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lunedì 3 ottobre 2011

Riflessioni libertarie sul Vangelo del 20.8.2011

13 Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». 14 Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». 15 Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». 16 Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». 17 E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. 18 E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. 19 A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». 20 Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo

Jeffrey Catherine Jones

Cedo la parola a un incazzatissimo Pietro De Marco, il quale non commenterà il Vangelo, bensì una, a suo dire, stomacante predica a quel vangelo, una di quelle non rare prediche che si rischia di ascoltare laddove il prevosto è un po’ “troppo preparato”.

La garbata omelia, di fronte a un pubblico di fedeli numeroso – è falso che le chiese siano “sempre più vuote” – è dedicata al “dialogo”, all’attraente “dialogare” tra Maestro e discepoli, che sembra rendere la pagina evangelica alla portata della nostra vita.

Così ci viene detto che, in Mt 16, Gesù rivelerebbe un umanissimo bisogno di riconoscimento e Pietro affermerebbe con calore, con personale veracità (cose che il testo non dice), la fede nel Figlio del Dio vivente, che ha dinanzi. Gesù riconosce e premia Pietro non tanto per l’esattezza, la verità, della professione di fede quanto per la sua vitalità esistenziale, affettiva. Con l’immancabile evocazione del filosofo Lévinas, il predicatore elogia di Pietro non la conoscenza, che “imprigiona l’Altro” (insopportabile novecentismo, creduto ormai solo da letterati e teologi), ma la scoperta.

Il dialogo di Mt 16, di enorme portata nella storia e fede cristiana, viene così piegato all’incontro tra due psicologie, nel migliore dei casi tra due persone particolari, dando sfogo ai predicabili conseguenti: la nostra fragilità e la sincerità reciproca, il giudizio di una vita (”cosa sono per te”). Solo poi, dalla lettura della preghiera dei fedeli, i presenti scoprono che la liturgia della domenica è infine dedicata a Pietro (”Tu es Petrus”, “non prævalebunt”, il potere delle chiavi sono in Mt 16), e che la “lex orandi” di questa domenica guarda al vescovo di Roma. Ma, anche tollerando la sottovalutazione dei contenuti cattolici delle parole di Gesù, restano drammaticamente in ombra i significati della confessione dell’apostolo: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”; un sapere decisivo per noi, e non certo perché Mt 16 sarebbe un buon esempio di dichiarazione d’amore e di scoperta dell’Altro. E perché ignorare ciò che Gesù dice a Pietro: “Né carne né sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio”? Il cuore di Mt 16 è teocentrico, anzi trinitario; perché farne una fiaba relazionale per l’esistenza cristiana, che è molto di più ed è anche intelletto?

Dietro la perdonabile retorica che fa dire dal pulpito: “È più importante in Pietro l’accento che il contenuto del ‘Tu sei il Cristo’, più la risposta del cuore che la verità della mente” – per cui a rigore qualsiasi cosa detta da Pietro con la stessa intensità soggettiva sarebbe “vera” –, si riconosce la rottura postconciliare dell’unità necessaria tra “fides quae” e “fides qua”

E questo sarebbe fede vivente!  Ma tra la fede che è creduta, cioè il canone di fede, la “analogia fidei”, e la fede con cui si crede, ovvero tra la verità e l’atto di assenso ad essa, il rapporto è inscindibile. Non è il tono dell’assenso che fa la verità. Non esiste assenso senza il suo oggetto, non “fides qua creditur” senza “fides quae creditur” che la precede; la fede non è generata, né autenticata, dall’atto o dal sentimento individuale.

Non lo si creda chiarimento superfluo. Su questo vi è un penoso disordine nelle Chiese cristiane. Ma se le verità del “Tu es Christus” come del “Tu es Petrus” si riducessero davvero a figure o parabole per vivere meglio piccole vite, piccole biografie, sarebbe coerente smettere di confessare Cristo, Figlio del Dio vivente.

venerdì 20 maggio 2011

Meditazione libertaria sul Vangelo del 15.5.2011

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai farisei: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario (*) – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio.

Vangelo secondo Giovanni 10, 11-18


Cura, dedizione, sacrificio… tutto origina dalla proprietà.

Il Signore ci ama perché gli apparteniamo.

Justin Lee Williams

(*) mercenario = stipendiato

sabato 16 aprile 2011

Meditazione libertaria sul Vangelo del 27.3.2011

Vangelo secondo Giovanni 8, 31-59

In quel tempo. Il Signore Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio». Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?». Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

Una lunga sequela di equivoci impedisce a Gesù di entrare in contatto con i suoi interlocutori; se ci avvaliamo del medesimo “telefono senza fili” questa triste sorte toccherà anche a noi, vediamo di evitarlo.

