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mercoledì 16 dicembre 2015

Ricchezza francescana di Giacomo Todeschini


Ricchezza francescana di Giacomo Todeschini
  • Tesi: la concezione della povertà obbliga i francescani ad un linguaggio economico e a scoperte di ordine economico
  • Cap1 l ambiente di francesco
  • La rinuncia (costo opportunità) come valore di scambio
  • Come si può diventare poveri se poveri lo si è già?
  • Povertà nei consumi suprema virtù civica. I francescani prima dei calvinisti
  • Cristo: un povero creativo che moltiplicava i beni
  • Modello: il povero volontario figlio dei ricchi
  • Povertà e mobilità. Il povero come cercatore attivo cosmopolita e a contatto coi ricchi
  • Monastero: creato dal nulla dai poveri volontari
  • Più che povertà generosità.
  • Pietro di blois: disprezzo x i poveri passivi
  • Il povero meritevole: consuma poco produce molto
  • L accusa agli ebrei tesaurizzatori
  • I poveri di agostino: non chi si fida solo degli uomini e dei beni materiali, anche se ne è privo. Il ricco che nn si fida della sua ricchezza è povero
  • Il povero è chi dona anzichè lasciare eredità
  • Bernardo (cistercensi) vs cluny. Polemica su lusso e bellezza. Il lusso moltiplica i fedeli
  • Pauperismo di bernardo: ideale ascetico e operoso. Ha valore ciò che può produrre
  • L organizzazione come ricchezza
  • Cap2 francesco
  • Francesco: felice mercante prudente negoziatore
  • Povertà no denaro lavoro elemosina attivismo movimento
  • La povertà va fatta funzionare. Ripudio della ricchezza immobilizzata
  • Il denaro incommensurabile con la relazione
  • Contro la propr: uso affitto locazione noleggio
  • La cultura s interessa a francesco e al suo concetto di povertà: è un bene sociale? Fa circolare ricchezza?
  • La povertà come motore economico. Nasce il dibattIto sui possibili sensi del termine
  • paradosso: è l interdizione a maneggiare denaro che fa studiare la finanza. in fondo anche noi oggi maneggiamo poco denaro contante
  • vita in assenza di proprietà e uberizzazione dei servizi. minimizzazione dello spreco e pensiero economico
  • primo sdoganamento del lusso come simbolo di un potere, di una sacralità
  • studi: immobilizzazione sterile della ricchezza. il povero come esperto nella teoria del valore
  • business ethic: i francescani come capostipiti nel ramo
  • il francescano monaldo come primo sdoganatore dell'usura quando serve. intanto tommaso condannava.
  • un simbolo: pietro di giovanni olivi. pauperista estremo ed economista moderno. sue le migliori riflessioni sul prezzo di mercato come prezzo giusto.
  • olivi: prezzo desiderio necessità. la domanda conta. proto anti-marxismo
  • la privazione come misura della necessità
  • cap3 usare il mondo
  • domande: che valore produce un mercante? e un papa? come si valutano le persone. reputazione stima sociale.
  • olivi e la soggettività del valore. soggettività della rinuncia. povertà relativa.
  • olivi: scambio come lievito sociale. la chiesa autorizzata a commerciare il suo attivo
  • prima perorazione del mercato. olivi: in convento il valore della rinuncia è fissato dalla regola e dagli esperti. nel mondo laico è fissata dal mercato
  • olivi alle prese con oro acqua braccia e cervello
  • profitto mercantile: giustificato dal ruolo sociale dei prezzi
  • interessi: a volte pgo li considera un ringraziamento
  • la povertà dei frati che si liberano di tutto ha un equivalente nei mercanti che vendono tutto poi reinvestono tutto eccetera
  • una diatriba: prop terrieri contro mercanti. chi tassare di più? l odio del denaro è presto compensato dalla sue maggiori potenzialità. la dinamicità del denaro è vincente per olivi
  • altro problema: il mercante prestava al governo che diventava dipendente e vulnerabile ai suoi doveri. questi prestiti erano leciti? presto la logica dei prestiti privati si trasla sullo stato e si sdogana il debito pubblico
  • spesso la legittimità dell usura dipende dai soggetti coinvolti: chi presta? un mercante abituale con reputazione solida? allora è legittimato alla salvaguardia del capitale con gli interessi. l usuraio è colui che professionalmente guadagna denaro col denaro (speculatore e finanza restano dannati se non immediatamente riconducibili all ec reale)
  • cap4: simbiosi tra mercato e società 
  • la costruzione della fiducia: corporazioni confraternite...
  • e gli ebrei con la loro finanza? usurai e quindi outsider?
  • Ebrei = usurai x la dedizione esclusiva alla finanza
  • Il finto mercante l inaffidabile l opportunista. Bernardino da siena. Ebrei donne oziosi. Richiesta di boicottaggio
  • Antisemitismo e corporativismo
CONTINUA









venerdì 22 luglio 2011

Povera “povertà”

Un concetto tanto bistrattato che non si sa bene più cosa indichi.
 
