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lunedì 8 maggio 2017

La ricchezza degli italiani

Nel loro libro “L’Italia fatta in casa” gli economisti Alberto Alesina e Andrea Ichino, fanno un istruttivo confronto tra quanto produce l’ Italia e quanto producono gli USA.
La misura che in questi casi si usa è il reddito pro capite (o PIL pro-capite). Il gap è pesante: -43%. Siamo molto più poveri.
Ma il PIL non misura tutta la ricchezza prodotta.
Se una pastasciutta me la fa il ristorante il PIL cresce, se me lo fa mia moglie no. Eppure è sempre lo stesso piatto di pastasciutta. Una lacuna che andrebbe sanata.
Per fare un confronto più realistico bisogna allora considerare anche quanto si produce fuori dal mercato.
Gli italiani dedicano più tempo alla famiglia rispetto agli americani, circa il 10% in più. Ma quel che conta è il valore, non il tempo. Come quantificarlo?
Un metodo possibile è quello del costo-opportunità: un’ora di lavoro in famiglia vale quanto un’ora al lavoro. La logica è chiara: quando si lavora in famiglia si sceglie di farlo rinunciando ad un’ora di lavoro professionale, evidentemente si valuta la prima almeno quanto la seconda. In questo caso l’ora del supermanager varrà di più rispetto a quella dell’impiegato di quinto livello.
Una pasta cucinata da Sergio Marchionne ha un valore notevole visto che per farla ha rinunciato a stare in FIAT un’ora in più, e di quest’ultima ora conosciamo bene il valore.
All’apparenza questo metodo sovrastima il contributo familiare  poiché noi siamo più produttivi sul lavoro che in famiglia. Ma forse non è così: la signora Marchionne potrebbe dare un grande valore alla pasta che le cucina il marito, altrimenti lui non si prendere be la briga di tornare a casa prima.
Usando questo metodo il reddito dell’italiano aumenta del 99%, quello dell’americano solo del 76%. Il gap tra i due si riduce dal 43% delle classifiche ufficiali al 36%.
Ma questo metodo avvantaggia gli americani che hanno stipendi di mercato più alti. L’alternativa allora è valutare un’ora di lavoro domestico quanto la pagheremmo sul mercato. Quanto ci costa una baby sitter? E la signora delle pulizie?
Con questo secondo metodo il reddito di un italiano aumenta del 121%, quello di un americano del 53%. Il gap si dimezza rispetto alle statistiche ufficiali.
Forse questo metodo avvantaggia un po’ troppo gli italiani: laddove il mercato del lavoro è molto regolamentato, gli stipendi di una baby sitter assunta in regola sono alti. Il mercato americano è deregolamentato, cosicché le baby sitter sono disponibili a frotte a tariffe piuttosto basse.
Diciamo allora che la verità sta probabilmente in mezzo a queste due stime ma una cosa è certa: gli italiani stanno molto meglio di quel che dicono le statistiche ufficiali, il PIL non è uno specchio fedele della loro condizione materiale.
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Qualcuno potrebbe obbiettare che lavorare in casa in realtà può essere piacevole, in questo senso non si può trattarlo come un lavoro vero e proprio. In realtà anche l’occupazione professionale può essere piacevole: a molti piace il loro lavoro! In questo senso le cose si elidono e questo inconveniente puo’ essere trascurato.
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In conclusione possiamo dire che questa scoperta ci consola ma solo in parte: è chiaro che il nostro recupero non potrà fondarsi sui lavori domestici. È altrove che si realizzeranno i guadagni di produttività più significativi. Noi non sembriamo pronti a coglierli. D’altra parte, chissà mai che in un mondo sempre più anonimo anche la pastasciutta fatta dalla moglie acquisti sempre più valore.
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