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mercoledì 25 gennaio 2023

 Riforma (fanta)fiscale: tassare in base ai voti scolastici (*).


Un buon sistema fiscale deve avere tre caratteristiche:

(a) poca burocrazia;
(b) efficienza;
(c) equità.

Una poll tax centra a e b, ma non c. Un'imposta sul reddito centra c ma né a né b. Una patrimoniale non centra quasi nulla, tranne forse a quando è sugli immobili.

La tassa sui voti centra tutto:

(a): i vori sono trasparenti, non c'è nulla da accertare. Burocrazia zero.

(b): la tassa non modifica i comportamenti nel mondo del lavoro (anzi, incentiva a non sprecare il proprio talento negli p.a.).

(c): la correlazione tra profitto scolastico e reddito è abbastanza robusta da fornire una garanzia.

Indirettamente, sarebbe una riforma anche della scuola, che viene incentivata a saldarsi con il mondo del lavoro evitando di diventare un corpo estraneo nella società.

(*): apportate voi le eventuali varianti su questo tema.

domenica 8 dicembre 2019

LA TASSA PERFETTA

Piccolo saggio di filosofia fiscale.
LA TASSA PERFETTA
La tassa perfetta non distorce l'economia creando disincentivi al lavoro, per questo motivo non colpisce i guadagni effettivi ma quelli potenziali. In altre parole, non tassa lo sforzo ma l'abilità. Una tassa del genere non crea disincentivi: io tasso il tuo talento, quanto poi vorrai o meno sfruttarlo sono affari tuoi. Una tassa del genere, in teoria, non si puo' nemmeno evadere: la sua natura è oggettiva.
Se Dio volesse realizzare una tassa perfetta potrebbe farlo, Lui conosce il potenziale di ogni persona. Tuttavia, per gli uomini è un po' più difficile, sarebbe necessaria una sorta di onniscienza.
Il meglio che possiamo fare è approssimarci alla tassa ideale. Ciò significa tassare chi presenta "indizi di fortuna". Per esempio, tassare i bianchi più dei neri, gli uomini più delle donne, gli alti più dei bassi, i belli più dei brutti, gli umori stabili più dei neurotici eccetera. Tasse di questo genere non creano disincentivi al lavoro e sono quindi efficienti. Tutti questi tratti, poi, sono "naturali" e positivamente correlati con il reddito.
Si puo' pensare che tassare la natura del contribuente sia una proposta radicale da accantonare, se non fosse che già si fa. Il sistema INPS, per esempio, tassa gli uomini più delle donne. Anche il sistema delle quote rosa e nere è un modo per tassare la razza e il sesso della persona.
Tuttavia, tassare in maniera esplicita il colore della pelle o la conformazione dei genitali del contribuente, per ora, resta tabù, cosicché ideare formule ipocrite è ancora oggi imprescindibile.
Idealmente potremmo tassare in base a tratti della personalità come l'intelligenza, l'autocontrollo o la pazienza, ma non funziona poiché si tratta di caratteristiche facili da falsificare. E' facile produrre un basso punteggio nei test. Forse domani sarà possibile ma per oggi occorre ripiegare su razza, sesso, bellezza e statura.
Ma se questa imposta è l'imposta perfetta, perché ci appare così "sgradevole"?
Vale la pena di esplorare i difetti e le imperfezioni di questa tassa sulla natura.
Innanzitutto, l'efficienza non è sempre una benedizione. Una tassa che non si puo' evadere e che non penalizza l'economia dà un grande potere ai governi. Forse troppo! Tasserebbero eccessivamente, probabilmente fino a distruggere tutto. Una tassa del genere potrebbe colpire anche i non nati. Come porsi di fronte a questi problemi?
