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giovedì 26 aprile 2018

PRIMA COMUNIONE, CATECHISTI IN CRISI

Riccardo Mariani

MEDITAZIONE SULL'EUCARESTIA
Credere o no nel miracolo della transustanziazione, ovvero nel mutarsi di una sostanza in un'altra?
Propendo per il no.
La sostanza di una cosa è, per semplificare, l'identità di quella cosa. Per esempio, la mia sostanza è la mia identità. In genere penso a me come ad uno spirito e ad un corpo particolare. La scienza, si noti, non ha nulla da dire in merito poiché non si occupa dello spirito, ma nemmeno puo' isolare "pezzi" di materia. L'unica cosa che isola sono gli atomi, tutto il resto è semplicemente "materia". Chi crede nell'identità personale, e penso che tutti ci credano, ha fiducia in un sapere che va oltre quello scientifico.
Io ho una mia identità. Gesù ha una sua identità. Il pane dell'altare ha una sua identità. L'eucarestia è il miracolo tale per cui la sostanza del pane presente qui ed ora si muta nella sostanza del Cristo.
Ho due problemi con questo avvenimento. Primo, la mia sostanza (e quindi anche quella di Gesù) ricomprende il mio corpo? Non ne vedo la necessità, quindi meglio semplificare con un no. Secondo, il pane ha una sua sostanza? Non ne vedo la necessità, quindi meglio semplificare considerando esauriente il resoconto della scienza, almeno sulle "cose" prive di intelligenza (coscienza, spirito, anima...).
Con il pane privo di sostanza e la sostanza del Cristo priva di un aspetto materiale, la transustanziazione perde di senso. Come potremmo trasformare la solennità dell'Eucarestia in assenza di transustanziazione? Potremmo dire che nell'Eucarestia Dio si fa presente. Ma Dio è sempre presente. Anche se preghi in casa tua Dio è presente e ti ascolta. E allora, cosa resta? Proposta: un momento privilegiato in cui la voce del fedele, unendosi a quella della Chiesa, si fa più alta e più vicina alle orecchie di Dio. Naturalmente, un cattolico tradizionale obbietterebbe che non occorre "alzare la voce" quando si parla con Dio. Ma questo invaliderebbe la preghiera petitoria, che invece ha senso per un cattolico libertario: Dio ci ha donato una libertà talmente radicale che siamo in grado di sorprenderlo, per esempio, mostrando l'entità della nostra gioia e del nostro dolore. Ecco, l'Eucarestia è un momento privilegiato in cui, oltre ad adorare il Mistero divino, disveliamo il nostro mistero alla divinità.



OBIEZIONE: Potrei accettare il dogma su base immanentista, ovvero allentando il mio dualismo sostanziale di partenza: lo spirito, per l'immanentista, richiede un corpo "particolare" a ui ancorarsi, almeno nella fase di emersione, di solito il cervello con la sua particolare configurazione atomica. E' una concessione abbastanza facile da fare poiché, dopotutto, praticamente tutti le "intelligenze" che incontriamo assumono questa modalità. Ecco, attraverso un miracolo, la configurazione atomica del pane fa emergere lo spirito di Cristo rendendolo presente così come lo era quando si incarnò sulla terra. In maniera provocatoria direi che il pane fa, per un istante, le funzioni che il laico attribuisce al cervello. Si tratta di un miracolo particolarmente miracoloso ma, tutto sommato, immaginabile e quindi oggetto di fede. Dovrei pensarci ma non escludo di tornare a credere alla presenza reale. 
Adesso
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PRIMA COMUNIONE, CATECHISTI IN CRISI
Come spiegare il Mistero dell’ Eucarestia a un bambino? Come rendere il concetto di Presenza Reale? La dottrina della Transustanziazione – quella ufficiale - non la capisco nemmeno io, e probabilmente è anche sbagliata. Fortunatamente un bambino capisce molto bene la dottrina dell’Incarnazione, i cartoni animati, tanto per dire, sono pieni di esseri che s’incarnano in altri esseri. Alla TV ho appena visto un mago malvagio che s’incarna in un corvo per meglio spiare le mosse dei suoi antagonisti, la comprensione di questa vicenda è stata perfetta, sui divani nessuno ha battuto ciglio o sollevato obiezioni. Si potrebbe allora dire che Dio, al momento della consacrazione, s’incarna nel pane e nel vino (s’impana e s’invina) in memoria della prima incarnazione, quella ancor più spettacolare che si realizzò in un corpo umano.
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Significato, Celebrazione, Comunione, Adorazione Don Enrico Finotti, liturgista
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Andiamo alla sostanza

Ha ancora senso parlare di “essenza” (o di sostanza)?

