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lunedì 20 novembre 2017

Mica stupido il ragazzo

Mica stupido il ragazzo

Totò gestisce una bisca in periferia. Lo fa con competenza e sensibilità, non è uno stupido.
Gli affari vanno bene, ci si incontra almeno due notti a settimana e il denaro scorre a fiumi.
Totò sa il fatto suo e i giocatori si fidano di lui.
Recentemente alla sala principale si è affiancata una sala secondaria dove è possibile scommetterein modo clandestino. Vista la fauna che frequenta il locale è facile prevedere che sarà allettata da questa nuova opportunità.
Anche in questo caso Totò non è stato affatto stupido, l’ ha pensata bene, altroché: alla gente che gioca piace anche scommettere, impacchettare i due prodotti è una genialata.
Per Totò i rischi sono tanti ma ne vale la pena, sta mettendo via un bel po’ di soldi e riesce pure ariciclarli facendo affidamento su banchieri compiacenti del Nord con cui è venuto in contatto grazie ad un tizio di Milano che frequenta la sua bisca.
L’ illegalità è un mondo irto di mille pericoli ma ora che Totò ha imparato a muoversi su quel terreno capisce che ci sono anche mille opportunità da sfruttare, specie se sei un tipo sveglio. E Totò non è affatto stupido.
Da qualche tempo alcuni dicono che nella sua salacircolano donnine che allietano le serate dei vincitori e consolano quelle degli sconfitti.
E’ proprio così, Totò, che non è stupido, ha fiutato l’ affare contattando Pippo che gli ha fornito la “materia prima”. Chi ama giocare, ama anche scommettere e andare a donne: quel che cerca è la gratificazione immediata. Totò lo sa e offre tutto in un’ unico pacchetto.
E da dove spunta Pippo? Bè, è un ceffo loschissimo, e nell’ ambiente ci si conosce un po’ tutti, specie se non si è dei fessi.
Pippo è un tipo poco raccomandabile ma gli affari sono affari e questi sono affari veramente notevoli. In più Pippo è una via per arrivare a killeraffidabili e Totò ha sempre intorno scocciatori che di cui è bene liberarsi prima che possano fare veramente danno. Bisogna farlo presto e con discrezione.
Ora poi il buon Pippo ha avanzato anche proposte per una nuova joint venture, si parla di droghe, roba che rende, non bruscolini. I due vogliono allargarsi, mica sono degli stupidi.
E’ un campo minato, il rischio è alto. Ma Totò è già dentro fino al collo, quel rischio non lo spaventa come spaventerebbe un principiante, lui ne gestisce già parecchio e questo è solo una giunta che, anzi, contribuirebbe a diversificare il rischio complessivo. Razionale il nostro Totò, nevvero?
E poi ormai Totò è uno del ramo: la sua consumata esperienza nel mondo dell’illegalità gli consente di ridurre considerevolmente un rischio di per sé notevole.
Ma le assicurazioni non bastano mai e la migliore assicurazione in questi casi consiste nelcorrompere un politico di alto rango. Con la corruzione ti assicuri su tutto.
Totò già “stipendiava” la polizia di quartiere, ora, per essere lasciato in pace, guarda in alto, allapolitica, e comincia a reinvestire lì una parte dei profitti. Ne vale la pena e Totò, non essendo stupido, lo sa.
Le nuove conoscenze gli consentono di manovrare anche gli appalti, ne girano parecchi in una Regione come quella in cui vive ed opera Totò, una Regione alluvionata da sempre con l’ elemosina di altre Regioni. Nessuno si sorprenderà se dirò che Totò, da un giorno all’ altro, diventa uno specialista nell’accaparrarsi questi soldi facili.
Il lavoro non manca di certo ma le scartoffie lo opprimono e le tasse limitano la rendita. La soluzione è subito pronta: un bell’ unguento ad Agenzia Entrate e Ispettorato del Lavoro e il gioco è fatto. Totò non è scemo, per altre ragioni possiede tonnellate di quel miracoloso unguento e nessuno come lui sa somministrarlo. Lo fa da sempre e le economie di scala per certe cose pesano.
Ora finalmente si puo’ lavorare in nero cosicché i ricavi lievitano. Al resto ci pensa la concorrenza sleale di cui Totò puo’ godere. Mica stupido il ragazzo.
Totò è ricco e felice, oltretutto non manca l’ opportunità di arrotondare.
Le banche abbandonano proprio le imprese più bisognose, che vigliacche (pensa Totò)!
Nessuna paura! C’ è Totòi, lui presta… con tassi a doppia cifra (mica è stupido)… con un ufficio recupero crediti particolarmente “efficace”. Ma presta, non abbandona.
Ma come puo’ una persona ricca e felice vivere in un quartiere tanto malfamato e infestato dalla microcriminalità?
Ci pensa Totò: con una minuscola tassa che preleva dai commercianti della zona intende garantire a tutti tranquillità. E la garantisce per davvero!: ieri hanno trovato appeso al lampione quel tale che ha tentato di rapinare la tabaccheria!
Alle frontiere diversi disperati chiedono di entrare, e sono pure carichi di denaro. Non saranno carichi d’ oro ma loro sono in tanti e portano con loro i risparmi di una vita. Totò subodora l’ affare e si butta nel ramo dell’ immigrazione clandestina. Le conoscenze giuste le ha già e si fanno soldi a palate.
