… il nostro universo contiene tracce di vita … ammettiamo che questo fatto sia altamente improbabile, evidentemente le condizioni di partenza che lo hanno reso possibile sono del tutto particolari e richiedono una spiegazione…
giovedì 2 maggio 2013
L’ universo al polso
lunedì 26 marzo 2012
Probabilmente sì…
… scusate, stavo interrogandomi sull' esistenza di Dio affidandomi unicamente alla mia testa. La conclusione “probabilmente sì” mi sembra la più plausibile.
Ma perché? Perché è la “teoria del tutto” più semplice a nostra disposizione.
Ricordiamoci che più “semplice” è l’ ipotesi, più crescono le probabilità che sia vera.
[… c’ è stato un furto, tutti hanno visto Vallanzasca nei paraggi e, oltretutto, ci sono le sue impronte digitali in loco; in commissariato si formulano due ipotesi: 1. il ladro è Vallanzasca e 2. il ladro è uno sconosciuto travestito da Vallanzasca dotato di un marchingegno di sua invenzione per riprodurre impronte digitali false. Voi per quale ipotesi propendete? Scommetto per la più “semplice”…]
Pensate solo al materialista che riflette sull’ origine delle cose: è costretto a postulare che da sempre esistono parecchie particelle (fatte così e cosà), parecchie leggi (che funzionano così e cosà) e una serie di coincidenze sbalorditive.
Fondamentale: quando dico che “X puo’ fare questo e non quello” lancio un messaggio molto più complesso rispetto a quando dico che “X puo’ fare tutto”. Se poi oltre a X devo metterci anche Y e Z, tutto diventa più complicato.
In assenza di possibili verifiche, non è più saggio postulare un’ unica causa intelligente?
Dovendo spiegare “tutto”, esiste forse un’ ipotesi più semplice di quella che assume l’ esistenza di un Dio?
… le foto di Dio scattate dalla Nasa…
… theism is a very simple hypothesis… It postulates the existence of one entity (one god, not many gods), with very few very simply describable properties…
… a person with no limits to his power, knowledge, freedom, and life is the simplest kind of person there could be…
Infinite power is power with zero limits. Infinite knowledge is knowledge with zero limits because it involves no limit (except one imposed by logic) to the number of well-justified true beliefs…
Perfect freedom means that the person’s choices are unlimited by irrational desires…
Eternity means no temporal limit to life…
And God being ontologically necessary, meaning that there are no others on whom he depends, obviously fits well with his other properties…
It is also simpler to suppose that God
has these properties essentially, for that makes God a more unified being; it means that the divine properties not merely do not, but could not, come apart…And it is simpler to suppose that God is what he is solely in virtue of his essential properties; that is, he has no underlying ‘thisness’—for that is a more economical supposition…
…
domenica 25 marzo 2012
Probabilmente sì…
… scusate, stavo chiedendomi se per caso Dio esiste e cercando di rispondere affidandomi solo alla mia testa. Trovo la conclusione “probabilmente sì” la più plausibile.
Ma perché? Perché è la “teoria del tutto” più semplice a nostra disposizione.
Ricordiamoci che più “semplice” è l’ ipotesi, più crescono le probabilità che sia vera.
[… c’ è stato un furto, tutti hanno visto Vallanzasca nei paraggi e, oltretutto, ci sono le sue impronte digitali in loco; in commissariato si formulano due ipotesi: 1. il ladro è Vallanzasca e 2. il ladro è uno sconosciuto travestito da Vallanzasca dotato di un marchingegno di sua invenzione per riprodurre impronte digitali false. Voi per quale ipotesi propendete? Scommetto per la più “semplice”…]
Pensate solo al materialista che riflette sull’ origine delle cose: è costretto a postulare che da sempre esistono parecchie particelle (fatte così e cosà), parecchie leggi (che funzionano così e cosà) e una serie di coincidenze sbalorditive.
Fondamentale: quando dico che “X puo’ fare questo e non quello” lancio un messaggio molto più complesso rispetto a quando dico che “X puo’ fare tutto”. Se poi oltre a X devo metterci anche Y e Z, tutto diventa più complicato.
In assenza di possibili verifiche, non è più saggio postulare un’ unica causa intelligente?
Dovendo spiegare “tutto”, esiste forse un’ ipotesi più semplice di quella che assume l’ esistenza di un Dio?
… le foto di Dio scattate dalla Nasa…
… theism is a very simple hypothesis… It postulates the existence of one entity (one god, not many gods), with very few very simply describable properties…
… a person with no limits to his power, knowledge, freedom, and life is the simplest kind of person there could be…
Infinite power is power with zero limits. Infinite knowledge is knowledge with zero limits because it involves no limit (except one imposed by logic) to the number of well-justified true beliefs…
Perfect freedom means that the person’s choices are unlimited by irrational desires…
Eternity means no temporal limit to life…
And God being ontologically necessary, meaning that there are no others on whom he depends, obviously fits well with his other properties…
It is also simpler to suppose that God
has these properties essentially, for that makes God a more unified being; it means that the divine properties not merely do not, but could not, come apart…And it is simpler to suppose that God is what he is solely in virtue of his essential properties; that is, he has no underlying ‘thisness’—for that is a more economical supposition…
…
sabato 1 ottobre 2011
Un venditore onesto
William Lane Craig – On guard
Lo so, un cristiano con la spada sguainata e sempre in posizione di “guardia” non fa una bella impressione dalle nostre parti. Un evangelico tutto sillogismi, Bibbia e amido, non è certo fatto per accattivarsi le scettiche platee accademiche. Quando, invitato controvoglia, mette piede negli atenei europei, il suo sorriso smagliante da venditore d’ auto usate, non attira certo l’ approvazione dei grandi miopi nostrani.
Alla fin fine però bisogna ammetterlo, pochi filosofi combattono con il coltello tra i denti come William Lane Craig.
Povero cristo, gira le Università di mezzo mondo per difendere con verve nientemeno che la “causa di Dio”.
Sono dibattiti impegnativi quelli che vertono su fede e ragione, soprattutto perché non ho in mente uno spazio pieno di tonache come il Cortile dei Gentili del rassicurante ravasi, ho in mente Università secolarizzate con il ddt (praticamente il tempio del Demonio).
