mercoledì 6 ottobre 2021

Epistemologia definitivo - cos'è la scienza

 LA SCIENZA SPIEGATA AL POPOLO 


Non dire mai che la scienza si fonda sulla sperimentazione, incorreresti in un'affermazione circolare poiché (si spera) l'esperimento si fonda a sua volta su ipotesi scientifiche. Inoltre, si presta a equivoci (la fede nell'esistenza dell'esperimento cruciale) e il popolo non vede l'ora di equivocare. Dì piuttosto che il pensiero scientifico ha natura probabilistica. Il fatto è che vogliamo sapere cosa spiega un certo fenomeno ma la scienza si limita a fare, esempio, 10 ipotesi e ad attribuire ad ognuna di esse una probabilità. Le probabilità sono fastidiose per tre motivi: 1) hanno sempre un contenuto soggettivo, 2) sono da aggiornare continuamente e 3) ragionare in termini probabilistici è difficile e ci dà poca soddisfazione: il nostro cervello riesce a pensare facilmente che A causa Z ma non riesce a pensare bene che A (prob. 5%) + B (prob. 3%) + C (prob. 1%) eccetera... causano Z. La cosa non si presta nemmeno a formulare quelle affermazioni apodittiche con cui cerchiamo l'ammirazione altrui discutendo nelle varie sedi, dal bar alla TV. Ogni tanto una probabilità svetta sulle altre per cui senti dire "la scienza dice che...". Questa sparata, quando va bene, è una verità pragmatica ma resta comunque semplificazione ascientifica. Questa spiegazione non ha la pretesa di far capire cosa sia la scienza, tuttavia spero si sia capito almeno perché la capiamo così poco, in particolare chi ha la pretesa di spiegare agli altri cosa sia. La cosa non si presta nemmeno a formulare quelle affermazioni apodittiche con cui cerchiamo l'ammirazione altrui discutendo nelle varie sedi, dal bar alla TV. Ogni tanto una probabilità svetta sulle altre per cui senti dire "la scienza dice che...". Questa sparata, quando va bene, è una verità pragmatica ma resta comunque semplificazione ascientifica. Questa spiegazione non ha la pretesa di far capire cosa sia la scienza, tuttavia spero si sia capito almeno perché la capiamo così poco, in particolare chi ha la pretesa di spiegare agli altri cosa sia. La cosa non si presta nemmeno a formulare quelle affermazioni apodittiche con cui cerchiamo l'ammirazione altrui discutendo nelle varie sedi, dal bar alla TV. Ogni tanto una probabilità svetta sulle altre per cui senti dire "la scienza dice che...". Questa sparata, quando va bene, è una verità pragmatica ma resta comunque semplificazione ascientifica. Questa spiegazione non ha la pretesa di far capire cosa sia la scienza, tuttavia spero si sia capito almeno perché la capiamo così poco, in particolare chi ha la pretesa di spiegare agli altri cosa sia. è una verità pragmatica ma resta comunque semplificazione ascientifica. Questa spiegazione non ha la pretesa di far capire cosa sia la scienza, tuttavia spero si sia capito almeno perché la capiamo così poco, in particolare chi ha la pretesa di spiegare agli altri cosa sia. è una verità pragmatica ma resta comunque semplificazione ascientifica. Questa spiegazione non ha la pretesa di far capire cosa sia la scienza, tuttavia spero si sia capito almeno perché la capiamo così poco, in particolare chi ha la pretesa di spiegare agli altri cosa sia.


DEFINIRE LA SCIENZA


Dopo l'epistemologia novecentesca, l'impresa è diventata proibitiva. Si potrebbe rinunciare del tutto (tanto bene o male sappiamo cosa sia la scienza, anche senza definirla). In alternativa, si potrebbe studiare un metodo pratico. Qui ne propongo uno.


Quando entri in una comunità, di solito non contraddici mai pubblicamente il tuo capo o comunque i notabili di quella comunità, a meno che tu non possa contare su "alleati" di livello piuttosto elevato. Sai benissimo che la forza del tuo argomento di solito non è un buon "alleato" per sostenere la sfida, in molti casi nemmeno verrà ascoltato, soprattutto se il tuo rango è basso, magari perché sei un dilettante. Quindi è degno di nota che ci siano almeno alcune comunità che sono insolitamente orientate all'argomento. Queste includono, per esempio, vaste aree della matematica e aree più piccole di filosofia e fisica. E, ahimè, includono aree ancora più piccole della maggior parte delle cosiddette "scienze umane e sociali". Questo "gradiente di sfida" rende alcune discipline standard più "scientifiche" di altre.

lunedì 27 settembre 2021

POLITICAMENTE CORRETTO - definitivo

 LE TRE FASI DEL POLITICAMENTE CORRETTO.


FASE 1 - Nella prima fase il p.c. è poco più che una cortesia, una virtù civica contro cui nessuno obbietta seriamente. Talvolta è all'origine di ipocrisie ma funziona. Essere gentili è quasi sempre meglio che essere cafoni, tutti concordano.

FASE 2 - Nella seconda fase il p.c. viene utilizzato da chi pensa che con il linguaggio si possa plasmare la cultura di un paese. Ad opinare è chi vorrebbe una cultura differente, ma anche molti linguisti. Tra linguaggio e cultura c'è un solido nesso, nessuno lo nega, ma va nella direzione opposta.

