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giovedì 6 giugno 2024

La vaghezza di Quine -

 La vaghezza di Quine -


La vaghezza sembra un deficit epistemico: non possiamo sapere tutto e, spesso, nemmeno è utile approfondire troppo. Che senso avrebbe sapere con esattezza cosa intende Tex Willer quando ordina al Saloon "una bistecca con una montagna di patatine"? Quante patatine intende avere nel piatto? Si puo' andare oltre pensando la vaghezza come utile per la ricerca della verità in comune, come una forma di richiesta d'aiuto che indirizza appropriatamente i nostri soccorritori. Esempio, io parlo qui vagamente della vaghezza ed ecco che interviene Montagner Alessio con un commento dettagliato che mi chiarisce ogni cosa chiudendo la questione. Oppure puo' servire a coordinarci meglio: se l'Onda Verde fosse troppo dettagliata nel riportare un ingorgo orribile rischierebbe di deviare tutto il traffico nelle strade minori creando un ingorgo ancora peggiore. Pensate a quali virtuosismi linguistici deve ricorrere se l'obbiettivo ottimale è quello di stornare solo il 70% delle vetture? Persino Dio sembra trovare utile la vaghezza quando intende farsi conoscere da noi senza farsi conoscere troppo, forse anche lui persegue un duplice obbiettivo: manifestarsi senza conculcare la nostra libertà di sceglierlo. lo stesso dicasi per gli UFO. Perché non dicono chiaramente che ci sono e ci guardano? Forse non vogliono interferire per scrupolo morale ma al contempo vogliono alimentare i nostri dubbi qualora ci venisse in mente, una volta ottenuti i mezzi, di "partire alla conquista dell'universo". Ascoltate un banchiere centrale (Draghi) che parla agli operatori finanziari durante una crisi: deve creare aspettative mentendo ma anche conservare la sua autorevolezza per la crisi successiva. E che dire dei mafiosi? La loro ambiguità funzionale è talmente spettacolare che sono il soggetto ideale per molti film e molti libri. Questo perché spesso devono dire cose che ogni ascoltatore interpreti in modo differente. Del resto, un'attività umana tra le più nobili - quella artistica - sembra concentrarsi unicamente sul linguaggio suggestivo. Un motivo ci sarà. Ma l'uomo non deve solo chiedere aiuto, coordinarsi o godere della bellezza, deve anche comunicare, cosicché non puo' rinunciare alla chiarezza. Per questo molti filosofi si sono dedicati alla chiarificazione dei termini. Frustrati dai successi della scienza, hanno per un attimo accarezzato l'idea di avere un campo legittimo tutto loro. Il progetto di isolare un linguaggio analitico sembra ormai sfumato, specialmente da quando hanno scoperto di non poter distinguere l' "analitico" dal "sintetico". Una proposizione analitica è vera in virtù del suo significato, senonché un famoso filosofo dimostrò che anche le proposizione con un significato ben definito in realtà non ce l'hanno. Qualche talebano ha concluso che la distinzione analitico/sintetico non esista, il che pare piuttosto assurdo visto che ogni filosofo, ma anche ogni persona ordinaria, è in grado di classificare in modo affidabile nelle due categorie e produrre indefinitamente molti esempi di proposizioni 'analitiche' e 'sintetiche' che non sono mai nessun altro filosofo mette in discussione (tipo "ogni dodecaedro ha 12 facce"). Non è questa una forte prova che la distinzione esiste? Da questo puzzle, del resto, si puo' uscire in modo semplice sostenendo che il significato di "analitico" non è ben definito. Quindi, la distinzione esiste ma ha un residuo di vaghezza. Non è poi così grave visto che tutte o quasi tutte le parole più importanti della filosofia non sono ben definite ma sappiamo cosa significano, almeno per i nostri scopi.

mercoledì 4 dicembre 2019

LUNGA VITA AL NEGAZIONISMO!