A proposito di conoscenze, visto che Totò ha dovuto approfondire i rapporti con la polizia di confine, già che c’ è mette su un bel contrabbando. Uno solo? Visto che non è stupido ne mette su due, anzi tre, anzi quattro…
Eppure Totò è preoccupato: c’è sempre quel maledetto PM che non lo lascia lavorare in pace, forse è invidioso, Totò non sa spiegarselo, sta di fatto che questo tale vorrebbe sbatterlo in gabbia e buttare via la chiave. Totò lo fa saltare in aria con la sua scorta. E’ legittima difesa!: se ognuno si facesse i suoi affari queste spiacevoli cose non accadrebbero.
Domani ci sono le elezioni ma Totò snobba la politica, non snobba invece i politici, che foraggia regolarmente ricevendo in cambio i loro servigi.
Purtroppo per lui prevale un outsider: vince Bronko che entrerà in carica l’ indomani.
Alle 8.00 di mattina, appena dopo l’ insediamento, viene emanato un decreto legge urgente di sole 11 righe. E’ un “decreto anti-mafia” e Totò lo legge con attenzione.
– bische liberalizzate;
– scommesse liberalizzate;
– prostituzione liberalizzata;
– usura liberalizzata;
– droga liberalizzata;
– elemosina tra Regioni azzerata;
– reati corruttivi aboliti;
– tasse decimate;
– deregolamentazione del commercio;
– lotta alla microcriminalità potenziata;
– tariffe doganali abolite.
Quand’ anche Totò non si interessi di politica, capisce all’istante che questo genere di politica si interessa di lui: rischia la rovina.
La sua destrezza di criminale lo portava ad essere il migliore in quei campi, ora che la destrezza da criminale non serve più per certi affari, sarà ancora il migliore?
Cosa resta a Totò? Il campo delle estorsioni? I commercianti hanno cominciato a vederlo male, non collaborano – e i costi di riscossione si sono impennati – non hanno più bisogno dei suoi servizi. E poi è inutile rischiare la galera per quattro misere lire, Totò non è uno stupido.
Cosa resta a Totò? Il campo del riciclaggio? Ma praticamente nessuno ha più niente da riciclare dopo la legge di Bronko?
Forse gli resta la sua capacità di corrompere. Mmmmm con così poche regole il grasso non cola più da quelle bistecche. Con 11 regole ci sono 11 motivi per corrompere ma se la regola è una sola?
Le regole sono diminuite e gli anni di galera sono aumentati, meglio lasciar perdere.
Le regole sono diminuite ma la polizia è rimasta la stessa e si dedica in massa a far rispettare le poche regole rimaste. Le regole da violare sono diminuite e violarle è sempre più difficile: meglio guardare altrove.
Totò non è stupido, e l’ ha capito.
In realtà a Totò qualcosa è rimasto: la sua intelligenza.
Nei settori dove lavorava prima aveva maturato un’ abilità che andava al di là delle protezioni criminali di cui godeva. Sono mercati giovani e gli ex-onesti non possono essere esperti quanto gli ex-criminali come lui.
Lui sa scegliere la “roba” migliore, le sue donnine sono uno schianto e i suoi locali sono sempre i più accoglienti. Si è dimostrato umano con i mutuatari e loro ancora si rivolgono a lui. Totò conosce come nessun altro i suoi “polli”.
Totò non era uno stupido, ci sa fare in quei mercati e oggi si dà da fare all’interno della legalità.
Se non si è stupidi si capisce al volo quel che conviene e a Totò conviene diventare un ex-criminale a tutti gli effetti. In fondo non fa cose molto diverse da prima: è ancora un imprenditore.
Paga poche tasse per il semplice fatto che le tasse sono poche, i suoi affari prosperano anche più di prima poiché puo’ farli alla luce del sole risparmiando parecchio.
Oggi è uno dei maggiori contribuenti del Paese, un Paese che va avanti grazie anche a Totò, un Paese che deve dire grazie a Bronko ma anche al fatto che Totò non sia affatto uno stupido.
Era un demonio ed è diventato un eroe civile. Gli è bastato fare quattro conti: mica stupido il ragazzo!
***POST SCRIPTUM***
Conoscete Roberto Saviano? E’ uno scrittore importante che ci ha raccontato la Mafia.
In fondo la Mafia che ci racconta Saviano la conoscevamo già.
Eppure una cosa nuova Saviano ce la dice, ci dice: i criminali mafiosi non sono degli stupidi.
Saviano ci narra di questa intelligenza del crimine parlandoci in lungo e in largo dei suoi investimenti e della capacità di fare affari.
Saviano è molto allarmato quando dice che il crimine non è stupido.
Strano perché nel mio apologo è proprio facendo leva sulla non-stupidità del crimine che si trasforma l’ inferno in un paradiso.
Io, al contrario di Saviano, tiro un sospiro di sollievo sentendo che il crimine non è stupido. Anzi, reputo che sia abbastanza stupido non capirlo e non rallegrarsi a questa buona notizia.
Meglio puntare sull’ intelligenza dei criminali o sulla loro “conversione”? Saviano e Bronko fanno in merito scelte differenti, non c’ è che dire. Io sto con Bronko perché penso che una legge da violare in meno è meglio di mille prediche.
Risultati immagini per totò riina

