lunedì 31 maggio 2010

Il sorriso del centenario

Con studiata perizia Parise lascia che le sue "sillabe" sgocciolino sulla pagina, dietro la scabra semplicità delle vicende narrate si sente l' alacre lavorio di una lima che non cessa un attimo di rifinire il cristallo.

Sono storie sospese nel vuoto, alla Sara non sono piaciute molto: troppo vuoto e poca storia. Si rasenta l' astrazione.



Le storie raccontate come fossero fotografie sono sempre piene di buchi, e se uno ci sa fare in quei buchi il lettore atterra e ridecolla sentendo le farfalle nello stomaco.



Raccontini di un paio di pagine l' uno.

Spesso più che finiti sembrano abortiti, non consentono ulteriori sviluppi e il loro pregio maggiore si risolve nell' accordarci il privilegio di una presa diretta sulla scrittura, quasi lo scrittore ci consentisse di accompagnarlo nel corso della creazione: una volta va bene, una volta va male.

Il "c' era una volta" dell' attacco si contamina subito con lo sguardo tattile che cala sui particolari realistici dell' ambiente. Bell' effetto e grande letteratura, non c' è che dire.

E' l' Italia post-bellica, l' italiano odora del fieno delle campagne, chiamato a parlare ha la bocca impastata. L' errore fatale: scambiare la timidezza per supponenza.

Ma puo' un' esistenza racchiudersi in un banale gesto? Puo' il "poco" simboleggiare adeguatamente il "tutto"? Si tratta di poesia falsificante o di espressione dell' autentico? In queste minuscole biografie l' insignificanza dei particolari è talmente messa al centro che si propaga presto a tutto fino a minacciare l' esistenza stessa di noi lettori: se tutto s' incardina sulla contingenza come sembra, se anche la nostra vita potrà domani essere raccontata in quel modo, allora anche i tesori più preziosi che ci sembra ora di custodire saranno minati da quell' insignificanza di fondo.

INNAMORAMENTO: "... l' uomo che guardava dal tavolo vicino sentì aumentare comicamente le pulsazioni...".

SENSO DI COLPA:"... si sentì investire da una vampata ammaccata da un dolore imprevedibile e ingiusto che non capiva...".

UN RACCONTO NELL' INCIPIT: "... Un giorno un uomo ricco che conosceva la vita anche grazie alle cose futili entrò nella sua immensa casa nell' improbabile tentativo di far capire alla moglie che non l' amava più pur amandola moltissimo...".

AMORE NELL' ODIO: "... una volta provò perino un tuffo al cuore quando lei inciampò e stava per cadere come una bambina miope...".

LUSSO AL DANIELI: "... sia il Maitre che i camerieri sapevano benissimo che non c' era bisogno di alcun cenno ma i cenni si facevano lo stesso...".

ESTRANEITA': "... e lei tentò di accarezzarlo con la fredda estremità di un lunghissimo arto...".

LEZIONI DI VITA: "... perchè le cose felici non si ripetono (e invece si ripetono e non si ripetono, non c' è una regola)...".

ANIMA: "... una domenica di giugno un cane di nome Bobi che aveva e non aveva un padrone cominciò una corsa errabonda ma piena di pause per le strade di una città italiana...".

IL PADRONE DI BOBI: "... gli aveva fatto un casotto con le scatole della pasta Barilla senza compromettersi più di tanto con lui... Bobi aveva aspettato fino a quell' ora nel suo casotto colui che credeva fosse il suo padrone ma questi, che non veniva quasi mai, non arrivò neanche quel giorno cosicchè Bobi si sentì libero a malincuore...".

BOBI: "... camminava su zampe corte ma con la testa alta... solo di rado galoppava come se temesse le infinite conseguenze di una nascita incerta... non era snob come i cani di razza ma nemmeno rabbioso o ansiosamente felice come i bastardi... era un indipendente... devio' a destra del camion-rimorchio barcollando e in quel momento fu investito da una motocicletta che frenò, sbandò e riprese la corsa. Il colpo gli fece molto male ma arrivò piano piano fino al casotto e lì, senza più aspettare il padrone che non arrivava mai, morì...".

IMBARAZZO PER UNA SCENATA LEGITTIMA DI CHI NON HA DIRITTO DI PAROLA: "... il parroco la guardò esprimendo approvazione ma anche disapprovazione...".

ANTIPATIA: "... un giorno un uomo che non si era mai interessato di politica sentì il proprio telefono squillare in un modo che gli parve antipatico... chi chiamava non si stancava di aspettare mostrando una sorda tenacia... finalmente rispose e nel discorso che ne seguì venne usata l' espressione "piattaforma di lotta" che gli risultò odiosa, quasi che fosse stata preannunciata da quel genere di squilli...".

A QUATTR' OCCHI: "... ti fissava distogliendo nervosamente lo sguardo, in lui non c' era l' inquietudine umana e conoscitiva bensì l' ansia animalesca delle scimmiette..."

SPECULAZIONI POLITOLOGICHE: "... ci fu una pausa durante la quale l' uomo indovinò esattamente l' obiezione dell' altro che infatti arrivò pochi secondi dopo ed era la seguente: guarda, pensaci perchè il tuo è un tipico lapsus, significa che sei un qualunquista per non dire fascista..."

ANTIPATIA REDENTA: "... girò gli occhi furbi e voraci qua e là, bevve una sorsata di Brunello come fosse un vino qualsiasi... nello stesso tempo si ficco in bocca con la forchetta una pomme soufflee e con le dita un pezzo di pane (due cose che non vanno d' accordo) in un certo modo curvo tra l' umile e l' ingordo, di un' umiltà e di un' ingordigia così antiche, irredimibili e lontane da ogni speranza futura, al punto che ogni antipatia verso di lui dovette cessare in quel momento...".

MORTE: "... quell' inverno il bambino sembrava destinato a morire. Invece non morì, si trattava solo di un comico verme...".

PRIMA VOLTA: "... accadde in un pomeriggio pieno di cicale nei granai... qualcosa con molta lotta, sudore e graffi... lei da quel giorno diventò triste e diversa...".

QUELL' ARROGANZA CHE ERA TIMIDEZZA: "... l' alterità si trasformarono in un comico pianto che sorprese molti... si aciugò gli occhi e quando il fazzoletto s' inzuppò, usò le nocche delle dita di persona vecchia..."

CASA: "... dal buco della serratura entrava il freddo delle cose ignote...".

DIFETTI BELLISSIMI: "... cercò di spalancare i suoi occhi a mandorla... quello sinistro si fece un poco strabico... pochissimo...".

SOLO COME UN CANE: "... dopo le gite a cavallo con la famiglia dei vicini l' uomo si sentiva sempre stanco nel modo giusto: le cosce e le braccia stanche e il cuore stanco perchè era stato in compagnia. Dormiva fino all' alba e il cuore ritornato solo durante la notte gli diceva: "resterai per conto tuo come un cane fino alla fine", e si girava dall' altra parte con il muso... lui se ne rimaneva lì con tutta la sua intelligenza intatta ad ascoltare nell' immensa casa il silenzio dei parquets (i parquets non sono fatti per essere silenziosi)...".

COMPAGNIE STIMOLANTI: "... poi ce n' era un altro nato con sei dita in un piede ma non aveva altro d' interessante...".