Prendo in considerazione solo il primo corto circuito, tanto per chiarire cosa intendo con un esempio.

La “verità vi farà liberi”, dice Gesù.

Ora, giova in questi casi fermare l’ attenzione su un fatto: se non posso rendermi invisibile, non per questo non sono libero; se non posso volare sbattendo le braccia, non per questo non sono libero; se i miei desideri non si realizzano immediatamente al solo pensarli, non per questo non sono libero.

Eppure, se potessi divenire invisibile all’ occorrenza, se potessi volare, se potessi realizzare all’ istante i miei desideri, sarei più… “libero”.

Ecco, la verità di Gesù mi consentirà tutto questo, seguendolo potrò liberarmi da ogni condizionamento a cui il mondo mi “condanna”.

La libertà rossa è la libertà sociale, la libertà azzurra è esistenziale.

La risposta che riceve Gesù - “il popolo ebraico non è mai stato schiavo” – è del tutto incongrua perchè confonde le due libertà.

Ancora oggi molti ritengono che subire un condizionamento diminuisca la nostra libertà. Ma costoro sono afflitti dalla medesima daltonia che il Vangelo documenta così bene.

mercoledì 16 marzo 2011

Meditazione libertaria sul Vangelo del 13.3.2011

Vangelo secondo Matteo 4, 1-11

In quel tempo. Il Signore Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: / “Non di solo pane vivrà l’uomo, / ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: / “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo / ed essi ti porteranno sulle loro mani / perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: / “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: / “Il Signore, Dio tuo, adorerai: / a lui solo renderai culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Gesù resiste a tre tentazioni: la prima e l' ultima riguardano la cupidigia, la seconda invita allo spraco miracolistico.

Resistendo alla prima e all' ultima Gesù ci indica l' esistenza di beni da anteporre a quelli materiali; poichè il valore di questi ultimi deriva dai primi, il gioco delle priorità evangeliche è chiaro.

Detto altrimenti, la risorsa originale (The ultimate resource) risiede nell' uomo, nella sua coscienza, nella sua creatività, nella sua libera valutazione e nel suo libero arbitrio. materie che ieri non "valevano" nulla, oggi, grazie ad un atto umano libero e creativo, diventa "di valore". Un Rabbi profano come Julian Simon faceva sempre l' esempio del petrolio, questa inerte e fastidiosa fanghiglia.

Resistendo alla seconda, Gesù ci insegna il valore della conscenza umana: i miracoli perturbano l' ordine naturale ed un ordine naturale continuamente alterato è impossibile da conoscere. La parsimonia nei miracoli segnala allora una preoccupazione e una cura ben precisa.

Questa domenica il libertario gongola.

Il libertario è felice di sapere che non siamo solo atomi messi in formicolante agitazione da scosse elettriche, è rassicurato nel pensare alla sua libertà come ad un libero arbitrio. Si tratta pur sempre di qualcosa che ha messo al centro del suo sistema.

Il libertario è felice di sapere quanto conti la creatività umana, perchè anche il suo sistema la valorizza.

Il libertario è felice dell' enfasi posta sulla conoscenza, perchè quello è proprio il propellente ideale per far girare a mille il suo sistema.

Il libertario esce quindi felice dal Tempio, anche se piove e tira vento. Tanto c' è il Davide che regge l' ombrello e trasporta in auto una Marghe stranamente silente per tutta la funzione. Meno male, nella chiesetta di Comabbio non c' erano vie di fuga e in caso di emergenza/marghe la mia creatività avrebbe subito un' imbarazzata empasse.

martedì 8 marzo 2011

Meditazione libertaria sul Vangelo del 7.3.2010

Vangelo secondo Luca 15, 11-32

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto,sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Siamo di fronte ad una delle pagine più toccanti del Vangelo, pochi lo dubitano: bellezza e verità qui si danno la mano. Io stesso, reso cinico dalla frequentazione di molti libri, sento regolarmente un groppo in gola quando viene letta. Eppure, inutile dirlo, mi procura sempre un disagio veder maltrattato chi pretende giustizia. Perchè il figlio maggiore pretende solo cio' che è giusto, e questo lo ha ribadito a chiare lettere anche il Don nel corso della predica!

Come riconciliare allora giustizia e misericordia?

Ipotesi: la misericirdia deve nascere dal cuore spontaneamente, la giustizia deve essere sancita nella legge.

L' espressione spontanea di un sentimento è il frutto di una natura e di un' adeguata educazione pregressa. Difficile immaginarla come obbedienza ad un comando. Al contrario, possiamo essere equi uniformandoci passivamente ad un giusto precetto.

Sono concetti già incontrati da chi conosce Tibor Machan.