Secondo l'antica legge ebraica, se l'imputato ad un processo veniva ritenuto colpevole all'unanimità, allora doveva essere assolto.
L'unanimità è sempre sospetta, e a ragione.
L'accordo unanime nasconde spesso la presenza di errori sistemici.
Quando qualcosa è "troppo bella per essere vera" molto probabilmente non è vera.
Il ricercatore Lachlan J. Gunn recentemente ha mostrato il paradosso nel caso dei riconoscimenti di polizia, quelli in cui dei testimoni devono identificare un colpevole posizionato a caso in una fila di uomini qualunque. Sembra che con l'aumentare del gruppo di testimoni concordanti, almeno quando si va oltre i tre, la probabilità di prenderci diminuiscano!
Teoria: l'esistenza di un folto gruppo di testimoni unanimi è così improbabile, che è più probabile ci sia una falla nel sistema.
Vi ricordate l'ipotesi Duhem-Quine?: non è possibile testare un'ipotesi scientifica in isolamento, le ipotesi sono testate sempre e solo in gruppo. Tradotto significa che anche il test più semplice sta testando sia l' ipotesi oggetto del test che la bontà dei mezzi sperimentali utilizzati per il test. Ecco, l'unanimità puo' essere interpretata in due modi: 1) conferma eccezionale dell'ipotesi testata o 2) dubbi sui mezzi utilizzati per il test (esempio: telescopio, occhi dello sperimentatore...). In genere il punto valido è il secondo.
Il recente scandalo Volkswagen è un buon esempio. La società ha programmato fraudolentemente per i test un chip che minimizzava troppo le emissioni. Era "troppo bello per essere vero", un'auto di 5 anni "sporcava" come una nuova. La cosa ha destato sospetti.
Un caso poliziesco famoso che possiamo portare ad esempio si è verificato nel periodo 1993-2008. La polizia in Europa ha trovato lo stesso DNA femminile in circa 15 scene del crimine tra Francia, Germania e Austria. Questo misterioso assassino è stato soprannominato il "fantasma di Heilbronn" e la polizia non l'ha mai trovata. Le prove del DNA erano coerenti e schiaccianti, eppure erano sbagliate. Si trattava del classico errore sistemico. I tamponi di cotone utilizzati per raccogliere i campioni di DNA erano stati accidentalmente contaminati, dall'addetta del laboratorio dove venivano inviati.
Desideriamo spesso che il nostro partito politico vinca in modo schiacciante, magari con l'unanimità. Tuttavia, se ciò dovesse accadere, saremmo portati a sospettare una distorsione sistemica causata da brogli elettorali. Nessuno concederebbe la vittoria.
Nella scienza, teoria ed esperimento vanno di pari passo e devono sostenersi a vicenda. In ogni esperimento c'è sempre quello che gli statistici chiamano "rumore". Se i risultati sono troppo limpidi e non contengono "rumore", allora possiamo essere indotti a sospettare una forma di manomissione da parte del ricercatore.
Eugene Wigner si stupì dell' "l'irragionevole efficacia della matematica". Gli sembrava incredibile che la matematica fosse così adeguata nel rendere conto della realtà. Questo sembra contraddire quanto sto affermando ma faccio notare che per molte ricerche scientifiche condotte oggi, in particolare nell'area dei sistemi complessi, la trattazione statistica (e quindi approssimativa) dei big data funziona meglio della matematica. La nostra ammirazione per la matematica applicata, poi, è frutto di una distorsione percettiva poiché per ogni documento scientifico in cui leggiamo una formula elegante, ci sono molte altre formule rifiutate che non vengono mai pubblicate e non possiamo mai vedere. La matematica che ci stupisce è frutto di una severa selezione. Senza questa montagna di scarti la matematica sarebbe inaffidabile nel compito di descrivere la realtà.
Lo scarto è essenziale! Non crederei ai vaccini se non ci fossero gli anti-vaccinisti, non crederei alle camere a gas se non ci fossero i negazionisti, non crederei alla terra sferica se non ci fossero i terrapiattisti e non condannerei Hitler se non ci fosse chi lo ammira. Eppure c'è chi desidera un mondo pulito, lindo, netto, levigato. Ma costoro non si illudano, sarebbe un mondo altamente sospetto.

mercoledì 12 giugno 2019

LA SCIENZA DELLA MONETA

LA SCIENZA DELLA MONETA
Devi scegliere testa o croce e vuoi affidarti alla scienza. Che fai?
Facciamo un altro caso: devi prevedere cosa accadrà, gli scenari possibili sono 99, 98 dei quali hanno una probabilità di realizzarsi pari all’1%, per il 99esimo la probabilità è invece del 2%.
Se ti affidi alla scienza opterai per lo scenario con probabilità 2% sapendo fin da subito che sbaglierai le tue previsioni.
Problema: una scelta puo’ dirsi “scientifica” anche se quasi certamente errata?

DEFINIRE LA SCIENZA

DEFINIRE LA SCIENZA
Un’ipotesi promettente: un pensiero è scientifico se guidato da fatti, logica e semplicità.
Sembra però essere ridondante: come puo’ essere semplice un pensiero illogico? E come puo’ essere coerente – e quindi semplice - un pensiero non compatibile con i fatti?
Rettifica: un pensiero è scientifico quando è semplice.

domenica 12 agosto 2018

Prime difficoltà del neopositivismo

Nella discussione dei protocolli i neopositivisti erano convinti che non esistesse il rischio di errore quando descrivo i miei dati sensoriali ad esempio quando dico di vedere un cerchio di colore rosso. Ma chi può garantire che dicendo rosso io intendo riferirmi davvero alle stesse sensazioni cromatiche a cui gli altri si riferiscono? È il problema del solipsismo.

Alla critica del solipsismo si reagisce recuperando l' olismo duhem il quale spiegava che nessuna esperienza Può confutare un enunciato da sola ma solo in congiunzione con tutta una serie di altri enunciati così per alcuni neopositivisti ora è unicamente nel contesto di altri enunciati che è un'esperienza può costituire la conferma di un certo enunciato. Inoltre non si può parlare di confronto tra un enunciato è la realtà poi che si cadrebbe nella metafisica ma solo di confronto tra enunciati. Per alcuni positivisti come Neurath la verità non consiste più Nella corrispondenza dell'enunciato con la realtà ma nella coerenza tra enunciati. Altri neopositivisti come Schlick si ribellarono tenendo che una favola ben costruita potesse risultare altrettanto vero di una teoria fondata sulla esperienza.

