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mercoledì 3 giugno 2015

The problem of political authority di Michael Huemer

Hemer sul problema dell'autorità politica:

  1. Ottimo testo scolastico per l'ora di educazione civica: semplice, ordinato, comprensibile e convincente.
  2. Perchè noi consideriamo illecite talune azioni se le compie Tizio mentre le giustifichiamo se le compie il governo? Questo è il classico problema dell'autorità politica. Se Tizio cattura un vandalo, lo rinchiude in cantina e poi va dal suo  vicino estorcendogli un contributo in denaro a titolo risarcitorio, nessuno giustificherebbe il suo modo d'agire. Se invece lo fa Caio "a nome dello stato" tutto diventa all'improvviso legittimo. Ha senso che esista un doppio standard morale?
  3. Due spieghe:1) l'azione compiuta da Tizio e da Caio non è la stessa e 2) Tizio e Caio sono persone essenzialmente diverse.  Le uniche spieghe valide sono del secondo tipo poichè l'esempio del vigilantes può essere variato a piacimento in modo da rendere le due azioni da confrontare perfettamente uguali.
  4. C'è chi a questo punto introduce la democrazia ma la gran parte delle teorie che giustificano l'autorità politica precedono l'avvento della democrazia e prescindono da essa.
  5. Huemer si concentra sui casi di aggressione fisica, non perchè siano gli unici illegittimi nel rapporto tra privati ma solo perchè si tratta di casi dove quasi sempre si concorda nella condanna. È importante per Huemer partire da una posizione di accordo e quindi considerare azioni dove il doppio standard di giudizio è particolarmente evidente.
  6. Ci sono due metodi di analisi: 1) prendere una teoria etica astratta ed applicarla al caso concreto dell'autorità politica. Una di queste teorie potrebbe essere quella di Rawls. 2) considerare dei casi specifici in cui il giudizio etico è incontrovertibile e procedere coerentemente a giudicare altri casi. Huemer segue questa seconda via, non crede che esistano teorie etiche generali affidabili. Ci sono filosofi che credono nelle teorie (Singer), ci sono poi filosofi (Nancy) che credono nell'esistenza di giudizi specifici, ci sono poi filosofi che non credono a niente in campo etico (Mackie) e ci sono infine filosofi come Huemer cne pur non credendo in nessuna teoria credono in taluni giudizi specifici  condivisi,  questi giudizi sarebbero fondati e ragionevoli. Se così è, partire da una teoria etica o, ancora peggio, da una teoria politica, sarebbe tempo perso. Partiamo invece dall'ovvio. Attenzione: se si parte dall'ovvio e si traggono le ovvie inferenze non è affatto detto che si giunga ad ovvie conclusioni. Anzi, direi che le conclusioni di Huemer sono decisamente originali.
  7. Perchè non partire dall'idea di senso comune per cui un'autorità politica è necessaria? Primo perchè Huemer non condivide questa idea che quindi diventa controversa e non più condivisa, del resto esistono fior di filosofi politici e storici che non la condividono: Stringham, Ostrom, Schmidtz, Leeson, Beito . Ma, secondo, a quanto pare molti hanno ritenuto di doverla giustificare. Quindi non è poi tanto di senso comune.
  8. Tesi del libro: l'a. p. è un'illusione. Confutazione delle principali teorie giustificatorie ( contrattualismo democraticismo utilitarismo...). Altre tesi: le principali teorie politiche sono una razionalizzazione di conclusioni già raggiunte. La parte seconda è dedicata alle conseguenza del precetto che dichiara illegittima l'autorità politica.