FINALE CON MACACO: "... "guarda, le oche selvatiche... ma non hai portato la carabina, macaco!". E a quella parola, "macaco", cominciò a nevicare.".

AFRICA: "... tra un temporale e l' altro correvano intorno negri vestiti con pezzi di nylon...".

WEEK END IN LIGURIA: "... la stanzetta della pensione conteneva tutto l' odore grigio, chiuso e ostico della Liguria che gli era completamente estraneo e lo spingeva fuori per l' inospitalità...".

PRIMA USCITA INSIEME: "... "Hai freddo?" chiese l' uomo alla donna sperando che dicesse di no, non avrebbe saputo cosa fare...".

AL GRAND HOTEL: "... al Grand Hotel non sapeva dove infilare la borsa, nulla le sembrava abbastanza educato... la mise sul tavolo, sulla sedia... e poi in terra... il suo gesto non era timido, nè vergognoso o imbarazzato ma furtivo, furbo, sembrava l' avesse appena fatta ai nullafacenti camerieri che la fissavano...".

MOSTRO: "... aveva qualcosa d' impercettibilmente deforme, un po' donna un po' nano, ma non si vedeva se non osservando attentamente in seguito ad un' impressione di disagio... ma la gente ha fretta... nessuno vedeva, eppure lui sospettava che tutti vedessero...".

FUCILAZIONE: "... lo portarono contro il muro della chiesa già rovente, le lucertole vaganti dileguarono...".

DOMANDE IMBARAZZANTI: "... "E' straniero?" l' uomo ebbe un momento, pochi secondi, di pausa durante i quali il suo sorriso sparì e subito ricomparve come capita con certe piccole nubi sulla luna... "Sono baltico"...".

WORKING POOR: "... le sue necessità erano molte perchè nonostante il lavoro era povera...".

TIMIDEZZA: "... chiese la lista nel modo seccato e selvatico che hanno i timidi di chiedere...".

Non si creda che il fuggevole impressionismo di questa penna sia sinonimo di vanità. Sentire come viene reso il battito sordo del martello della FAME africana, non lascia dubbi in merito.

sabato 29 maggio 2010

Juno, ovvero il soccorso della Parola

Per confrontarli, abbiamo visto in sequenza due film sull' aborto: Juno e 4 mesi 3 settimane e 1 giorno.

Formalmente sono molto differenti, Juno è una scorrevole (e piacevole) fiaba americana piena di uccellini e canozonette deliziose, l' altro è girato nel solito stile realista che i Maestri Italiani hanno insegnato al mondo, l' unica colonna sonora sono quindi i motorini taroccati che passano fastidiosi in lontananza sulla camionabile.

Juno padroneggia da maestra il proprio discorso, con l' ironia e l' eresia eccentrica domina l' interlocutore mettendolo quasi in soggezione, trova anche parecchie controparti solidali, il mondo che la circonda in fondo è il piccolo acquario dove un vispo pesciolino come lei ha sempre nuotato. Tutto è un' immensa zona pedonale costruita per il tempo libero dei sedicenni.

Otilia - vittima di malintesi, reticenze, insicurezze - non riesce nemmeno a prenotare una camera d' albergo per telefono, soffre molto perchè, come si sa, metà del dolore se ne andrebbe "dicendolo" ad orecchie attente, ma le uniche orecchie attente sono quelle di noi spettatori e lei non puo' sognarsi che esistono. E l' "acquario" di Otilia?Anche lei avrà un suo acquario! No, Otilia è una studentessa "fuori sede", completamente "fuori sede". Da vera "fuori sede" continua a sbagliar strada quando con l' asciugamano nella borsetta scorazza sugli asfalti privi di marciapiede tra i latrati dei randagi rumeni alla ricerca di un cassonetto.

la voce di Juno è ferma ed ironica, spesso chiosa sarcastica le sue disavventure alleggerendole. La voce di Otilia è schermata al modo dei servi, una voce che parla solo per chiedere e tremare nell' attesa che l' ingiunzione venga accolta, in ogni conflitto le tocca impugnare il coltello dalla parte della lama cosicchè gli altri si divertono a taglizzarla prima di trafiggerla, sono gli sfizi meschini che dà un Piccolo Potere.

Juno arriva puntuale e precisa ai suoi drammi, Otilia è sempre in affanno, non è mai al suo posto, non è mai dove dovrebbe essere, nemmeno nella sceneggiatura del film è dove dovrebbe essere: pensate che non le tocca nemmeno la parte della ragazza incinta in procinto di abortire; già, quest' ultima è troppo terrorizzata per farne il vero personaggio tragico del racconto, e così Christian Mongiu ha deciso saggiamente di caricare proprio su Otilia - l' "amica" - le croci più pesanti.

venerdì 28 maggio 2010

Senza nessun senso della misura

Dicono che l' ebreo medio abbia un orientamento "liberal". Si organizzano anche simposi sul tema: "Why Are Jews Liberals?"

Sta di fatto che la sproporzione più vistosa di presenza ebraica sta invece tra i libertari.

Mi limito a quelli che comunemente vengono considerati i più insigni sostenitori dell' ideologia liberale nel XX secolo: Ludwig Von Mises, Fredrick Von Hayek, Any Rand, Milton Friedman, Murray Rothbard, Robert Nozick.

Unico gentile della compagnia: Hayek.

giovedì 27 maggio 2010

A cosa mi serve l' economia?

Poichè qualsiasi persona di buon senso è disposta a deviare dai suoi dogmi ideologici qualora gli si presentino le classiche "buone ragioni" per farlo, l' economia serve a dimostrare che le "buone ragioni" comunemente avanzate per deviare dai principi libertari sono quasi sempre poco più che pretestuose.

Esperimenti mentali

Il miglior modo per confutare la teoria etica dell' utilitarismo consiste nel presentare casi concreti che ne denuncino l' assurdità: esempio, se un riccone è particolarmente avido la teoria prevede che il poco posseduto dal povero spensierato venga trasferito nelle sue disponibilità.

A questo punto all' utilitarista non resta che mettere in sospetto la validità dello strumento che avete usato: l' esperimento mentale.

Ma: "... weird hypotheticals are philosophers' equivalent of controlled experiments. When a scientist wants to test a physical theory, he sets up weird laboratory conditions that make it easy to find an exception to the theory. Similarly, when a philosopher wants to test a moral theory, he sets up weird examples that make it easy to find an exception to the theory..."

Il resto continua pure a leggerlo qua.

Altruismo reciproco

Giovanni ha problemi di salute ed ora è in fin di vita ma in suo soccorso giunge inaspettato Giacomo che donando il proprio rene restituisce il moribondo ai suoi cari in perfetta forma.

Qualche tempo più tardi è Giacomo ad essere nelle peste: la sua azienda fa acqua da tutte le parti e ormai non resta che il fallimento. Ma ecco che interviene Giovanni, ci mette il contante di tasca propria e raddrizza la situazione.

Due splendidi episodi che si raccontano con le lacrime agli occhi, non è vero? Noi tutti vorremmo un mondo così.

Eppure Randy Cohen (detto l' Eticista) sente puzza di bruciato, prima di impartire la sua benedizione intende accertare che tra il primo episodio e il secondo non vi sia collegamento, altrimenti saremmo di fronte ad uno... SCAMBIO.