Un'altra critica del neopositivismo era imperniata sui limiti della logica induttiva le leggi scientifiche sono enunciati universali e non possono quindi essere verificate da alcun numero finito di osservazioni come aveva già sostenuto Hume. Il neopositivismo deve quindi rinunciare al concetto di verificabilità sostituendolo con quello di conferma o di probabilità.

Un'altra critica riguardava i termini ambigui come per esempio fragile. Cosa significa non è possibile precisarlo per quanto sia senza dubbio un termine che descrive un'esperienza. Ci si deve Allora rassegnare all'idea che le teorie ci dicono più di quanto non sia direttamente osservabile hot empiricamente controllabile.

Reazione. La crisi del neopositivismo fa nascere la corrente antirealista. Gli Anti realisti si dividono in strumentalisti e costruttivisti. Per i primi gli enunciati teorici non vanno interpretati alla lettera bensì come regole utili alla predizione. Per i costruzioni sti vanno interpretati alla lettera ma non necessariamente creduti. In questo senso Bellarmino aveva ragione rispetto a galileo. A questo punto però la scienza deve rinunciare a spiegare le cose. Si ritorna così a Duhem: la scienza descrive ma non spiega.

Ma andiamo avanti con le critiche. La critica di popper. Per Popper l'esperienza non può costituire l'origine e nemmeno la giustificazione della nostra conoscenza, si considera infatti un razionalista critico. Crede che la teoria preceda e fondi l'esperienza anche se a quest'ultima spetta poi il ruolo di falsificare. Popper Infatti considera la critica alla logica induttiva come fatale ma mette a frutto la simmetria che riscontra tra verificazione e falsificazione di un enunciato per falsificare basta un'unica osservazione. Popper non utilizzare la falsificazione come criterio di significanza pur essendo in falsificabili le asserzioni della metafisica non sono suo parere privè di significato Ed anzi possono avere una parte importante nella crescita della conoscenza il realismo stesso è d'altronde una tesi metafisica. La teoria da preferire è quella più facilmente falsificabile.

Quine e la sua critica radicale al neo e a Popper. Partendo da Duhem e dalla sua tesi per cui un'ipotesi non è mai verificabile isolatamente nell'esperienza giunge a concludere che non esiste una distinzione tra enunciati analitici e denunciati sintetici. I primi Infatti sono caratterizzati dal fatto di non poter essere confutati dall'esperienza,  ma come abbiamo appena visto tutti gli enunciati sono di questa natura. Per lui il controllo empirico consiste sempre in un confronto tra L'esperienza e l'insieme globale dei nostri enunciati, poi paragona quest'ultima ad una rete che tocca l'esperienza solo i bordi.

La critica del secondo wittgenstein. Il linguaggio ha un ruolo molto più complesso ed ampio di quello ha segnato gli dai neopositivisti. Vedi il concetto di gioco linguistico. Il significato di un termine deriva dall'uso più che dalle tavole di verità.

Non si può distinguere come avrebbero voluto fare i neopositivisti tra termini puramente osservativi e termini teorici. Esistono Infatti i termini che si riferiscono a oggetti non osservabili come elettrone neutrino eccetera che quindi dovremmo chiamare teorici. In particolare come osserva putnam i neopositivisti sbagliavano a credere che i termini teorici fossero introdotti per mezzo di quelli conservativi

Un'altra posizione neopositivista revocata in dubbio è quella che assimila spiegazione e previsione. Michael Scriven ha obiettato che la teoria di Darwin e spiega molte cose ma finora non ha permesso di fare alcuna previsione. Secondo Silvia Bromberg le leggi dell'ottica geometrica, data l'altezza di un palo e l'altezza del sole, ci consentono di prevedere la lunghezza dell'ombra gettata da quel palo, e  questo, secondo hampel, costituirà anche la spiegazione di tale lunghezza, il che è senz'altro ragionevole. Ugualmente però, data la lunghezza dell'ombra e l'altezza del Sole sarebbe possibile prevedere l'altezza del palo ma in nessun modo questo potrebbe venir considerata come una spiegazione dell'altezza.