  9. La tesi conseguenzialista come la presenta Hobbes: gli uomini non collaborano e senza un sovrano assoluto vivrebbero nella miseria, quindi la sua presenza deve essere accettata come naturale. C'è qualcosa di contradditorio nel contrattualismo: se gli uomini non collaborano perché mai dovrebbero collaborare accordandosi nell'accettazione di un sovrano assoluto? Paragrafo estrapolato da Stringham.
  10. Nagel dice che il nostro reddito non sarebbe lo stesso senza a.p., quindi il diritto al nostro reddito non esiste. Obiezione: certo, le istituzioni politiche contano, se vivessimo in URSS saremmo tutti più poveri, ma l'argomento dimostra troppo, dimostra che qualsiasi cosa faccia lo stato è giustificata, anche se violasse i diritti tanto cari a Nagel. E quindi, come la mettiamo? Oltretutto avere argomenti per dimostrare che la soluzione A (statalismo) è migliore della soluzione B (stato minimo) non implica l'obbligo di uniformarsi ai precetti di A. Ci sono auto migliori di altre nel rapporto qualità prezzo ma non esiste una costrizione all'acquisto. Paragrafo estrapolato da Stingham.
  11. la tesi conseguenzialista è la più accreditata per giustificare a.p.: senza lo stato che coordina le conseguenze sarebbero gravi quindi è doveroso obbedire. Obiezione: eppure se io disubbidisco lo stato non collassa affatto. Risposta: e il test kantiano?
  12. Le lacune dell'utilitarismo dei comportamenti fa ripiegare sull'utilitarismo delle regole: si deve ubbidire a una regola se risulta utile in condizioni "kantiane". Ma anche u.delle regole si confuta con casi specifici paradossali: nn posso fare il ragioniere perchè se lo facessero tutti il paese collasserebbe.
  13. dopo la confutazione dell'u.delle regole il conseguenzialista ripiega sulle teorie del fair play: applico il test kantiano per stabilire i doveri più che i diritti. Esempio:la barca imbarca acqua e tutti si danno da fare per svuotarla, si potrebbe fare a meno del mio apporto ma è doveroso che io contribuisca per quanto posso. Inconveniente: se i passeggeri si impegnano in due attività di cui una inutile (es: svuotare l'acqua dalla barca e pregare Poseidone) è mio dovere partecipare ad entrambe? Si direbbe di no, di conseguenza nn è mio dovere ubbedire a leggi sbagliate, o per lo meno lo stato che le emette nn è meno colpevole del cittadino che le infrange, manca quindi di legittimità. Se è vero che siamo eticamente esentati dal partecipare ad attività inutili è ancora più vero che lo siamo dal partecipare ad attività dannose. Per un pacifista la guerra è dannosa, per un anarchico il governo è dannoso, eccetera. La dannosità si rileva anche dalla presenza di alternative più efficienti: givewell è più efficiente dello stato nell'aiutare chi ha bisogno.
  14. con l'argomento del fair play si tenta di giustificare la legittimità generica dello stato nell'agire in modo violento. Tuttavia, per quanto appena detto analizzando l'analogia della barca lo stato può anche essere giustificato nella sua azione ma solo per attività specifiche (es per imporre a tutti un contributo nello svuotare la barca) non in generale. Anche giustificare il monopolio della violenza è difficile da giustificare: se sulla barca gianna estrae per primo la pistola e impone a tutti di contribuire al salvataggio perchè mai non potrebbe farlo Gino qualora l'occasione si ripresentasse?
continua

