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sabato 25 maggio 2019

MODELLO SUPERFISSO

MODELLO SUPERFISSO

E' il delirio di quei ragionieri che si credono economisti. Funzionano all'incirca così.

Gli animali possono essere divisi in carnivori e non carnivori: A = C + NC. Pertanto, se portiamo alcuni lupi su un'isola dove CI stanno solo pecore, il numero di animali su quell'isola aumenterà.

Ecco altri due esempi:
1) PIL = C(onsumo) + I(nvestimento) + S(pesa pubblica)... Pertanto, un aumento S, aumenterà il PIL.

2) PIL = C(onsumo) + R(isparmio) + T(asse). Pertanto, se aumento le Tasse aumenterà il PIL.

domenica 10 febbraio 2019

IDEE SCIOCCHE: "INDOTTO"

IDEE SCIOCCHE: "INDOTTO"

Ogni volta che si giustifica un investimento pubblico si tira fuori la parolina "indotto", oppure il fatto che "si creano nuovi posti di lavoro".

Ma date tutti i soldi a me, e vedrete l' "indotto" mostruoso che vi creo. Io c'ho qui un "moltiplicatore" che i finanziamenti alla cultura se lo scordano.

mercoledì 26 settembre 2018

Io e il mio amico John Maynard Keynes SAGGIO

Io e il mio amico John Maynard Keynes

Siamo nel bel mezzo di una dolorosa crisi economica, è scoppiata una “bolla” da qualche parte – forse in America – e la gente sfiduciata non spende più. Il consiglio che senti in giro è sempre quello: “stai fermo”, “non muoverti”, “mantieni la posizione”, “a’ da passà la nottata…”, “aspetta che la buriana si calmi”. Sta di fatto che la gente mette i soldi nel materasso, la deflazione avanza, le insolvenze si accumulano, i fallimenti si moltiplicano e i disoccupati pullulano. I propagandisti parlano di “fallimento del neoliberismo”, i razzisti proclamano la “colpa dei negri” e anche gli anti-semiti vivono il loro momento d’oro.
L’unico a mantenere la calma è il mio amico Keynes, lui vede chiaro anche in questo nebbione e parla con sicumera di “trappola della liquidità”, cosa intenderà con questa espressione esoterica non lo so e non voglio saperlo. Sia come sia è un tipo simpatico, soprattutto sofisticato, ama le cose belle e come me non bada a spese, quando ha quattro soldi da parte subito passa all’azione. Come me odia il risparmio. Ci conosciamo da anni e lui conosce la mia prodigalità, non ho molti mezzi ma possiedo nientemeno che un castello, che posso farci, i castelli sono la mia passione. Nulla di che ma ho investito lì dentro tutti i miei risparmi. Più volte l’ho invitato a soggiornare da me offrendogli vitto, alloggio e non solo. Lui ha sempre bisogno di ambienti tranquilli per elaborare le sue teorie cervellotiche e ha sempre accettato stupendosi della mia generosità, mi ha anche confessato candidamente di considerarmi una cavia per i suoi studi di economia sperimentale. Il mio amico Keynes, infatti, non ha mai amato la teoria astratta e la coerenza fine a se stessa, adora invece l’esperimento in corpore vivi: il mondo è capriccioso e va fronteggiato con pragmatismo, il resto sono “castelli in aria”.
Anche di fronte alla malattia attuale che ha colpito il nostro sistema economico il dott. Keynes sembrerebbe aver distillato una sua medicina. L’ha potuto fare nel mio eremo proprio grazie alle osservazioni sperimentali in cui il sottoscritto svolgeva l’umile ruolo della cavia, tanto è vero che ha deciso di battezzare la formula al cuore della sua taumaturgica ricetta ric-M (che sta per “moltiplicatore riccardiano”, dove Riccardo – con due c – sono io, non il suo celebre predecessore).
Lui ha cercato di spiegarmi l’arcano per filo e per segno ma mi sono perso subito, probabilmente non sono all’altezza, mi viene sempre mal di testa quando i numeri entrano in scena, questo fin dai tempi della ragioneria. Ad ogni modo riporto qui sotto un foglio dei suoi appunti, uno dei tanti lasciati nella sua stanza, magari voi ci capirete qualcosa in più…
Partiamo da una semplice identità: Y = C+G+I. Ovvero: il reddito della nazione (Y) è pari ai consumi (C) più gli investimenti (I) più la spesa pubblica (G). Semplice, no?