giovedì 28 settembre 2017

Evviva la terra piatta


Evviva la terra piatta


La mia impressione è che il 100% di coloro che credono nella “Terra Piatta” assomigli molto al 95%di coloro che credono nella “Terra Sferica”. Non farei una grande distinzione tra questi due gruppi umani. Mi spiego meglio.
***
Chi crede nella “Terra piatta” ci crede perché la vede piatta.
Chi crede nella “Terra sferica” ci crede perché la vede sferica.
In realtà, chi crede nella terra piatta ci crede perché la vede piatta e anche perché lo dice il dio-Quelo.
In realtà, chi crede nella terra sferica ci crede perché la vede sferica e anche perché lo dice il dio-Scienza.
In genere chi crede nella terra piatta sa parlarti del dio Quelo mentre chi crede nella terra sferica non sa dirti molto del dio Scienza, se non che abita all’ università, dove studia il suo figlio sacerdote.
Il dio Scienza, a quanto pare, è piuttosto oscuro ai suoi adepti.
A complicare le cose ci sono quelli di Alfa Centauro. Chi osserva la terra da lì la vede come un puntino. Forse che la terra non è né piatta, né sferica ma puntiforme?
Possiamo concludere che sia chi crede nella terra piatta che chi crede nella terra sferica ci crede perché la vede così.
Dove sta allora la differenza? I punti di osservazione che adottano sono differenti ma quale sarà quello giusto?
Chi vede la terra piatta afferma che il suo punto di osservazione è il più affidabile (gliel’ha rivelato il dio-Quelo). Quello dei “terrasferisti” è penalizzante e induce in errore.
Chi vede la terra sferica replica che è il suo il punto di osservazione migliore (gliel’ha rivelato il dio-Scienza). Quello dei “terrapiattisti” è  penalizzante e induce in errore.
Ammettiamo che chi vede la terra piatta abbia una maggiore apertura mentale e decida per un attimo di adottare il punto di osservazione di chi vede la terra sferica (la luna)… ma da lì vede solo un disco piatto, e pretende le scuse.
Allora, “chi vede la terra sferica” – dopo essersi fatto una risatina – fa notare che da quel punto di osservazione occorre utilizzare un telescopio per vedere meglio, e consiglia il “grandvision”, un telescopio molto aggiornato e con garanzia a tre anni.
Dal “grandvision” la terra in effetti appare sferica ma dal “truevision”, oltre che a occhio nudo, appare chiaramente piatta. I “terrapiattisti” intonano subito le lodi del “truevision”. Senza dire che dal “fullvision” la terra appare come una striscia, una specie di cometa. Il “fullvision” utilizzato da Alfa Centauro, poi, ci fa vedere la terra come se avesse cinque punte, una specie di stella brigatista con i terrestri che si arrampicano su ogni punta.
Chi avrà ragione?
Occorrono varie ipotesi  per stabilirlo: ipotesi sulla luce, ipotesi topologiche (sui punti di osservazione), ipotesi sui telescopi, ipotesi sulla rifrazione, ipotesi sulle lenti, ipotesi sulla  curvatura dello spazio… occorrono un casino di ipotesi in realtà.
Uno pensa: basta far uso delle “ipotesi corrette” e la ragione verrà ristabilita con buona pace di tutti.
Ma cos’è una ipotesi corretta?
In genere si pensa che un’ipotesi sia corretta quando è “verificata”.
E qui scatta l’inconveniente: le ipotesi non possono mai essere verificate in modo isolato (è una delle poche cose che sappiamo).
Non posso dire: l’ipotesi A è verificata, l’ipotesi B è verificata… quindi se lavoro con A-B (+ la logica classica) otterrò solo affermazioni vere.
Facciamo un esempio di corto circuito: “A” richiede di assumere “B” per essere verificata, e, poniamo, viceversa. Conseguenza: sia A che B potrebbero essere farlocche ma “verificarsi” reciprocamente. Ohibò!
Una teoria all’apparenza verificata puo’ fondarsi allora su ipotesi completamente farlocche: basta che gli errori si compensino. 
Forse la teoria per cui la terra è sferica ci appare vera solo perché è sbagliata la teoria della luce che assumiamo nel verificarla.
Ipotesi1: la terra è sferica – Ipotesi2: la luce si comporta così e così. Le due ipotesi non possono essere verificate isolatamente, quindi potrebbero apparire vere in virtù del fatto che sono entrambe sbagliate.
Due ubriachi che si sostengono l’un l’altro non sono meno ubriachi per il fatto di stare in piedi.