Il problema di un fisco efficiente è che non pone freni all'ingordigia dei governi. Più in generale, potremmo dire che una tassa inefficiente distorce l'economia mentre una tassa efficiente distorce la politica.
Il problema della politica esisterà sempre quando si giudica un sistema fiscale: qualsiasi imposta richiederà un esattore delle tasse. Tassazione e autorità centralizzata vanno di pari passo, sia nella storia che nella logica.
Eppure non tutti ne hanno tenuto conto. Molti "contrattualisti" di ultima generazione, ispirati dal lavoro di John Rawls, sembrano dimenticarselo. Piccolo inciso: nl 1953, un economista di nome John Harsanyi inventò la metafora degli obblighi sociali come adempimento di contratti pre-parto. Nel 1971, l'influente filosofo John Rawls usò quei contratti - contratti firmati dietro il "velo dell'ignoranza" che ci protegge dalla conoscenza dei tratti particolari con cui nasceremo - come pietra angolare della sua teoria della giustizia. Questo filone di studi ragionava sul sistema ideale senza dare troppo peso al fatto che poi "qualcuno" avrebbe dovuto realizzarlo. Non si pensava che i difetti potevano riguardare questo "qualcuno" più che il sistema fiscale in sé. Il non-nato di Rawls che ragiona dietro il "velo di ignoranza", prima ancora di pensare ai criteri di giustizia ideali abbracciati dal paese in cui vorrebbe nascere, dovrebbe pensare di non nascere a Cuba, in Albania, in Mali, in Venezuela ma invece in Canada, in Lussemburgo. E questo a prescindere dai criteri di giustizia che a parole informano questi stati.
Poiché sia le tasse inefficienti che quelle efficienti presentano problemi, un' idea potrebbe essere quella di non tassare evitando di redistribuire la ricchezza dai più ricchi ai più poveri. Ma comportarsi in questo modo non violerebbe i nostri criteri di giustizia?
Penso di no. Al di là dei proclami di principio, infatti, nessuno sembra in realtà credere sul serio che esista un dovere in questo senso, altrimenti lo attueremmo beneficiando i veri poveri, ovvero le popolazioni del Terzo Mondo.
Su cosa si basa allora una credenza tanto diffusa? Probabilmente è un modo per legittimare la rapina. Partiamo dalle basi: se una squadra di bisognosi forti, robusti e armati fino ai denti incontra un ricco mingherlino inerme come finirà secondo voi? E' ovvio: i bisognosi prenderanno al ricco con un atto di forza. Se però per un qualche motivo dobbiamo mantenerci in buoni rapporti con il rapinato il prelievo deve essere in qualche modo giustificato, in questo senso occorre razionalizzare la situazione diffondendo una credenza filosofico\religiosa che renda "giusta" quella rapina specifica. Il riccone è solo e inerme, i "bisognosi" sono tanti e incazzati. Tuttavia, non si puo' provvedere ad una sottrazione indebita, il senso di giustizia che tiene insieme la società potrebbe risentirne. Ecco allora comparire una cervellotica teoria della giustizia che, pur presentando molte incoerenze, mantiene uno ieratico potere seduttivo.
Ma perché talvolta questa credenza filosofico\religiosa è condivisa anche dai ricchi? Alcuni di loro, come il miliardario Warren Buffett, chiedono a gran voce tasse più elevate! In fondo nessuno gli impedirebbe di fare un bonifico e mettersi la coscienza a posto, l'IBAN del Tesoro ce l'ha! Perché allora sgolarsi a quel modo? Probabilmente lo fa a fini pratici, il retro-pensiero è: "se noi ricchi non diamo ai poveri, la rivolta ci schiaccerà". In questo caso più che "dare" occorre "legittimare" il sistema ridistributivo. Anche qui appare evidente che non si fa appello a principi di giustizia ma a questioni di opportunità.
