singolare orrore della "traduzione al campo".

La sciagura sta nel fatto che, nel vagone, si è attenuato l' instupidimento in cui lo spirito si rinchiude come un bozzolo durante i primi mesi trascorsi in prigione. Quando il mondo casca sulla testa, un casco di ebetudine ci preserva alla grande.

Se nel maledetto vagone viene a mancare l' intontimento, nemmeno sopraggiunge la vaga smemoratezza dei lager: lì sì che c' è solo il cuore che sanguina.

Ci stiamo avvicinando alla vetta.

L' apice si raggiunge quando per un attimo veniamo assaliti da preoccupazioni ormai infondate: "e se la Marghe bagna le mutandine?"

Ma la Marghe te l' hanno portata via, cara mammina, e non la rivedrai mai più!

Siamo proprio in cima alla Top Ten, direi.

giovedì 23 dicembre 2010

La dimenticanza è un giudizio

Tutto scorre - Vasilij Grossman -

Quando intuisco che il capitoletto d' occasione s' incentra sulla figura di Ivan Grigorievic, io accelero d' istinto una lettura che per me si fa faticosa. Il rigo si mette in salita e prima si scollina meglio è. Quel che va perso non riesco a rimpiangerlo.

Ivan è reduce dai lager sovietici, la sua condizione e i suoi pensieri inducono al "ricordo" straziante della Storia.

Ma io ho la sventura di vivere tempi tristi, tempi in cui il Ministro di turno istituisce ogni giorno un "Giorno della Memoria" diverso conferendo così un certo fascino all' oblio.

E intanto Grigorevic viene accompagnato nelle scuole a raccontare le sue peripezie d' internato e finisce inevitabilmente per puzzare di scuola oltre che di baracca.

All' arte di ricordare antepongo l' arte di dimenticare, e Vasilij Grossman in questo libro non trascura certo le mie esigenze, mi fa provvidenzialmente conoscere Nikolaij Andreevic.

E' stata la filosofa Hanna Arendt ad introdurre il concetto di "male banale" attirando l' attenzione di noi osservatori ciechi sull' integerrimo Adolf Eichmann. Ma è Vasilij Grossman ad aver spiegato compiutamente come funziona il marchingegno grazie all' incontro procurato con il delatore Nikolaij Andreevic.

A persone del genere dimenticare serve per assolversi e vivere, e dimenticare diventa così un' arte sopraffina. Il microscopio di Grossman comincia così a rimandare immagini interessanti.

Dunque, per assolversi senza perdere la faccia, la mossa decisiva consiste innanzitutto nell' incolparsi.

Il delatore Nikolaij elenca i capi d' accusa contro se stesso senza risparmiarsi, s' incolpa con scrupolo, a distanza di anni addita la sua condiscendenza verso il Potere e torna ad incolparsi; l' "esame di coscienza" diventa ben presto la sua specialità.

Detto questo, un esame di coscienza non sarebbe completo se non ricordassimo a noi stessi che "viviamo in un mondo complesso" dai nessi causali imperscrutabili. Non ci vuole molto a sentire nei precordi questa verità, ce la dicono e ce la ridicono persone sulla cui "bontà" nessuno dubiterebbe, e men che meno si dubita della loro competenza.

Poi dobbiamo constatare e compiangere la nostra debolezza di creature terrene. Non ci vuole molto: scienziati, teologi e filosofi accorreranno solerti in nostro soccorso.

Bene, detto questo il verdetto... beh, il verdetto... il verdetto non si puo' ancora pronunciare, bisogna tener conto di tutto, bisogna soppesare, ascoltare altri testimoni...

L' udienza è rinviata! Rinviata al prossimo esame di coscienza!

E questo rinvio è decisivo per far lavorare il nostro miglior alleato: il tempo.

Un tempo che scorre erodendo anche la colpa più bieca, la quale tornerà nei doviziosi "esami di coscienza" sempre più amorfa, sempre più pallida, sempre più inframezzata da attenuanti; fino a formare unicamente oggetto di speculazione teorica. Fino a sparire.

***

Una sentenza bisogna però emetterla, almeno sul libro.

Mi è piaciuto? Abbastanza per terminarlo. Non abbastanza per convincermi ad affrontare quel minaccioso parallelepipedo rettangolo che è "Vita e destino".