Soprattutto in questi tempi di new-atheism irridente, ci vuole un bel coraggio per non tirarsi indietro. Ma con il cow-boy William Lane Craig questo rischio non si corre: quando fiuta la presenza dell’ ateo-razionalista si illumina e comincia a zompettare tutto intorno come un’ unità cinofila in cerca del manicotto.
Si corre piuttosto il rischio contrario, ovvero che lo “smart” di turno declini e non si presenti.
Forte di un’ esperienza decennale, Craig, nella sua vecchiaia di quarantenne, ha ora scritto un’ apologetica per parare i colpi dell’ infedele. Ma perché farlo? perché impegnarsi così a fondo in una difesa razionale di Dio?
Innanzitutto, parole sue, è un impegno che rafforza la fede; poi, contribuisce a creare un ambiente culturale in cui il cristiano possa sentirsi a suo agio. Oggi i cristiani si aggirano per le università con la circospezione di chi ha appena strozzato il proprio gatto, e non hanno certo bisogno che il gallo canti per rinnegare solennemente la loro appartenenza; di sicuro è così in Europa, e nelle università è ancora più vero.
Da ultimo serve come opera di conversione. D’ istinto si dubita sul potere della ragione nelle scelte di fede, ma basta guardare alla storia per capire che la cosa puo’ succedere. C. S. Lewis era un ateo e si è convertito al cristianesimo “ragionando” su Dio. Considerata la potenza dei servigi successivamente resi alla causa, basterebbe anche solo quell’ unico caso. Basterebbe per beatificare chi ha “ragionato” nei modi opportuni con lui di Dio.
Insomma… dal cervello, grandi ali…
Dopo i concisi preliminari, Craig attacca la solfa chiedendosi se un mondo senza Dio sarebbe differente.
Certo che lo sarebbe, si risponde. Sarebbe un mondo assurdo. Un mondo in cui siamo autorizzati a ogni misfatto.
Il matematico russo Andrei Grib disse che la passione religiosa post-muro dei suoi connazionali era dovuta al fatto che avevano vissuto sulla loro pelle una “dimostrazione per assurdo” dell’ esistenza di Dio.
Cerchiamo di non equivocare, nessuno vuole dire che l’ ateo sia un delinquente che vive “al di là del bene e del male”, si vuole solo dire che quando non lo fa è incoerente.
Molti, poi, non si sentono minimamente toccati da un simile rilievo, ma un ateo sedicente razionalista potrebbe anche esserlo.
Sartre e Camus erano dei buoni atei, infatti credevano che “vivere” fosse assurdo. Per loro il “suicidio” era la questione centrale della filosofia.
Anche Nietzsche, togliendo ogni valenza ai comandi morali, si dimostrò un fulgido esempio per l’ aspirante ateo.
Oggi molti atei ci appaiono come noiosi moralisti, l’ immoralità ostentata, a quanto pare, non giova alla causa, meglio allora sacrificarla sull’ altare della coerenza.
Meglio per il “mondo”, ma peggio per il loro pensiero (e per i dibattiti che dovranno affrontare con il dott. Craig che li aspetta al varco).
Fin qui solo preamboli, nei capitoli successivi si passa al piatto forte. Il dott. Craig, infatti, ha un debole per la prova cosmologica dell’ esistenza di Dio, specie nella versione Leibniziana. Ricordate? L’ esistenza di ogni cosa o è necessaria o si spiega con una causa; poiché l’ esistenza dell’ universo non è necessaria dobbiamo spiegarla con una causa necessaria (che ovviamente chiamiamo Dio).
Ottimo, senonché dopo qualche secolo qualcuno ha obiettato a sorpresa che l’ esistenza dell’ universo potesse essere necessaria. “Necessaria”, che linguaggio “antico” e incomprensibile. Per capirci meglio potremmo dire che l’ universo è lì da sempre, non ha una “causa”, non è mai stato creato.
Sono appena stato al bar e posso dire che proprio oggi esce il libro di Roger Penrose in cui l’ insigne matematico sostiene una teoria ciclica dell’ universo. Trattasi di teorie eterodosse, ma è solo un caso tra i tanti di universo pensato come “eterno”.
Ma contro l’ “universo eterno” Craig assesta la sua stoccata, ovvero l’ argomento di Kalam. E’ un prestito richiesto ai mussulmani dell’ antichità (in questo frangente vige una “Santa alleanza” contro l’ infedele).
In effetti “Dio”, come spiegazione, potrebbe essere accantonato e sostituito con una serie di cause che, “regredendo all’ infinito”, rendano eterno l’ universo (ciclico o non ciclico poco importa). Pensare il concetto di “infinito” non crea problemi, cosa c’ è di più semplice? Anche pensare una serie infinita di numeri è facile (ricordo che giocavamo con questi concetti a 10 anni). Invece, pensare una collezione infinita di oggetti materiali è un gran casino. Ma l’ universo infinito ed eterno è proprio quello: una collezione infinita di oggetti materiali.
A prima vista ci si chiede dove siano tutti questi problemi. Eppure ci sono, e possiamo dare loro il nome di paradossi.
Un modo per illustrarli velocemente è quello di pensare all’ Hotel di Hilbert: un Hotel con un numero infinito di camere (correte pure su wikipedia). Ammettiamo che sia “completo” e voi piombate alla reception chiedendo una camera. Vi verrà cortesemente risposto che l’ Hotel è pieno e che quindi verrà subito il ragazzo ad accompagnarvi nella stanza 1, che è libera. Non preoccupatevi, tutto è sotto controllo, nel mondo degli oggetti infiniti funziona così. Per liberare una camera basterà infatti spostare nella 2 l’ ospite della 1 e via così per tutti gli altri ospiti. Facile.
E’ paradossale che ci siano camere libere in un Hotel “completo”, invece ce n’ è a iosa, non solo per voi ma anche per i vostri amici. E non conta se ne avete un’ infinità!
Attenzione, cio’ che è paradossale non è impossibile. Queste storielle non “dimostrano” che immaginare un universo infinito sia impossibile o contraddittorio, dimostrano solo che è problematico poiché i paradossi spuntano da ogni parte: portando all’ attenzione il caso dell’ hotel di Hilbert abbiamo solo iniziato a enumerarli.