Per capire che non esiste un principio di giustizia che ci obbliga all'elemosina fiscale, prova questa variante: è "giusto" che le persone attraenti siano costrette a concedere favori sessuali occasionali alle persone brutte? Senza tali favori i brutti difficilmente potranno mai avere rapporti coi belli, e questi ultimi, oltretutto, sarebbero a costante rischio di stupro. Ma se riteniamo giusto sovvenzionare con denaro coloro che sono nati senza le competenze per guadagnare un reddito decente, perché non sovvenzionare con il sesso coloro che sono nati senza le capacità per attrarre partner desiderabili? Sembrerebbe giusto farlo, la logica è la medesima. Poiché la bellezza e il talento dipendono entrambe dalla fortuna sarebbe logico assicurarsi contro la sfortuna in entrambe le lotterie. Rawls che ne dice? Eppure la soluzione ci ripugna. Perché? Probabilmente perché un diritto del genere non esiste in entrambi i casi ma mentre nel primo le risorse in questione sono facilmente trasferibili mentre nel secondo no, ecco allora che per sfruttare la facile trasferibilità nel primo caso ci sforziamo di vedere un "diritto" mentre nel secondo un simile sforzo artificioso puo' essere evitato lasciando che la violenza susciti un naturalissimo sentimento di repulsa.
Ognuno di noi ha sensazione che il suo talento sia "suo" esattamente come la "sua" bellezza. Talento e bellezza ci appartengono. Una sottrazione lederebbe la nostra dignità e il nostro orgoglio. E' una specie di furto, di sfregio. Questo è esattamente il motivo per cui indietreggiamo di fronte all'idea del sesso coatto, abbiamo la consapevolezza che i nostri corpi ci appartengano. Ma lo stesso vale per i talenti. Consideriamo assurdo che Usain Bolt debba dividere la sua medaglia con l'ultimo arrivato. Sia lo stupro che il furto offendono la nostra dignità perché violano i diritti di proprietà. Se fai un'eccezione qua, devi farla anche là, e alla fine ti accorgi che la ridistribuzione coercitiva è una sorta di rapina. Questo è il motivo per cui non permettiamo ai bambini di subire o beneficiare di una "ridistribuzione" violenta dei giocattoli al parco giochi. Oltretutto, il talentuoso già dà a tutti senza dover essere sottoposto a un trattamento coercitivo. Quasi tutta la nostra prosperità la dobbiamo a un numero molto piccolo di scienziati, inventori e imprenditori. Dobbiamo tenerne conto in questa sede.
Anche la legittimità dei trasferimenti alle generazioni future è alquanto dubbia, soprattutto perché qui non puo' nemmeno essere evocato Robin Hood. Qui siamo di fronte all'operazione contraria. L'agenda dei gruppi ambientalisti consiste di fatto nel prendere ai poveri (noi) e dare ai ricchi (le generazioni future).
I nostri discendenti dovranno aspettare solo alcune generazioni, non più di qualche dozzina, per raggiungere uno standard di vita simile a quello di Bill Gates. Quindi ogni volta che il WWF o l'ONU ostacola lo sviluppo economico per preservare alcune ricchezze naturali del pianeta, chiede alle persone che vivono come te e me di sacrificarsi per il godimento delle generazioni future che vivranno come Bill Gates.