Poi notiamo che C=0.8Y. In fondo noi non consumiamo tutto il nostro reddito. Plausibile, no?
Poi facciamo un po’ di aritmetica elementare e sostituiamo nell’identità originale: Y=0.5(G+I); dal che deriva che se aumentiamo G di uno, Y ci aumenta di cinque (sottolineato nell’originale). Grande! facciamolo subito e i disoccupati spariranno.
Ma calma, si puo’ fare di meglio! Posso anche dire che: Y=YR+YA. Ovvero: il reddito totale è pari al reddito di Riccardo (la cavia che sto studiando) più il reddito di tutti gli altri.
Possiamo ben dire che YA è circa il 99.999999% di Y. In formula YA=0.9999999Y; sostituendo nell’identità di partenza ottengo che Y=100000000YR. Ovvero, se consegno un euro a Riccardo il reddito nazionale mi aumenta di un fattore 1000000000. E’ un “moltiplicatore” pazzesco! Facciamolo subito e usciremo all’istante dalla crisi!!!
Sia come sia sembra proprio che il mio amico Keynes goda di molta stima negli ambienti ministeriali dove è stato ricevuto con tutti gli onori e dove si è deciso – in assenza di alternative credibili – di adottare la sua cura nella speranza di uscire da tunnel.
Una cosa è certa: l’implementazione della cura di John mi ha piacevolmente colpito, in buona sostanza consisteva nel consegnare A ME un numero indefinito di miliardi di euro affinché li spendessi. Non so bene dove se li fossero procurati – sembra siano stati fatti dei debiti – ma a me la cosa interessa molto relativamente (non sono affari miei), io devo solo pensare a spenderli in Italia, r-M, dicono loro, avrebbe pensato al resto.
E così ho potuto dar sfogo alla mia vena e coltivare la mia vera passione: i castelli. Ho cominciato a comprare castelli a destra e a manca ma soprattutto a costruirne di nuovi dando lavoro a migliaia di persone che prima incrociavano le braccia (o giravano i pollici) in attesa del sussidio di disoccupazione. Grazie ai miei castelli l’economia è “ripartita” (come dicono loro) e il paese ha tirato un sospiro di sollievo. I 3/4 del nostro sistema produttivo è al mio servizio specializzandosi nella costruzione di castelli medievali. Vista dall’estero la cosa appare strana ma l’importante era il PIL che finalmente galoppava a pieno regime grazie al buon lavoro di r-M. Inutile dire che John vinse il Nobel a mani basse e il nostro paese venisse portato ad esempio ovunque.
Un giorno il Ministro mi convocò nel suo ufficio per comunicarmi che finalmente il Paese poteva dirsi “ufficialmente uscito dalla crisi”, che loro avevano ripagato i debiti fatti e che quindi non aveva più senso trasferire nelle mie tasche tanta ricchezza, il rubinetto veniva chiuso poiché non serviva più azionare l’ r-M. Ci saremmo rivisti nel “momento del bisogno”, disse proprio così nil signor Ministro. Da un giorno all’altro la domanda di castelli si azzerò, la cosa non fu considerata un problema poiché ormai la fiducia aveva ricominciato a circolare e la gente spendeva, la “trappola della liquidità”, diceva John, era solo un ricordo lontano. Sarà stato anche vero che la gente aveva ricominciato a spendere ma poiché conosco bene i miei connazionali so anche che spendono praticamente tutto in gioco d’azzardo e prostituzione mentre la parte produttiva del paese fu presa alla sprovvista poiché si aspettava di dover costruire castelli medievali (quelli con i merletti); occorreva così riconvertire le imprese edili specializzate nella costruzione di castelli medievali in prostitute e biscazzieri, un’impresa non da poco (per usare un eufemismo). E’ così che precipitammo in una nuova recessione ben peggiore della prima. Non dico altro.
Come usciremo da questo nuovo guaio non lo so bene, so solo che quando io e il mio amico Keynes ci presentammo timidamente al Ministero ritenendo che “il momento del bisogno” fosse tornato e vantando le imprese passate dell’ r-M fummo scacciati in malo modo :-(.
Risultati immagini per art keynes