martedì 6 ottobre 2015

Wu Ming contro Saviano

Cosa c'è che non va in Gomorra? Nel libro c'è un "io" ondivago, a volte è Saviano, altre volte altri. le acque si confondono e s'intorbidano. Saviano viaggia in motorino ed è ovunque, testimone di tutto e connettore di tutte le storie in un apoteosi di protagonismo che finisce per oscurare il soggetto. il suo libro non è un reportage e la colpa principale dell autore è di averlo presentato come tale accodandosi all operazione mediatica predisposta per il lancio, la scorta e la vita reclusa che ne è seguita ha fatto il resto.

Pascale contro Saviano

Cosa c'è che non va in Gomorra? l'atmosfera di fiction e l'alternanza tra fatti reali e leggende metropolitane. non puoi farlo se intendi colpire la mafia, che di leggende metropolitane si nutre. se il tuo libro diventa ambiguo la mafia vince perchè la mafia vive di ambiguità.

giovedì 5 marzo 2015

Le ragioni di una doppia avversione


ROBERTO SAVIANO
savi
Grazie ai suoi libri di denuncia Roberto Saviano è assurto a grande fama, fama di martire ma anche di scrittore innovativo.
C' è stato un momento in cui radio e TV facevano a gara per incensarlo. Praticamente viveva in Rai, avanti e indietro come una sentinella tra Fazio e Sinibaldi.
E' chiaro che quando si esordisce partendo da simili vette non si puo' che discendere, così oggi non mancano le critiche sia alla sua opera che alla sua persona.
Ne ho lette ormai parecchie ma nessuna mi soddisfa appieno, eppure si tratta di un personaggio che sento molto distante da me, c' è qualcosa in lui che non digerisco davvero, ma cosa? Si certo, un simile successo lo ha costretto alla "tuttologia" e più di una volta "l' ha fatta fuori dal vaso", ma non è questo che mi disturba, è qualcosa di più specifico. Cerco allora di produrre un piccolo sforzo di analisi.
Roberto Saviano non si limita a denunciare il malaffare camorristico, insiste sulla dimensione di multinazionale che ha assunto l' organizzazione criminosa. E' sinceramente preoccupato quando descrive la "faccia pulita" dei criminali, quando il boss si presenta in doppiopetto.
Il camorrista per Saviano non è solo un delinquente ma anche un freddo calcolatore che sa condurre il suo business con l' abilità di un manager scafato, il riciclo dei soldi sporchi viene fatto rendere con insospettate competenze. Cio' moltiplica i pericoli e la specialità di Saviano sta nell' enfasi che mette su questo punto.
Per Saviano la Camorra che estorce è "il male" ma la Camorra che investe in affari lucrosi è il Male Assoluto.
E' qui che si svela la parte per me insopportabile di Saviano: c' è sempre un non detto per cui la razionalità affaristica è posta sullo stesso piano dell' atto criminale. I due sono parenti stretti.
Ora, immaginate di essere persone razionali e di avere di fronte un avversario razionale. Domanda: vi ritenete fortunati?
Bè, dipende, posso rappresentarmi due situazioni:
  1. Se devo difendere dei valori assoluti mi riterrò sfortunato: un nemico col sale in zucca mi darà filo da torcere.
  2. Se devo difendere valori relativi mi riterrò fortunato: tra persone ragionevoli ci si mette d' accordo.
Dietro l' allarmata denuncia dell' "affarismo" camorrista io vedo fare capolino la difesa di valori assoluti quali il culto della "legalità così com' è", una statua da adorare e per cui sacrificare tutto. Anche solo "comprare la confessione di un pentito" suonerebbe come un atto di resa. Ebbene, chi pensa (come me) che la cosa migliore da fare in certi casi sia "legalizzare" la mafia (legalizzando per esempio il mercato delle droghe o della prostituzione) non puo' che sentirsi respinto da un approccio che sottende il culto della "legalità così com'è".
E' proprio questo l' elemento maggiore di disturbo che mi fa apparire Saviano come un ideologo prima ancora che come uno scrittore-giornalista. Oltretutto, il martirio e l' espressione sofferente si sposa molto meglio con l' ideologia che con il reportage.