E ho fatto un esempio semplicissimo con due sole ipotesi. Figurateci quando ne ballano una decina.
E’ un gran casino. Sia come sia mi basta far presente che dire “è così perché lo vedo così” non è affatto sufficiente.
Capite ora cos’è un esperimento?
Non è qualcosa in cui “vediamo” se qualcosa sia vero o falso.
E’ qualcosa in cui verifichiamo la compatibilità di alcune ipotesi, magari anche tutte sbagliate.
Spesso due ipotesi sono compatibili (e l’esperimento ha successo) proprio perché sono entrambe sbagliate.
Tradotto in gergo potremmo dire che la verità non è una corrispondenza tra quanto dico e il “reale”. E’ più una coerenza tra le varie cose che dico. E’ un castello di carte che sta in piedi non so neanche io perché.
Chi afferma che la terra è sferica vince perché è in grado di spiegare in modo coerente perché il “terrapiattista” vede quel che vede e perché il “terrapuntista” vede quel che vede.
Perché ha una teoria coerente che spiega come mai il “grandvision” ha prestazioni superiori al “truevision” e al “fullvision”.
Il suo “castello di carte” è, diciamo così, più ampio.
Ma questo non è tutto, anzi, nella sostanza non ci siamo ancora: non c’è nulla di più facile che costruire un ragionamento coerente e “onnicomprensivo”.
In questo senso anche il “terrapiattista” ha una teoria coerente che spiega le sue ragioni e quelle del suo telescopio dando conto degli  errori altrui.
Il fatto cruciale è che il ragionamento del “terrapiattista” è più complicato rispetto a quello del “terrasferista”.
Qui siamo al vero punto cruciale.
Per “complicato” intendo dire che deve ricorrere a più ipotesi e/o più relazioni tra ipotesi.
Il ragionamento di Galileo era più semplice di quello di Tolomeo-corretto-con-gli-epicicli. Per questo s’impose, non per la sua “corrispondenza” ai fatti.
Costruire una teoria coerente ed aderente ai fatti è facile: sono capaci tutti!
Anche Tolomeo-corretto-dagli-epicicli rendeva conto dei fatti.  Tolomeo-corretto-dagli-epicicli era una teoria non meno “verificata”.
D’altronde, qualsiasi teoria sbagliata una volta corretta diventa giusta. Ma allora perché non ci fidiamo più? Perché una correzione è anche una complicazione.
E’ la teoria più semplice, di fatto, a vincere. Quasi sempre una teoria mai corretta è anche più semplice.
Forse anche per questo molti colgono un legame trascienza ed estetica: semplicità e coerenza in un certo senso hanno una loro “bellezza”.
La vera gara è sulla semplicità. E’ la semplicità che ci segnala chi è più vicino alla verità.
Il 95% di coloro che sostengono la sfericità della terra pensa di aver ragione perché la vede così, non perché – per questioni di semplicità (ovvero di bellezza) – è meglio vederla così! Pensa di aver ragione perché la sfericità della terra è “verificata” e non perché la verifica di cui è oggetto è più “bella” rispetto alla verifica della terra piatta.
Ma la verità è davvero solo coerenza e semplicità?
Bè, non sempre: quando mi chiedono se viviamo in un Matrix rispondo di no e penso che questa sia la pura e semplice verità.
Penso di dire il vero e che la cosa sia evidente senza bisogno di ricorrere a teorie, ipotesi eccetera. E’ un atto di fede che trovo anche molto ragionevole.
Dice: quando ricevi uno schiaffo dubiti forse che sia vero? No, naturalmente. Credo che sia vero grazie ad un atto di fede che trovo personalmente ragionevole (anche se stanotte ho ricevuto tre ceffoni scoprendo solo stamattina, dopo il risveglio, che non erano affatto veri!).
La verità è allora semplicità, bellezza… e fede.
Se vogliamo quantificare diciamo che la verità è 99% coerenza/semplicità e 1% corrispondenza, laddove la corrispondenza è atto di fede.
Se uno ha in mente questa sproporzione non sosterrà più che la terra è sferica per il solo fatto che ci appare così. E magari imparerà anche a conoscere meglio la scienza abbandonando una volta per tutte la superstizione delle superstizioni: quella nel dio-Scienza.
A volte pensiamo alla scienza come a qualcosa di complicato e allo scienziato come a un cervellone. Si tratta di immagini svianti: la scienza vince per la sua semplicità e la genialità dello scienziato sta nello scovare una visione che semplifichi i problemi più che risolverli.
terra piatta