Nella filosofia aristotelica, e quindi tomistica, il concetto era importante poiché a tutte le cose erano costituite da materia + forma. La distinzione richiama quella tra sostanza e accidente. In altre parole, la sostanza conferisce identità alla cosa mentre la forma stabilisce come quella cosa si manifesti nella realtà.

Identità e sostanza sono strettamente collegate. Ma per le cose a conferire identità basta la forma: non esistono due oggetti perfettamente uguali. Per le persone è un po’ diverso: due gemelli sono formalmente uguali ma sono persone diverse, in un caso del genere è la sostanza ad identificarli. Faccio un altro esempio: se mi taglio le unghie la mia “sostanza” non cambia, chi mi ama continuerà ad amarmi anche con le unghie corte. Anche se mi taglio un braccio vale lo stesso. Per chi crede nell’anima anche se il mio corpo corpo si dissolve io continuo ad esistere, tant’è che sono oggetto di preghiere in suffragio. Questo perché la mia sostanza (identità) risiede in un’anima immortale. Per le persone ha senso ipotizzare un’anima ma per le cose no (non è necessaria per identificarle). Se la forma di qualcosa si dissolve non ha senso ipotizzare che continui ad esistere, quand’anche la materia che la costituiva continuerà ed esistere. Riassumendo: la persona ha un corpo e un’anima (dualismo sostanziale), le cose materiali no.

La generalizzazione aristotelica non è quindi necessaria. Il concetto di sostanza è ancora utile ma vale solo per le persone.


Nella dottrina cattolica la cosa è rilevante in tema di eucarestia: cosa significa che il pane diventa corpo di Cristo? La scolastica ci dice che muta sostanza ma come abbiamo visto la cosa ha poco senso se per gli oggetti materiali (pane) possiamo evitare di parlare di sostanza. Meglio allora pensare il processo miracoloso della “presenza reale” come ad un’incarnazione del Figlio nel pane (anziché in un corpo umano come avvenne la prima volta). Il pane si fa corpo di Cristo, mantiene le sue molecole ma acquisisce un'identità che prima, in quanto oggetto, non aveva senso postulare.

Transubstantiation vs. Real Presence

Transubstantiation vs. Real Presence (blog.kennypearce.net):





"Here is the metaphysical background: Aristotle was a proponent of what is called a "hylomorphic" metaphysics. That is, he affirmed that material objects were made up of "matter" (Gr. hylas) and "form" (Gr. morphos). There is a lot more complexity than this, but this is the basic idea. This is related to his distinction between "substance" or "essence" (Gr. ousia) and "accident" (I don't know the Greek word for this). The matter of an object is the stuff it's made out of, and it's form is its shape or organization. For the Scholastics, the Latin "species" seems to have been related to Aristotle's "form" but been more closely related to our cognition (the Catholic Encyclopedia article on this didn't make that much sense to me). Objects also have an essence, which is that in virtue of which it is the thing it is, and various accidents, or properties that could change without the object being destroyed. Often, the essence of an object is thought to be a collection of essential properties; thus I might be essentially human."