Ma se la legalità si trasforma da "strumento" ad "oggetto di culto" io mi sento in pericolo, sento bussare alle porte il nuovo fanatismo.
Diego Gambetta è un criminologo che ha dedicato ponderosi studi alle mafie e alle gang, nei suoi resoconti non viene risparmiata la descrizione di ripugnanti efferatezze, ma è con sollievo che si fa cenno alle strategie razionali dei boss, come a dire: "... con questi tipi una mediazione è sempre possibile... Vogliamo la pace? con gente del genere possiamo sempre comprarla...". Ecco, Diego Gambetta è per me un fulgido esempio di anti-savianesimo: viva il mercato e abbasso le religioni travestite.
MARCO TRAVAGLIO
trava
Il giornalista Marco Travaglio è un tipo brillante, una penna sciolta, documentata, espressiva, persino divertente. Averne...
Tuttavia, non sono quasi mai d' accordo con lui. 
E fin qui niente di male, perchè preoccuparsi? In fondo non sono quasi mai d' accordo con qualsiasi cosa legga sui giornali. Il fatto è che nutro per lui una speciale avversione e sento di doverne dare una ragione. Dal punto di vista ideologico non siamo nemmeno agli antipodi, entrambi alla ricerca di una Destra presentabile. Antipatia di pelle?
Forse. Non vorrei che giochi un ruolo lo stereotipato abbinamento tra spirito malevolo e fisicità segaligna. Cerco di illudermi che le ragioni non siano tanto basse, che ci sia dietro qualcosa di più. Ma cosa?
Con uno sforzo arrivo a dire: è un tipo salace e quando difende la sua causa non puo' far a meno di deridere e disprezzare il "nemico", non è un polemista molto corretto, deve sempre buttarla in caricatura, alla fine diventa insopportabile.
Vero, e in questo ha trovato pane per i suoi denti in scrittori altrettanto puntuti come Facci o i ragazzi de "Il Foglio" che spesso lo ripagano con la stessa moneta: gli fanno le pulci armati di un' acribia degna di miglior causa, senza farsi mancare il contrappasso di quell'acida ironia che il Nostro riserva regolarmente ai suoi "bersagli".
Eppure, anche qui, mi sento di dire che le bordate di un Facci non mi bastano, che "la grande lacuna" di Travaglio sta altrove. Ma dove?
Con un secondo sforzo introspettivo faccio risalire il tutto ai primi dilemmi filosofici adolescenziali, quelli che nascevano nei lunghi tragitti a piedi che, dopo la campanella, ci riportavano a casa dalla scuola: è lecito o no passare con il semaforo rosso se non sopraggiungono auto? 
Non penso alla soluzione pratica - si passava tutti in massa e chiusa lì - ma al dilemma teorico. Si faceva filosofia del diritto senza ancora sapere cosa fosse.
Allora ci si divideva animosamente tra formalisti - "no! le regole vanno pur sempre rispettate" - e sostanzialisti - " in fondo non si fa del male a nessuno". Sia la posizione formalista che quella sostanzialista avevano una loro dignità, anche per questo il discorso si trascinava all' infinito, o almeno finché si incrociava una bella gnocca.
Oggi che ho letto qualche libro in più conosco una risposta soddisfacente a quella domanda, ci viene dalla teoria dei giochi e la si puo' articolare in tre passi:
  1. Se  si fa del bene a se stessi senza far del male a nessuno allora è lecito agire poichè, così facendo, si costruisce una società migliore. Ergo: è insensato non passare con il rosso quando la strada risulta sgombra, del resto è il semaforo ad essere fatto per noi, non noi per il semaforo.
  2. Ma se l' inoppugnabile convinzione di cui al punto precedente si diffondesse, ecco allora spuntare le prime vittime: gli automobilisti, per esempio, sapendo cosa pensano i pedoni in materia, riterrebbero prudente rallentare e concentrarsi anche quando per loro splende il verde, d' altro canto i pedoni allenterebbero ulteriormente la loro attenzione sapendo che i rischi diminuiscono poiché gli automobilisti hanno le antenne particolarmente drizzate; ma questo supplemento di lassismo nei pedoni richiede un supplemento di attenzione negli automobilisti, e così via su un piano inclinato.