Quindi? quindi chiediamoci: a parità di contenuto veritativo, meglio una spiegazione piana (come quella offerta dal concetto di “Dio”) o una spiegazione che genera paradossi a go go (come quella offerta dal concetto di “universo infinito”)?
Craig consiglia caldamente di non fare i cretini e prendere esempio dagli scienziati i quali, in casi analoghi, optano per la soluzione più semplice.
Quel che segue non è farina del sacco/Craig, ma è sempre un buon ripasso.
Si passa infatti alla prova teleologica, il filosofo di riferimento è l’ ateo John Leslie. Come mai esiste questo universo e non un altro? Necessità, coincidenza o disegno?
Pensare di aver vinto la lotteria puo’ essere una spiegazione ma, ammettiamolo, ci lascia decisamente insoddisfatti. La “necessità”, d’ altro canto, richiede di ipotizzare che esistano infiniti i “many worlds”: se i mondi sono infiniti è necessario che esista anche il nostro. Il fatto è che l’ ipotesi “many worlds” puzza terribilmente di ipotesi fatta ad hoc. Non resta che il Disegno.
E’ qui che mette becco Dawkins chiedendo: chi ha disegnato il disegnatore (The God Delusion)?
Craig glielo chiude facendo notare che per individuare la spiegazione migliore non ha senso pretendere la spiegazione della spiegazione, in caso contrario non conosceremo mai niente.
[… se degli archeologi rinvengono dei manufatti ipotizzano una presenza umana piuttosto che una particolare sedimentazione… e questo a prescindere dall’ esistenza o meno di argomenti validi a giustificare quella presenza in quel posto…]
“Dio” oltretutto è un concetto semplice: essendo una mente senza corpo non consiste nemmeno in parti che si articolano tra loro. E quindi è anche una spiegazione semplice. E’ sempre un affare produttivo spiegare qualcosa di complesso con qualcosa di semplice. E pensare che Dawkins ritenva Dio qualcosa di “complicatissimo”. Evidentemente confondeva la mente con i suoi pensieri. In questo genere di considerazioni affidatevi al filosofo oxionense Richard Swinbourne.
Si passa all’ argomento morale: no-dio / no-morale / no-party.
Ma non è detto che i senza dio debbano rinunciare al party, delle alternative ci sono: il relativismo (la morale è una mera convenzione) e il naturalismo (i valori sono plasmati dall’ evoluzione).
Ma ci sono anche le confutazioni, e qui si sguinzagliano due rabbiosi cani da caccia.
Nel 1985 David Stove ha premiato l’ argomento alla base del relativismo come “Worst Argument in the World” (un po’ l’ IG Nobel della filosofia). In quell’ occasione si è esibito in… “satiriche confutazioni” poiché non riteneva molto professionale restare seri.
Della seconda alternativa si occupa invece il meticoloso Alvin Plantinga nel devastante Naturalism defeated. E noi non abbiamo niente da aggiungere.
A questo punto Craig comincia a parlare di Gesù, del perché e del percome sia lui il vero Dio, ma io scendo qui. Penso che la ragione ci ha portato già lontano, meglio non abusarne.
giovedì 8 settembre 2011
martedì 6 settembre 2011
Confessioni davanti al dado
Un altro esempio lo si trae dalla stretta attualità: combattere l' evasione grazie alle lotterie:How to use dice to stop people from lying on surveysWhenever we turn on the news, we're treated to statistics about things there seem to be no way of verifying. How many people has the average person slept with? How many crimes has the average person committed? The numbers quoted are often the result of surveys. In a survey, there's nothing to keep people honest, especially about things like crimes. Scientists have found that dice can shake the truth out of people.It's been shown that people lie on surveys. A survey of the number of sexual partners people had — in which participants believed they were hooked up to a lie detector — dramatically shrunk the gap between the numbers of partners usually reported by men and women. One way to keep people from telling a lie is to make them believe that they can't tell anything other than the truth.Another way to get at the truth is to make people that they sometimes have to tell a lie. A toss of the dice allows people to confess things on surveys that they otherwise wouldn't. When South Africa wanted to conduct a survey about whether or not farmers had killed leopards (an illegal practice), the surveyors brought along a die.If the farmer tossed the die and got a one, they had to respond "yes" to the surveyor's question. If they got a six, they had to say "no." The rest of the time, they were asked to answer honestly. The die was hidden from the person who was conducting the survey, so they never knew what number the farmer was responding to.Suddenly, the number of "yes" responses to the leopard question started coming up by more than just one-sixth. This technique — called the randomized response technique — provided a blind that people could use to respond honestly to difficult questions. Depressingly, it was estimated that almost twenty percent of farmers had killed leopards within the last year. The accurate numbers, though, can help the government form more helpful responses, like compensation for livestock lost to leopards, and protect more leopards in the future.
