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giovedì 20 luglio 2017

Lo spartiacque

Lo spartiacque della ragione

Lo so, a molti non piace dividere il mondo in due.

Costoro si affrettano a precisare che la regola del “tertium non datur” varrà per la logica ma non vale quando ci muoviamo nella vita reale.
Non penso che una reazione tanto drastica sia oculata, discutere in fondo significa anche semplificare e ragionare significa dividere: o sulla realtà non si puo’ ragionare o occorre mettere degli spartiacque.
Cartesio ci invita a “distinguere”, a “separare”.
Una distinzione non si giudica tanto dalle eccezioni che trascura ma da come fa avanzare il discorso.
Sarebbe meglio allora dedicarsi alla ricerca dei  “great divide” più fecondi.
I migliori “great divide” sono porte che si aprono su altre porte e così via, fino a condurci in una terra incognita. I peggiori sono quelli che conducono ad un esito prevedibile in anticipo. 
Alcuni classici spartiacque:
paternalisti vs libertari
ricchi vs poveri
credenti vs agnostici
città vs campagna
donne vs uomini
esperti vs profani
artisti vs prosaici
avidi vs mistici
civili vs incivili
oriente vs occidente
agricoltori vs allevatori
agricoltori vs cacciatori
montanari vs valligiani
aristotelici vs platonici
fighi vs secchioni
estroversi vs introversi
curiosi vs profondi
produttori vs consumatori
perseveranti vs creativi 
razionali vs empirici
comunitari vs individualisti
empatici vs autistici
Le domande da porsi davanti ad un “great divide”:
1. Quali ulteriori divisioni comporta la divisione posta?
2. Come prende posizione la gente nella suddivisione posta?
3. Da quanto dura la divisione senza che una parte prevalga?
4. Come potrebbe prevalere una delle due parti?

5. Perché una delle due parti potrebbe essere migliore dell’altra?
6. Come convincere una delle due parti che la sua posizione è sbagliata?
7. Quale puo’ essere un compromesso tra le due posizioni?

lunedì 18 ottobre 2010

Great divide

Lo so, a molti non piace dividere il mondo in due.

Costoro si affrettano a precisare che la regola del "tertium non datur" varrà per la logica ma non vale quando ci muoviamo nella vita reale.

Non penso che una reazione tanto drastica sia anche oculata, discutere in fondo significa anche semplificare.

Sarebbe meglio allora dedicarsi a rintracciare quali siano i "great divide" più fecondi, lo scopo è quello di individuare porte dietro le quali ci siano sempre altre porte attraverso cui proseguire il cammino senza sapere in anticipo dove finiremo.

La proposta di Robin Hanson:

Some classic great divides: tyrants vs. freedom-lovers, rich vs. poor, faithful vs. heathen, urban vs. rural folk, men vs. women, intellectuals vs. ignoramuses, artists vs. undiscerning, greens vs. greedy, civilized vs. uncivilized, east vs. west, farmers vs. herders, hill vs. valley folk, Aristotle vs. Plato followers, jocks vs. nerds, extroverts vs. introverts, neats vs. scruffies, makers vs. takers, communitarians vs. individualists, young vs. old...
Le domande che bisogna porsi davanti ad un "great divide":

1.How is this division a key division, underlying many others?
2.How do people acquire their sides in this conflict?
3.How has this conflict lasted so long, without one side winning?
4.How could one side finally win such an old conflict?
5.Why is one side better than the other in an absolute sense?
6.Why can’t those folks be persuaded that their side is bad?
7.Why can’t peaceful compromise replace conflict?