  3. Ne discende la soluzione socialmente ottima: passare con il rosso è corretto purché si dica in modo autorevole che non lo è.
Uno dei pilastri della buona società è il "fare e negare". Spiace un po' dirlo ma in questa valle di lacrime l' autorevole reticenza e l' ipocrisia assurgono spesso a risorsa sociale. Dopo i quindici anni una persona normale comincia a sospettarlo, dopo i venti ne è certo.
Eccoci a noi, il mestiere di Travaglio consiste nel dirci a suo modo che "non si passa con il rosso". Ma fin qui non c' è nessun problema, è un bene che lo si dica.
In fondo anche Giorgio Napolitano passa le sue giornate a spiegarci che "non si passa con il rosso", però tra i due c' è una certa differenza.
Giorgio Napolitano fa il Presidente della Repubblica (notare le maiuscole), Travaglio fa il giornalista/polemista (notare le minuscole).
Quando il Presidente della Repubblica si rivolge alla cittadinanza nel discorso di fine anno a reti unificate  sta dicendo "non si passa col rosso". Tutti noi applaudiamo perchè, comunque la si pensi, troviamo corretto che un concetto del genere venga ribadito. La stessa voce del Presidente ha una doverosa impostazione "trombonesca" (che è l' impostazione contraria a quella adottata nello stridore polemico) tanto da far apparire il sottotitolo "sono un' istituzione autorevole e ora vi dirò quel che va detto, occhio che arriva, pronti al doveroso applauso". Noi stessi ci sintonizziamo perché ci piace sentire "cio' che va detto" (mia mamma va in sollucchero), ci piace applaudire sentendo "cio' che va detto".
Magnificare la Costituzione è un modo di dire "non si passa col rosso". Incitare all' unità nazionale è un modo di dire "non si passa col rosso". Esaltare il sentimento di patria è un modo di dire "non si passa col rosso. Il peana alla democrazia è un modo di dire "non si passa col rosso". Non si tratta di parole velenose, si tratta di parole/alzabandiera.
Questo è il ruolo di Napolitano: fare l' alzabandiera da mane a sera e da mane a sera disinfestare il Quirinale dalle microspie.
Torniamo a Marco Travaglio, lui non imposta affatto la voce in modo  "trombonesco", lui non adempie ad un rituale, al contrario,  si presenta a noi come uno "smascheratore" in piena azione, come l' oracolo senza peli sulla lingua, se ha una bandiera in mano è quella della sua fazione non quella della "concordia universale". Dopodiché, ci dice fondamentalmente che "non si passa con il rosso" in modo provocatorio, ben sapendo (spero per lui) che l' altra fazione, se ha un minimo di coscienza civica, non puo' certo rispondere "hai torto, con il rosso si passa eccome in certi casi".
Cosa c'è che non va in tutto ciò? Del resto 1) che "non si passa col rosso" è qualcosa che fa pur sempre bene ripetere e 2) è nostro diritto sapere che Tizio o Caio sono stati beccati a passare con il rosso. Quel che non va in un simile atteggiamento è la trasformazione che subisce il valore della legalità (o del semaforo se vogliamo prolungare la metafora): da valore istituzionale a valore cultuale.
Quando il valore del "verde" diventa un culto partono crociate pericolose, non a caso Travaglio è a suo agio nel conflitto, sempre in trincea con l' elmetto ben calzato. Chi disapprova la sua impostazione, se ha un animo civile, non può farlo in modo compiuto, non può perché l' atteggiamento "socialmente ottimo" impone di "non dire", di non contrapporsi dialetticamente all' affermazione "col rosso non si passa". A volte Travaglio ha l' aria di fare il finto tonto, di marciare in modo un po' vigliacco su questo interdetto imposto dalla coscienza civica, di approfittare dell' handicap altrui per trarne un profitto in termini d' immagine integerrima. 
Ecco allora cosa lo rende insopportabile ai miei occhi.