Questa estate di passione per i nostri conti pubblici e di affannosa ricerca di misure di risanamento del debito ha riportato al centro dell’attenzione il tema della lotta all’evasione fiscale. È necessario spezzare il circolo vizioso, in cui due elementi si sostengono a vicenda: più è alta l’evasione, più devo fare ricorso a misure dure e invasive e più incrino il rapporto tra fisco e contribuenti, facendo venir meno ogni possibilità di cooperazione tra gli attori del sistema. In effetti, la cosa più fastidiosa per un lavoratore autonomo è essere considerato automaticamente un evasore. E probabilmente non è neanche utile per raccogliere più tasse. Secondo gli economisti, il modo migliore per incentivare il buon comportamento fiscale non sia tanto il controllo e la punizione quanto piuttosto la “compartecipazione ai profitti”… Il programma prevede un ulteriore incentivo che si affianca alla restituzione di parte dell’Iva incassata: la distribuzione di premi sorteggiati mensilmente tra i partecipanti… leggi tutto
giovedì 14 luglio 2011
John Leslie
Forse il filosofo più perspicace nel difendere l’ idea di un Progetto Intelligente:
The philosopher who has occupied himself most extensively with the Anthropic Principle is John Leslie, to whom Swinburne alludes. Though self-confessedly neither a Christian nor even a traditional theist, Leslie has argued repeatedly that the observed delicate balance of conditions requisite for the existence of intelligent life at this point in cosmic history does require an explanation and that the explanation of intelligent design is superior to any alternative. He argues against those who would short-circuit the demand for an explanation by objecting that since the universe is unique, the probability of its present complexity cannot be assessed, or that though the balance of conditions in the universe is improbable, still any improbable condition will obtain once and that "once" could be the first time.20 According to Leslie, without the Many-Worlds cosmology, the claim that no explanation of the universe's order is needed is "ludicrous"; it is like a person emerging unscathed after being machine-gunned from fifty yards for fifty minutes and who shrugs off the need for any explanation of his being alive by saying that all the bullets' missing, though improbable, could happen and that he wouldn't be there to ask about it unless that possibility were realized.21 According to Leslie, the standard objections to the design argument threaten to delay the development of science, for if these objections were correct, there would be no reason for developing Many-Worlds cosmologies, which are important to science. He notes that there is no independent evidence for the existence of many worlds except for the existence of intelligent life itself and that the attraction of the Many-Worlds scenario for many scientists shows that they recognize that the fine-tuning apparently present in the universe does cry out for explanation. But the evidence for a Many- Worlds model is equally evidence for an intelligent designer. Both hypotheses are rendered more probable by the observed features of the universe than they would be in the absence of such features. This conclusion alone, it seems to me, is highly significant, for it confronts us with a dilemma, both horns of which involve heavy metaphysical commitments. Are we going to posit God or a World Ensemble? According to Leslie, this is the choice that we must make if we do not choose simply to ignore the problem. He points out that most of the Many-Worlds theories are obscure and incomplete and that the God- hypothesis is neither unscientific nor more obscure than those theories. Moreover, individual models for generating the World Ensemble can be criticized… Despite such problems, people continue to believe in Many-Worlds scenarios, opines Leslie, because they feel that without them there is no explanation of how intelligent life did originate…
giovedì 7 luglio 2011
In che modo il “multiverso” ci parla di Dio
Non avete pagato il pizzo e i sicari della mafia intendono darvi una lezione; una volta scoperti tentate la fuga infilandovi in un vicolo cieco ma vi hanno visto e vi inseguono, siete ormai con le spalle al muro, sono in cinque e da pochi passi scaricano le loro mitragliette su di voi.
Dopo la raffica infinita vi accorgete di essere illesi, tutte le pallottole vi hanno solo sfiorato.
A questo punto potete 1) o tentare di spiegarvi in qualche maniera quanto accaduto o 2) liquidare la faccenda come una casualità: vi hanno semplicemente mancato.
Quale vi sembra l’ atteggiamento più sensato?
Quella appena descritta è una buona analogia dell’ Uomo nell’ Universo, lo sostiene il filosofo John Leslie: l’ estrema improbabilità di questo universo e della nostra esistenza puo’ essere spiegata o accettata come casuale.
Dall’ analogia traspare in modo evidente quale sia l’ atteggiamento più ragionevole. Come potremmo infatti mai pensare ad una casualità?
D’ altronde il concetto di “multiverso” testimonia che anche gli scienziati duri e puri tentano di darsi una spiegazione. Gli universi paralleli, infatti, non sono osservabili per definizione, la scienza dovrebbe disinteressarsene, eppure la loro esistenza è postulata al fine di togliere casualità alla origine dell’ universo in cui viviamo.
A questo punto Leslie si chiede: ma la spiegazione teista non è forse più semplice di quella cervellotica degli infiniti universi paralleli?
venerdì 17 giugno 2011
L’ asimmetria
Trovo che vivere con la fede renda le cose più facili.
Ma soprattutto renda più facile il pensiero. E’ un po’ come se lo facesse rotolare in discesa.
Non sapendo quale sia la strada giusta, sempre meglio percorrere quella in discesa. O no?
Eppure molti “pensatori” atei non hanno una grande considerazione della fede in Dio. La classificano addirittura alla stregua di una disfunzione cognitiva.
Per Freud era una nevrosi e per Marx una perversione. Per Russell era irrazionale e per Hume contraria all’ evidenza.
Nello sforzo civico d’ indorare la pillola si arriva giusto a dire che il credente pensa con il cuore anziché con la testa.
Come previsto, in questi casi il credente più agguerrito non porge l’ altra guancia ma reagisce.
E’ restio ad ammettere umilmente le sue deficienze cognitive, è piuttosto incline a rovesciare l’ accusa: il peccato obnubila le facoltà intellettuali dell’ ateo. Insomma, è l’ altro a ragionare male.
Qui però, secondo me, finisce l’ asimmetria.
Proprio quando lo scontro frontale appare senza sbocchi, una via di uscita si presenta.
Ma solo al credente.
Cosa dobbiamo intendere infatti per “disfunzione cognitiva”, cosa dobbiamo intendere per “funzionamento corretto della ragione”?
La mia auto funziona correttamente se fa quello per cui è stata costruita.
L’ aereo funziona bene se vola e arriva a destinazione.
Il credente, che adora un Dio creatore dell’ universo, ha buon gioco ad avvalersi dell’ analogia servita su un vassoio d’ argento e sostiene che il cervello funziona bene se si adegua al disegno divino.
L’ ateo, invece, su un punto tanto cruciale ammutolisce e stringe i denti.
Potrebbe accennare al fatto che una cosa “funziona bene” se ci aiuta a ottenere cio’ che desideriamo. Oppure se ci aiuta a sopravvivere.
Ma sa anche lui che in entrambi i casi la credenza in Dio non ne uscirebbe affatto sminuita.
p.s. Dettagli: link
martedì 5 ottobre 2010
Kant e Darwin
Sean Greenberg
sabato 24 luglio 2010
Due buone ragioni
Questi autori si definiscono spesso come "matematici", ma la cosa andrebbe controllata.
Prendiamo Paulos, pur insegnando matematica non lo si puo' certo definire un "matematico": ha pubblicato pochissimo (due lavori), con scarsi riscontri e in ambiti diversi da quello matematico.
La sua attività principale consiste nella cura di testi anti-religiosi e nella partecipazione a dibattiti televisivi.
Il caso di Odifreddi non si differenzia granchè.
Ambrosetti prosegue spiegando quando una persona puo' definirsi "matematico": un laureato che insegna al Liceo o all' Università è fuori dal consesso. almeno quanto un laureato in economia che lavora in banca non puo' essere considerato un "economista".