Cerchiamo allora di riordinare le idee.

Povertà reale. E' la povertà, quella "vera". Quella a cui sembra così poco interessato chi si occupa solo di allargare il “campo semantico”. Quella che ci parla di chi non accede a beni che consideriamo essenziali (cibo, vestiti, riparo, riscaldamento...). Qui si entra in case dove si cucina la suola delle scarpe. Bene, la parte seria del discorso è già finita, ora possiamo scatenare la fantasia.
 

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Povertà assoluta di consumo nominale. Ci casca dentro chi puo' dedicare ai consumi una somma inferiore ad un limite fissato convenzionalmente, anche se magari quel "povero" vive in una società dove con una somma del genere è possibile soddisfare tutte le esigenze fondamentali e non solo. Mi rendo conto che degli esempi potrebbero essere utili e allora faccio entrare in scena due attori ben noti: Tizio e Caio. Dunque, poniamo che Tizio possa stanziare per l' acquisto di un orologio 5.000 euro, mentre il povero Caio solo 25. Gli orologi che acquisteranno saranno profondamente diversi, eppure in talune società entrambi soddisferanno brillantemente l' esigenza primaria di conoscere l' ora esatta in qualsiasi momento. Perchè? Ma perchè nell' abbondanza di talune società sono disponibili orologi ben funzionanti anche a 25 euro. Il differenziale indica uno status.

Povertà assoluta di reddito. Valgono i ragionamenti precedenti, salvo sostituire il concetto di "consumo" con quello di "reddito". Il che, come è evidente, ci allontana ancora un passettino dal corretto significato di "povertà". Chi ha un reddito basso ma, per qualsiasi motivo, ha accesso a molti beni, non puo’ dirsi “povero” nel vero senso della parola (ovvero il primo).

Povertà relativa nei redditi. In questo caso è povero chi detiene redditi inferiori ad 1:3 del reddito mediano della popolazione osservata. Nota Bene: un ricco puo’ farsi chiamare "povero" mentre un povero puo' essere considerato "ricco". Basta che abitino in condomini opportunamente scelti. Ovvero: parole, parole, parole... La "relativizzazione" impazza nelle "statistiche democratiche", e come potrebbe essere altrimenti?

A rischio di povertà. Se volete guadagnare la scena è importante a questo punto fare attenzione e seguire una ricetta gustosa: prendete la quota di popolazione "relativamente povera", aggiungete X al fine di ottenere un' aliquota che possa impressionare la platea della conferenza stampa da convocare al più presto. Se qualcuno avrà l' ardire di chiedere lumi su quell' X arbitrario, non preoccupatevi, direte che se anche non si riferisce a poveri si riferisce pur sempre a famiglie "a rischio povertà". Il metodo funziona e porta dritti dritti sulle prime pagine dei giornali (chiedere alla Caritas).

Povertà percepita. Lo sapevate che per qualcuno basta considerarsi poveri per diventarlo automaticamente nelle loro statistiche? Come se non bastasse, i "furboni" in genere s' informano in questo modo: "si ritiene soddisfatto del suo reddito". Al "no" scatta automatico l' incasellamento tra i morti di fame.
***
La fantasia non ha limiti ma io sì. E' tempo allora di question time: come mai un concetto come quello di "povertà" è sottoposto ad uno stupro linguistico che infierisce tanto?

Ipotesi 1: chi di mestiere "allevia" la povertà, ha bisogno che ce ne sia sempre in abbondanza ed è stimolato a "lavorare" sulle parole per dare questa impressione.

Ipotesi 2: l' invidia non gode di buona stampa, meglio allora per gli invidiosi presentarsi come "poveri" se vogliono raccattare qualche privilegio.

Ipotesi 3: tutti i barbuti di casa nostra, non gli ayatollah ma i nostalgici del bell' egalitarismo d' antan, con un piccolo inganno lessicale possono continuare indisturbati le loro romantiche lotte di livellamento (verso il basso).
 
Ipotesi 4: di fronte a fenomeni di povertà diffusa la politica si sente autorizzata ad intervenire, un linguaggio creativo aiuta a procacciarsi lavoro prezioso.

lunedì 22 novembre 2010

Povera "povertà"

Prima del "perchè" il "come".

Povertà reale. E' la povertà, quella "vera". Quella che ci parla di chi non ha accesso a beni che consideriamo essenziali essenziali (cibo, vestiti, riparo, riscaldamento...). Bene, la parte seria del discorso è già finita, ora possiamo scatenare la fantasia.