FASE 3 - Nella terza fase il p.c. serve più che altro per apporre la lettera scarlatta: chi non usa la parola giusta è bollato come nemico politico da boicottare. In questo modo ci si distingue (politica dell'identità). Ad opinare è chi non crede nella polarizzazione e nel progresso attraverso il conflitto.

Le tre fasi non sono sempre chiaramente distinguibili, per via della solita strategie "tiro il sasso e nascondo la mano". Se tenti di apporre lettere scarlatte in un contesto che si rivela refrattario, puoi sempre dire che stai "solo" chiedendo di essere più rispettosi (quanti ne leggo!), nessuno potrà mai rimproverarti oltre, nel frattempo aspetti momenti più favorevoli.

venerdì 24 settembre 2021

SIMULAZIONE - definitivo

 Ecco due proposizioni convincenti e rilevanti per l'evangelizzazione:


1) tra 10 anni i "poveri" penseranno quello che i "ricchi" pensano oggi (link omessi);

2) tra i ricchi (élite) l'ateismo è più diffuso che tra i poveri (link omessi).

Ergo: occorre occuparsi del "centro" (i ricchi), non delle "periferie" (i poveri).

E adesso il post vero e proprio.

Titolo: IL PRIMO PASSO (rubrica: evangelizzare l'élite)

Puo' l'ateo materialista compiere un primo passo verso l'idea di un Creatore? Sì, in molti modi. In genere lo si invita a meditare sull'origine dell'universo e sul fine tuning. Qui, invece, lo invito a meditare l'idea di simulazione.

Viviamo in una simulazione? Penso che l'ateo materialista e razionalista debba accordare un certo credito a questa ipotesi.

Innanzitutto, è possibile creare una realtà virtuale? Un presupposto comune nella filosofia della mente è quello dell' "indipendenza dal substrato". L'idea è che gli stati mentali possano "emergere" da configurazioni complesse di qualsiasi substrato fisico. In natura emergono dal carbonio ma potrebbero emergere anche dal silicio dei computer. Al momento non abbiamo né hardware sufficientemente potente né il software necessario per creare menti coscienti nei computer ma alcuni autori sostengono che questa fase è a pochi decenni di distanza da noi. Simulare l'intero universo a livello quantistico è ovviamente impossibile ma per ottenere una simulazione realistica dell'esperienza umana serve molto meno - solo tutto ciò che è necessario per garantire che gli umani simulati, interagendo in modi normali con il loro ambiente simulato, non notino alcuna irregolarità.

Secondo punto, è necessario ipotizzare che una civiltà in grado di realizzare la simulazione esista e ne produca una quantità significativa. Considerate le potenziali della nostra civiltà è del tutto ragionevole pensare che possano esistere nell'universo civiltà post-umane tecnologicamente matura e con un'enorme potenza di calcolo; se anche una piccola percentuale di loro dovesse eseguire "simulazioni di antenati", il numero totale di antenati simulati eccederebbe di gran lunga quello degli antenati reali In tali condizioni e in assenza di altre informazioni, dobbiamo presumere di appartenere alla categoria più numerosa, quella dei "simulati".

Terzo punto: ma una civiltà avanzata è anche interessata a produrre simulazioni? Si può ipotizzare un divieto etico di eseguire simulazioni di antenati a causa della sofferenza che verrebbe inflitta a costoro. O forse molti dei nostri desideri umani saranno considerati stupidi da chi accede alla condizione post-umana. Tuttavia, è più plausibile pensare ad una civiltà curiosa che finisce per fare cio' che pio' fare, ovvero realizzare mondi.

Per dirla in sintesi: è del tutto razionale pensarci come menti simulate. Anzi, se non lo facciamo perdiamo il diritto a credere che avremo discendenti in grado di eseguire molte di queste simulazioni. Non penso che un ateo razionalista e materialista voglia perdere questo diritto, specie se ha grande fiducia nella tecnologia. In altri termini, l'ateo razionalista dovrebbe concludere che la presenza di miracoli e di esseri creatori onnipotenti e onniscienti sia un'ipotesi meritevole di difesa. In un certo senso, i post-umani che eseguono una simulazione sono come divinità in relazione alle persone che abitano la simulazione: i post-umani hanno creato il mondo che vediamo; sono di intelligenza superiori; sono “onnipotenti” nel senso che possono interferire nel funzionamento del nostro mondo anche in modi che violano le sue leggi fisiche (miracoli); e sono “onniscienti” nel senso che possono monitorare tutto ciò che accade. Ulteriori ruminazioni su questi temi potrebbero culminare in una teogonia naturalistica.

Ma com'è ragionevole comportarci nei confronti del nostro creatore? Nonostante alcune sconcertanti scoperte, le implicazioni sui comportamenti non sono poi così radicali. La nostra migliore guida su come i nostri creatori post-umani hanno scelto di creare il nostro mondo è lo studio empirico standard dell'universo che vediamo. Le revisioni alla maggior parte delle nostre reti di credenze sarebbero piuttosto lievi e sottili. Certo che una relazione di riverenza verso chi ci ha dato la vita è tutt'altro che insensata, anche per gli atei materialisti e razionalisti.