lunedì 3 ottobre 2016

Keynes distrutto dai keynesiani

In tempi di crisi economica lo stato deve intervenire?
In un mondo keynesiano la risposta è un tonitruante sì. Ma come?
Il prof. Greg Mankiw è un neokeynesiano, e quindi vede le crisi innanzitutto come crisi di domanda (si spende troppo poco), eppure nella gerarchia degli interventi statali stilata nel saggio “An Exploration of Optimal Stabilization Policy” relega i classici interventi di stampo keynesiano all’ultimo posto, come ultima ratio. E’ un modo elegante per gettare Keynes nella pattumiera lasciandogli l’onore delle armi.
Ma vediamola questa gerarchia degli interventi possibili:
1. Politica monetaria convenzionale: abbassare i tassi a breve.
2. Politica monetaria non convenzionale: abbassare i tassi a lungo (penali sulla liquidità, impegno inflazionistico).
3. Politica fiscale convenzionale di primo grado: stimolare cio’ che stimolerebbe la politica monetaria (meno tasse sui produttori e sui loro investimenti).
4. Politica fiscale convenzionale di secondo grado: meno tasse sui consumatori.
5. Politica fiscale convenzionale di terzo grado: più spesa pubblica.
Una premessa è d’obbligo: ci collochiamo in uno scenario tipicamente keynesiano, ovvero con prezzi rigidi. In uno scenario più realistico, la prima mossa sensata da compiere sarebbe quella di allentare la rigidità dei prezzi facilitandone la discesa con una deregolamentazione, ovvero con norme pro-business e anti-sindacali: salari e prezzi meno rigidi consentiranno un aggiustamento del sistema verso l’equilibrio efficiente senza bisogno di intervenire producendo inevitabili distorsioni.
Una volta “inghiottite” premesse tanto indigeste, la risposta keynesiana è nota:…
… Traditional Keynesian economics suggests a startlingly simple solution: the government can increase its spending to make up for the shortfall in private spending. Indeed, this was one of the motivations for the stimulus package proposed by President Barack Obama and passed by Congress in early 2009…
Una risposta controintuitiva: come è possibile essere prodighi in tempo di vacche magre?
… If we as individual citizens are feeling poorer and cutting back on our spending, why should our elected representatives in effect reverse these private decisions by increasing spending and going into debt on our behalf? If the goal of government is to express the collective will of the citizenry, shouldn’t it follow the lead of those it represents by tightening its own belt?…
Anche qui c’era una risposta: a tutto penserebbe il moltiplicatore!
… Traditional Keynesians have a standard answer to this line of thinking. According to the paradox of thrift, increased saving may be individually rational but collectively irrational. As individuals try to save more, they depress aggregate demand and thus national income…
Il Keynes ortodosso guardava al macro senza considerare il micro, guardava al sistema economico come sganciato dai processi elementari dell’economia- A causa di questo strabismo potevano fioccare battute impietose per cui nel suo modello si superavano le crisi “scavando buche e riempiendole”. Ma i neo keynesiani non sono disposti a farsi prendere in giro, cosicché aggiustano il tiro ristabilendo una nuova armonia tra micro e macro:
… Unlike traditional Keynesian analysis of fiscal policy, modern macro theory begins with the preferences and constraints facing households and firms and builds from there. This feature of modern theory is not a mere fetish for microeconomic foundations. Instead, it allows policy prescriptions to be founded on the basic principles of welfare economics…
In altri termini: non guardiamo solo al PIL ma al benessere dei cittadini. Se le buche scavate e riempite non servono ai cittadini della cosa va tenuto conto. Detto ancora diversamente: non conta solo il PIL ma anche la sua composizione, il PIL non deve solo crescere, deve anche essere composto da beni per cui esiste una domanda vera.
Ecco perché è meglio partire agendo sui tassi di breve periodo, perché stimolano gli investimenti da parte degli imprenditori, ovvero degli specialisti nell’intercettare la domanda:
… We begin with the benchmark case in which the economy does not face the zero lower bound on nominal interest rates. In this case the only stabilization tool that is necessary is conventional monetary policy. Once monetary policy is set to maintain full employment, fiscal policy should be determined based on classical principles. In particular, government consumption should be set to equate its marginal benefit with the marginal benefit of private consumption…