giovedì 18 settembre 2014

Contro Kant

Il principale responsabile dello scetticismo moderno è Kant, il filosofo che con le sue "critiche" dimostrò i limiti della nostra ragione.

Secondo lui la nostra ragione puo' conoscere ben poco.

Senonché, nel frattempo, qualcosa è successo anche in campo filosofico.

Innanzitutto cio' che Kant dava per assodato non è più tale: la differenza tra conoscenza e credenza.

Per dire che "la ragione non puo' conoscere questo e quello" bisogna avere un' idea precisa di quel che intendiamo per "conoscere".

Dopo Edmund Gettier le cose si sono un po' confuse e nemmeno una credenza vera e giustificata puo' chiamarsi "conoscenza".

In secondo luogo Kant intendeva dimostrare che noi non possiamo conoscere le cose inosservabili (per esempio le cose di estensione infinita).

Kant aveva un grande rispetto delle scienze fisiche, e forse traeva proprio da questo rispetto il principio di cui sopra.

Sarebbe rimasto sorpreso se solo avesse vissuto abbastanza per scoprire che le scienze naturali oggi formulano molte teorie intorno a eventi e cose non osservabili perché troppo piccole o troppo grandi o troppo vecchie.

D' altronde non fanno che uniformarsi al senso comune: noi tutti cerchiamo di "conoscere" cio' che non possiamo osservare basandoci sugli effetti che possiamo osservare. L' apparenza, in assenza di prova contraria, domina sull' ipotesi dell' illusione, e quando si presentano le prove contrarie si affrontano e si valutano. Insomma ci si inserisce in un processo facendo della conoscenza qualcosa di coerente con la critica di Gettier.

Se poi si vuole dire che Kant parlando di "osservabile" si riferisse a cose "logicamente osservabili", allora possiamo tirare un sospiro di sollievo, lo scetticismo non risulterebbe poi così giustificato. Ogni immaginazione è logicamente osservabile, basta che non violi i principi della logica, appunto.

E' tempo di superare le critiche di Kant alla metafisica, ce lo dice il senso comune, ce lo dice lo sviluppo delle scienze naturali, ce lo dice la filosofia contemporanea.

martedì 11 dicembre 2012

Contro Hume e Kant (dici poco?!)

Hume e Kant si opposero alla teologia naturale, la consideravano insensata. Swinburne si sente in dovere di rispondere loro.

Secondo Hume le idee del nostro intelletto sono un prolungamento dei sensi e quelle per cui il prolungamento non è chiaro sono idee sensate. Hume amava l' induttivismo.

M l' approccio di Hume presenta almeno un paio di problemi: 1. fino a che punto si puo' generalizzare l' induttivismo? 2. come è lecito combinare le sensazioni in modo da scartare le idee insensate?

Se l' induttivismo è sufficientemente generalizzabile allora anche l' idea di Dio (oggetto inosservabile) diventa lecita. In secondo luogo, sembra che l' unico modo lecito per combinare le idee sia quello d evitare incoerenze. Ma che idea è l' idea di incoerenza? Di sicuro anch' essa deve derivare da intuizioni sensibili generalizzabili a oltranza. Ma la generalizzazione a oltranza rende lecita l' idea di Dio.

Gli agomenti di Hume non sembrano dunque ostacolare il percorso della teologia naturale.

E nemmeno quelli di Kant, che sono per lo più derivati da Hume.

Kant si focalizzò per lo più nella negazione dell' argomento ontologico: sebbene stia in piedi, si sostenne, basta cambiare le premesse per poterlo rovesciare. Ma un argomento tanto facilmente rovesciabile non è valido. La premessa su cui si concentrò la furia analitica di Kant è noto: l' " esistenza" non è una proprietà dell' ente. Con una premessa del genere Anselmo salta in aria (e anche Godel).

Kant ragionava in termini di conoscenza (deduttiva) e non in termini probabilistici. Guardacaso la teologia naturale si concentra sulle probabilità. L' approccio kantiano è dunque fallato in partenza poichè presuppone che chi argomenta sostenendo l' esistenza divina lo fa sempre a partire dall' argomento ontologico. Un errore fatale per lui e per la schiera di filosofi suoi seguaci.

http://users.ox.ac.uk/~orie0087/pdf_files/General%20untechnical%20papers/Why%20Hume%20and%20Kant%20were%20mistaken%20in%20rejecting%20natural%20theology.rtf


martedì 5 ottobre 2010

Kant e Darwin

Secondo Kant il mondo presenta un ordine e questo semplice fatto, sebbene non dimostri alcunchè, spinge la nostra intelligenza a pensare l' esistenza di un Dio ("... by the constitution of our cognitive faculties...we are absolutely incapable of forming any concept of the possibility of a purposively ordered world unless we think a highest cause operating designedly..."). Darwin invece ci spiega come l' ordine possa emergere dal caos. Non sappiamo cosa pensasse Darwin circa l' esistenza di un Progettista. In fondo perchè mai Kant e Darwin dovrebbero essere incompatibili, il Dio kantiano per perseguire l' ordine di cui sopra potrebbe essersi servito dei mezzi così ben illustrati da Darwin. Il fatto è che gli argomenti di Kant sono di ordine cognitivo, gli argomenti di Darwin sono empirici, non potranno mai scontrarsi finchè noi non stabiliamo in che rapporto sono tra loro "ragione" ed "esperienza".

Sean Greenberg