Bisogna invece partecipare attivamente e con risultati di sostanza alla ricerca matematica. Non basta qualche lavoro estemporaneo.
Infine Ambrosetti spiega perchè le dimostrazioni matematiche hanno poco a che vedere con l' esistenza o l' inesistenza di Dio: ogni dimostrazione implica assiomi indimostrati e dipende da quelli. ma ci sono anche ipotesi e definizioni a complicare la faccenda.
Se non siamo tutti atei o tutti credenti non è certo a causa dell' irrazionalità dilagante, manca un accordo unanime su assiomi, ipotesi e definizioni. Per evitare di essere stucchevoli, meglio lasciar perdere le "dimostrazioni".
Da ultimo Ambrosetti spiega perchè il suo lavoro di matematico (vero) lo ha avvicinato alla fede.
I motivi sono essenzialmente due.
1. la ricerca matematica ci fa toccare con mano la finitezza delle nostre conoscenze: solo la mente divina possiede la conoscenza infinita.
2. la ricerca matematica ci fa toccare con mano la non arbitrarietà della nostra conoscenza: solo un Dio puo' star dietro e condividere un significato tanto forte.
Non si tratta di dimostrazioni matematiche, è vero, ma sono comunque DUE BUONE RAGIONI per cui un matematico puo' sentirsi chiamato verso la fede.
Antonio Ambrosetti, Giovanni Prodi, Ennio De Giorgi - e mi fermo qui - sono forse le nostre menti matematiche più creative ed hanno seguito proprio quel richiamo.
Tutto cio' è rassicurante.
Antonio Ambrosetti - la matematica e l' esistenza di Dio - Lindau
giovedì 24 giugno 2010
E di cosa dovrei meravigliarmi?
Per qualcuno non puo' essere un caso, deve esistere da qualche parte un Dio architetto. L' argomento è noto.
E qui lo scettico si scatena, a volte prima ancora di capire.
Se tiro un dado 1000 volte otterrò una certa sequenza di numeri, qualcuno potrebbe giudicare "meraviglioso" che sia uscita proprio QUELLA serie e non un' altra, eppure noi tutti sappiamo che sarebbe stupido pensare ad una COINCIDENZA: la meraviglia di cui sopra avrebbe riguardato QUALSIASI sequenza fosse uscita.
Come se non bastasse, l' economia prima e l' evoluzionismo dopo ci hanno insegnato come la creazione di un ordine possa prescindere dall' esistenza di un pianificatore centrale.
Di cosa mi meraviglio allora? E' proprio stupido il mio sentimento?
In realtà mi meraviglio della mia comprensione.
La mia mente afferra l' ordine del mondo. E' un po' come se nella mia testa si rispecchiasse l' ordine del mondo. Ma la mia mente non è uno specchio e quella coincidenza che chiamo "comprensione" è qualcosa di meraviglioso.
Con tutti i mondi incomprensibili che si sarebbero potuti "creare" è davvero singolare che io abiti in un mondo che riesco o riuscirò a capire.
Ecco la meraviglia, ecco la coincidenza.
Certo, lo scettico potrebbe osservare che la mia mente fa parte del mondo materiale e non c' è da stupirsi se trova una sorta di coordinamento con esso. In questo senso la mia mente "è" uno specchio, e proprio come uno specchio è fatta della stessa sostanza che riflette.
Certo, ma dicendo questo è lui che, uscendo dall' evidenza, s' incarica dell' onere della prova: tutti noi constatiamo che la nostra mente esiste e non è una bistecca.
A proposito, percorrendo quella via, caro scettico, mettiti gli stivali perchè finisci dritto dritto nel "materialismo", un quartiere piuttosto paludoso.
Ma lo scettico non si dà per vinto: e chi te lo dice che il mondo è "ordinato" e che noi possiamo "comprenderlo"?
Ammetto che in tutto cio' ci sia anche della "fede". E' la fede degli scienziati: perchè mai dovrebbero "cercare" se non credono che esista un ordine?
giovedì 17 giugno 2010
L' argomento di Mr. Reid: il trionfo del buon senso
Eccolo servito.
Credenziali: tappò la bocca ad Hume. Basta?
venerdì 7 maggio 2010
Quando anche le risate se ne vanno
Tanto per gradire un passaggio:
"... Mr Dawkins rivolge così la sua attenzione anche a teorie basate sulla filosofia della religione. Non sono certo che la sua sia una mossa saggia, egli chiaramente non è all' altezza della situazione e ottiene ben poco dal suo confronto breve e superficiale con queste dispute infinite... non sembra afferrare la difesa della fede così come la imposta Tommaso, confonde il concetto di "dimostrazione a posteriori" con quello di "prova a priori"... non coglie che dimostrare "giustificata" una credenza non equvale a dimostrarla "provata",... non prende neanche in considerazioni cio' che per la stragrande maggioranza di persone è molto plausibile, ovvero che "il problema di Dio" non si risolve empiricamente microscopio alla mano..."
Persino quando Dawkins coglie nel segno, finisce per farla fuori dal vaso imbrattando anche i muri del cesso. E' il caso di quando denuncia la credenza in un "Dio-tappabuchi":
"... si trattava [l' ipotesi del Dio Tappabuchi] di una mossa inconcludente lentamente abbandonata nel XX secolo... ma D anche qui trova il modo d' indebolire la sua giusta critica: per lui, a causa del "dio tappabuchi", la persona religiosa morde il freno quando si tratta di esplorare le lacune della conoscenza... Il filosofo di Oxford Richard Swinburne, al contrario, argomenta con lucidità come sia proprio la nostra capacità di "capire e spiegare" a richiedere una spiegazione e che il resoconto più economico ed affidabile di questa capacità esplicativa risieda nell' ipotesi di un Dio creatore... per Swinburne non sono le lacune della conoscenza a farci puntare su Dio, quanto piutosto la comprensione del Mondo... proprio tale comprensione viene dunque esaltata dalla fede..."