In secondo luogo, si agisce sui tassi di lungo periodo e sulle aspettative inflazionistiche (politica monetaria non ortodossa). La logica è sempre la stessa: stimolare ulteriormente gli imprenditori allorché il tasso è già a zero (l’inflazione prevista di fatto rende negativi i tassi):
… We then examine the complications that arise because nominal interest rates cannot be set below zero. We show that even this constraint on monetary policy does not by itself give traditional fiscal policy a role as a stabilization tool. Instead, the optimal policy is for the central bank to commit to future monetary policy actions in order to increase current aggregate demand…
La politica fiscale arriva dopo, e dapprima deve tentare di imitare quella monetaria: agevolare gli investimenti.
… A role for countercyclical fiscal policy might arise if the central bank both hits the zero lower bound on the current short-term interest rate and is unable to commit itself to expansionary future… Optimal fiscal policy in this situation is one that tries to replicate the allocation of resources that would be achieved if prices were flexible. An increase in government purchases cannot accomplish that goal: although it can yield the same level of national income, it cannot achieve the same composition of it… our model suggests that tax policy should aim at increasing the level of investment spending. Something like an investment tax credit comes to mind. In essence, optimal fiscal policy in this situation tries to produce incentives similar to what would be achieved if the central bank were somehow able to reduce interest rates below zero…
La conclusione: al diavolo il moltiplicatore (e Keynes con lui)… Insomma, esiste una gerarchia degli interventi e quelli caldeggiati da Keynes vengono per ultimi: parola di neo-keynesiano.
… A final implication of the baseline model is that the traditional fiscal policy multiplier may well be a poor tool for evaluating the welfare implications of alternative fiscal policies… in traditional model fiscal options are judged according to how many dollars of extra GDP… But such calculations ignore the composition of GDP and therefore are potentially misleading as measures of welfare… One unambiguous implication of the analysis is that whether and how any policy instrument is used depends on which other instruments are available. To summarize the results, it is fair to say that there is a hierarchy… fiscal policy should aim at incentivizing interest-sensitive components of spending, such as investment. In essence, optimal fiscal policy tries to do what monetary policy would if it could…
Qual è allora l’errore di Keynes, quello per cui viene rigettato anche dai neo-keynesiani?
… When considering the role of fiscal policy for dealing with an economy in recession, the first thought of many economists is the famous income-expenditure model, also known as the “Keynesian cross,” which they learned as undergraduates. With a minimum of algebra and geometry, the model shows how fiscal policy can increase aggregate demand and thereby close the gap between output and its potential… The conventional application of these macroeconomic models for normative purposes, however, is hard to reconcile with more basic economic principles… Ultimately, all policy should aim to improve some measure of welfare, such as the utility of the typical individual in society. The output gap matters not in itself but rather because it must in some way be an input into welfare… Policymakers have various tools at their disposal with which they can influence aggregate demand. Which tools they use to bring the economy back to full employment can profoundly influence the level of welfare achieved… welfare depends not only on the level of output, but also on its composition among the various components of spending…
Eppure le politiche keynesiane sono ancora tra noi. la cosa non sorprende. Un rigetto dell’accademia non significa un rigetto della politica. Keynes sarà sempre adorato dal politico populista in cerca di giustificazioni per il suo deficit e di un fuoco di paglia purchessia in grado di fargli vincere le elezioni. Dopo, accada quel che deve accadere, nel lungo periodo saremo tutti morti (come diceva Craxi mentre montava il debito pubblico).
keynes