lunedì 22 novembre 2010

Saviano disoccupato? I Prefetti entrano in campo.

Una storia vera.

Varie ragioni sconsigliano l' ingresso di un imprenditore della sicurezza nel casertano. Tanto che l' autorizzazione amministrazione per esercitare non viene rilasciata (dopo 11 anni di trafila burocratica).

I motivi lasciano esterrefatti.

Si va dal fatto che il numero di reati nella Regione è già ottimale, al fatto che la cosa potrebbe nuocere all' immagine delle forze dell' ordine statali.

A questa stregua direi che ne manca uno: e di cosa caspita scrive Saviano dopo?

mercoledì 17 novembre 2010

Mica stupido il ragazzo

Turi gestisce una bisca in periferia. Lo fa con competenza e sensibilità, non è uno stupido.

Gli affari vanno bene, ci si incontra almeno due notti a settimana e il denaro scorre a fiumi.

Turi sa il fatto suo e i giocatori si fidano di lui.

Recentemente alla sala principale si è affiancata una sala secondaria dove è possibile scommettere in modo clandestino. Vista la fauna che frequenta il locale è facile prevedere che sarà allettata da questa nuova opportunità.

Anche in questo caso Turi non è stato affatto stupido, l' ha pensata bene, altrochè.

Per Turi i rischi sono tanti ma il gioco vale la candela, sta mettendo via un bel po' di soldi e riesce pure a riciclarli facendo affidamento su banchieri compiacenti del Nord con cui è venuto in contatto grazie ad un tizio di Milano che frequenta la bisca.

L' illegalità è un terreno irto di mille pericoli ma ora che Turi ha imparato a muoversi su quel terreno capisce che ci sono anche mille chances, specie se sei un tipo sveglio. E Turi non è affatto stupido.

Da qualche tempo alcuni dicono che nella sua sala circolano donnine che allietano regolarmente le serate dei vincitori. Ed è proprio così, Turi, che non è stupido, ha fiutato l' affare contattando Pippo che gli ha fornito la "materia prima".

E da dove spunta Pippo? Bè, è un ceffo losco e nell' ambiente ci si conosce un po' tutti, specie se non si è dei fessi.

Pippo è un tipo poco raccomandabile ma gli affari sono affari e questi sono affari veramente notevoli. In più Pippo è una via per arrivare a killer affidabili e Turi ha sempre intorno scocciatori di cui è bene liberarsi prima che possano fare veramente danno. Bisogna farlo presto e con discrezione.

Ora poi il buon Pippo ha avanzato anche proposte per una nuova joint venture, si parla di droghe, roba che rende, non bruscolini. I due vogliono allargarsi, mica sono degli stupidi.

E' un campo minato, il rischio è alto. Ma Turi è già dentro fino al collo, quel rischio non lo spaventa come spaventerebbe un principiante, lui ne gestisce già parecchio e questo è solo una piccola giunta che contribuisce a diversificare il rischio complessivo. Alla fine il rischio complessivo per lui diminuisce anzichè aumentare. Razionale il nostro Turi, nevvero?

E poi ormai è uno del ramo, ovvero, è un rischio che governato dalla sua esperienza si riduce considerevolmente.

Ma le assicurazioni non bastano mai e la migliore assicurazione in questi casi è la corruzione. Con la corruzione ti assicuri su tutto.

Turi già stipendiava la polizia di quartiere, ora, per essere lasciato in pace, guarda in alto, alla politica, e comincia a riciclare lì una parte dei profitti. Ne vale la pena e Turi, non essendo stupido, lo sa.

Le nuove conoscenze gli consentono di manovrare anche gli appalti, ne girano parecchi in una Regione come quella in cui vive ed opera Turi, una Regione alluvionata da sempre con l' elemosina di altre Regioni. Nessuno si sorprenderà se dirò che Turi, da un giorno all' altro, si butta nell' edilizia.

Il lavoro non manca di certo ma le scartoffie lo opprimono e le tasse limitano la rendita. La soluzione è subito pronta: un bell' unguento ad Agenzia Entrate e Ispettorato del Lavoro e il gioco è fatto. Turi non è scemo, per altre ragioni possiede tonnellate di quel miracoloso unguento e nessuno come lui sa somministrarlo. Lo fa da sempre e le economie di scala per certe cose pesano.

Ora finalmente si puo' lavorare in nero cosicchè i ricavi lievitano. Al resto ci pensa la concorrenza sleale di cui Turi puo' godere. Mica stupido il ragazzo.

Turiddu è ricco e felice, oltretutto non manca l' opportunità di arrotondare.

Le banche abbandonano proprio le imprese più bisognose, che vigliacche.

Nessuna paura! C' è Turi, lui presta... con tassi a doppia cifra (mica è stupido)... ma presta.

Alle frontiere diversi disperati chiedono di entrare, e sono pure carichi di denaro. Non saranno carichi d' oro ma loro sono in tanti e portano con loro i risparmi di una vita. Turiddu subodora l' affare e si butta nel ramo dell' immigrazione clandestina. Le conoscenze giuste le ha già.