mercoledì 20 settembre 2017

Il primo dogma sfatato da Quine

Quine nega la distinzione tra analitico e sintetico.

L'affermazione analitica è quella vera per definizione, ovvero quella in cui tra il termine definito e l'espressione che definisce esiste una relazione di sinonimia.

La sinonimia esiste quando i due termini sono intercambiabili.

Quine ha buon gioco nel dimostrare che la sinonimia non esiste mai.

Esempio: ammettiamo che l'uomo sia definito come "essere razionale". Ma nella frase "uomo si scrive con quattro lettere" l'intercambiabilità tra definito e definizione viene palesemente meno.

Eppure Quine non dimostra l'inesistenza degli enunciati analitici ma solo il fatto che non sappiamo esattamente dire in cosa consista questa loro caratteristica.

Chiunque tra noi sa distinguere perfettamente gli enunciati analitici da quelli sintetici. Cio' è un chiaro indizio che la differenza esiste.

E' dunque molto più prudente concludere che la distinzione analitico/sintetico esista anche se non sappiamo definirla in modo completo.


sabato 3 giugno 2017

Addio all'empirismo

Why I Am Not an Objectivist di Michel Huemer
Co sono molti motivi per non essere empiristi, il principale è che una buona filosofia serve sempre come bussola e quella dell’empirista è pessima.
In filosofia politica, per esempio, gli empiristi amano farsi chiamare oggettivisti. La loro visione è all’incirca questa:
… Objectivism are these five claims: (1) Reality is objective. (2) One should always follow reason and never think or act contrary to reason. (I take this to be the meaning of "Reason is absolute.") (3) Moral principles are also objective and can be known through reason. (4) Every person should always be selfish. (5) Capitalism is the only just social system….
Molti punti sono condivisibili…
… I agree with 1, 2, 3, and 5. In fact, I regard each of those propositions as either self-evident…
Ma è la filosofia di fondo ad essere tremendamente pasticciata e indigesta.
Vediamo i concetti cardine con cui litiga l’empirista.
***
Partiamo con la diade senso/significato.
E’ importante distinguere. Vediamo un esempio che chiarisce tutto all’istante…
… Oedipus, famously, wanted to marry Jocaste, and as he did so, he both believed and knew that he was marrying Jocaste. The following sentence, in other words, describes what Oedipus both wanted and believed to be the case: (J) Oedipus marries Jocaste. However, Oedipus certainly did not want to marry his mother, and as he did so, he neither knew nor believed that he was marrying his mother. The following sentence, then, describes what Oedipus did not want or believe to be the case: (M) Oedipus marries Oedipus' mother. But yet Jocaste just was Oedipus' mother. That is, the word "Jocaste" and the phrase "Oedipus' mother" both refer to the same person. Therefore, if the meaning of a word is simply what it refers to, then "Jocaste" and "Oedipus' mother" mean the same thing. And if that is the case, then (J) and (M) mean the same thing. But then how could it be that Oedipus could believe what (J) asserts without believing what (M) asserts, if they assert the same thing?… What the example shows is that (J) and (M) do not express the same thought since Oedipus had the first thought and did not have the second thought… Thus, "Jocaste" and "Oedipus' mother" have the same reference, but different sense…
Attenzione in casi del genere a non confondere le parole con le idee
… I speak of the sense and reference of a word, not of an idea. The reason for this is that the sense of a word is the idea associated with it. Ideas do not have senses; they are senses…
Perché l’empirista non distingue a dovere? Avrà i suoi motivi (che qui non vediamo), sta di fatto che così facendo manda all’aria il senso comune.
***
Altra distinzione criciale: analitico/sintetico.
… An analytic statement is defined to be one that is true in virtue of the meanings of the words involved… Peikoff shows in his article on the analytic/synthetic distinction (in ITOE) that, from his theory of meaning, it would follow that no truth can be synthetic. Take an example of a typical, allegedly synthetic statement: (A) All bachelors are less than 8 feet tall. and suppose that it is true. Then, since the meaning of "bachelors" includes all the bachelors in the world, including all of their characteristics, including their various heights, including (by hypothesis) the fact that they are all less than 8 feet, to say that there is a bachelor more than 8 feet tall would contradict the meaning of "bachelor". Hence, (A) is analytically true. Having made the sense/reference distinction, however, we see this is wrong. (A) is analytic only if it is true in virtue of the senses of the words involved (not their reference)…
Il rifiuto di questa distinzione è associato con il rifiuto della prima.
Quine, per esempio, ha dimostrato che la distinzione analitico/sintetico è artificiosa. Come ha fatto?
Partendo dalla definizione di analitico: un giudizio è analitico quando la sua verità discende dal significato delle premesse.
Ma cos’è il significato?
Molto empiricamente, è cio’ che accomuna due parole cosiddette sinonime l’una dell’altra.
La distinzione analitico/sintetico dipende quindi dalla relazione di sinonimia.
Ma la relazione di sinonimia non esiste, dimostrarlo è facile. Nessuna parola puo’ infatti essere perfettamente tradotta se non con se stessa. Tutte le parole hanno un senso differente, fosse anche solo perché si compongono di un numero di lettere differente.
Esempio: se A e B sono sinonimi allora si possono tra loro sostituire nella medesima frase mantenendo lo stesso valore di verità della frase stessa. Ma questo non è mai possibile, basta scegliere ad hoc la frase. Prendiamo questa frase che ha tutte le caratteristiche di una frase scelta ad hoc: “X è una parola formata solo da linee rette”. Sostituiamo A e B all’incognita e notiamo che il valore veritativo della frase cambia eccome. Ergo, A e B non sono sinonimi. Magari in tutte le frasi significative A e B sono sostituibili, ma nella frase escogitata ad hoc no.
Ora, se la relazione di sinonimia è un mito, lo è anche la distinzione analitico/sintetico.
Fine della dimostrazione.
Si sarà notato che in questa dimostrazione molto dipende dalla nozione  univoca che diamo al termine “significato”. Ebbene, se riprendiamo l’immediata distinzione senso/significato anche la dimostrazione di Quine traballa: il riferimento di A e B puo’ essere lo stesso e la relazione di sinonimia puo’ essere ripristinata senza dover essere necessariamente un mito.
