Visualizzazione post con etichetta miller. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta miller. Mostra tutti i post

mercoledì 15 luglio 2015

Eye for an Eye by William Ian Miller - Talione e cultura dell'onore


William Ian Miller sul Talione e la cultura dell'onore.
  • Rappresentazioni della giustizia: la bilancia, la benda, le mani amputate... 
  • La giustizia come simmetria. Un'equilibrio da restaurare....
  • Che cosa si pesa? Che cosa riequilibra la bilancia?... 
  • Il torto priva e umilia, la compensazione deve risarcire e umiliare. Il colpevole deve sentire il mio dolore... 
  • "Due torti nn fanno una ragione". Chi usa qs formula dimentica che la seconda violenza nn è un "torto"... 
  • L'idea di perdono. In genere avanzata dai xseguitati e dai terzi che vogliono vivere in pace... 
  • Perdono. Una giustificazione pratica: stoppa le vendette a catena (vale anche x l'obbligatorietà dell'azione penale)... 
  • La misura del danno. Problema che affligge da sempre la giustizia. Si dice: usciamo da logiche compensatorie ma poi s'invoca la "proporzionalità"... 
  • Talione. Chi la difende insiste sul limite superiore: un occhio e solo un occhio. Tuttavia pone anche un limite inferiore: almeno un occhio. Il perdono è dei codardi che minano le basi sociali rinunciando all'azione penale... 
  • Talione. Per alcuni introduce la responsabilità xsonale impedendo la punizione vicaria. Peccato che nell' Esodo Dio aveva appena finito di dire che avrebbe punito x generazioni l'errore di Tizio... 
  • Talione. Un omaggio al principio di eguaglianza. Sebbene si conoscano dei talioni zeppi di asimmetrie... 
  • Talione: equipara ricchi e poveri. Nn è proprio così, i ricchi che pagano sfuggono alle mutilazioni sebbene ai poveri, vero, viene consegnato un titolo di credito x i torti subiti... 
  • Che me ne faccio del tuo occhio? Non dimentichiamo che la cultura talionica è una cultura dell'onore e che la giustizia è chiamata a "ripristinare". Se ti prendo l'occhio gli altri sanno che posso farlo il che ha un certo valore nelle relazioni e nella costruzione della fiducia... 
  • L'onore crea fiducia anche quando è difeso con la violenza (io rispetto i patti e con me si rispettano). L' onore crea così la moneta x gli scambi...
  •  X gli antichi la vendetta aveva un lato estetico ed esprimeva il gusto x la proporzione e l'equilibrio. Il contrario di quell'eccesso che noi ci figuriamo. Qs appare vero anche solo x l"afflato poetico con cui viene declamato il Talione (rinunciando anche alla conversione in denaro)... 
  • I scuola: la vendetta è un risarcimento e la sua pratica anticipa l'asse portante della giustizia moderna. Il sangue e la moneta sono due medium equivalenti. Ricorda che il talione si afferma quando i corsi monetari o nn esistono o sono problematici... 
  • Il sangue è la moneta + nobile xchè oltre a compensare la vittima crea fiducia ovvero un bene comune... Daube su Gesù: si esprime consapevolmente contro il principio di risarcimento: nn cercarlo ma porgere l'altra guancia...
continua

venerdì 30 aprile 2010

Strane delegittimazioni

"... Edward Wilson, così come Steven Pinker, crede che, poichè la religione puo' essere analizzata e spiegata come un prodotto dell' evoluzione cerebrale, ecco che si prosciuga ogni sua autorità morale. Ma a Wilson sembra sfuggire che la scienza stessa è un prodotto delle forze evolutive sul cervello e per essa vale esattamente lo stesso discorso che si tiene per "far fuori" la religione. In questo caso lo sforzo di delegittimazione fallisce da un punto di vista meramente logico prima ancora di iniziare..."

Kenneth Miller - Finding Darwin' s God - p.284

giovedì 8 aprile 2010

Il Dio dell' Ignoranza e il Dio della Conoscenza

Kenneth Miller è uno dei massimi biologi viventi, la sua difesa dell' evoluzionismo dagli attacchi promossi dai sostenitori dell' intelligent design viene di solito considerata come una delle più brillanti, tanto è vero che viene continuamente strattonato per testimoniare in vari processi.