Perchè allora il figlio maggiore non ha gioito per il ritorno del "minore"? Forse perchè ha speso la sua vita trascurando di educarsi in modo corretto. Questa è la sua pecca, e penso che il padre lo escluda proprio in virtù di quella lacuna.

L' amore, la misericordia e l' aiuto ai bisognosi è un frutto sublime della nostra educazione (cristiana). Nulla ha a che fare con la legge, che invece inerisce la Giustizia. E questo senza nulla togliere alla fondamentale importanza della Legge.

Ci sono forse argomenti morali migliori contro qualsiasi forma di welfare?

lunedì 28 febbraio 2011

Meditazione libertaria sul Vangelo del 20.2.2011

Vangelo secondo Matteo 9, 27-35

In quel tempo. Mentre il Signore Gesù si allontanava di là, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!». Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!». Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». E si aprirono loro gli occhi. Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione. Usciti costoro, gli presentarono un muto indemoniato. E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare. E le folle, prese da stupore, dicevano: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!». Ma i farisei dicevano: «Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni». Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità.

Affinchè il miracolo si compia Gesù chiede "fiducia".

Il maligno pensa con un fondo di sarcasmo: "eh già, uno che già crede a quello che vedrà non è certo testimone attendibile".

Ma Gesù non chiede quel genere di fiducia.

Gesù chiede di credere nella possibilità di un miracolo.

Credere nella possibilità di un miracolo in taluni casi rende la fede nel miracolo più razionale della fede nel caso.

Il ragionamento è questo: se la possibilita di un miracolo è estremamente scarsa e, contemporaneamente, anche la possibilità che un evento si verifichi è estremamente remota, qualora un giorno quell' evento si realizzi, sarà più ragionevole credere in un miracolo che in una casualità.

Da C.S. Lewis, al Cardinale Newman, fino a Francis Collins, ce l' hanno spiegato in tanti. Dietro alla conclusione c' è la razionalità bayesiana, la stessa impiegata dalla scienza. L' unica cosa che si richiede è l' apertura alla possibilità, anche piccolissima, di un miracolo (a priori bayesiano).

Direi che accordare una possibilità al miracolo rivela un' apertura mentale maggiore rispetto alla certezza granitica a priori della sua impossibilità!

Meditazione libertaria sul Vangelo del 13.2.2011 e del 27.2.2011

Vangelo secondo Giovanni 8, 1-11

In quel tempo. Il Signore Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Vangelo secondo Matteo 12, 9b-21

In quel tempo. Il Signore Gesù andò nella sinagoga; ed ecco un uomo che aveva una mano paralizzata. Per accusarlo, i farisei domandarono a Gesù: «È lecito guarire in giorno di sabato?». Ed egli rispose loro: «Chi di voi, se possiede una pecora e questa, in giorno di sabato, cade in un fosso, non l’afferra e la tira fuori? Ora, un uomo vale ben più di una pecora! Perciò è lecito in giorno di sabato fare del bene». E disse all’uomo: «Tendi la tua mano». Egli la tese e quella ritornò sana come l’altra. Allora i farisei uscirono e tennero consiglio contro di lui per farlo morire. Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti e impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: «Ecco il mio servo, che io ho scelto; / il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento. / Porrò il mio spirito sopra di lui / e annuncerà alle nazioni la giustizia. / Non contesterà né griderà / né si udrà nelle piazze la sua voce. / Non spezzerà una canna già incrinata, / non spegnerà una fiamma smorta, / finché non abbia fatto trionfare la giustizia; / nel suo nome spereranno le nazioni».

Questi due Vangeli esaltano la figura del Cristo desacralizzatore.

La Legge puo' essere trasgredita allorchè non risponde più ai bisogni dell' uomo; questo perchè è la Legge ad essere istituita per l' Uomo e non viceversa. Non esistono e non devono esistere i "servitori della legge" (oggi li chiameremmo i servitori dello Stato), è la legge che deve "servire".

Grande lezione di laicità e pragmatismo che si staglia innazitutto per l' originalità assoluta nel panorama delle maggiori religioni.

Qualche pignolo osserverà prontamente che i Vangeli di oggi portano acqua alla causa utilitarista più che a quella libertaria.

Andrebbe allora precisato che Gesù combatte l' ipertrofia del sacro e non tanto la sua legittimità in senso assoluto.

Aggiungo poi che, d' accordo, utilitarismo e libertarismo non possono essere identificati, purtuttavia, conoscete voi sodali tanto stretti?

mercoledì 16 febbraio 2011

Meditazione libertaria sul Vangelo del 6.2.2011

Lettura del Vangelo secondo Giovanni Gv 4, 46-54

In quel tempo. Il Signore Gesù andò di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.