Se quindi non esistono valide motivazioni per rinunciare alla distinzione analitico/sintetico, ne esistono di molto valide per non farlo…
… There are sentences like "Every rectangle has 4 sides," "Every bachelor is male," "Every cat is a cat," etc., which certainly appear, prima facie, to have something in common and to be different in some way from "Every rectangle is blue," "Every bachelor is a slob," etc. Every philosopher is able to reliably classify certain specimens of each category and to produce indefinitely many additional examples each of 'analytic' and 'synthetic' propositions that have never been explicitly discussed by any other philosopher before ("Every dodecahedron has 12 faces"). Is this not strong evidence that there is some distinction here?…
***
Terza distinzione: conoscenza a priori/conoscenza osservativa.
Definizioni…
… By an item of "empirical knowledge" I mean something that is known that either is an observation or else is justified by observations. A priori knowledge is that which is not empirical… I do not say that the concepts required to understand it are innate or formed without the aid of experience. I only maintain that a priori knowledge is not logically based on observations. In other words, if x is an item of a priori knowledge, then there is no observation that is evidence for the truth of x - but we still know x to be true. This distinction is crucial. Perhaps some experiences have caused us to form certain concepts. And perhaps having these concepts enables us to understand the proposition, x. So our ability to understand the proposition depends on observation…
Anche qui l’empirista – avendo negato le precedenti distinzioni - si trova nell’infelice condizione di dover negare anche questa a tutta prima evidente.
Basta fare qualche esempio.
La logica – tanto per dirne una - è conoscenza a priori, non deriva da una percezione sensoriale…
… (1) Principles of logic are not observations. You do not perceive, by the senses, the logical relation between two propositions. You may be able to perceive that A is true, and you may be able to perceive that B is true; but what you can not perceive is that B follows from A…
Le verità logiche sono originarie…
… (2) The principles of logic can not in general be known by inference… Now it follows from (1) and (2) that: (3) The principles of logic are known a priori. For they are not observations (1) and they are not inferred from observations (2), but they are known. This is the definition of a priori knowledge…
Ma anche la matematica è conoscenza a priori, e attenzione a non ingannarsi…
… Consider the proposition (B) 1 + 1 = 2, which I know to be true. Is this proposition based on any observations? If so, what observations? In order to learn the concept '2', I probably had to make some observations. I might have been shown a pair of oranges and told, "This is two oranges."… As I previously explained, the issue is not whether observations were necessary in my coming to understand the equation (B) but whether any observation justifies the proposition, i.e., provides evidence of its truth…. Addition is not a physical operation. It is not the operation of physically or spatially bringing groups together, and the equation (B) does not assert that when you physically unite two distinct objects, you will wind up with two distinct objects at the end. Indeed, if it did, the equation would be wrong. It is possible, for example, to pour 1 liter of a substance and 1 liter of another substance together, and wind up with less than 2 liters total. (This happens because the liquids are partially miscible.) This does not refute arithmetic…. Even if my experiences with the oranges, the fingers, etc., including all the experiences that helped me form the concepts of '1', '2', and 'addition', were all a long series of hallucinations, I still know that 1+1=2….
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Ma anche l’etica è conoscenza a priori…
… (1) Moral principles are not observations. The content of every observation is descriptive. That is, you do not literally see, touch, hear, etc. moral value…
Qui bisogna fare attenzione: è la fallacia naturalistica a farci capire meglio cosa intendiamo dicendo che l’etica è conoscenza a priori.
Esempio: noi descriviamo una situazione e diciamo come sia giusto comportarsi. Ma il precetto non deriva da quella descrizione posta in premessa, se fosse così incorreremmo nell’errore di fallacia naturalistica.
Qualcuno potrebbe obbiettare: il dolore è male e il piacere è bene (piacere e dolore sono descrizioni di una condizione umana). Se fosse così basterebbe in effetti una descrizione per implicare un giudizio morale. Ma non è così! Il fatto che il dolore sia male non è affatto automatico, il dolore non è la premessa da cui inferiamo l’esistenza di un male…
… The only possible objection I can think of would be if one thought that the sensations of pleasure and pain are literally perceptions of moral value and evil… The cut didn't cause pain in virtue of its being bad; it caused pain in virtue of plain old, physical characteristics - just as all sensations are caused by physical phenomena. How cuts cause pain can be explained purely by descriptive physiology and physics, without any ethical claims… Moral principles can not be inferred from descriptive premises…
Vediamo qualche caso concreto in cui la fallacia naturalistica (o legge di Hume) viene violata. Un giudizio sul comunismo
… Communism causes poverty, makes people miserable, and takes away people's freedom. Therefore, communism is bad. The premise is apparently a descriptive and empirical fact, while the conclusion is evaluative. Assume the premise is true. My question: Does the conclusion follow from thatalone? No, the conclusion also depends upon the suppressed premises that poverty and misery are bad,…
Altro esempio: la libertà
… Freedom is necessary to our survival. Therefore, freedom is good. Again, assume the premise is true, and ask, Does the conclusion follow from that alone? No, because the argument presupposes that survival is good, and that survival is good is an evaluative premise. If survival is bad, then the conclusion to draw is that freedom is bad, not good…
Altro esempio: la sopravvivenza e la vita…
…I want to live. Eating is necessary to live (and also will not interfere with anything else I want). Therefore, I should eat. This requires the assumption that I ought to act on my desires, and/or that my desire to live is a morally acceptable one…