A proposito di conoscenze, visto che Turi ha dovuto approfondire i rapporti con la polizia di confine, già che c' è mette su un bel contrabbando. Uno solo? Visto che non è stupido ne mette su due, anzi tre, anzi quattro...

Domani ci sono le elezioni ma Turi snobba la politica, non snobba invece i politici che foraggia regolarmente ricevendo in cambio i loro servigi.

Vince Bronko che entrerà in carica l' indomani.

Alle 8.00 di mattina, appena dopo l' insediamento, viene emanato un decreto legge urgente di sole 9 righe. E' un "decreto anti-mafia" e Turi dovrebbe leggere con attenzione tutte e nove le righe.

- bische liberalizzate;

- scommesse liberalizzate;

- prosituzione liberalizzata;

- usura liberalizzata;

- droga liberalizzata;

- corruzione liberalizzata;

- elemosina tra Regioni azzerati;

- tasse decimate;

- deregolamentazione del commercio;

- tariffe doganali abolite.

Quand' anche Turi non si interessi di politica, questo genere di politica s' interesserà molto presto di lui.

E Turi, che non è stupido, lo capisce.

La sua destrezza di criminale lo portava ad essere il migliore in quei campi, ora che la destrezza da criminale non serve più per certi affari, sarà ancora il migliore?

Cosa resta a Turi? Il campo delle estorsioni? Inutile rischiare la galera per quattro misere lire, Turi non è uno stuipido.

Cosa resta a Turi? Il campo del riciclaggio? Ma praticamente nessuno ha più niente da riciclare?

Forse gli resta la sua capacità di corrompere. Mmmmm con così poche regole il grasso non cola più da quelle bistecche. Con 10 regole ci sono 10 motivi per corrompere ma se la regola è una sola?

Le regole sono diminuite e gli anni di galera sono aumentati, meglio lasciar perdere.

Le regole sono diminuite ma la polizia è rimasta la stessa e si dedica in massa a far rispettare le poche regole rimaste. Meglio guardare altrove.

Turi non è stupido, e l' ha capito.

In realtà a Turi qualcosa è rimasto: la sua non-stupidità.

Nei settori dove lavorava prima aveva maturato un' abilità che andava al di là delle protezioni criminali di cui godeva. Sono mercati giovani e gli ex-onesti non possono essere esperti quanto gli ex-criminali come lui.

Lui sa scegliere la "roba" migliore, le sue donnine sono uno schianto e i suoi locali sono sempre i più accoglienti. Si è dimostrato umano con i mutuatari e loro ancora si rivolgono a lui. Turi conosce i suoi polli.

Turi non era uno stupido, ci sa fare anche nei suoi campi specifici. Solo che oggi si dà da fare nella legalità.

Se non si è stupidi si capisce al volo quel che conviene e a Turi conviene diventare un ex-criminale a tutti gli effetti.

Paga poche tasse per il semplice fatto che le tasse sono poche, i suoi affari prosperano anche più di prima poichè puo' farli alla luce del sole risparmiando parecchio: non serve più alcuna polizzaper i rischi più seri.

Oggi è uno dei maggiori contribuenti del Paese, un Paese che va avanti grazie anche a Turi, un Paese che deve dire grazie se Turi non è uno stupido.

Era un demonio ed è diventasto un eroe civile. Mica stupido il ragazzo.

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Conoscete Roberto Saviano? E' uno scrittore importante che ci ha raccontato la Mafia.

In fondo la Mafia che ci racconta Saviano la conoscevamo già.

Eppure una cosa nuova Saviano ce la dice, ci dice: i criminali mafiosi non sono degli stupidi.

Saviano ci narra di questa intelligenza del crimine parlandoci in lungo e in largo dei suoi investimenti e della capacità di fare affari.

Saviano è molto allarmato quando dice che il crimine non è stupido.

Strano perchè nel mio apologo è proprio facendo leva sulla non-stupidità del crimine che si trasforma l' inferno in un paradiso.

Io, al contrario di Saviano, tiro un sospiro di sollievo sentendo che il crimine non è stupido, cio' sigbifica solo che c' è una concreta possibilità di salvezza. Reputo che sia abbastanza stupido non capirlo e non rallegrarsi a questa buona notizia.

Mi sembra che sia diventato inutile aggiungere qui il mio giudizio su Saviano, a prescindere dal suo coraggio.

Meglio puntare sull' intelligenza dei criminali o sulla loro "conversione"? Saviano e Bronko fanno in merito scelte differenti, non c' è che dire. Una legge in meno a volte è meglio di mille prediche.