An Exploration of Optimal Stabilization Policy gregory mankiw matthew weinzierl

Notebook per
An Exploration of Optimal Stabilization Policy
gregory mankiw matthew weinzierl
Citation (APA): weinzierl, g. m. m. (2014). An Exploration of Optimal Stabilization Policy [Kindle Android version]. Retrieved from Amazon.com

Parte introduttiva
Evidenzia (giallo) - Posizione 1
An Exploration of Optimal Stabilization Policy gregory mankiw matthew weinzierl
Nota - Posizione 1
Ls critica neoclassica e il paradosso del risparmio. La soluzione keynesiana: sostituire il pubblico (e le sue preferenze) ai privati Alternativa: partire dalla microeconomia e dal teorema del welfare. Non sostituirsi al privato ma neutralizzare le forze che lo bloccano Problema: il politico keynesiano ha a disposizione + strumenti, sono tutti uguali? No. Alcuni sono + rispettosi del welfare sociale. Il consumo privato nn può essere sostituito da quello pubblico: il welfare ne risente la politica fiscale deve cercare di imitare quella monetaria x non intaccare il welfare: tax credit investment il moltiplicatore non riesce a rendere conto del welfare x' non considera la composizione del pil incrementale ma si limita a misurarlo Semplificazioni: 1. non considerato il settore finanziario 2. non considerata l' apertura economica 3. non consideratà la rigidità variabile dei prezzi x settore 4. non considerati i costi del processo politico
Nota - Posizione 6
T
Evidenzia (giallo) - Posizione 6
INTRO
Evidenzia (giallo) - Posizione 6
What is the optimal response of monetary and fiscal policy to an economy-wide decline in aggregate demand?
Nota - Posizione 7
LA DOMANDA
Evidenzia (giallo) - Posizione 10
The textbook answer to such a situation is for policymakers to use the tools of monetary and fiscal policy to prop up aggregate demand.
Nota - Posizione 11
TRADIZIONE
Evidenzia (giallo) - Posizione 14
Traditional Keynesian economics suggests a startlingly simple solution: the government can increase its spending to make up for the shortfall in private spending. Indeed, this was one of the motivations for the stimulus package proposed by President Barack Obama and passed by Congress in early 2009.
Nota - Posizione 15
KEYNES
Evidenzia (giallo) - Posizione 19
If we as individual citizens are feeling poorer and cutting back on our spending, why should our elected representatives in effect reverse these private decisions by increasing spending and going into debt on our behalf? If the goal of government is to express the collective will of the citizenry, shouldn’t it follow the lead of those it represents by tightening its own belt?
Nota - Posizione 21
STRANEZZA DI KEYNES: PRODIGO IN TEMPI DI VACCHE MAGRE
Evidenzia (giallo) - Posizione 21
Traditional Keynesians have a standard answer to this line of thinking. According to the paradox of thrift, increased saving may be individually rational but collectively irrational. As individuals try to save more, they depress aggregate demand and thus national income.
Nota - Posizione 23
RISPOSTA KEYNESIANA
Evidenzia (giallo) - Posizione 26
Unlike traditional Keynesian analysis of fiscal policy, modern macro theory begins with the preferences and constraints facing households and firms and builds from there. This feature of modern theory is not a mere fetish for microeconomic foundations. Instead, it allows policy prescriptions to be founded on the basic principles of welfare economics.
Nota - Posizione 28
MICROFOUNDATION. RIFIRMA KEYNESIANA
Evidenzia (giallo) - Posizione 31
The model we develop to address this question fits solidly in the New Keynesian tradition.
Nota - Posizione 32
T
Evidenzia (giallo) - Posizione 32
That is, the starting point for the analysis is an intertemporal general equilibrium model that assumes prices to be sticky in the short run.
Nota - Posizione 33
RIGIDITÀ
Evidenzia (giallo) - Posizione 45
We begin with the benchmark case in which the economy does not face the zero lower bound on nominal interest rates. In this case the only stabilization tool that is necessary is conventional monetary policy. Once monetary policy is set to maintain full employment, fiscal policy should be determined based on classical principles. In particular, government consumption should be set to equate its marginal benefit with the marginal benefit of private consumption.
Nota - Posizione 48
PRIMO CASO. TASSI
Evidenzia (giallo) - Posizione 49
We then examine the complications that arise because nominal interest rates cannot be set below zero. We show that even this constraint on monetary policy does not by itself give traditional fiscal policy a role as a stabilization tool. Instead, the optimal policy is for the central bank to commit to future monetary policy actions in order to increase current aggregate demand.
Nota - Posizione 51
2 QUANTITATIVE EASING
Evidenzia (giallo) - Posizione 53
A role for countercyclical fiscal policy might arise if the central bank both hits the zero lower bound on the current short-term interest rate and is unable to commit itself to expansionary future