Questo scenario non coincide certo con quello delle religioni ma per lo meno avvicina la sensibilità atea all'idea di un creatore. Certo, il primo contrasto che mi viene in mente con la teologia classica è che quest'ultima ci parla di un Dio fuori dal tempo mentre il creatore di simulazioni vive nel tempo. Tuttavia, l'immagine classica del Dio come Triangolo è combattuta già oggi anche nei dibattiti tra cristiani. Chi vede il Dio cristiano come una persona che agisce nel tempo (teologia personale) - e qui ammetto le mie simpatie - attenua, almeno su questo punto, il contrasto con il Simulatore.

post facebook

https://www.simulation-argument.com/simulation.html?fbclid=IwAR1-9tG-y6wm2MISwmPH8Dx7YqNIc7k6wK9rsH3WQQ2Z0MX6jOGQ6fu21kg

martedì 21 settembre 2021

PROBLEMA DELMALE - DEFINITIVO

 IN SINTESI


PERCHE' IL MALE INNOCENTE?


Due ipotesi:

1) Disarmonia. Il nostro antenato ha turbato l' Ordine e noi ne subiamo le conseguenze.

2) Test. Dio ci concede di "meritarci" il Paradiso.

La prima ipotesi è quella più ortodossa, ma a me piace la seconda.

-------IN DETTAGLIO

IL PROBLEMA DEL MALE RISOLTO

Ho sempre coltivato una teodicea eretica, specie sul "male naturale" (terremoti, fulmini,inondazioni, pandemie e disgrazie varie). Laddove l'ortodossia individua come causa la "caduta" dei nostri primi antenati e il turbamento di un'armonia, io vedo una messa alla prova dell'uomo libero affinché possa guadagnarsi il Paradiso.

Una simile visione ha conseguenze (eretiche) su alcune tematiche classiche della fede.

PARADISO. Esiste un Paradiso donato (Eden) e un Paradiso meritato, solo il secondo è veramente tale e rappresenta il fine ultimo della nostra esistenza. 

ONNISCIENZA DIVINA. E' limitata dalla libertà umana. Dio deve vederci all'opera per conoscerci (e giudicarci). In questo modo si giustifica la nostra vita terrena (perché vivere se Dio puo' già indirizzarci verso la nostra sorte?). Inoltre, non si tratta di un limite problematico, basta adottare le soluzioni retoriche utilizzate dall'ortodossia per limitare l'ONNIPOTENZA. Un Dio onnisciente, quindi, è un Dio "che puo' sapere tutto cio' che possiamo immaginare si possa sapere". Conoscere con certezza il comportamento di un uomo libero è letteralmente "inimmaginabile".

LIBERTA'. La libertà umana è radicale e ci rende imprevedibili persino ad esseri onniscienti.

INDIVIDUO. Siamo tutti radicalmente differenti e Dio puo' conoscerci solo sottoponendoci a prove differenti.

EDEN. L'Eden è già una condizione pienamente terrena perché in esso agiva un uomo libero sottoposto ad una prova. Nella sostanza la nostra identica condizione.  

PECCATO ORIGINALE. Non deriva da una colpa bensì dalla creazione stessa. Siamo stati creati con delle tare affinché potessimo conquistare il Paradiso Meritato. Se Dio si fosse limitato ad elargire un Paradiso Donato non avrebbe agito per il nostro massimo bene.

ATEI. Ora la dottrina del peccato originale non crea più sconcerto . Anche un ateo ammette senza problemi l'incompletezza radicale dell'uomo.

BAMBINI MORTI. Personalmente credo nella loro reincarnazione e nella possibilità di vivere un'altra vita.

martedì 31 agosto 2021

meccanica quantistica recap DEFINITIVO

 da albert (e huemer) è un post facebook


Il comportamento degli elettroni è abbastanza facile da descrivere ma quasi impossibile da interpretare. Mi occupo del compito facile ispirato dal primo capitolo di "Meccanica quantistica e senso comune" di David Albert. A voi lascio quello difficile.


Ogni elettrone puo' essere bianco o nero e ci sono dei misuratori del colore in grado di dircelo. Ma puo' essere anche duro o tenero, e ci sono dei misuratori della consistenza in grado di dircelo. Tra consistenza e colore non c'è correlazione, il che significa che se immettiamo degli elettroni bianchi in un misuratore della consistenza, metà saranno duri e metà teneri. Allo stesso modo, se mettiamo degli elettroni duri in un misuratore del colore, metà saranno bianchi e metà neri. E' un po' come se il misuratore del colore resettasse la consistenza degli elettroni in entrata e il misuratore della consistenza resettasse il colore in entrata. Purtroppo, per quanto appena detto, non c'è neanche modo di accertare le due proprietà in un singolo elettrone. Esempio, se inserisco elettroni bianchi in un misuratore della consistenza avrò il 50% degli elettroni in uscita duri e il 50% teneri. Posso anche isolare le due metà e quindi, potrei essere tentato dal dire che la metà dura è "dura e bianca". Ma, per quanto detto prima, qualora misurassi il colore, riceverei una smentita: metà di quel sottogruppo di elettroni è nera. Il misuratore di consistenza, come dicevo, ha resettato il colore.