The last thing I want to cover is the issue of the Platonist leanings of many of the early fathers, notably the Alexandrians and Augustine. I shouldn't have to take pains to show this, because the Catholic Encyclopedia says, "even Augustine was deprived of a clear conception of Transubstantiation, so long as he was held in the bonds of Platonism." Nevertheless, I will at least try to explain it.
Platonism holds that material objects are what they are in virtue of their "participation" (more literally: "having a share") in a transcendant, changeless, immaterial "form" (not morphos, but eidos or idea, which Aristotle also uses, but in a somewhat different meaning than morphos, I think). You and I are both human because we participate in the form of Human, or, as Plato often says Humanity Itself. The bread is bread because of its relationship to Bread Itself. Things are, of course, generally participants in multiple forms, and everything is a participant in Goodness Itself to a greater or lesser degree because Plato holds to a privation theory of evil (which is where Augustine got it), so anything that had no goodness at all would not exist. Christian Platonists generally want to avoid the idea that the forms are co-eternal with and independent of God, so they say that they exist in God's understanding.
A Platonist does not have a concept of an essence as an Aristotelian does. Furthermore, Plato himself, and I believe most Platonists following him, generally cashes out "participation" in terms of "being patterned after." It is very difficult to see how the bread could change from being patterned after bread to being patterned after the body of Christ without any perceptible change. In what would the patterning consist? How does this object resemble a human body, and how Christ's body in particular? Now, there must be some way of getting this to work, because Father Nicolas Malebranche was a very intelligent Platonist Catholic priest in the 17th/18th century, after the Council of Trent, and he must have come up with something, but I don't know what he said.
At any rate, it is highly unlikely that any Christian Platonist held to anything like transubstantiation prior to Malebranche, and a great many of the early fathers, including, as I have said, the Alexandrian school and Augustine, were Platonists.
The situation is even worse for idealists such as myself (or 18th century Anglican Bishop George Berkeley). We don't believe that there is any such thing as the essence or substance or matter of the bread. All that exists, according to idealism, is what the Scholastics would call the "species." Transubstantiation is thus puzzling for the Aristotelian, more puzzling for the Platonist, and completely incoherent for the idealist. I should also note that most contemporary philosophers don't believe in any of these three theories, but transubstantiation is probably also incoherent for them, since material objects don't have undetectible essences (though they may have essential properties).
Now, a Christian idealist does have to come up with some explanation for the bodily resurrection and be able to say that the body that is raised is in some sense the same body although it is radically transformed in terms of its phenomenal properties. Whatever solution one comes up with for this problem could probably also be used to make sense of the doctrine of the Real Presence. However, this view cannot possibly look anything like transubstantiation, for the reasons discussed above.


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Cosa succede nel corso della Comunione?

E' difficile capire come sia possibile che il pane della Messa si trasformi nel Corpo di Cristo. Bisogna escludere che delle molecole di quel corpo tornino (come avverrà il giorno della resurrezione), si dice con Aristotele che l'azione è a livello di "essenza" ma molti cattolici non credono nell'esistenza delle essenze (è un concetto superfluo). Una soluzione c'è: il Figlio potrebbe tornare ad incarnarsi nel pane così come si è incarnato in un corpo umano a suo tempo. Due nature che si uniscono nel ricordo della prima incarnazione. Una presenza che non viene banalizzata dall'Onnipresenza di Dio... forse il problema è risolto.



Arcadi on Idealism and the Eucharist (blog.kennypearce.net): "To answer this question, Arcadi considers three theories: transubstantiation, consubstantiation, and impanation. Now, the doctrine of transubstantiation is standardly explicated in the jargon of Aristotelian metaphysics and this, one might suppose, makes it obviously inconsistent with idealism, a radically anti-Aristotelian metaphysical doctrine. (Indeed, this is precisely what I would have said prior to reading this article!) However, Arcadi argues that this is too quick, for transubstantiation can be formulated without this jargon. What the doctrine claims, at bottom, is that, when the elements are consecrated, the bread ceases to be present and the body of Christ begins to be present, although the sensible qualities of bread remain throughout, and the sensible qualities of the body of Christ are absent throughout. Consubstantiation is precisely the same, except that it holds that the bread continues to be present (201-2). Now these views, Arcadi argues, do turn out to be inconsistent with (Berkeleian) idealism. The reason is that a core principle of Berkeleian idealism is the refusal to distinguish the bread itself from its sensible qualities. Hence, for the Berkeleian, as long as the sensible qualities of bread are present, the bread is present, and as long as the sensible qualities of the body of Christ are absent, the body of Christ is absent (203-4).

According to the third view, impanation, Christ comes to bear to the bread a relation that is somehow similar or analogous to the hypostatic union of the two natures in Christ, or Christ's relation to his human body. Arcadi favors the latter approach, and argues that it is consistent with idealism: the bread (while remaining bread) comes to be the body of Christ in the sense that it comes to be related to Christ in the same way Christ's human body is related to him. As indicated at 213n26, consistency with the Chalcedonian Definition appears to require that the relevant relation, on this picture, be a relation to Christ's human soul. Arcadi takes the Berkeleian picture to hold that a given soul is embodied in a particular body just if it bears the right perceptual relation to the sensible qualities of that body (206-8). Clearly, there is no metaphysical difficulty in God's bringing it about that Christ's human soul bears this relation to the Eucharistic bread."



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