Nota - Posizione 54
3
Evidenzia (giallo) - Posizione 55
Optimal fiscal policy then looks decidedly Keynesian
Nota - Posizione 56
c
Evidenzia (giallo) - Posizione 58
Optimal fiscal policy in this situation is one that tries to replicate the allocation of resources that would be achieved if prices were flexible. An increase in government purchases cannot accomplish that goal: although it can yield the same level of national income, it cannot achieve the same composition of it.
Nota - Posizione 60
COMPOSIZIONE DECISIVA
Evidenzia (giallo) - Posizione 61
The model suggests that tax policy should aim at increasing the level of investment spending. Something like an investment tax credit comes to mind. In essence, optimal fiscal policy in this situation tries to produce incentives similar to what would be achieved if the central bank were somehow able to reduce interest rates below zero.
Nota - Posizione 61
INVESTIMENTI
Evidenzia (giallo) - Posizione 63
A final implication of the baseline model is that the traditional fiscal policy multiplier may well be a poor tool for evaluating the welfare implications of alternative fiscal policies.
Nota - Posizione 65
CONCLUSIONI. MOLTIPLICATORE
Evidenzia (giallo) - Posizione 65
fiscal options are judged according to how many dollars of extra GDP
Nota - Posizione 66
IL CALCOLO TRAD DEL MOLTIPLICATORE
Evidenzia (giallo) - Posizione 67
But such calculations ignore the composition of GDP and therefore are potentially misleading as measures of welfare.
Nota - Posizione 67
COMPO WELFARE
Evidenzia (giallo) - Posizione 107
central bank may not be willing or able to commit to the expansionary long-term money supply M2 that is required for stabilization.
Evidenzia (giallo) - Posizione 112
welfare-based measure of policy effectiveness.
Evidenzia (giallo) - Posizione 115
—an increase in current government spending G1,
Evidenzia (giallo) - Posizione 116
—an increase in both current and future government spending,
Evidenzia (giallo) - Posizione 117
—an investment subsidy,
Evidenzia (giallo) - Posizione 119
we calculate a version of what is usually called the multiplier,
Evidenzia (giallo) - Posizione 121
We also calculate a welfare-based measure of the returns to each fiscal policy option.
Evidenzia (giallo) - Posizione 128
conventional emphasis on the output multiplier may be substantially misleading as a guide to optimal policy. In none of the variants considered does the policy with the largest multiplier also generate the greatest welfare gain.
Segnalibro - Posizione 136
Evidenzia (giallo) - Posizione 136
IX. Some Tentative Policy Conclusions
Nota - Posizione 136
T
Evidenzia (giallo) - Posizione 141
One unambiguous implication of the analysis is that whether and how any policy instrument is used depends on which other instruments are available. To summarize the results, it is fair to say that there is a hierarchy
Nota - Posizione 143
GERARCHIA
Evidenzia (giallo) - Posizione 156
fiscal policy should aim at incentivizing interest-sensitive components of spending, such as investment. In essence, optimal fiscal policy tries to do what monetary policy would if it could.
Segnalibro - Posizione 161
Evidenzia (giallo) - Posizione 161
X. A Methodological Epilogue
Nota - Posizione 162
T
Evidenzia (giallo) - Posizione 162
When considering the role of fiscal policy for dealing with an economy in recession, the first thought of many economists is the famous income-expenditure model, also known as the “Keynesian cross,” which they learned as undergraduates. With a minimum of algebra and geometry, the model shows how fiscal policy can increase aggregate demand and thereby close the gap between output and its potential.
Nota - Posizione 165
LA CROCE DI K
Evidenzia (giallo) - Posizione 166
The conventional application of these macroeconomic models for normative purposes, however, is hard to reconcile with more basic economic principles.
Nota - Posizione 167
L ERRORE
Evidenzia (giallo) - Posizione 167
Ultimately, all policy should aim to improve some measure of welfare, such as the utility of the typical individual in society. The output gap matters not in itself but rather because it must in some way be an input into welfare.
Evidenzia (giallo) - Posizione 172
Policymakers have various tools at their disposal with which they can influence aggregate demand. Which tools they use to bring the economy back to full employment can profoundly influence the level of welfare achieved.
Nota - Posizione 173
GERARCHIA
Evidenzia (giallo) - Posizione 181
welfare depends not only on the level of output, but also on its composition among the various components of spending.
Nota - Posizione 182
PRIMA IL BENESSERE
Evidenzia (giallo) - Posizione 187
We incorporate sticky prices, but we do not take into account that firms’ price setting is staggered or that different sectors may have different degrees of price rigidity.
Nota - Posizione 188
RIGIDITÀ
Evidenzia (giallo) - Posizione 189
political process