A quanto pare lo SCAMBIO è proprio qualcosa di terribile, riesce a trasformare due eventi di per sè positivi in due sciagure da maledire.

Forse a guastare tutto è il fatto che uno scambio si realizza con motivazioni egoistiche.

Se fosse solo questo accolgo il "rimedio semantico" proposto da Greg Mankiw: nel caso dello scambio anzichè parlare di "egoismo" potremmo parlare di "altruismo reciproco".

Il buon Greg Mankiw non è certo una grande esperto di etica e sul punto cede la palla all' "Eticista", una cosa però è in grado di dirla: la posizione di Randy sarà forse corretta, di certo ci regala un mondo con più morti e più fallimenti.

mercoledì 26 maggio 2010

Alla ricerca del diritto naturale

Nelle sue recenti uscite Rand Paul, astro nascente della politica americana, ha messo in discussione il venerato Civil Rights Act, baluardo contro la segregazione razziale: si è permesso di definirlo come un provvedimento illiberale.



Difficile dargli del tutto torto, quale liberale non sentirebbe un certo disagio nel leggerlo? Ma non mi interessa tanto entrare nel merito, ricordo solo i 3 punti che definiscono la posizione libertaria ortodossa sull' argomento.

1. La discriminazione del governo dovrebbe essere illegale.

2. La discriminazione dei privati dovrebbe essere legale.

3. La discriminazione dei privati è immorale.

Una posizione del genere si ripete purtroppo in molte materie e crea un dilemma: qualora si assista ad una violazione di legge da parte di un privato, è nostro dovere intervenire e denunciare? Costui ha violato contemporaneamente una legge ingiusta e un comandamento giusto.

In fondo penso di no, e non mi appello all' etica, ma ai diritti del fuori-legge.

Antigone trasgredisce il diritto in nome dell' etica, ma non è l' unica forma di trasgressione giustificabile come in fondo pensa chi ritiene che fuori dalla politica esista solo la morale. Forse esiste anche un diritto pre-politico, un diritto... naturale e il caso di cui sopra in fondo lo dimostra.

C' è una soluzione teorica alternativa: tutto è etica. Ma la soluzione pratica del dilemma non cambia.

Intercettateci tutti!

E' il grido di battaglia con cui negli ultimi giorni ci si butta a difendere il diritto alla libera circolazione delle notizie.

"Intercettateci tutti... non abbiamo nulla da nascondere".

Personalmente ci sono cose che non direi neanche al mio amico immaginario (che è un coniglio gigante), ma forse non ho la schiena abbastanza dritta e mi manca il coraggio delle mie opinioni.

Ci sono anche cose che non direi mai se solo mi guardassi dritto negli occhi, ma forse sono solo un timidone che balbetta quando è interpellato senza filtri.

Possibile però che nella sensibilità generale il diritto alla privacy sia caduto così in basso? Ma cosa tutela in fondo questo diritto? Solo il pudore dei timidoni e la vigliaccheria degli asserviti? Nulla di più? I contenuti sfuggono a molti e urge tornare al prezioso insegnamento di Timur Kuran:

"... siete alla festa data dal vostro capo, proprio quello che a breve dovrà prendere decisioni molto importanti per la vostra carriera lavorativa. Vi accoglie mostrandovi la sua casa, è particolarmente orgoglioso del soggiorno recentemente imbiancato ricorrendo ai pallidi colori naturali, tesse le lodi di se stesso per la perspicacia di una similescelta. Voi annuite, vi mostrate piacevolmente sorpreso da una simile soluzione, in realtà gli smorti colori naturali non vi fanno una grande impressione, c' è qualcosa che non vi appaga, spengono l' ambiente. Ma su questa "strana" impressione non parlereste neanche sotto tortura. A tavola si discute animatamente della recente crisi finanziaria, per il boss la speculazione internazionale è il motore immobile di tutto ed andrebbe colpita senza aspettare; concedete molti argomenti tenendo a freno le numerose riserve a cui pensate. E' mezzanotte ma non osate sloggiare per primi dalla festa, dopo che i più temerari se la sono svignata vi accostate al vostro ospite accampando impegni aurorali per l' indomani senza mai smettere di complimentarvi per la riuscita della serata. Uscite a marcia indietro dalla porta d' ingresso sempre con un nuovo ossequio in bocca. Chiudete la porta, chiudete gli occhi, sbuffate e andate verso casa tentando di scongelare il sorriso che avete tenuto per tutta la serata e che ancora stenta a disarticolarsi...".

A cosa siete ricorsi? Alla menzogna? All' ipocrisia? All' autocensura? All' eufemismo? All' insincerità?

Nel suo libro più famoso (che ho appena finito di leggere) Kuran preferisce usare per l' occasione un' espressione ad hoc: falsificazione delle preferenze personali.

Chi sa cosa sia la falsificazione delle preferenze personali sa che l' Opinione Pubblica non coincide con quel che pensa la società.

Chi sa cosa sia la falsificazione delle preferenze sa che se protratta a lungo in via esclusiva si trasforma in una falsificazione della conoscenza fino a coincidere con quel che pensa veramente la società.

Ecco a cosa serve la privacy: a fare in modo che chi falsifica le proprie preferenze continui a coltivare quelle occulte in privato e al di fuori da ogni pressione sociale in modo da conservarle e rispolverarle al momento opprtuno quando il clima sociale glielo consentirà.

Ancora Kuran:

"... dovrebbe destare meraviglia il crollo a domino dei regimi comunisti, dovrebbe stupire che gli Stati Uniti nel giro di un secolo siano passati dal tabù sulla schiavitù a quello sull' affirmative action... eppure chi conosce e studia il fenomeno della "falisificazione delle preferenze" non si stupisce affatto, sa bene che l' Opinione Pubblica viaggia su montagne russe impervie... chi assiste agli sconquassi provocati dai mutamenti sociali repentini pensa di cavarsela a buon mercato invocando il "gradualismo", peccato che questa medicina sia spesso indisponibile per vie delle Montagne Russe di cui si è appena detto..."

Bene, la privacy garantisce che le preferenze continuino a vivere dietro la maschera dissimulatoria, e, così facendo, contribuisce all' esistenza delle Montagne Russe di cui sopra. E' un contributo trascurabile?

Non penso che la nostra privacy sia così in pericolo, però smettiamola di cantare uno slogan perverso come quello del titolo, dimostra solo ignoranza e disprezzo per la dimensione privata della persona.

venerdì 21 maggio 2010

Il feticismo del potere

WOODY ALLEN: "... sarebbe bello se Obama potesse essere il nostro dittatore per alcuni anni... potrebbe fare velocemente molte cose buone...".

MILTON FRIEDMAN: "... se fossi un dittatore non avrei nessuna cosa buona da imporre agli altri... poichè non conosco cose buone che restano tali se imposte con la forza...".

Spero che adesso sia più chiara la differenza tra LIBERAL e LIBERALE.

Invisibili cerotti

GAETANO SALVEMINI: "... dalla concorrenza delle scuole private, le scuole statali hanno tutto da guadagnare e nulla da perdere...".

ANTONIO ROSMINI: "... le famiglie hanno dalla natura prima ancora che dalla legge il diritto di scegliere per maestri ed educatori della loro prole quelle persone nelle quali ripongono maggiore confidenza..."