Povertà assoluta di consumo nominale. Ci casca dentro chi puo' dedicare ai consumi una somma inferiore ad un limite fissato convenzionalmente, anche se magari quel "povero" vive in una società dove con una somma del genere è possibile soddisfare tutte le esigenze fondamentali e non solo. Mi rendo conto che degli esempi potrebbero essere utili e allora faccio entrare in scena due atori ben noti: Tizio e Caio. Dunque, poniamo che Tizio possa stanziare per l' acquisto di un orologio 5.000 euro, mentre il povero Caio solo 25. Gli orologi che acquisteranno saranno profondamente diversi, eppure in talune società entrambi soddisferanno brillantemente l' esigenza primaria di conoscere l' ora esatta in qualsiasi momento. Perchè? Ma perchè nell' abbondanza di talune società sono disponibili orologi ben funzionanti anche a 25 euro.

Povertà assoluta di reddito. Valgono i ragionamenti precedenti, salvo sostituire il concetto di "consumo" con quello di "reddito", il che, come è evidente, ci allontana ancora un passettino dal corretto concetto di "povertà".

Povertà relativa nei redditi. In questo caso è povero chi detiene redditi inferiori ad 1:3 del reddito mediano della popolazione osservata. Nota Bene: un ricco puo farsi chiamare "povero" mentre un povero puo' essere considerato "ricco". Basta che abitino in condomini opportunamente scelti. Ovvero: parole, parole, parole... La "relativizzazione" impazza nelle "statistiche democratiche", e come potrebbe essere altrimenti?

A rischio di povertà. Se volete guadagnare la scena è importante a questo punto fare attenzione e seguire una ricetta gustosa: prendete la quota di popolazione "relativamente povera", aggiungete X al fine di ottenere un' aliquota che possa impressionare la platea della conferenza stampa da convocare al più presto. Se qualcuno avrà l' ardire di chiedere lumi su quell' X arbitrario, non preoccupatevi, direte che se anche non si riferisce a poveri si riferisce pur sempre a famiglie "a rischio povertà". Il metodo funziona e porta dritti dritti sulle prime pagine dei giornali (chiedere alla Caritas).

Povertà percepita. Lo sapevate che per qualcuno basta considerarsi poveri per diventarlo automaticamente nelle loro statistiche? Come se non bastasse, i "furboni" in genere s' informano in questo modo: "si ritiene soddisfatto del suo reddito". Al "no" scatta automatico l' incasellamento tra i morti di fame.


***

La fantasia non ha limiti ma io sì. E' tempo allora di question time: come mai un concetto come quello di "povertà" è sottoposto ad uno stupro linguistico che infierisce tanto?

Ipitesi 1: chi di mestiere "allevia" la povertà, ha bisogno che ce ne sia sempre in abbondanza ed è stimolato a "lavorare" sulle parole per dare questa impressione.

Ipotesi 2: l' invidia non gode di buona stampa, meglio allora per gli invidiosi presentarsi come "poveri" se vogliono raccattare qualche privilegio.

Ipotesi 3: tutti i barbuti di casa nostra, non gli ayatollah ma i nostalgici del bell' egalitarismo d' antan, con un piccolo inganno lessicale possono continuare indisturbati le loro romantiche lotte di livellamento (verso il basso).

giovedì 7 ottobre 2010

Giochi di parole sulla pelle dei poveri

Con i numeri spesso si esagera. I governi si autoelogiano
parlando del recupero di evasione fiscale, la Polizia elenca con orgoglio la
refurtiva sequestrata... ma a volte i motivi delle esagerazioni sono meno palesi.
E' difficile sentire la Chiesa dire che i poveri stanno diminuendo; o sentire la
Fao dire che le persone scarsamente alimentate stanno calando; o l' Oms
minimizzare i rischi di una pandemia; o l' IPCC rassicurarci sul riscaldamento
climatico... Perchè la Caritas, nella conferenza stampa dell' 11.2.2010,
preferisce denunciare l' esistenza di 8 milioni di poveri piuttosto che dire le
cose come stanno, ovvero che i poveri in Italia non superano i 3 milioni? Una
risposta molto semplice è che le grandi istituzioni benefiche vivono di sussidi;
se vuoi massimizzare i sussidi devi convincere governi e privati dell' urgenza
del problema, amplificare le cifre è innanzitutto una strategia di fund raising.
Una seconda risposta è che spesso chi si sente paladino di una giusta causa
pensa che ingigantirne le dimensioni aiuti a sensibilizzare l' opinione pubblica
suscitando indignazione e rivolta morale... ma questo modo di procedere è molto
rischioso: innanzitutto altera le priorità in campo (le cause nobilissime
abbondano), poi perchè, proprio per "cambiare il mondo", sarebbe meglio darne
una rappresentazione fedele... da ultimo: non è che questa "bolla" del male
anzichè instillare una "rivolta morale" finisce per procurare
rassegnazione?
Luca Ricolfi - Illusioni italiche

Mi raccomando, non pensiate che distorsioni numeriche in tema di povertà si presentino nella candida veste della "bugia".

Il demonio è più sofisticato e in questi casi diventa decisiva la perversione del linguaggio.