Un inevitabile terreno di scontro: la mente del cattolico:
"... ancora argomenti stantii... Dio sarebbe un' "invenzione consolatoria"... l' affermazione seduce solo chi non ha bisogno di essere sedotto... ma dov' è la "scienza" in tutto cio'?... se ho sete cio' non significa necessariamente che l' acqua non esiste... purtroppo per D i meccanismi psicologici che stanno alla base del sentimento religioso non sono riducibili ad un unico tratto caratteriale ma sono vari e complessi... d' altronde nelle scienze umane, si sa, le cause multiple sono la norma... la depressione è causata da fattori fisici o sociali? la risposta è "da entrambi"... l' amore romantico è causato da vari fattori tra cui c' è anche l' esistenza dell' amato... ma perchè D non si è confrontato con Freud?, ovvero con colui che tentò un resoconto psicologico del sentimento... lo psicologo belga Antoine Vergote ha messo bene in luce le incoerenze e il fallimento di quel tentativo concludendo come oggi concludono quasi tutti: "la validità della fede religiosa non puo' essere nè sostanziata nè confutata attraverso la psicologia..."
La religione è un male? Argomento scottante su cui D ha dato il meglio.
"... D dice di credere che non vi sia ateo al mondo desideroso di distruggere La Mecca o San Pietro. Purtroppo un' affermazione del genere è frutto della sua personale credulità, non della realtà delle cose... La storia dell' Unione Sovietica è piena di esempi di chiese bruciate o fatte saltare in aria. La sua pretesa che l' ateismo sia immune da ogni forma di violenza è insostenibile... Hitler, Stalin, Pol Pot... tutti sedicenti atei ma non esattamente dei pacifisti toleranti... quanto agli attentati suicidi mi sembra che Richard Pape abbia dimostrato con rigore nel suo volume come la gran parte di essi siano dettati da motivazioni in primo luogo politiche..."
Varie ed eventuali.
"... D nel suo libro sostiene come l' etica di Gesù fosse settaria e si associasse ad un' aperta ostilità verso lo straniero... trasecolo, ci sono punti nei quali l' ignoranza di D in materia di religione cessa di essere solo divertente per inscenare lo spettacolo del ridicolo silente poichè nessuna risata è più in grado di accompagnarlo..."
giovedì 8 aprile 2010
Il Dio dell' Ignoranza e il Dio della Conoscenza
Kenneth Miller è però anche un cattolico fervente e le sue intenzioni non hanno mai mostrato cedimenti: vuole a tutti i costi prendere la religione sul serio.
Anche per questo giudica "insipida" la posizione tenuta da Stephen Jay Gould nell' ormai famoso non-overlapping magisteria. L' anodino documento non convince del tutto e lo stesso Gould, del resto, non sembra credere affatto ad una pari dignità dei due saperi allorchè definisce la religione come una congerie di "storie che ci raccontiamo per trarne conforto" (sic). Qui sembra proprio saltar fuori la sua vecchia tempra marxista e l' oppio dei popoli è davvero dietro l' angolo, la religione più che un "sapere" diventa un narcotico per la felicità a poco prezzo degli animali più ingenui. E' possibile seguirlo oltre su quella via? Kenneth ci rinuncia e gliene siamo grati.
D' altro canto non offre garanzie nemmeno l' armata Brancaleone creazionista sempre in cerca di un Dio tappa-buchi da opporre ad una scienza-gruviera. Sarebbe quello il Dio degli ignoranti. Non perchè chi lo professa sia ignorante (esistono personalità di vaglia), piuttosto perchè è un Dio che ha tanto più senso di esistere quanto più restiamo ignoranti. Sarà per questo che l' ignoranza esercita un gran fascino su questi paladini tremebondi di fronte ad ogni "scoperta" scientifica.
Contro il dio dell' ignoranza, Miller è fautore di un dio della conoscenza, un dio che si dispieghi tanto più nitidamente, quanto più sperimentiamo il miracolo della conoscenza, quanto più andiamo scoprendo l' inspiegabile intelleggibilità della natura.
Miller si premura di proporre la fede come cornice ideale a quella conoscenza, la fede come completamento di significato della visione scientifica. Qualcosa che trasformi una presenza enigmatica in una presenza amichevole.
In fondo sa, come sanno Dawkins, Dennett, Lewotin e compagnia che l' unica controproposta credibile è la radicalizzazione atea, l' agnosticismo, dopo Swinburne, resta stritolato e non ha più granchè da offrire: una volta ammessa anche solo la compatibilità del pensiero religioso con quello scientifico, la fede diventa automaticamente l' opzione più rigorosa sul tavolo per chi è desideroso d' impegnare la ragione in queste faccende.
Lungi dal sentirsi rassicurato dal concetto di "non-overlapping magisteria", Miller sa bene quanta cura invece richieda la lavorazione al delicato incastro che salda "scienza e fede", lui stesso vi pone mano con cura nel libro che ho appena letto: Finding Darwin' s God. Peccato che la "cura" non si estenda anche alla parte teologica del libro, d' altronde c' è una scusanete: non è il suo campo.
Le premesse sono ottime ma mi chiedo se l' entusiasmo dimostrato verso il cosiddetto "principio antropico" non sia ancora un cedimento al "Dio degli ignoranti", alias Dio-tappabuchi, alias Dio dei gap. Certo, una versione sofisticata e aggiornata con le ultime conoscenze scientifiche, ma pur sempre quel genere di divinità.
***
Il credente fa scienza stupendosi delle meravigliose coincidenze. Sa che dove c' è "coincidenza" Dio fa capolino poichè per Dio è particolarmente congeniale passeggiare tra noi sotto le mentite spoglie del "caso".
Nel panorama della scienza moderna il "principio antropico" serve la causa alla perfezione, ne fanno fede le strampalate teorie messe su in fretta e furia da taluni ideologi dell' ateismo militante per neutralizzare quella che evidentemente sentono come una minaccia (nel libro è descritta la "disperata speculazione" di Daniel Dennett, forse si potevano affrontare controargomenti più efficaci).
Eppure, per quanto appena detto, il "pp" non convince del tutto. Non conviene essere più radicali nell' osservare le avvertenze ben chiarite dallo stesso Miller?
Io considererei più da vicino la nostra possibilità di "conoscere" l' universo stesso in cui abitiamo. Non è "meraviglioso" già solo questo semplice fatto? Non basta riscontrare le curiose regolarità catturate dalla matematica per "stupire" e pensare ad un Dio?