DON LUIGI STURZO: "... finchè in Italia la scuola non sarà libera, nemmeno gl' italiani saranno liberi...".

ANTONIO GRAMSCI: "... noi socialisti dobbiamo essere propugnatori di una scuola libera... di una scuola lasciata all' iniziativa dei privati e dei Comuni...".

DON LORENZO MILANI: "... la scuola di Barbiana ha 20 allievi, nessuno figlio di papà, è dei preti, non ha dallo Stato nessuna sovvenzione ma anzi aperta opposizione ed è senza dubbio l' unica scuola funzionante nel territorio della Repubblica...".

CAMILLO RUINI: "... la questione della scuola libera non è solo una rivendicazione dei cattolici ma una questione più generale che riguarda le libertà civili...".

GIOVANNI PAOLO II: "... i pubblici poteri devono preoccuparsi che le sovvenzioni pubbliche siano erogate in maniera che i genitori possano scegliere le scuole per i propri figli in piena libertà...".

LUIGI EINAUDI: "... Trial and error, ecco il metodo dei reginmi liberi. Così per la scuola, essa è libera e feconda finchè qualcuno abbia diritto di dire: io conosco programmi e metodi migliori e apro una mia scuola in cui proclamo, diffondo e insegno la mia verità.

DARIO ANTISERI: "... la libertà di scelta educativa delle famiglie (buono) non ha come unico contraltare il monopolio statalista... deve guardarsi anche dall' insidioso metodo delle convenzioni, vero cappio che trasforma il libero educatore in un postulante ai piedi del potere politico...".

SALVATORE VALITUTTI: "... l' espressione "Religione di Stato" ci fa inorridire mentre l' espressione "Scuola di Stato" ci appare naturale. Eppure sono equivalenti, che cos' è la "Scuola di Statto" se non una "Religione di Stato"?

... e via cantando.

In fondo è per questo che trovo stucchevoli le battaglie di Israel contro i "pedagoghi" e i "metodologisti". Forse è perchè nel mio intimo so che la scuola migliorerà lentamente non certo grazie ad una fantomatica riforma che tarda più di Godot, ma piuttosto grazie al semplice riconoscimento di alcuni diritti elementari della famiglia.

Dentro il buono scuola e fuori il valore legale dei ogni titolo di studio. Ecco come si comincia a levare qualche cerotto da bocche che forse hanno qualcosa da dirci.

mercoledì 19 maggio 2010

Complicità inattese

Lungi dall' essere solo incendiario di libri, Hitler ne leggeva uno al giorno (anzi a notte, con una tazza di tè davanti), e la sua biblioteca nel 1940 ne contava oltre 16.000... credo ci sia una segreta complicità tra lettori bulimici e non lettori... entrambi fuggono la lettura come qualcosa che può trasformarli... ma la cultura non coincide tout court con l' informazione, né va usata come autoconferma... (Filippo La Porta).

Anzichè domandare ansiosi "quanti libri leggi all' anno?", andrebbe chiesto "da quanti dei volumi che conservi gelosamente in libreria prendi drasticamente le distanze?". A me è sempre interessata questa seconda informazione. In fondo identifico l' epoca dell' immaturità con l' epoca in cui desideravo sotteraneamente che qualcuno si facesse un' idea di me osservando la mia biblioteca.

Ah, rispondo alla domanda per quel che mi riguarda: 35%.

martedì 18 maggio 2010

E tu? Quale guerra di civiltà vuoi combattere?

Il "berlusconiano" tipo sappiamo chi sia: un porco evasore che ha appena scannato la moglie e si precipita a lavorare. Lavorare, scannare ed evadere: non sa fare altro.

C' è chi coltiva con amore questa immagine, sono coloro che si sentono chiamati a combattere una guerra di civiltà; qualcuno predilige la retrovia dell' "elaborazione culturale" (Repubblica? Fahrenheit?...), altri s' impegnano sul fronte.

A proposito di questi ultimi, nello stralcio che segue viene fatto anche qualche nome:

Il Nens è un think tank creato nel 2001 da Vincenzo Visco... si occupa di politica economica con una certa specializzazione in materia fiscale... nel think tank romano ha mosso i primi passi un giovane economista, Stefano Fassina, ora responsabile per l' economia del Pd. In questi ultimi mesi Fassina ha drasticamente aggiornato il precedente ricettario "democrat" e in un crescendo di iniziative ha presenziato all`assemblea di Imprese che "resistono", ha chiesto l`abolizione degli studi di settore (perché vessatori nei confronti delle partite Iva) e si è pronunciato per il taglio delle tasse. Meritandosi il convinto plauso del Foglio. Infine sull`Unità la scorsa settimana ha scritto che l`evasione fiscale in Italia «non è solo patologia, purtroppo è anche fisiologia, condizione di sopravvivenza di una parte consistente del lavoro autonomo». La svolta politico-culturale di Fassina non deve essere piaciuta per niente al suo ex maestro Visco che ha imbracciato il bazooka e ha denunciato: «C`è nel Pd chi protegge gli evasori». L`Unità ha riportato il tutto in grande evidenza, sottolineando un passaggio del Visco show. «Quando uno dei nostri va a parlare a una platea di artigiani urlanti e commercianti imbufaliti alla fine è così terrorizzato che gli dà ragione». Io, invece, ha aggiunto l`ex ministro, una volta «ho gestito addirittura un gruppo di bovari». (Dario Di Vico)

Per carità, niente altro che un sugoso resoconto di come cresce e si sviluppa la ben nota gramigna "vischiana" fotografata qui nel suo pieno rigoglio... salvo apprendere con piacevole stupore che forse non è riuscita a soffocare proprio tutto!, qualcosa sopravvive e tenta di contrapporsi.

Ecco, chi si eccita per le "guerre di civiltà", preferirei che le vedesse in questa contrapposizione.

venerdì 14 maggio 2010

E io pago!

A chi si lamenta del canone Rai, con riflesso degno di miglior causa si risponde prontamente che anche la TV commerciale pesa sulle tasche di noi tutti: quando andiamo al supermercato paghiamo di tasca nostra tutta quella valanga di pubblicità.

Ottima risposta, la teoria eretica gode infatti di una maliziosa semplicità: la pubblicità costa e i costi vengono trasferiti sui prezzi dei prodotti.

Solletica poi i nostri istinti: ci piace pensare male della pubblicità, ci piace immaginare i pubblicitari sempre con le loro manacce sporche sulla e nella nostra delicata ed innocente testolina.

I fatti però, oltre alla teoria ortodossa, dicono altro: la pubblicità abbassa i prezzi. Scoprire il perchè non è difficile.

Cariiiiino!

Dopo aver ricalibrato i lieder di Brhams, ora, con la medesima acribia, si cimentano con Schubert nel tentativo di trasfigurare la "bellezza" - che oggi è tanto insopportabile - in "carineria". Ora come allora i Franui-Musicbanda meritano sempre una coccola e un ascolto.

Spazzatura seducente: la prospettiva di Leamer

Rose, diffidi degli economisti? E' un sentimento diffuso e anche in parte giustificato, molti considerano l' economia una "junk science". Eppurre anche la spazzatura puo' sedurre. Io, per conto mio, la considero un po' arte un po' scienza.