Serve a questo punto ricordare il primo miracolo di Gesù. Ebbene, grazie a quel miracolo si aveva cura di salvare l' "essenza".

Grazie invece al miracolo documentato dal Vangelo di oggi, viene salvato un corpo.

Dopo l' essenza, Gesù, guarendo il bambino, si dimostra preoccupato del corpo umano, quasi voglia indicarci i vertici della priorità.

Il corpo carnale riveste un' importanza primaria nel cristianesimo, è il mezzo attraverso cui l' essenza si manifesta ed agisce nel mondo. Senza di esso non esiste espressione, comunicazione, rivelazione. Se al Dio veterotestamentario bastava farsi rovo per parlare alla sua creatura, il Dio evangelico è tenuto ad incarnarsi per raggiungere un' intimità comparabile se non maggiore.

Io stesso, che sono costituito ad immagine di Dio, sono la mia anima, ma agisco e compio le mie scelte attraverso l' essenziale appendice del mio corpo.

A questo punto possiamo usare le parole del nostro tempo: il corpo è la proprietà privata dell' uomo.

Ogni argomento che adottiamo per rivendicare come "nostra" la mano che sta in fondo al nostro braccio è talmente forte e convincente da poter essere generalizzato.

sabato 29 gennaio 2011

Meditazione libertaria sul Vangelo del 30.1.2011

Lettura del Vangelo secondo Luca 2, 22-33

In quel tempo. Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio «una coppia di tortore o due giovani colombi», come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo / vada in pace, secondo la tua parola, / perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, / preparata da te davanti a tutti i popoli: / luce per rivelarti alle genti / e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.

Oggi si celebra la Famiglia. La Chiesa ci spiega continuamente che la Famiglia è un' istituzione NATURALE.

Il non credente non capisce, ma che significa esattamente l' aggettivo "naturale"?

Risposta: significa che risponde al volere del Signore.

Ma una risposta del genere ha il solo effetto di troncare di botto ogni comunicazione con il non credente.

E allora, risposta alternativa: significa che è la soluzione oggettivamente più corretta al problema della convivenza umana.

Ma il non credente è scettico di fronte a giudizi di valore tanto drastici e, per lui, arbitrari.

Risposta conclusiva: è la soluzione ad un problema posto dalla natura.

La natura pone solo problemi complessi, ovvero problemi che contemplono soluzioni evolutive che coinvolgano una pluralità di intelligenze. Le soluzioni evolutive sono le "soluzione naturali" per eccellenza.

Adesso, finalmente, il non-credente non puo' far finta di non capire, ma puo' sempre obiettare: e dov' è mai il processo evolutivo che designa la Famiglia come soluzione naturale? Dov' è la selezione che filtra la pluralità dei competitori? e dove sono i candidati che ad essa si sottopongono? Io vedo solo un modello che, carico di privilegi, "concorre" in modo sleale.

Chi nega il valore della Famiglia, nega un valore prezioso e se ne assume le responsabilità; ma chi non facilità l' instaurazione di un processo evolutivo, chi nega la naturalità e quindi la competizione tra Famiglia Tradizionale e soluzioni alternative, oltre a testimoniare la sua scarsa fede nell' istituto, impedisce al non credente di trasformarsi in un Simeone entusiasta. E ne risponderà.

giovedì 27 gennaio 2011

Meditazioni libertarie sul Vangelo del 23.1.2011

Vangelo secondo Luca 9, 10b-17

In quel tempo. Il Signore Gesù prese i suoi discepoli con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

Il pretino sul pulpito alla messa delle 10.00 nella Basilica di San Vittore a Varese ha voce giovanile e squillante, mi piace. Ma l' altra domenica secondo me non ha imbroccato la predica insistendo sul fatto che dobbiamo "dare tutto noi stessi" agli altri nel momento del bisogno.

Nulla da eccepire, ma qui Luca racconta un' altra storia: Gesù non dà se stesso ma moltiplica ex nhilo le risorse materiali e le distribuisce.

D' accordo, qualcuno dirà, ma Gesù ha il potere del miracolo che gli consente di moltiplicare dal nulla pani e pesci; l' insegnamento all' uomo, che non ha di questi poteri, deve necessariamente risiedere altrove.

Errato! Anche l' uomo ha il potere di moltiplicare le risorse dal nulla, esiste infatti un miracolo profano che si chiama "scambio".

lunedì 17 gennaio 2011

Meditazioni libertarie sul Vangelo del 16.1.2010

Vangelo secondo Giovanni 2, 1-11

In quel tempo. Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Non sembra decisivo il miracolo con cui Gesù inaugura i suoi prodigi: non salva vite, non guarisce malati. Molti potrebbero sottovalutarlo.