Fin qui siamo di fronte a semplici stranezze come ce ne sono tante quando si studia il mondo fisico. La parte sconcertante deve ancora arrivare e arriva quando costruiamo la macchina della figura sotto: un mega-misuratore (foto) che in ingresso (in basso a sinistra) ha un misuratore della consistenza e in uscita (in alto a destra) ha un misuratore del colore. Gli elettroni inseriti vengono sottoposti ad una prima misurazione e poi, attraverso degli specchi, rimbalzano e confluiscono in modo da sottoporsi alla seconda misurazione. Niente di speciale e, per quanto detto prima, dovremmo essere in grado di prevedere i risultati finali. Esempio: se immetto nel mega-misuratore elettroni duri, la macchina della consistenza confermerà la loro durezza (100% duri) e la macchina del colore resetterà la consistenza ripartendoli per colore nel solito modo: 50% bianchi e 50% neri. L'esperimento conferma le aspettative. Bene. Se invece immetto elettroni bianchi, la macchina della consistenza dovrebbe resettare il colore e ripartire per consistenza: 50% duri e 50% teneri. Le due metà, poi, confluiscono rimbalzando sugli specchi nel secondo misuratore che, resettando a sua volta la consistenza, ripartisce equamente per colore: 50% bianchi e 50% neri. L'esperimento smentisce le aspettative: gli elettroni escono dal mega-misuratore al 100% bianchi. Cosa è successo? Ma non finisce qui. Dopo la prima misurazione, come dicevamo, si creano due flussi: 50% duri e 50% teneri. Con un diaframma posso stoppare uno dei due flussi; mi aspetto che, in un caso del genere, usciranno dal mega-misuratore solo il 50% degli elettroni immessi. Infatti è proprio così. Solo che questa volta sono tornate in vigore le regole canoniche, la metà che esce è al 50% composta da elettroni bianchi e al 50% neri. I casini si limitano misurando due flussi alla volta. Agendo sul diaframma le regole vengono rispettate mentre senza diaframma le regole vengono violate. Perché?

Si potrebbe dire che il mega-misuratore non sia neutrale, ovvero che interferisca sugli elettroni, magari attraverso gli specchi. Tuttavia, non chiedetemi perché, oggi siamo certi che non sia così: l'interno del megamisuratore è una camera oscura del tutto neutrale, così come lo sono gli specchi. Si potrebbe dire che i due flussi degli elettroni comunichino tra loro in qualche modo sabotando le nostre aspettative, ma quando e come lo fanno? Il diaframma puo' essere posto ovunque, anche al termine della corsa, e ogni volta, indipendentemente dalla sua posizione, cambia radicalmente l'esito dell'esperimento. In poche parole, l'azione è talmente veloce che un eventuale comunicazione tra i due flussi dovrebbe eccedere la velocità della luce, il che va contro le leggi della fisica. Per questo la comunicazione ipotizzata viene definita come "azione spettrale", perché non puo' avere natura materiale. Ecco, poiché si tratta di un'azione spettrale potremmo ipotizzare l'intervento di spettri o fantasmi ma non mi sembra che gli scienziati siano entusiasti. Si potrebbe dire, ricorrendo al dio tappabuchi della scienza, che si entra in dimensioni differenti mentre noi, potendo misurare solo nella nostra, rimaniamo ingannati. Mmmmmm. Il dio tappabuchi della scienza desta gli stessi sospetti di quello della religione. Se avete la vostra ipotesi questo è il momento di avanzarla.





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UNA TEORIA SBAGLIATA Cercare di interpretare le stranezze della meccanica quantistica mi sembra uno sforzo inane che trasforma gli scienziati in filosofi distraendoli dal loro compito. Ne escono congetture dubbie e difficilmente verificabili con esperimenti. Meglio allora considerarla una teoria fondamentalmente sbagliata che funziona e impegnarsi a sfruttarla al massimo. In questo senso l'interpretazione do Copenhagen IC non è così male purché la si consideri una mera descrizione algoritmica piuttosto che una teoria (Mauldin e altri negano lo status di teoria)


MQ E BUON SENSO Prendiamo la meccanica quantistica, ovvero la prima teoria che tenta una liquidazione del buon senso. Tuttavia, le affermazioni sugli stessi risultati sperimentali da cui tale teoria deriva traggono la loro autorità dal buon senso. Lo stesso Niels Bohr ha sottolineato esattamente questo punto in una delle sue discussioni in cui parla di interpretazione “classica” degli esiti sperimentali (nel suo gergo “classico” equivale a buon senso). In altre parole: la teoria liquida il buon senso per poi recuperarlo quando constata i dati sperimentali.


per il resto vedi voce feedly con huemer e hossenfelder 

https://feedly.com/i/board/content/user/11891599-506c-4fc2-b28b-b840b88888cc/tag/be88f8d7-c744-4284-b62c-46cc4331ac61

per la non località: https://spot.colorado.edu/~huemer/papers/qm3.htm

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Libro del giorno

Ecco i fatti stilizzati in cerca di interpretazione. Li espongo in un "lessico famigliare" e ultra-semplificato. Poiché so di muovermi come un elefante nel negozio di porcellana, le correzioni sono benvenute.

Tieni sempre presente questa scatola che sarà il fulcro dell'esperimento cruciale, reperibile anche qui: http://www.owl232.net/papers/qm.htm




1) Poniamo che ogni elettrone abbia due proprietà che si presentano a coppie. Per esempio "bianco"/"nero" e "pesante"/"leggero".