Attenzione però a non confondere "economisti" ed "conometrici". Questi ultimi sono economisti che puntano molto (forse troppo) sullo strumento statistico e così facendo pensano di guadagnarsi sul campo i galloni di "scienziati".

Se si hanno in mente questi ultimi e si vuole trasformare il sentimento di diffidenza in una critica rigorosa, allora ecco una lettura obbligatoria.

Il sugo. Gli econometristi sono soggetti a due errori (di Campionamento e di Specificazione) ma parlano volentieri solo del primo visto che piace loro mostrare orgogliosamente come dominino tecniche prodigiose in grado di comprimerlo. Sorvolano bellamente sul secondo, il più rognoso, quello legato all' arbitrio iniziale con cui si fissano le variabili rilevanti e i nessi di causalità: considerare poche variabili libera l' arbitrio, considerarne molte rende le conclusioni inevitabilmente fragili.

Poichè in natura le variabili non sono isolabili, i verdetti della scienza sono effimeri. In economia questo difettuccio si presenta in forma abnorme: molte variabili sempre all' opera e inestricabilmente legate tra loro. Piuttosto che torturare i dati disponibili con tecniche inutilmente sopraffine, cerchiamo piuttosto di ampliare le fonti della conoscenza diversificando gli inevitabili errori delle inferenze.

Dobbiamo rassegnarci: gli a-priori saranno sempre decisivi e la scrematura delle variabili da includere è un apriori.

Tutto diventa allora una questione di prospettiva... la cancellata puo' essere questa...

ma anche questa...



E' un difetto? Certo, tutti noi vorremmo vedere con chiarezza tutto fin da subito. Ma questi limiti, ripeto, affliggono anche la Scienza con la "s" maiuscola, è solo una questione di gradi. Anzichè disprezzare gli pseudo-scienziati forse è più costruttivo non mitizzare la Scienza con la "s" maiuscola cominciando a conoscerla meglio magari proprio grazie ai gravi limiti dei modelli econometrici.

giovedì 13 maggio 2010

Quando il numero più basso è "due"

Se una forma di vita nasce dal pancione o dal pc che m' importa? La sola questione che m' importa è quella dell' anima.

Dove stai anima, forse negli occhi?

"Diritti agli animali? Sono disposto a concederli quando saranno loro a chiedermeli con una petizione" (Murray Newton Rothbard).

Con gli animali, il guaio non sta tanto nell' innalzare eventualmente il loro status ontologico, quanto nel non poterlo fare fino alla parificazione con il nostro.

Si ricade inevitabilmente nel pluralismo ontologico restando esposti alle sue minacce: se creo la categoria del subumano per metterci l' animale, una volta che c' è cosa m' impedisce di metterci anche Tizio e Caio, gente tanto dura di cervice da non poter certo essere assimilati a me? Prima non avrei osato "degradarli", ma ora posso farlo.

E se il subumano animale mi sembra troppo, ricorrerò ad altro, tanto ora che so "creare" razze ontologiche posso farmene una su misura dove relegare le persone scomode.

Diversa è la battaglia per innalzare lo status del folle: in quel caso l' obiettivo è una parificazione con noi. Non devo buttarmi nell' ontologia per "creare" nuove categorie che fanno tanto comodo ai razzisti, bensì per "eliminare".

Eliminare le razze dunque. Eliminarle fino al raggiungimento del "numero ontologico" più basso. E il numero più basso è due: oggetto e soggetto. Se lo zero è il nichilismo, l' uno coincide con l' infinito, il numero più alto.

Anima, anima, dove stai? Forse negli occhi?



Più probabilmente sta nella capacità di sedere sulla sedia dell' imputato subendo un processo con regole uguali per tutti.

Breve memorandum

"Verba volant, scripta manent".

Eh già.

Ma come diceva John von Neumann, questo non è necessariamente un argomenta contro i "verba". Quanta gente si sarebbe salvata se la carta non la "inchiodasse".

E la TV? La TV è parola che vola via o scritto scolpito nella roccia?

Per molti, non solo "incide" ma "scolpisce". In particolare scolpisce i cervelli che alla TV restano esposti. Anche il Cobra più smaliziato si rincoglionisce al suono di quel piffero. I nostri cerebri sono cablati e i cavi finiscono tutti nell' attacco dell' antenna.

Ed ecco che gli allarmi dei regolamentatori partono tutti insieme come dopo il temporale di stanotte.

Ricapitoliamo: la parola vola, lo scritto resta e la TV plasma.

Da qui la necessità di provvedere: tolleranza sbuffante per la chiacchera da bar (ci si limiti a far passare il mito dell' Italia becera...), supervisione occhiuta sugli scritti (monopolio scolastico, egemonia culturale...) e regolamentazione ferrea sulle antenne (conflitto d' interesse, par condicio...).



Ma la "pianificazione espressiva" non è certo la "libertà espressiva" e chi ha davvero a cuore il secondo valore è poco interessato a sapere se l' espressione "voli", "duri" o "incida"; la libertà è libertà... purtroppo.

I valori sono valori, ma poichè bisogna essere anche pragmatici, vengono buone le seguenti osservazioni sulla capacità d' incidere della TV:

Mi permetto di sottoporre questo breve memorandum agli ossessionati dal binomio tv/politica.

  1. Primo antefatto. Negli ultimi anni della Prima Repubblica i socialisti si presero una rete televisiva della Rai, la seconda. Ad ogni appuntamento elettorale aumentavano di qualche zero virgola, non di più .
  2. Secondo antefatto. Negli ultimi anni della Prima Repubblica i comunisti si presero una rete televisiva della Rai, la terza. Ad ogni appuntamento elettorale la sconfitta numerica del Pci si faceva sempre più drammatica.
  3. Terzo antefatto, negli anni dell'agonia della Prima Repubblica, la Lega non esisteva nella televisione. Ma cominciava a mietere i suoi straordinari successi elettorali.
  4. All'inizio della Seconda Repubblica, la Rai segna un significativo spostamento a sinistra, sia nella composizione della dirigenza, sia nelle caratteristiche dei conduttori dei principali programmi politici della tv pubblica. Ma cio' non impedì la vittoria elettorale della destra nel 1994.
  5. Arrivata al potere, la destra impose una drastica sterzata politica alla Rai. Ma nel 1996 le elezioni le vinse la sinistra, spodestata Se chi controlla dal vertici della tv pubblica.
  6. Arrivata al potere la sinistra, l'accentuazione politica a sinistra dei canali nazionali si fece ancor più aggressiva e militante. Ma nelle elezioni successive vinse la destra, minoritaria nei vertici della tv pubblica.
  7. Arrivata nuovamente al potere, la destra occupa militarmente gli spazi maggioritari della Rai. Ma cio' non evita un' impressionante sequenza di rovesci elettorali per la destra (Comunali, Provinciali, Regionali, Europee) fino alla sia pur risicata vittoria elettorale della sinistra nel 2006.
  8. Arrivata nuovamente (sia pur precariamente) al potere nel 2006, la sinistra, pur non riuscendo a imporre un rovesciamento drastico negli equilibri della Rai, opera alcuni parziali ma decisivi aggiustamenti a suo favore. Ma alle elezioni del 2008 la sinistra perse rovinosamente, favorendo il trionfo della destra.
  9. Arrivata ancora una volta al potere, la destra ha di nuovo modificato radicalmente gli equilibri di potere nella Rai, nei telegiomali, nelle reti, nei programmi di intrattenimento, politico e non. Stando ai sondaggi, non sembra che ll controllo sulla Rai abbia incrementato ulteriormente i consensi per l'attuale maggioranza (o almeno così pare).