E' vero, il vino è gioia, ma una festa puo' essere formalmente perfetta anche senza gioia.

Forse però la forma non è tutto. Questo messaggio è importante visto che viviamo in un mondo che esalta le forme.

Il mondo puo' essere formalmente descritto dalla scienza in modo fedele anche senza bisogno di introdurre un "senso".

La "cosa" puo' essere "designata" da una parola in grado di descriverne tutte le funzioni formali senza far riferimento a cio' che è proprio della "cosa".

Si puo' dar conto del comportamento formale di un uomo senza far cenno alla sua libertà, trattandolo qundi come se fosse uno zombie.

Questi esempi propongono visioni soddisfacenti della realtà?

Il filosofo Swinbourne disse di aver scelto la fede confrontando le varie "teorie del tutto"; aggiunse di aver condotto il confronto avvalendosi dei medesimi criteri utilizzati per discriminare tra teorie scientifiche, ovvero: a parità di contenuto veritativo optare per la teoria che fornisce la spiegazione più semplice.

Cosa c' è di più semplice dell' "essenza"? Una conoscenza che rinuncia ad introdurre le essenze resta macchinosa ed estranea, puntare tutto sulla forma significa avere in mano un formalismo mostruosamente complicato che ci diventa presto estraneo.

Dunque la forma non è tutto, c' è anche l' essenza, e l' essenza della festa è la gioia. Gesù è venuto a salvare le essenze, a regalare gioia alle nostre feste.

lunedì 10 gennaio 2011

Meditazioni libertarie sul Vangelo del 9.1.2011

Vangelo secondo Matteo 3,13-17

In quel tempo. Il Signore Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

Battesimo e individualismo vanno sempre di pari passo.

La concezione "descrittivista" è la vera antagonista della concezione "battesimale". Per la prima noi siamo cio' che facciamo e cio' che diciamo. Siamo, insomma, la relazione che ci rende "descrivibili".

Il "descrittivismo" messo a punto da Frege e Russell esalta la "relazione": la nostra identità si dispiega nelle relazioni in cui siamo immersi. Per quella via alcuni arrivano addirittura a propugnare il cosiddetto "costruzionismo": la nostra realtà identitaria si "costruisce" dal nulla instaurando relazioni.

Brillante vindice di questa fallace impostazione fu colui che viene riconosciuto come uno dei più grandi logici della contemporaneità, Saul Kripke (a tre anni disse alla mamma che se Dio è ovunque per entrare in casa bisogna farlo uscire).

La teoria logica dei nomi propri di Kripke dimostra che la nostra identità si fonda su un "battesimo" primigenio e non su una "descrizione"; ovverosia, l' individuo ha una realtà che precede le relazioni in cui si impegna, questa realtà intuitiva non è affatto una "costruzione" ma esiste a prescindere dalle formulazioni attraverso cui viene descritta.

La logica contemporanea più avanzata torna dunque al realismo e all' essenzialismo e lo fa a passo di carica.

mercoledì 15 dicembre 2010

Meditazione libertaria sul Vangelo del 19 dicembre

Vangelo secondo Luca 1, 26-38a

In quel tempo. L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».

A Maria viene annunciata la futura miracolosa maternità.

Gran parte di questa esperienza si ripete in tutte le donne poichè tutte le maternità hanno in sè qualcosa di miracoloso: nel ventre prende forma un corpo ma si cala anche un' anima dalla provenienza misteriosa. Spiegare l' incarnazione di una libertà è impresa vana, su questo fronte la resa cognitiva e l' accettazione del miracolo non ha nulla di disonorevole.

Tuttavia, oggigiorno vegliare attivi su questo miracolo, un onere e un privilegio concesso dalla natura in primis alla donna, è considerato invece fonte di umiliazione e di assoggettamento tarpante.

La maternità incatena mentre "il lavoro nobilità", non sono in pochi coloro che, vittimizzandosi, gridano questo slogan dalla sinistra reminiscenza.

Madre e Lavoratrice, Maria ha svolto entrambi i compiti nobilitandoli anche quando erano umili. Sarebbe da stupidi sacrificare un ruolo sull' altare dell' altro.