mercoledì 4 maggio 2016

The Keynesian Model is not a Big Government or Small Government Model

The Keynesian Model is not a Big Government or Small Government Model, by David Henderson http://econlog.econlib.org/archives/2016/05/the_keynesian_m_1.html

If the government raises taxes during booms and lowers them during busts, or decreases government spending during booms and reduces government spending during busts, there is no built-in growth of government from following the policy implications of the Keynesian model.

If you could convince me that it [the Keynesian model] worked in a technical sense, I'd immediately favor tax cuts in recessions and tax increases in booms

giovedì 7 novembre 2013

mercoledì 26 giugno 2013

Lezioni sul moltiplicatore keynesiano

http://www.thebigquestions.com/2013/06/25/the-landsburg-multiplier-how-to-make-everyone-rich/

Multiple Comments at Steven Landsburg | The Big Questions: Tackling the Problems of Philosophy with Ideas from Mathematics, Economics, and Physics:

'via Blog this'


Si parte da un'identità ovvia:

Y = C+G+I. Il reddito della nazione è pari ai consumi più gli investimenti più la spesa pubblica.

Poi si nota che C=0.8Y. In fondo noi non consumiamo tutto.

Basta sostituire e si ottiene: Y=0.5(G+I) => aumento G di uno e Y mi aumenta di cinque. Grande! facciamolo subito.

Ma, calma, posso anche dire che Y=IO+ALTRI. Il reddito totale è pari al mio reddito più quello degli altri.

Ma: ALTRI=0.999999999T

Sostituendo ho Y=99999999(IO). il mio moltiplicatore personale è elevatissimo, ergo: ci sono buoni motivi per investire su di me.

Conclusioni: da premesse assurde si ricavano solo tesi ridicole, e questa è una.

Ma perché il moltiplicatore keynesiano mantiene intatta (o quasi) la sua fama?

Non certo perché fondato su argomenti logici, bensì su argomenti psicologici: una botta di fiducia puo' far ripartire un'economia incagliata.