Solo un memorandum. Un elenco di fatti spiegablii in due modi. Primo: la Rai porta sfortuna a chi ne detiene le chiavi di maggioranza. Secondo: elettoralmente la Rai conta molto meno di quanto non siano disposti ad ammettere gli arcigni duellanti dei due schieramenti, Altre spiegazioni?

N.B. nelle recenti elezioni inglesi si ripete il ritornello: chi buca il video resta minoritario nei consensi.


Pierluigi Battista (da Particelle Elementari)

mercoledì 12 maggio 2010

Multitasking? Mica tanto.

Contate attentamente quante volte le ragazze vestite di bianco si passano la palla. Mi raccomando, mi affido alla vostra capacità di concentrarvi.



Visto? Quindi... allacciatevi la cintura e rallentate... tanto per cominciare.

link

Bellezze indotte

Il più bel road movie in circolazione?

Con rammarico devo ammettere che non è un "movie" ma una pubblicità

lunedì 10 maggio 2010

La carità che uccide

"... In Africa c' è un fabbricante di zanzariere che ne produce circa cinquecento la settimana. Dà lavoro a dieci persone, ognuna delle quali (come in molti Paesi africani) deve mantenere fino a quindici famigliari. Per quanto lavorino sodo, la loro produzione non è sufficiente per combattere gli insetti portatori di malaria. Entra in scena un divo di Hollywood che fa un gran chiasso per mobilitare le masse e incitare i governi occidentali a raccogliere e inviare centomila zanzariere nella regione infestata dalla malattia, al costo di un milione di dollari. Le zanzariere arrivano e vengono distribuite: davvero una «buona azione». Col mercato inondato dalle zanzariere estere, però, il nostro fabbricante viene immediatamente estromesso dal mercato, i suoi dieci operai non possono più mantenere le centocinquanta persone che dipendono da loro (e sono ora costrette ad affidarsi alle elemosine), e, fatto non trascurabile, entro cinque anni al massimo la maggior parte delle zanzariere importate sarà lacera, danneggiata e inutilizzabile. Un intervento efficace a breve termine può involontariamente minare ogni fragile possibilità di sviluppo già esistente..."

MOYO DAMBISA "La carità uccide".

Certi "baci" hollywoodiani assomigliano molto al "bacio della morte".



venerdì 7 maggio 2010

Quando anche le risate se ne vanno

Dopo le lodi di rito al "brillante divulgatore" de "Il gene egoista", Alister McGrath pesta duro contro il collega Dawkins che nelle vesti di dilettante si è cimentato con la questione religiosa.

Tanto per gradire un passaggio:

"... Mr Dawkins rivolge così la sua attenzione anche a teorie basate sulla filosofia della religione. Non sono certo che la sua sia una mossa saggia, egli chiaramente non è all' altezza della situazione e ottiene ben poco dal suo confronto breve e superficiale con queste dispute infinite... non sembra afferrare la difesa della fede così come la imposta Tommaso, confonde il concetto di "dimostrazione a posteriori" con quello di "prova a priori"... non coglie che dimostrare "giustificata" una credenza non equvale a dimostrarla "provata",... non prende neanche in considerazioni cio' che per la stragrande maggioranza di persone è molto plausibile, ovvero che "il problema di Dio" non si risolve empiricamente microscopio alla mano..."

Persino quando Dawkins coglie nel segno, finisce per farla fuori dal vaso imbrattando anche i muri del cesso. E' il caso di quando denuncia la credenza in un "Dio-tappabuchi":

"... si trattava [l' ipotesi del Dio Tappabuchi] di una mossa inconcludente lentamente abbandonata nel XX secolo... ma D anche qui trova il modo d' indebolire la sua giusta critica: per lui, a causa del "dio tappabuchi", la persona religiosa morde il freno quando si tratta di esplorare le lacune della conoscenza... Il filosofo di Oxford Richard Swinburne, al contrario, argomenta con lucidità come sia proprio la nostra capacità di "capire e spiegare" a richiedere una spiegazione e che il resoconto più economico ed affidabile di questa capacità esplicativa risieda nell' ipotesi di un Dio creatore... per Swinburne non sono le lacune della conoscenza a farci puntare su Dio, quanto piutosto la comprensione del Mondo... proprio tale comprensione viene dunque esaltata dalla fede..."

Un inevitabile terreno di scontro: la mente del cattolico:

"... ancora argomenti stantii... Dio sarebbe un' "invenzione consolatoria"... l' affermazione seduce solo chi non ha bisogno di essere sedotto... ma dov' è la "scienza" in tutto cio'?... se ho sete cio' non significa necessariamente che l' acqua non esiste... purtroppo per D i meccanismi psicologici che stanno alla base del sentimento religioso non sono riducibili ad un unico tratto caratteriale ma sono vari e complessi... d' altronde nelle scienze umane, si sa, le cause multiple sono la norma... la depressione è causata da fattori fisici o sociali? la risposta è "da entrambi"... l' amore romantico è causato da vari fattori tra cui c' è anche l' esistenza dell' amato... ma perchè D non si è confrontato con Freud?, ovvero con colui che tentò un resoconto psicologico del sentimento... lo psicologo belga Antoine Vergote ha messo bene in luce le incoerenze e il fallimento di quel tentativo concludendo come oggi concludono quasi tutti: "la validità della fede religiosa non puo' essere nè sostanziata nè confutata attraverso la psicologia..."

La religione è un male? Argomento scottante su cui D ha dato il meglio.

"... D dice di credere che non vi sia ateo al mondo desideroso di distruggere La Mecca o San Pietro. Purtroppo un' affermazione del genere è frutto della sua personale credulità, non della realtà delle cose... La storia dell' Unione Sovietica è piena di esempi di chiese bruciate o fatte saltare in aria. La sua pretesa che l' ateismo sia immune da ogni forma di violenza è insostenibile... Hitler, Stalin, Pol Pot... tutti sedicenti atei ma non esattamente dei pacifisti toleranti... quanto agli attentati suicidi mi sembra che Richard Pape abbia dimostrato con rigore nel suo volume come la gran parte di essi siano dettati da motivazioni in primo luogo politiche..."

Varie ed eventuali.

"... D nel suo libro sostiene come l' etica di Gesù fosse settaria e si associasse ad un' aperta ostilità verso lo straniero... trasecolo, ci sono punti nei quali l' ignoranza di D in materia di religione cessa di essere solo divertente per inscenare lo spettacolo del ridicolo silente poichè nessuna risata è più in grado di accompagnarlo..."

giovedì 6 maggio 2010

La Libertà “smontata”

Cos’ è la libertà d’ espressione se non la libertà di affittare un salone, invitare della gente e parlare loro?

Tutte le libertà sono riducibili alla libertà economica.

Avanti, suggeritemi una libertà qualsiasi e sarà per me un gioco da ragazzi smontarla.