Addendo: sia chiaro, non sono tra coloro i quali pensano che una donna si privi senza rimedio di una gamma di sensazioni e affetti per il fatto di non essere mamma. E lo dico per esperienza: io oggi sono padre, ed è una sensazione bellissima, ma millanterei se dicessi di essere di fronte a qualcosa di sconosciuto. Penso che per le donne valga lo stesso: una vita interiore intensa ti porta ovunque. la Grazia è dappertutto e lo dimostra continuamente.

domenica 5 dicembre 2010

Meditazioni libertarie sul Vangelo dell' 11.12.2010

Lettura del Vangelo secondo Giovanni 1, 6-8. 15-18

In quel tempo. Venne un uomo mandato da Dio: / il suo nome era Giovanni. / Egli venne come testimone / per dare testimonianza alla luce, / perché tutti credessero per mezzo di lui. / Non era lui la luce, / ma doveva dare testimonianza alla luce. / Giovanni proclama: / «Era di lui che io dissi: / Colui che viene dopo di me / è avanti a me, / perché era prima di me». Dalla sua pienezza / noi tutti abbiamo ricevuto: / grazia su grazia. / Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, / la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. / Dio, nessuno lo ha mai visto: / il Figlio unigenito, che è Dio / ed è nel seno del Padre, / è lui che lo ha rivelato.

Il filosofo Wittgenstein ci ha insegnato che non possiamo conoscere il Tutto se ne facciamo parte.

A quanto pare la cosa era già nota a Giovanni Evangelista che salta elegantemente l' ostacolo avvalendosi della Santissima Trinità: una voce fuori dal Tutto giunge a noi per raccontarcelo. La voce parla un linguaggio umano, chi la genera è il Dio creatore del Tutto.

E' una conoscenza per la quale non possiamo rivendicare meriti, ci giunge per grazia.

Il libertario la chiamerebbe "naturale"; ci racconta tante cose che governano il Tutto, a cominciare dagli imperativi morali a cui siamo soggetti.

sabato 4 dicembre 2010

Meditazioni libertarie sul Vangelo del 7.12.2010

Vangelo secondo Matteo 21, 1-9

In quel tempo. Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, il Signore Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”». Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Dite alla figlia di Sion: / Ecco, a te viene il tuo re, / mite, seduto su un’asina / e su un puledro, figlio di una bestia da soma». I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! / Benedetto colui che viene nel nome del Signore! / Osanna nel più alto dei cieli!».

La salvezza non ci viene incontro nelle forme di un eroe, bensì di un mite.

Non sarà una guerra a salvarci, bensì una disponibilità.

Non sarà una spada a difenderci, bensì un compromesso.

Non sarà il coraggio a farci da egida, bensì una "pazienza".

Il Bene non ha nemmeno il biglietto da visita, figuriamoci lo sfolgorio delle réclame.

E' la Civiltà della Rapina ad esaltare la Grandezza dei suoi protagonisti, la Civiltà dello Scambio esalta l' anonimia delle sue società commerciali.

La soluzione non è mai racchiusa in un gesto solenne, ma in una miriadi di accordi tra una miriade di soggetti pronti a cedere qualcosa. Non guardare alla falsa corona del tronfio leone, guarda invece al rapido accordo delle api.

Evita il culto del libro pieno di precetti, sia esso la Bibbia o la Costituzione. La verità non si fabbrica con la carta. Sigilla invece solennemente i tuoi "scambi": usa l' abbraccio con i cari e la stretta di mano con lo straniero.

venerdì 26 novembre 2010

Meditazioni libertarie sul Vangelo del 28.11.2010

Vangelo secondo Matteo 11, 2-15

In quel tempo. Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!».

Profeti e miracoli annunciano la venuta del Cristo.

Come si puo' essere profeti oggi? Come si puo' annunciare un miracolo catturando l' attenzione dell' uomo di mondo?

Compito arduo. L' uomo di mondo crede a cio' che vede e la via migliore per parlargli è illustrare i miracoli che ha davanti agli occhi.

Il concetto di "miracolo" e quello di "abuso della ragione" sono cugini primi, ma, poichè il laureato medio di oggi fatica parecchio con il primo, meglio puntare sul secondo, in fondo è lo stesso.

Giovanni, ma anche Gesù, catturarono l' attenzione della folla evocando "miracoli" straordinari. Noi, nella nostra missione profetica, faremmo meglio a mettere nel mirino quelli più ordinari.

Gesù faceva vedere i ciechi, noi limitiamoci ad osservare bene chi ci vede, al miracolo di una persona normale. I miracoli sono ovunque.

E' difficile vedere cio' che si ha davanti agli occhi tutti i giorni. Aiutiamo il nostro fratello a farlo.

Il miracolo è una certezza inspiegabile, e nella nostra vita tutti tocchiamo con mano certezze inspiegabili. Viene subito in mente la propria libertà e il proprio libero arbitrio. Pensa solo a come la scienza sia impotente nel tentativo di renderne ragione.