E’ spesso la sociobiologia, ovvero il filosofo morale sedotto dall’evoluzionismo, a cadere nella trappola della fallacia naturalistica.
Si tratta quasi sempre di filosofi/scienziati che si dichiarano empiristi, ecco il loro classico errore logico… 
… (iv) Social cooperation increases our evolutionary fitness. Therefore, we should cooperate. This presupposes that evolutionary fitness is good. One could try to prove this like so: (v) The process of evolution tends toward the survival of the fittest. Therefore, fitness is good. But this presupposes that survival is good and/or that what evolution tends towards is good… If one tries to show that x is good because it produces y, one must presuppose that y is good…
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Negato il fatto che si possa passare dalle osservazioni ai giudizi morali, possiamo per altro verso dare esempi concreti di conoscenza a priori che difficilmente possono essere negati…
… there is a great deal of other a priori knowledge. Here are some examples: A cause cannot occur later than its effect. Time is one-dimensional. If A and B have different heights, then either A is taller than B or B is taller than A. "Inside" is a transitive relation. It is not possible for something to be created out of nothing…
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Come si traduce la singolare posizione empirista su questioni che parrebbero ovvie ma che lui è costretto a negare?
Per esempio con una visione tutta sua della facoltà razionale dell’uomo.
Per un empirista la ragione assomiglia ad un elaboratore che prende i dati da altre facoltà, per esempio i sensi, e li tratta…
… Reason takes observations (and memories) as input and then, through a certain process (inference), turns out a certain output. This output, according to empiricists, can include a huge amount of knowledge, from my knowledge that the sun will rise tomorrow, to the most elaborate of scientific theories, but all of it is dependent on receiving some input from the senses and/or introspection…
La ragione non è fonte di conoscenza ma di mera elaborazione.
Per il non empirista – invece – la ragione produce anch’essa delle sue verità che poi tratta…
… I say that reason does not only operate on input provided to it by other faculties, but is also a faculty of direct awareness of certain things - namely, all the things listed above. This knowledge that originates in reason is direct in the same sense that perceptions are direct knowledge…
La ragione (pura) puo’ quindi conoscere anche a prescindere dalle altre facoltà, questa conoscenza si chiama conoscenza a priori…
… At the beginning of this section (section 3), I defined "a priori knowledge" only negatively, as that which is not empirical. It is now possible to provide the positive characterization: A priori knowledge is the knowledge of pure reason…
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E qui veniamo ad un altra distinzione immediata a cui il povero empirista deve rinunciare: universali/particolari.
Definizione di universale, facciamo il caso della bianchezza
… I have here two white pieces of paper. They are not the same piece of paper, but they have something in common: they are both white. What there are two of are called "particulars" - the pieces of paper are particulars. What is or can be common to multiple particulars are called "universals" - whiteness is a universal….
Gli universali sono fatti per discutere: solo l’universale puo’ “descrivere”
… A universal is a predicable: that is, it is the kind of thing that can be predicated of something. A particular can not be predicated of anything. For instance, whiteness can be predicated of things: you can attribute to things the property of being white (as in "This paper is white"). A piece of paper can't be predicated of something; you can't attribute the piece of paper as a property…
Sia chiaro: l’universale è una cosa, non un concetto…
… Whiteness is not a concept; it is a color. When I have the concept of whiteness in my mind, I do not have whiteness in my mind (no part of my mind is actually white)…
Nella conoscenza a priori il soggetto è sempre un universale. Nell’osservazione è sempre un particolare…
… Now I have said that reason gives us direct awareness of facts about universals: In other words, the knowledge of pure reason is that in which not only the predicate but also the subject is a universal. Observations, in contrast, we defined as direct knowledge in which the subject is a particular (for example, "This paper is white" expresses an observation)…
Il problema: gli universali esistono?…
… (1) Do universals (as defined above) exist? (2) If not, why does it seem as if they do? (i.e., why do we have all these words and ideas apparently referring to them and knowledge apparently about them?) (3) If they do, does their existence depend on the existence of particulars?… The people who answer #1 "Yes" are called "realists", and those who answer #1 "No" are called "nominalists"…
Da come si risponde a questa domanda si puo’ essere classificati in: nominalisti, realisti e immanentisti.
Il nominalismo è ovviamente falso, il realismo probabilmente falso…
… I am not going to try to refute nominalism here, because it is just obviously false. It is obvious that there is such a thing as whiteness, and that's all I have to say about that. (David Armstrong does a good job on it though in Nominalism and Realism.) It also seems clear to me that universals exist in particulars, and so immanent realism is true…
Purtroppo per lui l’empirista è spinto su posizioni nominaliste, ovvero “ovviamente false”. Si deve sobbarcare una mole di prove che non è in grado di portare per negare l’evidenza del senso comune.
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Riepilogo.
Accettare la distinzione senso/significato, analitico/sintetici, a priori/empirico, universale/particolare sembrerebbe ovvio, sembrerebbe la base per ogni filosofia fondata sul senso comune.
Eppure l’empirista non puo’ permetterselo. Se lo facesse delle fastidiose facoltà umane che vanno oltre i meri sensi entrerebbero in campo. E a lui la cosa sembra non piacere.
E di fronte a questa impossibilità come si comporta?
Ha due vie: 1) negare ogni valore al pensiero (filosofia) o 2) mettere in piedi una filosofia cervellotica.
Abbracciare una filosofia semplice, solida e fondata sul senso comune è una via preferibile, direi. Ma per farlo bisogna dire addio una volta per tutte all’empirismo.