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P.S. questo post è ispirato alle parole che Roberto Saviano ha recentemente riservato a Gianfranco Miglio e mira a mettere in evidenza come il giovane probabilmente non comprenda i pensieri del vecchio saggio in tema di mafia e mettendolo alla berlina non aiuta nemmeno gli altri a farlo.

mercoledì 16 aprile 2008

I non sequitur di Saviano

Nel post precedente mi sono servito del mitico Saviano come epitome della mentalità anti-economica.

Mi piacerebbe illustrare un' ulteriore via attraverso cui gli antimaterialisti/anticonsumisti/antiavidi, pronunciano le loro condanne.

Innanzitutto viene posta una premessa: i beni materiali non fanno la felicità; sono le relazioni umane a costruirla con saldezza; è la nostra crescita spirituale a consolidarla.

E voglio ben vedere chi oserebbe contestare. In genere una persona già si sente migliore anche solo aderendo in via di principio a simili verità.

Seconda premessa: nei suoi uffici, nei suoi laboratori, nelle sue fabbriche, la scoetà capitalista (SC) produce, produce, produce.

bè sì,in effetti produce un casino.

Ma se produce tanto dovrà pur vendere?

Ecco allora la condizione imprescindibile che consente a SC di durare nel tempo: vendere. Se non vende i suoi beni materiali collassa. in qualche modo dovrà piazzare la mercanzia.

Se questo è vero, qual è il bene più prezioso per SC, qual è il bene che deve assolutamente procurarsi per prolungare la propria esistenza e accelerare la sua crescita? Semplice, un "uomo" ben formato, un "uomo" in grado di assorbire la produzione, un uomo che desideri ardentemente i beni prodotti. Un materialista.

Ecco allora SC impegnata nella costruzione dell' uomo materialista, dell' uomo desiderante, dell' uomo avido di beni materiali.

Affinchè SC possa durare e perpetuarsi deve inculcare valori materialistici nella popolazione, magari mettendosi all' opera sin da subito sulla coscienza malleabile dei bambini.

Saviano va oltre: il desiderio materiale generato nel modo che abbiamo visto per coltivare interessi ben specifici, finisce per produrre i mostri tipici della delinquenza e della malavita che lui riesce a descrivere con tanta vividezza. Gli eroi del crimine non sono altro che "uomini avidi" sfuggiti alle regole. Se sfuggisse alle regole un Budda non farebbe tanto danno.

Che dire? La vividezza del racconto c' è ma la logica un po' meno.

Il buco logico si produce grazie al modo equivoco con cui si maneggia un termine come "materialismo".

Attenzione.

Nel tentativo di coltivare le mie relazioni umane, invito la mia fidanzata al cinema. Ho fatto proprio bene, ci siamo parlati con parole sincere e mi sono arricchito. Oserei addirittura dire che ho sentito una felicità che ancora si prolunga qui ed ora. Eppure il cinema l' ho dovuto pagare e non c' era neanche la riduzione (maledetti). Ma non mi pento.

L' altro giorno ho buttato giù le riflessioni ispiratemi dal libro di Walcott. E' stato un bel momento, ho fatto delle scoperte che ora fanno parte della mia persona e mi inorgogliscono. Il libro veniva 32 euro, ladri!



Nel tentativo di allargare i miei orizzonti e toccare con mano vite, popoli e usanze differenti dalle mie, ho intrapreso un viaggio in giro per il mondo. Ora mi sento un uomo diverso e più adulto e appagato. Anche il mio conto in banca sembra aver cambiato aspetto.

Volete sapere quanto costa un corso Yoga completo e di qualità? Meglio che non ve lo dica. Vi invito invece ad iscrivervi e a frequentare. I benefici e la crescita interiore sono notevole e ne vale senz' altro la pena.

Insomma, ormai si sarà capito: il materialista è colui che vede un bene materiale come fine in cui si esaurire il proprio desiderio. Il non-materialista è colui che lo vede come un mezzo.

SC fa i suoi più grossi affari con il non-materialista.

Basterebbe dare un occhio alla pubblicità per accorgersene. Beni materialmente di scarsa consistenza raggiungono valori elevati per l' aura esclusiva e la promessa identitaria che offrono. Chi li desidera non è in cerca solo di beni materiali ma di quell' aurea. Se no non spendevo tutti quei soldi per una Smemoranda.

Per concludere, il ragionamento che condanna SC come produttrice di materialismo è lacunoso.

Lacune del genere si perdonano facilmente in scrittori talentuosi come Saviano, Scrittori che non sono tenuti a ragionare con rigore ma piuttosto ad intrattenerci prima di prendere sonno.

Si perdonano un po' meno quegli scienziati sociali che inciampano nel medesimo sasso. Ecco ben illustrato l' esempio di Kasser.