Innanzitutto si tratta di coincidenze sorprendenti: gli universi incomprensibili sono molto più numerosi degli universi "ordinati". E' davvero solo un caso fortuito essere capitati in un mondo "matematico"? E si badi bene che la sopravvivenza non è legata alla "comprensione", tanto è vero che i più efficienti in questo campo sono talune colonie batteriche che esistono da sempre.
E' ipotesi che conforta alcune certezze: il numero dei "mondi ordinati" a disposizione è comunque tale da garantire la comparsa della "coscienza". Dio assicura così la presenza di un pubblico all' infiorescente spettacolo di una creazione realizzata mediante lo strumento evolutivo.
E' ipotesi che elude l' alternativa di Leslie: "il fine tuning è evidenza, evidenza genuina del seguente fatto: Dio è reale/ci sono molti universi differenti". Anche i "mondi differenti" - purchè ordinati - restano a questo punto nell' orbita dell' ipotesi teista.
E' persino un' ipotesi falsificabile: verrebbe smentita allorchè si scoprisse un' irriducibile caoticità dell' universo che comporti l' insensatezza dell' impresa scientifica e, di conseguenza, la sua razionale dismissione.
Esiste forse un vincolo più saldo che leghi Dio alla Scienza?: "niente Scienza, niente Dio"; cosa si vuole di più? Inoltre, per questa via non si "tappa" nessun buco, così come non si postulano inverosimili contingenze. Si dà solo un "significato" pieno alla nostra conoscenza.
"Niente scienza, niente fede", dunque. Ripetiamo bene insieme il nostro nuovo motto per fissarlo meglio in testa.
Curiosità! Forse è per questo che talune presentazioni "orientate" dell' evoluzionismo sembrano minacciare la fede: l' evoluzionismo è, chi puo' negarlo?, un paradigma scientifico decisamente rozzo se paragonato alla raffinatezza delle teorie della fisica; persino le "scienze umane" appaiono talvolta con capacità predittiva più "calibrata". Ma allora, se vale il "niente scienza, niente fede", forse vale anche il "poca scienza, molto caos, poca fede".
Eppure, vale la pena ricordarlo ai distratti, per la biologia è ancora quello darwiniano il paradigma di gran lunga migliore in circolazione, per quanto vaga è pur sempre "conoscenza" anche quella, e il libro di Miller ha la virtù di mostrarlo persino ad un principiante come me.
Ultimissima cosa. Il trattamento a cui ho sottoposto "pp" potrei ripeterlo quando Miller passa ad occuparsi del "free will" facendolo dipendere dall' indeterminatezza introdotta nel mondo fisico grazie ad alcune interpretazioni della teoria quantistica. Non è anche questa una soluzione tappa-buchi? E quando la teoria dei quanti sarà rivista o l' interpretazione cambiata? Rischiamo davvero di trovarci tra le palle neo-teologi petulanti alla Dawkins, vi avviso. Forse, anche su questo punto, si puo' fare meglio.
mercoledì 10 marzo 2010
Due vaccinazioni
Alister McGrath.
Kenneth Miller.
Francis Collins
Ve lo ricordate il "principio antropico"? Molti lo usano come novella prova cosmologica. La cosa non mi convince del tutto, ma da lì si puo' pur sempre partire.
Se pesco a caso delle carte dal mazzo posso sempre stabilire a posteriori una logica ed illudermi che la cosa sia "sorprendente" e richieda una spiegazione. Ma se pesco 10 carte realizzando una scala reale, allora la sorpresa è reale e una spiegazione s' impone.
Per molti l' universo è una scala reale. Non che ci siano grandi prove.
Certo che l' universo (così come tutti gli universi possibili) sembra rispondere ad un ordine. E' intelleggibile, è catturabile dalla logica e dalla matematica.
Ma mentre esistono mille forme di caos, mentre esiste una logica possibile.
In un certo senso il fatto che siamo di fronte ad una "scala reale" è testimoniato dai sorpendenti poteri della matematica più che dalla vita umana in sè.
Certo dobbiamo porre la Matematica come qualcosa a se stante rispetto alla materia, così come la nostra mente. Ma ci sono ottimi argomenti per farlo!
Non che l' intelligibilità dell' universo sia una realtà stabilita, ma di sicuro è l' atto di fede elementare che intraprendono gli scienziati nel momento in cui chinano la schiena sulla loro scrivania e si spremono le meningi.
martedì 2 febbraio 2010
Tutto è fantastico, a posteriori.
Polkinghorne, infatti, sembra oggi l' apologeta più attivo nella difesa della fede dall' attacco scientista. L' uomo è ferrato, non c' è che dire.
Punta molto sul "principio antropico", quello per cui il fatto che ora siamo qui è estremamente improbabile, quindi, se Dio gioca a dadi, gioca perlomeno con dadi truccati. L' universo, per essere cio' che è, richiede una "calibratura" di partenza mica da ridere.
La replica sembra semplice: getta mille volte una monetina, osserva bene la serie che esce. E' fantastico che sia uscita proprio quella! Tutto, a posteriori, è fantastico ed inspiegabile.
Sì, ma se la serie è fatta tutta di "sei" la cosa è fantastica sia a priori che a posteriori, che ne dici?
Forse la "serie" non è fatta solo di "sei", certo che è ben strana. Puoi appurarlo te stesso spendendo 55 euro.
L' universo come lo conosciamo "esce" dai valori di alcune costanti iniziali tra loro indipendenti (probabilmente). Solo una "sorprendente" coincidenza consentirebbe la vita come la conosciamo, ovvero basata sul carbonio.
C' è chi obietta e dice che la vita puo' emergere anche da altri elementi.
Altre forme di vita sono state considerate, eppoi, stando ai fatti, noi conosciamo solo la vita fondata sul carbonio.
John Leslie: il fine tuning è evidenza, evidenza genuina del seguente fatto: Dio è reale/ci sono molti universi differenti.
Polkinghorne dice che il credente puo' abbracciare entrambe le opzioni, anche se personalmente trova la cosa "priva di fascino". Io no.
Ancora... bello il modo con cui liquida i teo/zoo/biologi: non sembrano giudicare problematico da dove giungano i materiali disponibili per la "loro" evoluzione.
Ah, in matematica è un platonico. Bene!