2) Poi ci sono le scatole (o divisori di fascio). Possono essere tante quante sono le proprietà. Esempio scatola bianca e scatola nera.

3) Come interagiscono scatole e elettroni? In due modi: 1) reazione azzerante e 2) reazione neutrale. Un elettrone bianco in una scatola bianca ha reazioni neutrali, ovvero esce esattamente come è entrato. Una scatola bianca su un elettrone nero ha invece azione azzerante: esce bianco e leggero nel 50% dei casi e bianco e pesante nel 50% dei casi. Strano ma è così, dobbiamo accettarlo.

4) Costruisci uno scatolone "Juve" con l'aiuto di specchi devianti (vedi nei commenti) che abbia all'ingresso una scatola bianca e all'uscita una scatola nera. Se inserisci un elettrone bianco in Juve la prima scatola è neutrale e la seconda azzerante, quindi ti aspetti che esca un elettrone nero leggero nel 50% dei casi e un elettrone nero pesante nel 50% dei casi. La previsione è confermata sperimentalmente. Fin qui tutto bene.

5) Le stranezze cominciano se inserisci elettroni neri: escono da Juve esattamente come sono entrati (per esempio, neri leggeri al 100%). Ti saresti aspettato un primo trattamento azzerante e un secondo di nuovo azzerante, ovvero 50% neri leggeri e 50% neri pesanti. Cosa diavolo è successo?

6) Smonta Juve e ripeti l'inserimento dell'elettrone nero osservando separatamente le due fasi, tutto funziona regolarmente: l'elettrone subisce due trattamenti azzeranti. Rimonta Juve, procedi di nuovo e tornano le stranezze. Se guardi dentro tutto è regolare ma se non guardi tutto torna strano. L'atto stesso di osservare sembra cambiare le cose anche se sai con certezza che non puo' interferire.

7) Come interpretare i fatti. IC (interpretazione di Copenaghen) pensa che se non lo osservi l'elettrone nero che passa la prima scatola non si azzeri ma mantenga una condizione indeterminata tale per cui è bianco e duro (50%) e bianco e leggero (50%). Due condizioni opposte che si presentano contemporaneamente (SOVRAPPOSIZIONE). Quando le sovrapposizioni si ricongiungono, ovvero nella seconda scatola, la condizione dell'elettrone torna quella primigenia, per esempio nero e leggero, ed esattamente così esce dalla seconda scatole che per lui è neutrale. Ripeto, questa è solo un'interpretazione di questi strani fatti.

8) Ma l'indeterminazione, oltre alla sovrapposizione, porta con sè la non-località, un fenomeno talmente strano che scollega in modo netto scienza e senso comune.

9) Esperimento della bomba (il paradosso dell'azione a distanza). Premessa: c'è una bomba che, qualora fosse "viva", esploderebbe a contatto con un fotone. Costruisci adesso uno scatolone Juve (vedi sopra) e sparagli dentro un fotone nero/basso (ovvero destinato al sentiero basso, se non fosse che già all'ingresso viene azzerato). Colloca la bomba sul sentiero basso all'interno dello scatolone Juve in modo tale che, se fosse viva, esplodendo, fungerebbe da segnalatore. Cosa succederà se la bomba fosse "morta"? Bè, in questo caso non funzionerebbe da rilevatore e, in assenza di osservazioni interne, tutto si svolgerebbe come già descritto sopra, nel 100% dei casi il fotone nero/basso uscirebbe da Juve esattamente così come è entrato, ovvero nero e dal sentiero basso basso (vedi punto 5, è strano ma ormai sappiamo che MQ funziona così). E se la bomba è carica? In questo sarebbe un segnalatore e realizzerebbe un'osservazione con conseguente collasso d'onda. Che significa? Innanzitutto che, qualora il fotone "azzerato" dalla prima scatola bianca prendesse la via bassa (probabilità 50%) esploderebbe tutto e morta lì. Qualora il fotone prendesse invece la via alta (50% di probabilità) la bomba attiva interferirebbe comunque come punto di osservazione con la sovrapposizione del fotone in alto impedendo il ricongiungimento e l'uscita tipica visto nel caso della bomba "morta". Secondo IC, lo stato del fotone in alto è bianco indeterminato e, in assenza di ricongiungimento non tornerà nero, su di lui la scatola nera in uscita avrà effetti azzeranti dividendolo al 50% verso l'alto e al 50% verso il basso. Poiché ora percorre la sua via alta già con prob 50% il secondo azzeramento lo divide con prob. 25% e 25%. Questo caso è l'unico che presenterebbe una rilevazione sul sentiero alto in fuoriuscita dallo scatolone Juve. Ergo: quando rilevo un fotone in uscita dalla via alta dallo scatolone Juve so che esiste una bomba attiva nel sentiero basso all'interno dello scatolone stesso. Si tratta di una conoscenza straordinaria perché ottenuta senza alcun contatto con la bomba. E' come se l'informazione mi fosse trasmessa telepaticamente. Tutto cio' è talmente straordinario che potrei anche considerarla una confutazione della teoria di fondo. Potrei dire: come teoria la meccanica quantistica è palesemente sbagliata ma poiché il suo algoritmo funziona bene continuerò ad usarlo.