venerdì 4 ottobre 2019

L'IMPOSTA INGIUSTA

L'IMPOSTA INGIUSTA
1) Non evaderla è un diritto.
2) Non evaderla è un dovere.
3) Evaderla è un diritto.
4) Evaderla è un dovere.
Oggi mi sento estremista, prenderei 1 e 4.

martedì 1 ottobre 2019

TASSE ALTE

TASSE ALTE
Vuoi tassare oltre il 35%? Devi avere 1) libero mercato e 2) fiducia sociale.
L’Italia è pronta?
KEVINVALLIER.COM
Now that socialism* is no longer a dirty word in American politics, we’re starting to argue about what socialism in the United States would look like. Conservatives and libertarians argue that American socialism will make us more like Venezuela, whereas progressives argue that American socialism w...

venerdì 7 dicembre 2018

LE TASSE SONO UN FURTO

LE TASSE SONO UN FURTO

Per i pignoli: più che un furto, un’estorsione. Per tutti: non capisco bene come si possa negare questa elementare verità.

Anche perché la cervellotica operazione intellettuale messa in piedi allo scopo di negare non è affatto necessaria per una difesa delle tasse: esistono i furti buoni e quelli cattivi.

domenica 18 novembre 2018

LA TASSA MIGLIORE

LA TASSA MIGLIORE

Per gli economisti la tassa migliore è regressiva. Tipo la tassa sui consumi.

Incostituzionale? Bè, non ci sarebbe da sorprendersi. Quasi tutto quel che funziona è anticostituzionale.

lunedì 12 novembre 2018

CONDONO FORMALE

CONDONO FORMALE
A quanto pare ci sarà un condono fiscale tombale sugli errori formali. Chi dovrebbe aderirvi? Tutti. Tutti noi, infatti, abbiamo fatto errori formali di qualche tipo.
Quando si fa un condono (ogni 5 anni) c’è sempre chi osserva: “un provvedimento del genere avrà l’effetto di indebolire la forza della legge fiscale”.
Quando si fa una legge fiscale complicata, involuta e inutile (ogni 5 giorni) c’è sempre chi osserva: “questo provvedimento serve solo per poter varare un condono tra 5 anni e incassare qualcosa”.
Insomma, c’è chi si preoccupa che il condono presente incida sull’osservanza delle leggi future. Io mi preoccuperei del fatto che la legge presente esista in funzione del condono futuro.

giovedì 8 novembre 2018

LA MANO

In passato, a lungo si è discusso se era diritto dei commercialisti (e di altri professionisti) addebitare il contributo previdenziale in parcella.
E’ un po’ come discutere se le tasse vadano pagate con la mano destra o con quella sinistra.

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L’IMPOSTA CHE CONIUGA CRESCITA ED EQUITA’?

L’IMPOSTA CHE CONIUGA CRESCITA ED EQUITA’?
L’Imposta sul consumo.
Uno: è regressiva e quindi bassa al margine.
Due: è pur sempre un imposta che raccoglie per redistribuire.

Tre: è anti-costituzionale e quasi tutte le cose anti-costituzionali sono valide.

venerdì 2 marzo 2018

La retroattività del fisco

Le leggi non sono retroattive, è questo un fondamentale principio del diritto poichè ognuno di noi deve essere consapevole delle conseguenze di ciò che fa. Se oggi faccio qualcosa di legale che domani verrà proibito non sono per questo perseguibile, il nostro istinto di giustizia che lo rende evidente. Se oggi gioco al lotto e domani il lotto finisce nella nera dei giochi proibiti non per questo io finirò in manette, qualsiasi giudice applicherà il sacrosanto principio di non retroattività.
Ma a quanto pare I sacrosanti principi non valgono in materia fiscale, perché? Perché se compro una casa motivato dal fatto che la tassazione è al 20% domani potrei anche pagare il 40% senza possibilità di addurre in tribunale alcuna giustificazione senza che il giudice rida?
Certo, al momento dell'acquisto io so che la legge fiscale potrebbe cambiare ma questo vale anche per la legge penale!
Certo, lo stato potrebbe anche avere bisogno urgente del muo denaro ma in casi del genere può sempre ricorrere ad un prestito, al limite ad un prestito forzoso.
Se volete una spiegazione a questo fatto non cercatelo nella teoria legale poiché non esiste nulla che possa chiamarsi "teoria legale". Ad ogni modo se a tentare di spiegarvelo sarà un giurista ignoratelo, non hanno quasi mai niente di interessante da dire nel merito delle cose.
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giovedì 7 dicembre 2017

