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venerdì 19 novembre 2010

L' orgoglio degli Amberson

La famiglia degli Amberson è ricca e benestante. Il film descrive la sua ascesa e caduta agli inizi del XX secolo, alla vigilia della massiccia industrializzazione americana. Eugene Morgan, un giovane intraprendente, viene respinto da Isabel Amberson, che sposerà un altro uomo. Il figlio George e il suo orgoglio saranno all' origine della rovina della ricchissima famiglia...

In Quarto potere Orson giungeva alla conclusione per cui la felicità che inseguiamo sta sempre dietro di noi.

Nel marasma del castello che prende fuoco, Kane intravvede la scritta "Rosebud" sulla slitta che arde, e realizza questa verità.

Era la slitta di quando da bambino passava beato i pomeriggi nella neve davanti alla baracca. Una felicità che Kane ha poi ricercato invano durante tutto il film, nonostante diventi l' uomo più ricco e potente del paese. Ora Kane realizza: tutta la sua avidità era dettata dall' inane tentativo di la peretta felicità di quei pomeriggi.

Ma veniamo adesso al nostro film.

Georege, al contrario di Kane, sembra sapere fin da subito che il meglio è alle nostre spalle e fa di tutto per preservarlo fino ad adottare comportamenti patologici.

Che strano, in una memorabile sequenza vediamo George bambino, è un bambino dinamico e desideroso di agguantare la vita e strapazzarla. L' orgoglio produce in lui una spinta propulsiva.

Più tardi, dalla vita e dalla sua imprevedibilità, vorrà invece solo difendersi, e lo farà nel modo più sbagliato, arroccandosi nel suo orgoglio e nel "magnifico passato" che possono vantare gli Amberson. Un atteggiamento che farà morti e feriti intorno a lui.

Nel finale il Nuovo lo investirà... fisicamente.

Finirà infatti sotto un' auto (siamo alla fine del XIX secolo). Già, proprio quell' automobile inventata da Morgan, l' uomo che George ha sempre detestato senza mai nascondere il suo disprezzo, nonchè l' uomo destinato a surclassarlo socialmente grazie alla sua maggiore apertura. L' uomo che ha saputo fare i conti con il Nuovo.

Recentemente abbiamo discusso della tentazione di restare ancorati al passato e abbiamo chiamto questo autoinganno "status quo bias": lasciare le cose come stanno è la politica migliore.

Ma se il film si limitasse ad essere la narrazione di un disastroso "status quo bias", non vanterebbe la sottigliezza che invece possiede. Il film fa di più, insinua una scomoda verità: l' orgoglioso e arrognate (e stronzo) George, forse ha ragione.

A concedergli una chance rendendo l' onore delle armi è proprio Morgan in quella che forse è la scena madre del film.