10) Infine c'è il problema della MISURAZIONE. Misurare trasforma la sovrapposizione descritta dalle equazioni della MQ in qualcosa che ha probabilità 100%. Il comportamento di una cosa "grande", come un rivelatore, dovrebbe derivare dal comportamento delle piccole cose di cui è composto ma non è così. Il postulato della misurazione, insomma, è incompatibile con il riduzionismo, il grande non puo' essere ridotto al piccolo. Tutto cio' rende necessario che la formulazione della meccanica quantistica si riferisca esplicitamente a oggetti macroscopici come i rivelatori, quando in realtà ciò che stanno facendo queste "cose grandi" dovrebbe derivare dalla teoria. Stai implicitamente assumendo che il comportamento di osservatori o rivelatori sia incompatibile con il comportamento delle particelle che compongono gli osservatori o rivelatori. Ciò richiede che tu spieghi quando e come deve essere fatta questa distinzione e nessuno degli approcci sembra riportare successi particolari, anche perché quello soggettivista (o epistemico) caro a Von Neumann e Copenaghen - l'approccio che divide materia e coscienza - è considerato incompleto dai più e le alternative sembrano aggiungere bizzarrie (misteriosi adattamenti darwiniani, presenza di "molti mondi", superdeterminazioni ad hoc...) al sistema di fondo anziché completarlo.

11) Per risolvere il problema della misurazione il SUPERDETERMINISMO sembra a molti un buon candidato, postula che tra osservatore (corpo) e osservato ci sia in realtà una relazione passata tale per cui quando si incontrano succedono tutte quelle stranezze. SI badi bene che in questo modo anche la non-località non sarebbe più un mistero. Insomma, il S, facendo cadere il postulato dell'indipendenza tra osservato e osservatore, toglierebbe le castagne dal fuoco a molti, ma si tratta di un postulato cardine della scienza precedente. Per molti il superdeterminismo, in mancanza di verifiche, non è altro che una "supercospirazione" inventata ad hoc, si può prendere un risultato di misurazione e, usando la legge dell'evoluzione temporale, calcolare lo stato iniziale che avrebbe dato origine a quel risultato stesso. L'universo doveva essere "proprio così" affinché gli sperimentatori. Il termine “proprio così” è invocato per sottolineare che ciò sembra intuitivamente estremamente improbabile. il Superdeterminismo si baserebbe su un'implausibile “cospirazione” di condizioni iniziali. Tim Maudlin è particolarmente spietato con S quando propone questa analogia: “è come la lobby dell'industria del tabacco che sostenga dapprima che il fumo non provoca il cancro poiché c'è una causa comune che predispone sia a voler fumare che a contrarre il cancro, ma poi, di fronte a esperimenti randomizzati sui topi, dove i topi non scelgono certo se fumare o meno, prosegue dicendo che il lancio della moneta per selezionare i gruppi era "superdeterminato" per mettere i topi già predisposti ad ammalarsi di cancro al polmone nel gruppo sperimentale e quelli non predisposti nel gruppo di controllo. Insomma, per l'astrologo tutto è determinato dai corpi celesti e se non possiamo dimostrarlo è solo perché esistono corpi celesti che è molto molto molto difficile osservare e forse impossibile poiché sono fuori dalla nostra portata ma ci influenzano ugualmente con le forze che producono e giungono fino a noi. Il superdeterminista sarebbe una specie di astrologo del mondo infinitesimale. Si badi che, a sua difesa, il superdeterminista puo' sempre dire: cercate i pianeti, pur riconoscendo che la ricerca è difficile e probabilmente impossibile.

12) I fatti della meccanica quantistica sono talmente scollegati dal buon senso che è difficile ottenere una teoria in grado di riconciliare le cose. Francamente, preferisco stare dalla parte del buon senso - anche perché è in base a questa facoltà che interpretiamo i fatti sperimentali - e rinunciare ad una teoria.



mercoledì 28 luglio 2021

LOTTERIA DEI TALENTI (definitivo)

contro l'egalitarismo giustificato dalla fortuna (solo gli ultimi due argomenti accettano la sfida fino in fondo).

1) diritti e merito non devono andare insieme (nozick)

2) argomento straussiano: se credi che il merito esista darai di più (cowen).

3) analogie ripugnanti. stupro, karl lewis, ridistribuzione dei voti (hanson)

4) argomento della schiavitù: se non ho diritto al mio corpo (public choice) (landsburg)

5) senza merito ogni distribuzione è ingiusta, anche l'uguaglianza. (david friedman). 