Murray Newton Rothbard – Etica della Libertà

mercoledì 5 maggio 2010

La pernacchia dello speculatore

"... si sente dire che è colpa della crisi ricade sulla speculazione ma in realtà è l' esatto contrario: il fatto che la Grecia abbia potuto indebitarsi a tassi simili a quelli tedeschi per anni e anni, protetta dall' appartenenza all' euro, ha contribuito in modo sostanziale al suo collasso..."

Alberto Alesina - 24 ore 4.5.10 -

Viene in mente Tremonti, uno che addita costantemente agli speculatori; il Commercialista di Sondrio si tormenta quando vede il mercato risolvere brillantemente un problema che, per la gioia dei suoi colleghi politici, è completamente insolubile alla politica: "chi controlla i controllori?". Ebbene, l' astio del ministro è giustificabile: lui da ministro controlla dall' alto gli italiani, eppure anche lui, - il tapino ne prende atto con stizza - ha un severo controllore. Gli "speculatori" internazionali sono i suoi veri e unici "controllori informati", una mossa falsa e zac, un debito di troppo e kaputt, e con lui il Paese. Non sarà bello vedere gli avvoltoi che volano in circolo sopra di te, ma perlomeno ora sai di essere poco più di una carogna, cosa che rischiava di sfuggirti (ah... la potenza della mente!). C' è finalmente qualcuno che appioppa i voti e scommette sull' operato dei politici, è qualcuno di affidabile visto che dove mette la lingua mette anche i propri soldi, molto meglio persino dei talk show e del giornalismo d' inchiesta; in questi casi l' egoismo rende più affidabile dell' onestà costruita a base di "lingue&penne".



Dipingere la saliva è la vera spcialità Julia Randall

lunedì 3 maggio 2010

Il Far West in cortile

C' è chi vede il Far West nel bel mezzo della Val Padana, mi sento subito molto "broncobilly". Persino il Maestro Alessandro Alessandroni non si è trattenuto e ha ripreso a "fischiettare" solo per loro...



Anche Leandro Erlich vede e fa vedere cose strane, per esempio questi omini in fondo alla piscina (in realtà sono solo i visitatori del Museo al piano di sotto).

Consiglio ad Alberto: come avvicinarsi a Nabokov


Io ho letto "Lolita" e ne ho un buon ricordo. Si ride anche parecchio.
Adesso che mi ci fai pensare in effetti la prima pagina era piuttosto incomprensibile.
Una specie di analisi anatomica delle parti su cui batte la lingua quando si pronuncia il nome della ninfetta.
Se mi fermassi qui il consiglio sarebbe quello di insistere.
Però ho letto anche "Cose trasparenti" e lì le pagine oscure si infittivano. Anche se poi ti imbattevi a sorpresa in capitoletti memorabili. Alla fine non posso dirmi pentito.
Mi sa che Nabokov è un "costruttore di mondi" e va costantemente seguito nel corso dei lavori, a partire da quando scava le fondamenta. Se arrivi quando getta la soletta del tetto non ci capisci più niente.
Un po' come Paolo Conte, mi piace e lo consiglio agli amici. Ma poi loro ascoltano "La Frase" e me lo liquidano come astruso (e un po' c' hanno pure ragione).
Lo credo bene, per godertela devi presenziare dall' inizio alla costruzione del "suo mondo", ovvero, ascoltare ed amare "Azzurro".
Forse per apprezzare un libro del Nabokov maturo bisogna essere dei Nabokoviani. Ma per iscriversi al club bisogna leggere Lolita due volte.
***
Ricordo con dolore la scottata di quando mi accostai a Joyce partendo dai Finnegans Wake. Non ne volli più sentir parlare per almeno 10 anni.

Genealogie libresche

Dei fenomeni incongrui opprimono con il loro mistero la mia vita parallela di lettore.
Un certo istinto edipico informa alcuni miei comportamenti inconsulti. Non riesco sinceramente a spiegarmeli pur non potendo rinnegarli.
Con calma cerco di fare mente locale. I libri stanno di fronte a me tutti allineati e parificati sullo scaffale.
Ma quando poi ci guardiamo in faccia, sappiamo benissimo, sia io che loro, che non è certo una relazione egalitaria a collegarli/ci.
Intricate parentele finiscono per disegnare un imponente albero genealogico tra le cui fronde è bello giocare e perdersi. E' il gioco delle ascendenze.
***
Alcuni libri sono ricavati dalla costola di un parente/libro ben identificato, altri fuoriescono dal combinato disposto di una pluralità ristretta, altri ancora hanno progenitori vaghi che comunque potrebbero essere vagamente designati. Poi ci sono quelli usciti dal nulla che hanno partorito una ristretta ma solida discendenza. Poi ci sono quelli che dal nulla sono usciti e nel nulla sono sterilmente rientrati. Non dimentichiamoci degli orfanelli.
Potrei andare avanti.
Alcuni Patriarchi sono stati particolarmente prolifici creando delle vere e proprie colonie che s' impolverano al loro fianco ben allineate sulle monocrome mensole dell' Ikea.
Veramente adorabili questi nipotini. Quindi, si direbbe, venerabile il capostipite? Calma.
Per essere più esplicito faccio un caso che deve intendersi come uno tra i tanti.
***
Devo ammetterlo, oggi non posso più rinunciare ad espormi regolarmente alla sfiammata sulfurea di un certo Antonin Artaud, come potrei esimermi dall' auscultare il suo formidabile rantolo gutturale?
Chi puo' sottrarmi al raccoglimento indotto dalla sua farneticante profezia?
Che gioia soccombere ad un simile plagiatore. Che spasso vederlo sfidare i dieci Comandamenti tutti in una volta!
Che emozione seguirlo mentre si aggira come un animale colpito al ventre e ascoltarlo che spiega a tutti, con gli occhi fuori dalle orbite, quanto bruci la ferita!
Questa felice dipendenza mi è stata regalata a monte dalla lettura di un classico di Jacques Derrida: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi editore. E' lì che scoprii la vena di Artaud.
***
Devo ammetterlo, oggi non posso più rinunciare a perdermi con regolarità nel labirinto interrogante di Edmond Jabès.
Non riesco a trattenermi, ogni tot. devo raccogliere i miei quattro stracci e farmi nomade con lui.
E' un imperativo ineludibile: devo unirmi a lui nel suo sforzo continuo di spostare il confine, di svellere il cippo.
Ammetto con ritrosia che anche questa felice dipendenza mi è stata regalata in principio dalla lettura di un classico di Jacques Derrida: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi Editore. Già sentito?