Kenneth Miller è però anche un cattolico fervente e le sue intenzioni non hanno mai mostrato cedimenti: vuole a tutti i costi prendere la religione sul serio.

Anche per questo giudica "insipida" la posizione tenuta da Stephen Jay Gould nell' ormai famoso non-overlapping magisteria. L' anodino documento non convince del tutto e lo stesso Gould, del resto, non sembra credere affatto ad una pari dignità dei due saperi allorchè definisce la religione come una congerie di "storie che ci raccontiamo per trarne conforto" (sic). Qui sembra proprio saltar fuori la sua vecchia tempra marxista e l' oppio dei popoli è davvero dietro l' angolo, la religione più che un "sapere" diventa un narcotico per la felicità a poco prezzo degli animali più ingenui. E' possibile seguirlo oltre su quella via? Kenneth ci rinuncia e gliene siamo grati.



D' altro canto non offre garanzie nemmeno l' armata Brancaleone creazionista sempre in cerca di un Dio tappa-buchi da opporre ad una scienza-gruviera. Sarebbe quello il Dio degli ignoranti. Non perchè chi lo professa sia ignorante (esistono personalità di vaglia), piuttosto perchè è un Dio che ha tanto più senso di esistere quanto più restiamo ignoranti. Sarà per questo che l' ignoranza esercita un gran fascino su questi paladini tremebondi di fronte ad ogni "scoperta" scientifica.

Contro il dio dell' ignoranza, Miller è fautore di un dio della conoscenza, un dio che si dispieghi tanto più nitidamente, quanto più sperimentiamo il miracolo della conoscenza, quanto più andiamo scoprendo l' inspiegabile intelleggibilità della natura.

Miller si premura di proporre la fede come cornice ideale a quella conoscenza, la fede come completamento di significato della visione scientifica. Qualcosa che trasformi una presenza enigmatica in una presenza amichevole.



In fondo sa, come sanno Dawkins, Dennett, Lewotin e compagnia che l' unica controproposta credibile è la radicalizzazione atea, l' agnosticismo, dopo Swinburne, resta stritolato e non ha più granchè da offrire: una volta ammessa anche solo la compatibilità del pensiero religioso con quello scientifico, la fede diventa automaticamente l' opzione più rigorosa sul tavolo per chi è desideroso d' impegnare la ragione in queste faccende.

Lungi dal sentirsi rassicurato dal concetto di "non-overlapping magisteria", Miller sa bene quanta cura invece richieda la lavorazione al delicato incastro che salda "scienza e fede", lui stesso vi pone mano con cura nel libro che ho appena letto: Finding Darwin' s God. Peccato che la "cura" non si estenda anche alla parte teologica del libro, d' altronde c' è una scusanete: non è il suo campo.

Le premesse sono ottime ma mi chiedo se l' entusiasmo dimostrato verso il cosiddetto "principio antropico" non sia ancora un cedimento al "Dio degli ignoranti", alias Dio-tappabuchi, alias Dio dei gap. Certo, una versione sofisticata e aggiornata con le ultime conoscenze scientifiche, ma pur sempre quel genere di divinità.

***

Il credente fa scienza stupendosi delle meravigliose coincidenze. Sa che dove c' è "coincidenza" Dio fa capolino poichè per Dio è particolarmente congeniale passeggiare tra noi sotto le mentite spoglie del "caso".

Nel panorama della scienza moderna il "principio antropico" serve la causa alla perfezione, ne fanno fede le strampalate teorie messe su in fretta e furia da taluni ideologi dell' ateismo militante per neutralizzare quella che evidentemente sentono come una minaccia (nel libro è descritta la "disperata speculazione" di Daniel Dennett, forse si potevano affrontare controargomenti più efficaci).

Eppure, per quanto appena detto, il "pp" non convince del tutto. Non conviene essere più radicali nell' osservare le avvertenze ben chiarite dallo stesso Miller?

Io considererei più da vicino la nostra possibilità di "conoscere" l' universo stesso in cui abitiamo. Non è "meraviglioso" già solo questo semplice fatto? Non basta riscontrare le curiose regolarità catturate dalla matematica per "stupire" e pensare ad un Dio?