6) il merito si considera per ciò che sono, non per ciò che sarei potuto essere (Friedman)


david friedman: 

https://feedly.com/i/entry/mJnsy3URuZ92Zh19I45RqysFYXr9EiFtEDLIa5p1D1g=_18700687902:1d2432c:eca0ac4


https://www.blogger.com/blog/post/edit/5403547194390425363/2830172978837546743



POST FACEBOOK DEFINITIVO


ABOLIAMO LA FORTUNA!
E' l'urlo di battaglia dell'egalitarista. Qui di seguito cerco di farlo ragionare.
Dunque, l'esito degli affari umani dipende da merito e fortuna, alcuni enfatizzano la prima componente, altri la seconda. Concentrarsi sul merito giova alla produttività sociale, esaltare la fortuna minimizza i costi psichici legati allo stress da ricerca di status. Nelle società povere e desiderose di arricchirsi ci si orienta di solito sul primo atteggiamento, in quelle ricche e satolle sul secondo. Noi siamo in fase di transizione.
La mia idea chiave è questa: non penso che fortuna e merito siano fenomeni così differenti come si crede, penso invece che siano parole diverse per guardare allo stesso fenomeno. Non c'è una radicale differenza nel valutare la realtà ma c'è una differenza etica di fondo che divide i due schieramenti, molto più semplicemente chi esalta il merito potrebbe anche formulare diversamente la sua opzione sostenendo che i "fortunati" non sono dei colpevoli da punire. Ok? Il fortunato, quand'anche non abbia dei meriti, mantiene dei diritti. Vale infatti la pena di sottolineare che chi vuole "abolire la fortuna" lo puo' fare solo "condannando e punendo" i fortunati, anche se costoro non hanno commesso nessuna ingiustizia manifesta impossessandosi della ricchezza che detengono.
Voglio dire ancora una cosa sull'indistinguibilità di merito e fortuna, e per farlo sceglierò la feconda metafora sportiva. Domanda: Carl Lewis ha meritato le sue medaglie d'oro o avrebbe dovuto condividerle con gli altri partecipanti alle gare? Ovviamente le ha "meritate", anche se il suo talento e la sua perseveranza sono state per lui una "fortuna" caduta dal cielo. Penso che anche il secondo classificato, il terzo e tutti gli altri atleti che hanno partecipato con lui alle gare non abbiano nulla da obbiettare, e nessuno di loro soffra di particolari stress da status. Ecco, lo sport è un esempio mirabile di come sia possibile prendere due piccioni con una fava: il rispetto per il perdente non ha bisogno di essere acquistato colpevolizzando il vincitore! Sarebbe assurdo chiedere a Carl Lewis di restituire le sue medaglie olimpiche per il fatto che Madre Natura lo abbia beneficiato, così come dovrebbe suonarci assurdo il progetto "aboliamo la fortuna!".
Puoi pensare che tutti meritino una vita dignitosa e anche pensare che alcune persone meritano più di altri. Costruire una meritocrazia non punitiva non è affatto semplice, ma è un progetto in grado di arricchire la società mantenendo bassi i costi psichici dei perdenti. D'altronde, in una società pluralista, esistono tanti agoni tra cui scegliere quello che ci è più congegnale.
Vorrei aggiungere ancora una cosa: noi siamo nati per lo stress, il che rende questo "nemico" molto meno letale di quanto si creda. Abbiamo la fortuna di tollerare bene la diseguaglianza poiché questa condizione appartiene alla nostra natura di grandi scimmie. E' abbastanza naturale ritenere che se qualcosa ci è connaturata non potrà mai produrre costi psichici troppo elevati, abbiamo sviluppato robusti anti-corpi. Il progetto "aboliamo la fortuna" è una rivoluzione che crea devastazione intorno a noi senza portare a casa nulla di rilevante.

Arte e bellezza - definitivo

COS'E' LA BELLEZZA? teorie SINEA

semplice (difficile-facile)

indiretta (suggestiva)

inutile (gratuita)

naturale (soluzione alla complessità... simmetrica)

eterna (non soggetta alle mode)

***




UNA VELOCE TEORIA DELLA MUSICA

Dopo una decina d'anni di letture sul tema cerco di riassumere qui cio' che ho trovato particolarmente convincente evitando accenni ai percorsi più personali.

Occorre partire dall'inizio, a cosa serve la musica? Essenzialmente a coalizzarsi. La musica sembra raggiungere il suo obbiettivo IMPRESSIONANDO E COORDINANDO le persone. Se impressiono l'altro mostrandomi potente ottengo la sua disponibilità per un'eventuale alleanza. Se mi coordino con lui si crea tra noi un senso di unità. La coalizione serve per unirsi fisicamente (sesso) oppure per creare grandi gruppi in grado di prevalere nella lotta violenta. Sesso e violenza sarebbero quindi alla base della musica. La biologia fornisce qualche conferma: fare e ascoltare musica rilascia ossitocina, l'ormone della fiducia. Sotto l'effetto della musica siamo più fiduciosi e collaborativi ("ehi, fratello!!").

Una visione del genere si scontra con quella divulgata da Steven Pinker per cui la musica è un linguaggio di risulta lasciato per la strada nel corso dei processi attraverso i quali si è formato il nostro linguaggio naturale. Tuttavia, non si capisce bene come mai uno "scarto" debba sopravvivere nel tempo. Forse la musica è solo un linguaggio semplificato: in certe circostanze la semplicità è più necessaria della precisione. Per esempio, il linguaggio naturale non puo' essere "anticipato" (non possiamo parlare "in coro") mentre quello musicale sì, in questo modo facilita il coordinamento. A volte le "cose" da designare sono poche, per esempio le emozioni (tristezza, rabbia, malinconia...), cio' che conta è l'abilità di rendere certe sfumature indefinibili.