Società del dono

Società del dono

Perché non lasciare che le tasse siano un versamento volontario?
Dono a vantaggio della comunità, anziché metodo-Corleone.
Comprendo lo scetticismo tipico di chi ha subito violenze per tutta la vita, ma il mondo non è solo quello in cui ha vissuto.
I vantaggi non mancherebbero. Innanzitutto, se ancora a qualcuno interessa, c’è quello eticonon esiste una giustificazione etica adeguata per un’azione coercitiva qual è di fatto il prelievo tributario.
C’è poi il problema della privacy che stiamo  perdendo ogni giorno di più anche e soprattutto in ambito fiscale: già in passato qualche Ministro ha minacciato di mettere on line le tasse pagate da ciascuno di noi. Considerato che questo prima o poi capiterà, l’introduzione di “tasse volontarie” anticiperebbe la mossa con uno sberleffo.
La tassa volontaria giustifica infatti l’utilizzo della trasparenza come metodo di pressione sociale. Ognuno dice a tutti quanto versa.
La privacy persa in questo modo è già più accettabile. O no?
Probabilmente verrà raccolto meno che ora, ma questo è solo un bene poiché la cosa dà modo di inaugurare finalmente un taglio consistente della spesa  pubblica (la politica delle politiche, a detta degli esperti).
Anche la burocrazia riceverà un duro colpo dal fatto che si rinuncerà alle violenze, mi sembra evidente. E voglio vedere chi non applaude.
Il metodo è inoltre graduabile: una parte della tassazione (per esempio quella sulla casa, meno invasiva in termini di privacy) potrebbe restare coercitiva prima di sparire del tutto.
Alcuni ritengono che il metodo intralci la programmazionedell’azione governativa. Ma questo, da un punto di vista liberale,  puo’ essere un bene: il governo si impegnerebbe solo in programmi meno ambiziosi.
Si puo’ comunque stabilire per ogni contribuente – salvo casi eccezionali – uno (generoso) spettro di oscillazione dei doni da un anno all’altro.
Inoltre, puo’ essere riconosciuta, a fianco della tassazione in denaro, una tassazione in natura. In questo senso i “programmi ambiziosi” sarebbero intrapresi dai privati che intendono dare in quelle forme il loro contributo.
Un sistema di tassazione volontaristico produrrebbe dei cambiamenti psicologici immensi nei cittadini: cesserebbe il loro malumore verso lo stato e la politica, e si ridesterebbe l’impegno sociale e comunitario.
In una società rimodellata sullo spirito del dare, il gesto della beneficenza diventerebbe sempre più comune, apportando alla fiscalità pubblica gran parte di ciò che oggi le serve per consolidarsi. La donazione a vantaggio del bene comune potrebbe dunque trasformarsi, nel tempo, in un’abitudine psicopolitica consolidata, impregnando le popolazioni democratiche di una sorta di seconda natura.
La storia ci dice che in molte occasioni i tipici problemi di free riding (opportunismo) sono stati superati grazie alla pressione sociale, al senso civico e allo spirito pubblico.
Per tutti noi la stima della comunità è estremamente importante.
Il senso di comunità lieviterebbe intorno a certi leaderparticolarmente generosi.
discorsi infiammati, l’esaltazione della magnanimità, e il richiamo alla generosità spingerebbero a donazioni ragguardevoli.
La buona reputazione è sempre stata l’ architrave delle società ben ordinate, perché non potrebbe continuare a svolgere il suo ruolo positivo anche e soprattutto in campo fiscale?
Oggi l’ammirazione va ai “furbetti”, e con parecchie ragioni. Chi non è infastidito dalla nota falsa che contiene la musica mielosa che invita alla correttezza fiscale? Chi non vede il vampiro dietro l’ ipocrita richiamo al senso civico? Chi non vi coglie l’insopportabile lato trombonesco? Chi ha la forze di trattenere la pernacchia? Giusto qualche indottrinato tutto d’un pezzo, ma pochi altri.
Nelle stime di fattibilità non confondiamo la stitica generosità anonima con quella che potrebbe essere la generosità pubblica. La prima è misurabile, per esempio, dai doni alle ONLUS, un flusso di ricchezza tutt’altro che disprezzabile. Ma la seconda sarebbe molto più cospicua. Perché? Ma perché conforme alla nostra natura più profonda.
La storia parla chiaro: se la generosità occulta ci fa aprire il portafoglio, la generosità pubblica ci fa dare la vita.
Noi siamo animali sociali, ma non siamo api. Il biologo evoluzionista ci ripete che la nostra inclinazione a cooperare è comunque spinta dalla prospettiva di un vantaggio individuale: l’uomo è un animale sociale perché è un individualista.
Per questo riconoscere e tributare onori alla generosità è essenziale. Sulla generosità anonima non si costruisce nulla ma su quella trasparente si puo’ costruire molto poiché compatibile con la nostra natura.