 


Se poi la buttiamo in filosofia devo rivelare la fascinazione che ho sempre subito per lo specchio abissale degli sguardi reciproci così come lo descrive un "filosofo poetante" come Levinas.
La sua tesa e convincente narrazione del Volto Altrui mi torna in mente come chiave di volta nelle situazioni più disparate.
Con un simile strumento nelle mani riesco a sbrogliare nella mia testa le matasse più intricate.
Ammetto a denti stretti che anche questa persona valorosa mi sia stata presentata da Jacques Derrida per tramite di un suo classico: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi Editore. E' lo stesso tomo a cui accennavo più sopra.
***
Finisco anche se non è finita.
Molti amori letterari sinceri e duraturi gli ho ereditati dalla provvidenziale giovanile lettura di un classico di Jacques Derrida. Il titolo è noto, trattasi de "La Scrittura e la Differenza", Einaudi Editore.
Oggi, gran parte del mio tempo, quando sono impegnato a scambiare idee sui libri letti, lo passo ad esaltare la potenza di fuoco di Antonin Artaud, lodo lo sbrego del suo artiglio, incito il mio interlocutore a lasciarsene uncinare le carni.
A seguire non manco mai di portare alle stelle la Metafisica itinerante di Edmond Jabes, raccomando a chiunque di confrontarsi con l' irrequita insaziabilità di questo ispirato questionatore.
Chiudo sempre con l' elevazione di un peana per Levinas, disvelatore sommo della nostra condizione terrena che si specchia al meglio solo nell' occhio vigile del prossimo.
Se poi avanza tempo non ho dubbi su come impiegarlo.
Già mi vedo concitato e convinto redigere l' Indice dei libri dannosi che inquinano, intossicano e sviano un sano approccio alla lettura.
E' con gioia che estirpo e scaravento nella polvere calpestandola con frenetica eccitazione una simile gramigna.
La graduatoria di questi testi corruttori delle tenere intelligenze è inaugurata da una iattura senza pari.
Non so nemmeno se vale la pena dirlo a questo punto. Ma che lo dico a fà?
Ovviamente trattasi di un classico di Jacques Derrida: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi Editore. Una vera mina vagante. Uno schifo. Bleah.

domenica 2 maggio 2010

Mezzanotte nel giardino del bene e del male

Il cineclub puo' dirsi aperto con questo film.

Per la scheda ci vorrebbe la perizia chirurgica di diana, in mancanza di meglio ci facciamo bastare questo annuncio, da ora chi ha visto il film puo' commentare. A proposito, chi non l' ha visto si astenga dal leggere i commenti, almeno il mio, visto che mi ritengo autorizzato a fare esplicito riferimento alla storia, finale compreso.

Siamo a Savannah, la negritudine, il voodoo, il razzismo sempre latente... speriamo che il film si tenga alla larga dalla marea di cliché che lo minacciano in questi casi.



allora parto con le mie personali impressioni.

Devo dirlo? Mi è sembrato un film dilettantesco, e anche un po' al di sotto dell' onesto dilettantismo.

Alcune rettifiche alla sconclusionata sceneggiatura s' impongono, pena l' incongruenza grave di un racconto già compromesso dallo stile scialbo.

Siamo alla scena clou, nel dare la sua seconda versione dei fatti Jim si frega le mani poichè eludendo le obiezioni del PM vedrà declassata l' accusa da omicidio a falsa testimonianza.

In realtà la scena a cui assistiamo nel flash back è un omicidio vero e proprio, altro che "declassamento" salvifico.

Chi è lo stupido allora, il regista che rende male il racconto di Jim o Jim che crede di farla franca mirando al "declassamento" con un racconto del genere?

Oltretutto, dopo la nuova versione dei fatti che Jim illustra a Kelso, quest' ultimo mette su un muso che terrà fino alla fine del film: colui che credeva innocente e per cui si era battuto, in realtà era un villano rifatto.

Che senso avrebbe questa delusione se il racconto di Jim fosse veramente quello che Jim pretende che sia: il racconto di un innocente che si protesta tale in virtù della legittima difesa.

Solo una variante è in grado di rimettere insieme i pezzi. Jim avrebbe dovuto dire a Kelso che le cose sono andate come le fa vedere il regista ma che lui davanti alla Corte affermerà di aver sparato tutti i colpi da dietro la scrivania e consecutivamente. Solo in questo modo eviterà (forse) l' accusa di omicidio sobbarcandosi (volentieri) quella di semplice calunnia. Solo in questo modo si spiega la cocente "delusione umana" che si abbatte su Kelso.

Assurdo credere invece di ottenere l' effetto scagionante raccontando in tribunale il flash back come ci viene propinato: con Jim ormai fuori pericolo che infligge il colpo mortale ad un Billy solo ferito e inerme al suolo. Ripeto: siamo scemi noi che abbiamo visto il flash back come lo documenta il regista o è ompletamente suonato Jim?

La versione più credibile avrebbe inoltre il merito di riportare il fuoco sull' unico messaggio di spessore: nella società del pregiudizio, l' omosessualità è una vera vergogna solo se accompagnata dal sentimento e non invece quando è solo affare di mero sesso. Sì perchè a quel punto Jim avrebbe ucciso come amante deluso visto che aveva appena ricevuto la conferma che Billy, disposto ad ucciderlo, era per lui un amore perduto.

Per concludere, a me sembra che solo la versione che ho dato riconcili i disparati elementi. Ma nel film una versione del genere è ben lungi dall' essere anche solo minimamente adombrata.

Lasciamo perdere poi i personaggi sbiaditi di Luther e della maga barbona; si capisce che vengono inseriti a forza solo perchè erano nel libro,spero che almeno lì avssero un qualche significato, perchè nel film appesantiscono il tutto e basta.

La storia d' amore, poi, mi fa cagare: non sopporto l' amante brillante che corteggia a suon di motti.

Forse salvo solo l' avvocato difensore. Un po' poco, direi.

Concludendo, stile scialbo, personaggi inesistenti, storia pasticciona: non escludo che come film-tv (quelli che guarda mia mamma) possa funzionare.

sabato 1 maggio 2010

Viaggiando con la macchina del tempo, quale personaggio storico fareste fuori?

Hitler?

Noooo. Molto meglio Lenin

L' abbiamo voluto noi

Una recente inchiesta giornalistica sull’economia di Brescia e sulla sua “reinvenzione” dopo la crisi della centralità siderurgica... ha messo in evidenza come uno dei fattori di forza di questa provincia lombarda sia la massiccia presenza di supermercati, centri commerciali, mega-store e via dicendo. Non si tratta soltanto di realtà che creano posti di lavoro, ma soprattutto di strutture che contribuiscono a mantenere più bassi i prezzi e, di conseguenza, a proteggere il potere d’acquisto. Ora leggiamo che uno dei primi atti della giunta piemontese guidata dal leghista Roberto Cota consiste proprio nel bloccare l’apertura di alcuni supermercati. L’assessore competente, William Casoni (Pdl), ha giustificato la cosa affermando che si deve evitare “un’eccessiva concorrenza” e soprattutto che si devono proteggere quei piccoli negozi che perderebbero clienti, se questi ultimi potessero comprare altrove e più a buon mercato. Qualcuno rileva che andare dal negoziante e pagare di più può essere vantaggioso: perché i soldi "restano in zona", perché i centri commerciali sono tristi, perché i negozianti svolgono anche una funzione sociale. Ok. Io non ho assolutamente nulla contro chi vuole andare dal negozietto che vende i pomodori a 5 euro al chilo. Ha un suo mercato e quindi è più che legittimato a esistere, il suo profitto è rispettabile ma ad una condizione: che l’accesso al mercato sia libero. Altrimenti quel negoziante non è un imprenditore (che rischia e si mette al servizio del cliente), ma è un parassita (che si avvantaggia di protezioni legali). Nessuno dovrebbe essere aiutato, per una ragione etica (non mettere le mani in tasca agli altri) e anche per una ragione economica. Perché quando un’attività, grande o piccola che sia, chiude i battenti, a decidere tutto questo non è stato il fato e neppure una qualche strana cospirazione. Siamo stati noi che l' abbiamo voluto...

Carlo Lottieri