Questo il suo libro che ho letto in treno.
giovedì 28 gennaio 2010
Ciao ciao Darwin
ATEISTA: sciocco! Si vede che non hai letto Darwin. Leggilo e scoprirai come per creare "meraviglie" del genere bastano "caso" e "necessità". Nessun Architetto è richiesto.
TEISTA: sì sì... il processo evolutivo eccetera eccetera. Ma qui siamo di fronte a complessità davvero inesplicabili.
ATEISTA: l' evoluzione è in grado di spiegare anche le complessità più complesse.
TEISTA: non le complessità complessissimissime.
ATEISTE: anche quelle!
TEISTA: anche le complessissimissime?
ATEISTA: anche le complessississimissime!
TEISTA: bla bla bla...
ATEISTA: bla bla bla bla...
Lasciamo i due filosofi al loro dialogo tra sordi e cerchiamo piuttosto una via d' uscita.
Potremmo partire dalla spiazzante osservazione di Eugene Wigner: "ma quanto irragionevole potere esplicativo ha la matematica" con cui spieghiamo tanta complessità. Già, veramente irragionevole.
Ma noi non vogliamo essere irragionevoli!
Un modo per evitarlo consiste nel credere che l' universo sia un oggetto matematico.
Certo che se le cose stanno così il potere della matematica non è più "irragionevole" ma del tutto naturale.
Inoltre prendo due piccioni con una fava: l' universo matematico richiede l' esistenza di più mondi e l' esistenza di più mondi riconcilia le contraddizioni tra relatività e teoria quantistica.
Altra conseguenza: la natura della complessità dell' universo è del tutto particolare. Ora possiamo dire di saperne di più, si tratta di una complessità matematica.
La matematica costituisce un sistema "complesso", chi puo' negarlo? Persino il sistema dei numeri naturali è, nel suo piccolo, molto "complesso".
Eppure l' origine di questo genere di complessità non puo' essere nemmeno lontanamente spiegato da processi evolutivi (ciao ciao Darwin).
C' era d' aspettarselo, si capisce: per fare i teologi non basta chiedersi "perchè c' è la vita", bisogna chiedersi "perchè c' è qualcosa". Anche per questo mandiamo in pensione il Darwin teologo (tenendoci stretto il naturalista).
E l' origine dei numeri, allora?
Una soluzione in tasca non ce l' ho. In questi casi è ragionevole adattarsi alla più immediata.
Qualcuno puo' pensare che siano lì da sempre. Fissi! Che pensiero strano. Oppure che originino da numeri, che originano da numeri, che... Che pensiero incasinato!
Mi è molto naturale pensare che un numero origini da una mente. Non la nostra, per quanto detto più sopra noi siamo fatti di numeri e siamo fatti per comprenderli, mica siamo in grado di partorirli.
Non resta che la Mente di Dio.
E' la soluzione più di buon senso, spiega perchè quel genere di matematica che forma l' universo si presenta a noi in modo molto differente da una comune astrazione.
E' la soluzione più semplice, almeno da intuire, così anche il rognoso spirito di Occam smetterà di brontolare.
venerdì 22 gennaio 2010
A che punto siamo con la questione di Dio?
ARGOMENTO ONTOLOGICO. Una concezione matematica del multiverso (à la Tegmarks) è in grado di ridurre gli altri argomenti (cosmologico e teleologico) e superare la critica di Gaunilone e Kant.
ARGOMENTO COSMOLOGICO. Con il concetto di "semplicità" alla Swinburne si aggira il rasoio di Occam volgendolo a proprio vantaggio.
ARGOMENTO TELEOLOGICO. Idem come sopra.
EVIDENZA: l' epistemologia di Plantinga elabora la credenza di Dio come "basic belif" razionale.
martedì 24 novembre 2009
Odifreddi in ginocchio
E' più che disposto ad accettare una presenza divina, anzi, sembra non poterne fare a meno.
La prova teologica che più lo seduce è quella teleologica: poichè esiste un ordine, esiste anche un ordinatore.
Il buon Odi potrebbe apporre qui un bel punto e recarsi in una Chiesa monoteista qualsiasi.
Malauguratamente prosegue i suoi ragionamenti scortato questa volta da Leibniz. L' insigne tedesco, speculando sul concetto di "ordine", così si pronuncia:
... supponiamo che qualcuno segni sulla carta una quantità di punti a caso... sarebbe sempre possibile ricavare una curva geometrica che passi per tutti quei punti ed esprimere poi quella stessa curva mediante un' equazione. In qualsiasi modo Dio avesse creato il mondo, il mondo sarebbe stato sempre "regolare"...
Odifreddi ne ricava dunque che Dio non è l' ordinatore ma piuttosto l' ordine. Dio non è che la descrizione matematica dell' universo.
Il passo successivo è agevole e consiste nella "divinizzazione" della matematica. Lo spirito religioso latente nello scrittore impone che qualcosa debba essere divinizzato.
In realtà, a quanto colgo, Leibniz ci dice che l' universo è sempre spiegabile in astratto, da cio' non possiamo ricavare che sia sempre prevedibile.
Anzi, nel caso fatto dal filosofo non lo è per definizione.
Qualora l' universo fosse prevedibile, e non solo spiegabile, dall' osservazione di L. non ricadrebbero talune conseguenze e la prova teleologica potrebbe essere ripristinata nella sua forma tradizionale, quella che divinizza il "programmatore" anzichè il "programma" (... e a Odi toccherebbe andare a Messa).
Pensare l' Universo come "prevedibile" è un atto di fede, su questo non ci piove. Ma è un atto di fede sensato oppure è degno solo di un "cristiano" "cretino"?
Bè, avendo un' idea per quanto vaga di cosa sia la Scienza, sappiamo che quello è l' atto di fede per eccellenza che compie ogni scienziato appena indossa il camice ed entra in laboratorio. Che senso avrebbe infatti la sua dedizione per il lavoro se solo fosse scettico su questo punto?
Ecco allora una prima conclusione: siccome la Scienza è una forma di sapere particolarmente autorevole nella società contemporanea, possiamo concludere che l' atto di fede di cui sopra è sensato, anzi, probabilmente è il più sensato che abbiamo a disposizione oggi.
Odi, in ginocchio!