Tuttavia, proprio per quanto appena detto, senza necessità impellente non c’è generosità: una volta istituito l’obbligo la generosità si estingue.
Lo scettico è vissuto in un mondo fondato sulla coercizione reiterata, non deve quindi sorprendersi per l’assenza di generosità che nota intorno a sé.
Rimuovi il requisito della volontarietà, e ogni istinto a cooperare si spegne. Introduci la coercizione e tutto quel che resta è puro egoismo.
In Grecia i cittadini più facoltosi di ogni città venivano chiamati a pagare i beni pubblici come l’equipaggiamento militare, le navi da guerra, i giochi atletici, i divertimenti pubblici, e raramente qualcuno si sottraeva a questo dovere, chiamato “liturgia”. Da ogni cittadino ci si aspettava una certa cifra, ma il più delle volte essi davano molto di più, anche il doppio o il triplo, per dimostrare l’attaccamento alla propria comunità (un fatto oggi impensabile!). È probabile, che in questo modo la comunità abbia ricevuto più averi dai ricchi nell’antica Grecia che nelle nostre democrazie a tendenza socialista.
Gran Bretagna e Australia hanno conosciuto le “Friendly society”, in America erano diffuse le Logge, noi ci ricordiamo ancora le “Società di Mutuo Soccorso” e le “Società operaie”. Tutte forme di autentica solidarietà sociale volontaria spazzate via da un anonimo welfare state.
Grazie a queste associazioni, vedove e orfani avevano un sostegno garantito. Le “FS” provvedevano poi anche alle cure mediche (nel 1911 in GB coprivano 9 milioni di persone). Si forniva anche uno stipendio ai malati, un’assicurazione sulla vita e un pronto ricollocamento per i disoccupati.
La loro gestione era improntata a principi democratici e il loro punto di forza erano le “scuole” e i “rituali”. Nelle prime si inculcavano valori quali il lavoro duro, la libertà, la tolleranza verso gli altri e la fraternità verso i compagni. I secondi erano realmente sentiti.
Tutta roba che si puo’ fare solo se non è imposta. Paragonate quelle scuole alla ridicola ora di educazione civica tenuta controvoglia da un professorino malpagato che pensa solo al trasferimento e ascoltata da una classe col pensiero fisso sul pezzo di carta!
Il moralismo diventa insopportabile se inflitto, ma è spesso necessario e benefico se adottato volontariamente. Nel solidarismo spontaneo gli anziani introducevano i novizi, si elevavano multe agli ubriachi e ai giocatori. Ma tutto faceva parte di quel gioco accettato all’atto di adesione.
L’aiuto, fondamentale, non era garantito a priori, solo gli sfortunati meritevoli” potevano accedervi, ma questo era possibile proprio per il carattere volontario della comunità. Queste associazioni sapevano benissimo che l’aiuto crea dipendenza, e possedevano l’antidoto.
L’aiuto elargito non umiliava poiché era visto come un “mutuo soccorso”: “oggi a te domani a me”. In questo senso creava anche un impegno in chi lo riceveva. La “fraternità” predicata rinforzava l’affidabilità e da questo legame nasceva l’autentica comunità.
Il solidarismo spontaneo era anche il veicolo primo utilizzato da chi puntava a ruoli di leadership sociale.
La volontarietà di queste associazioni è il punto cruciale: i soci supportavano la causa realmente motivati, e i leader eletti da “uomini realmente liberi” si sentivano veramente consacrati.
Si tratta di un mondo completamente spazzato via dall’anonimo e sprecone welfare state moderno che, per quanto appena detto, puo’ fornire risorse ma non certo una formazione morale, considerato anche come quelle risorse se le procura.
In America e in GB il passaggio ha fatto impennare crimine, disgregazione familiare e disoccupazione. Un caso?
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