Convertirsi alla libertà e alla scienza è il primo passo per convertirsi grazie ai miracoli.

giovedì 18 novembre 2010

Meditazioni libertarie sul Vangelo del 21.11.2010

Vangelo secondo Luca 3, 1-18

Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: «Voce di uno che grida nel deserto: / Preparate la via del Signore, / raddrizzate i suoi sentieri! / Ogni burrone sarà riempito, / ogni monte e ogni colle sarà abbassato; / le vie tortuose diverranno diritte / e quelle impervie, spianate. / Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!». Alle folle che andavano a farsi battezzare da lui, Giovanni diceva: «Razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque frutti degni della conversione e non cominciate a dire fra voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Anzi, già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco». Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

Un Vangelo denso che mette molta carne al fuoco e mi obbliga a scegliere.

E allora scelgo la fine: "Giovanni evangelizzava".

Di recente, l' evangelizzazione, ovvero lo sforzo per convertire al cristianesimo, non ha goduto di buona stampa.

Parlarne significava evocare il lavaggio della mente, quando andava bene; coercizioni ancora peggiori, quando andava male.

Sarà forse per questo che la Chiesa sembra oggi più preoccupata della Liturgia che non della Conversione (riferisco una frecciatina dal sen fuggita al mio parroco nel corso della preparazione al battesimo della Marghe).

Se ti voglio bene, se ho una parola che penso possa farti bene, perchè mai dovrei risparmiartela?

La ricerca della conversione è compatibile con la società moderna: si chiede solo possibilità di competere e libertà d' espressione. Il libertario non solo tollera ma esaudisce con entusiasmo a queste richieste.

Pensiamo solo alla Scuola, quanto lavoro ci sarebbe per riformare un' istituzione in cui, oggi, solo un guardiano del Potere puo' decidere chi entra per curare l' indottrinamento dei ragazzi!

Per evangelizzare bisognerebbe avvalersi di un linguaggio semplice, che sappia essere comprensibile anche a all' ateo e all' indifferente. Un linguaggio che sappia uscire dal gergo dottrinario senza tradire il nocciolo del messaggio. Un po' quello che, tra mille equilibrismi e mille incompetenze, provo a fare meditando sul Vangelo domenicale.

mercoledì 10 novembre 2010

Meditazioni libertarie sul Vangelo del 14.11.2010

Vangelo secondo Matteo 24, 1-31

In quel tempo. Mentre il Signore Gesù, uscito dal tempio, se ne andava, gli si avvicinarono i suoi discepoli per fargli osservare le costruzioni del tempio. Egli disse loro: «Non vedete tutte queste cose? In verità io vi dico: non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sarà distrutta». Al monte degli Ulivi poi, sedutosi, i discepoli gli si avvicinarono e, in disparte, gli dissero: «Di’ a noi quando accadranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo». Gesù rispose loro: «Badate che nessuno vi inganni! Molti infatti verranno nel mio nome, dicendo: “Io sono il Cristo”, e trarranno molti in inganno. E sentirete di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi, perché deve avvenire, ma non è ancora la fine. Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi: ma tutto questo è solo l’inizio dei dolori. Allora vi abbandoneranno alla tribolazione e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. Molti ne resteranno scandalizzati, e si tradiranno e odieranno a vicenda. Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. Questo vangelo del Regno sarà annunciato in tutto il mondo, perché ne sia data testimonianza a tutti i popoli; e allora verrà la fine. Quando dunque vedrete presente nel luogo santo l’abominio della devastazione, di cui parlò il profeta Daniele – chi legge, comprenda –, allora quelli che sono in Giudea fuggano sui monti, chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere le cose di casa sua, e chi si trova nel campo non torni indietro a prendere il suo mantello. In quei giorni guai alle donne incinte e a quelle che allattano! Pregate che la vostra fuga non accada d’inverno o di sabato. Poiché vi sarà allora una tribolazione grande, quale non vi è mai stata dall’inizio del mondo fino ad ora, né mai più vi sarà. E se quei giorni non fossero abbreviati, nessuno si salverebbe; ma, grazie agli eletti, quei giorni saranno abbreviati. Allora, se qualcuno vi dirà: “Ecco, il Cristo è qui”, oppure: “È là”, non credeteci; perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi segni e miracoli, così da ingannare, se possibile, anche gli eletti. Ecco, io ve l’ho predetto. Se dunque vi diranno: “Ecco, è nel deserto”, non andateci; “Ecco, è in casa”, non credeteci. Infatti, come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Dovunque sia il cadavere, lì si raduneranno gli avvoltoi. Subito dopo la tribolazione di quei giorni, “il sole si oscurerà, / la luna non darà più la sua luce, / le stelle cadranno dal cielo / e le potenze dei cieli saranno sconvolte”. Allora comparirà in cielo il segno del Figlio dell’uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria. Egli manderà i suoi angeli, con una grande tromba, ed essi raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro dei cieli».