lunedì 20 maggio 2013

Primo maggio di lotta e di governo

il nemico pubblico numero uno è comune: la disoccupazione.
Comune a sindacati, confindustria e governo.
Comune anche l’ arma scelta per aggredirlo: meno tasse sul lavoro.
Questa comunità d’ intenti ci rassicura sulla ritrovata coesione delle forze sociali nel far ripartire la “macchina”.
Ma è anche sospetta: tutti usano le stesse parole ma siamo sicuri che dicano la stessa cosa?
lavoro
Bonanni, noto sindacalista:
… bisogna ripartire dal lavoro, non dobbiamo colpirlo ma agevolarlo… meno tasse… è necessario che al lavoratore restino in mano più risorse da spendere per i suoi bisogni… buste paga più gonfie per ripartire con il lavoro…
Siamo sicuri che Bonanni o la Camusso abbiano in mente i disoccupati?
Se penso a un sindacalista preoccupato della disoccupazione mi vengono in mente le volpi a cui si affidano le chiavi del pollaio.
Mi dite quanti disoccupati troveranno lavoro se gli sgravi fiscali beneficiano il lavoratore?
Probabilmente zero: perché dovrei assumere un nuovo lavoratore se per me il costo del lavoro non cambia?
Con buste paga più gonfie, forse qualcuno che prima non lavorava deciderà di farlo, ma nessun disoccupato verrà riassorbito. In gergo si dice che l’ occupazione aumenta ma la disoccupazione resta stabile.
***
Solo una riduzione fiscale a beneficio dei datori di lavoro colpisce la disoccupazione.
E quali sono le tasse "a carico” esclusivo dei datori di lavoro?
Difficile dirlo, di certo l’ Irap ha più chance dell’ Irpef sugli stipendi, ma Bonanni e la Camusso si guardano bene dal parlare dell’ Irap.
***
Qualcuno dice: ma buste paga più gonfie rilanciano la domanda!
Sempre che “rilanciare la domanda” non sia poi quel fuoco di paglia che non scalda nessuno, bisognerebbe capire se le risorse destinate a “gonfiare” quelle buste paga sono dirottate  da risparmi improduttivi.
Ebbene, a parità d' indebitamento, in genere sono risorse destinate a spese alternative, quindi avrebbero “rilanciato la domanda” in modo altrettanto dinamico.
***
Qualcuno tra i miei amici “di destra” dice che chi non lavora e si lamenta quasi sempre è un “falso disoccupato”, un “disoccupato volontario” (è tale solo perché sceglie di esserlo).
Non dobbiamo preoccuparci troppo di loro, e, in ogni caso, gonfiare le buste paga è utile per combattere il fenomeno della falsa disoccupazione.
Se sono disoccupato perché non trovo un lavoro da astronauta, quando gli operai verranno pagati di più, accetterò mio malgrado di fare l’ operaio togliendomi dall’ esercito dei disoccupati e cessando così di fare lo “schizzinoso”.
Se ero disoccupato solo per il fatto che il lavoro non mi è offerto nella mia città, forse una busta paga più pingue puo’ aiutarmi.
Se ero disoccupato perché il sussidio di disoccupazione è tanto comodo, forse una busta paga più pingue puo’ convincermi a cambiare idea.
***
Io penso invece che gran parte della disoccupazione sia autentica.
La disoccupazione è molto dolorosa, difficile sia volontaria. Le ricerche sulla felicità delle persone sono abbastanza convincenti.
***
Se la disoccupazione è autentica, ovvero involontaria, va affrontata con i soliti ferri del mestiere, in particolare penso alla legge di domanda e offerta.
La legge ci dice che, in presenza di un eccesso di offerta, il prezzo della merce deve scendere affinché l' eccesso sia riassorbito.
Ma il mercato del lavoro sembra restio ad accettare questa legge: esiste una rigidità dei salari nominali verso il basso. E’ stato Keynes il primo economista ad accorgersene.
I Keynesiani sembrano rassegnarsi al fenomeno: i salari non possono scendere, punto e basta.
Il sospetto è che, essendo i keynesiani ideologicamente a sinistra dello spettro politico, il retro-pensiero sia: i salari non devono scendere.
Una volta mischiati per benino positivo e normativo, i keynesiani si dedicano a battere vie improbabili.
A destra invece non esistono remore del genere e si studia con fervore il modo di abbattere i salari affinché il mercato del lavoro funzioni esattamente come gli altri.
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Come far scendere i salari nominali e riassorbire la disoccupazione?
Ci sono alcune ricette “di destra” dalla logica inattaccabile: meno regole, meno diritti sindacali, meno salario minimo, meno…
Meno di tutto cio’ e la disoccupazione riceverà un colpo mortale. Capite bene come mai Bonanni o la Camusso non saranno mai nemici mortali della disoccupazione.
Il funzionamento del mercato è in gran parte inquinato da queste incrostazioni che generano disoccupati a go-go.
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Ma c’ è anche un’ alternativa che a destra non si prende mai in considerazione: più inflazione.
In periodi recessivi l’ inflazione è spesso il modo più efficace per diminuire i salari reali quando quelli nominali sono rigidi.
Poiché l’ imprenditore è in grado di adeguare i suoi prezzi al costo della vita, l’ inflazione diminuirà il costo reale del lavoro riassorbendo le eccedenze, proprio cio’ che la destra vuole.
In passato qualcuno ha definito l’ inflazione come una tassa, da qui il paradosso: più lavoro con più tasse sul lavoro.
La tassa che ho in mente è naturalmente l’ inflazione.
I miei amici di destra sono preoccupati: ma che c’ entra l’ inflazione con il libero mercato?
Dimenticano che esiste una Banca Centrale.
Chiedo loro: che c’ entra la Banca Centrale con il libero mercato?
Forse che una politica della banca centrale tesa a targetizzare il tasso d’ interesse a breve è più “pro-market”? Oppure lo è una politica che stabilizza la crescita di M2? Oppure lo è una politica che congela la base monetaria?
Secondo me la politica della Banca Centrale più “pro market” è quella che stabilizza il PIL nominale, e in periodi recessivi questo significa solo una cosa: più inflazione. Da cio' derivano salari reali più bassi, quindi più lavoro e più crescita.