Innanzitutto si tratta di coincidenze sorprendenti: gli universi incomprensibili sono molto più numerosi degli universi "ordinati". E' davvero solo un caso fortuito essere capitati in un mondo "matematico"? E si badi bene che la sopravvivenza non è legata alla "comprensione", tanto è vero che i più efficienti in questo campo sono talune colonie batteriche che esistono da sempre.

E' ipotesi che conforta alcune certezze: il numero dei "mondi ordinati" a disposizione è comunque tale da garantire la comparsa della "coscienza". Dio assicura così la presenza di un pubblico all' infiorescente spettacolo di una creazione realizzata mediante lo strumento evolutivo.

E' ipotesi che elude l' alternativa di Leslie: "il fine tuning è evidenza, evidenza genuina del seguente fatto: Dio è reale/ci sono molti universi differenti". Anche i "mondi differenti" - purchè ordinati - restano a questo punto nell' orbita dell' ipotesi teista.

E' persino un' ipotesi falsificabile: verrebbe smentita allorchè si scoprisse un' irriducibile caoticità dell' universo che comporti l' insensatezza dell' impresa scientifica e, di conseguenza, la sua razionale dismissione.

Esiste forse un vincolo più saldo che leghi Dio alla Scienza?: "niente Scienza, niente Dio"; cosa si vuole di più? Inoltre, per questa via non si "tappa" nessun buco, così come non si postulano inverosimili contingenze. Si dà solo un "significato" pieno alla nostra conoscenza.

"Niente scienza, niente fede", dunque. Ripetiamo bene insieme il nostro nuovo motto per fissarlo meglio in testa.

Curiosità! Forse è per questo che talune presentazioni "orientate" dell' evoluzionismo sembrano minacciare la fede: l' evoluzionismo è, chi puo' negarlo?, un paradigma scientifico decisamente rozzo se paragonato alla raffinatezza delle teorie della fisica; persino le "scienze umane" appaiono talvolta con capacità predittiva più "calibrata". Ma allora, se vale il "niente scienza, niente fede", forse vale anche il "poca scienza, molto caos, poca fede".

Eppure, vale la pena ricordarlo ai distratti, per la biologia è ancora quello darwiniano il paradigma di gran lunga migliore in circolazione, per quanto vaga è pur sempre "conoscenza" anche quella, e il libro di Miller ha la virtù di mostrarlo persino ad un principiante come me.

Ultimissima cosa. Il trattamento a cui ho sottoposto "pp" potrei ripeterlo quando Miller passa ad occuparsi del "free will" facendolo dipendere dall' indeterminatezza introdotta nel mondo fisico grazie ad alcune interpretazioni della teoria quantistica. Non è anche questa una soluzione tappa-buchi? E quando la teoria dei quanti sarà rivista o l' interpretazione cambiata? Rischiamo davvero di trovarci tra le palle neo-teologi petulanti alla Dawkins, vi avviso. Forse, anche su questo punto, si puo' fare meglio.

mercoledì 10 marzo 2010

Due vaccinazioni

Contro l' ateismo e la teologia dilettantesca.

Alister McGrath.

Kenneth Miller.

Francis Collins

Ve lo ricordate il "principio antropico"? Molti lo usano come novella prova cosmologica. La cosa non mi convince del tutto, ma da lì si puo' pur sempre partire.

Se pesco a caso delle carte dal mazzo posso sempre stabilire a posteriori una logica ed illudermi che la cosa sia "sorprendente" e richieda una spiegazione. Ma se pesco 10 carte realizzando una scala reale, allora la sorpresa è reale e una spiegazione s' impone.

Per molti l' universo è una scala reale. Non che ci siano grandi prove.

Certo che l' universo (così come tutti gli universi possibili) sembra rispondere ad un ordine. E' intelleggibile, è catturabile dalla logica e dalla matematica.

Ma mentre esistono mille forme di caos, mentre esiste una logica possibile.

In un certo senso il fatto che siamo di fronte ad una "scala reale" è testimoniato dai sorpendenti poteri della matematica più che dalla vita umana in sè.

Certo dobbiamo porre la Matematica come qualcosa a se stante rispetto alla materia, così come la nostra mente. Ma ci sono ottimi argomenti per farlo!

Non che l' intelligibilità dell' universo sia una realtà stabilita, ma di sicuro è l' atto di fede elementare che intraprendono gli scienziati nel momento in cui chinano la schiena sulla loro scrivania e si spremono le meningi.