Il Vangelo ci parla della fine del mondo. E rilevante sapere quando avverrà?

Non è rilevante, è decisivo per accordare la nostra etica su quell' orizzonte: mentre alcuni precetti sono inamovibili, altri, essenziali per specificare i comportamenti concreti, ricevono l' influsso della circostanza.

Conoscere il tempo che abbiamo di fronte è una circostanza decisiva per il Cattolico ragionevole.

Facciamo un esempio: Padre Tosato dice che la condanna della ricchezza nei Vangeli va interpretata avendo presente la rischiosità dell' impresa di coloro che venivano "chiamati" ad annunciare Cristo.

Per chi dovrà sacrificarsi domani, è irrazionale investire a lungo termine. Ma la cosa diventa invece auspicabile e raccomandabile per chi gode di una maggiore speranza di vita.

Gesù sembra metterci in guardia dai falsi profeti che annunciano l' imminente fine dei tempi: non diamo dunque loro retta e contribuiamo, da cristiani, a costruire una società in grado di produrre ricchezza e benessere nei tempi a venire; lo spiritualismo, il pauperismo e l' idolatria della miseria materiale sono insensatezze in cui cade chi ascolta la sirena di questi ingannattori.

Sulla costruzione di una società del genere il Libertario ha qualcosa da dire al Cattolico.

domenica 7 novembre 2010

Meditazione sul Vangelo del 7.11.2010

Vangelo secondo Matteo 25, 31-46

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Il Vangelo di oggi esprime con parole tonitruanti concetti in realtà pacifici per l' Uomo Moderno. Ovvero, è possibile e doveroso compiere una selezione tra i comportamenti umani, e, in ultima analisi, tra gli uomini stessi.

Chi crede ed ascolta la parola, è avvisato: questo compito spetta a Dio. Il moralismo non è altro che la petulanza di chi trascura questo insegnamento.

Ma la Parola di oggi aggiunge qualcosa, ci parla del "fratello più piccolo".

Dice il Figlio di Dio: "cio' che avete fatto al "fratello più piccolo" lo avete fatto a me".

Il "fratello più piccolo" è l' uomo più umile: anch' egli possiede una dignità regale ed offenderla è come offendere Dio.

Tutti gli uomini sono accumunati da pari dignità, e i più umili non sono esclusi.

Ecco allora dispiegarsi la dimensione evangelica dell' Uomo: diverso nei meriti (arrivo), uguale in dignità (partenza).

Quale pensiero riesce a coniugare in modo altrettanto armonioso diseguaglianza sostanziale (esito) ed eguaglianza formale (diritti)? Io propongo come candidato il pensiero libertario.

sabato 30 ottobre 2010

Meditazione sul Vangelo del 30-10-2010

Lettura del Vangelo secondo Matteo 22, 1-14

In quel tempo. Il Signore Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Il Vangelo ci parla di una "selezione".

Fin qui tutto bene, la cosa non ci scompone: l' uomo moderno vive in una società selettiva, la meritocrazia è al centro o dovrebbe essere al centro tutto, cio' è conforme alla nostra sensibilità.

Nel Vangelo dice qualcosa in più: il meriti si realizza accettando un invito. L' accoglienza passiva è sufficiente. Sarà un "let it be" a salvarci.

Per non opporsi al corso naturale delle cose occorre possedere la nozione di "naturale"; l' uomo moderno rischia di perdere una simile nozione, l' uomo moderno crede al caso e rischia una perdita della dimensione del "senso", dello "scopo". "Senso" e "scopo" sono termini senza i quali il "naturale" è impensabile.

Se con un martello pianto un chiodo, lo uso in modo "naturale"; se invece ci mangio la pastasciutta lo uso contronatura. Il perchè è presto detto: il martello è costruito allo scopo di piantare i chiodi, il suo senso è quello.

Molti uomini del nostro tempo non pensano che le cose abbiano un senso, non pensano che abbianom uno scopo, e quindi non sanno dare un significato alla parola "naturale", non sanno cosa sia un "diritto naturale". La parola "naturale" li mette a disagio.

E' una fortuna che il libertario, accanto al cattolico, sia fra i pochi ad avere ben chiara questa nozione essenziale.

P.S. Nella sua predica Don Cesare ha puntato l' attenzione sul commensale punito per non aver indossato l' Abito Nuziale. La punizione si giustifica per aver violato una regola rituale. Solo l' ingenuo pensa che una preoccupazione del genere rifletta un arcaismo, in realtà la nostra ragione la giustifica eccome. Gli autori moderni che più si sono spesi su questo punto sono i Nobel Thomas Schelling (teoria dei giochi) e August Fredrick von Hayek (ordine economico catallattico).