Ma da dove deriva la bellezza della musica? Il coordinamento è innaturale, e quindi qualcosa di impressionante che noi ammiriamo e possiamo talvolta anche definire "bello". Ma ci sono altri modi di impressionare, e qui ci illumina la selezione sessuale, anche se il discorso puo' essere allargato a qualsiasi genere di alleanza. Negli animali il maschio impressiona la femmina con capacità "inutili" (e qui si spiega anche la necessaria inutilità della musica) che segnalano prestanza. Per esempio, un piumaggio fantasmagorico che renda l'uccello più vulnerabile ai predatori segnala le sue incredibili capacità di fuga nel bosco, una qualità che le femmine desiderano per i propri figli. Produrre questo segnale è anche costoso poiché rende la nostra vita più rischiosa. Alla lunga pregi e difetti del segnale entrano in equilibrio cessando di dare vantaggi concreti e desiderabili per la prole, tuttavia il gusto femminile per la "bellezza" si è nel frattempo formato e viene tramandato rendendo quel tratto come un "bello" completamente gratuito, ovvero sganciato da ogni segnale che ne giustifichi la presenza.


ARTE E BELLEZZA

In filosofia, l'estetica rappresenta il comparto più sfuggente. Alla fine, estenuato, ho deciso di abbandonare la mia ricerca pluriannuale per rivolgermi alla più trasparente antropologia. Ecco allora la mia risposta oggi alle due domande fondamentali della disciplina:

1) COS'E' L'ARTE? E' il tentativo di impressionare l'altro mostrando il dominio retorico che abbiamo su un certo linguaggio. Si tratta di un'esibizione virtuosa e gratuita. L'istinto alla base di questi comportamenti è la ricerca di alleanze potenti. "Sprechiamo" (gratuità) per segnalare che possiamo permettercelo. Il discorso vale anche nell'altro senso: il fan in fondo ricerca l'alleanza con un soggetto potente.

2) COS'E' LA BELLEZZA? La bellezza è cio' che desta ammirazione quando si pratica l'arte.

PS Con questo post cedo, dopo annosa querelle, alla posizione "virtuosistica" di Davide Curioni, quand'anche diverse precisazioni sarebbero necessarie.

PS Con questo post, abbandono la centralità del "linguaggio vago", per quanto le vaghezze del linguaggio siano il terreno ideale per esprimere virtuosesmo retorico.

DIRITTI ANIMALI definitivo

 TESI: no diritti sì utilitarismo.

Perché no diritti?

1) no responsabilità quindi...

2) insetti...

3) gradualismo e razzismo

Conclusione: compensa e allevamente intensivi.


Libro del giorno: Slate Star Codex Abridged di Scott Alexander -

PERCHE' GLI ANIMALI NON HANNO DIRITTI?

Risposta breve: perché si puo' essere "vegetariani e carnivori" mentre non si puo' essere "assassini e brave persone".

Risposta lunga (per modo di dire): supponiamo tu senta il dovere di convertirti al vegetarianesimo. Potresti continuare a mangiare carne compensando questo tuo "peccato" con una donazione ad enti che si occupano del benessere degli animali. Questo è un'ottimo affare sia per te che per gli animali. Una posizione del genere mi pare moralmente giustificabile.

Consideriamo ora un'analogia imbarazzante: le stime attuali ipotizzano che con 2500 euro puoi salvare una vita umana nei paesi poveri. Diciamo che sono un benestante e potrei spendere 100.000 euro salvando 40 vite umane, d'altro canto c'è un tipo che mi sta proprio sulle balle (non ha né amici né parenti)... Avete già capito no? Bè, nessuno approverebbe quell'omicidio. Perché? Perché gli uomini hanno dei diritti.

In conclusione: gli uomini hanno diritti, gli animali no. La violazione dei diritti non è soggetta a compensazione mentre l'utilitarismo è sempre soggetto a compensazione.

post facebook che giustifica a prescindere dalla compensazione:

Il caso del porcello.

Approfitto di questo meraviglioso passaggio della RSI per un rapido ripasso dei diritti del porcello. In particolare, considero questa famosa sentenza portata all'attenzione dei filosofi morali da Derek Parfit:

"Per ogni popolazione immaginabile di persone che godono di una qualità della vita molto alta, vi è una popolazione maggiore la cui esistenza sarebbe preferibile anche se ciascuno dei suoi membri vivesse una vita appena degna di essere vissuta".

Si chiama "conclusione ripugnante", e difficilmente potrebbe essere sottoscritta, ma gli utilitaristi possono sfuggire ad essa solo grazie a forzature.

Domanda: potremmo farla valere nel caso degli allevamenti intensivi di animali? Occorre chiedersi se, grazie alla presenza di allevamenti, il numero di animali in vita è molto maggiore rispetto a quello che sarebbe senza. Occorre anche chiedersi se possiamo applicare agli animali un'etica utilitaristica. Infine, dobbiamo chiederci se la vita in allevamento è comunque "appena degna di essere vissuta". Alla prima domanda potrei arrivare ad una risposta affermativa. Alla seconda rispondo con un deciso sì (c'è chi applica l'utilitarismo anche all'uomo!). La terza domanda è quella che mi lascia più perplesso: occorre un grande entusiasmo per la vita purchessia per rispondere di sì. Sta di fatto che la via per giustificare moralmente chi continua a mangiare prosciutto mi sembra abbastanza solida.