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domenica 8 dicembre 2019

LA TASSA PERFETTA

Piccolo saggio di filosofia fiscale.
LA TASSA PERFETTA
La tassa perfetta non distorce l'economia creando disincentivi al lavoro, per questo motivo non colpisce i guadagni effettivi ma quelli potenziali. In altre parole, non tassa lo sforzo ma l'abilità. Una tassa del genere non crea disincentivi: io tasso il tuo talento, quanto poi vorrai o meno sfruttarlo sono affari tuoi. Una tassa del genere, in teoria, non si puo' nemmeno evadere: la sua natura è oggettiva.
Se Dio volesse realizzare una tassa perfetta potrebbe farlo, Lui conosce il potenziale di ogni persona. Tuttavia, per gli uomini è un po' più difficile, sarebbe necessaria una sorta di onniscienza.
Il meglio che possiamo fare è approssimarci alla tassa ideale. Ciò significa tassare chi presenta "indizi di fortuna". Per esempio, tassare i bianchi più dei neri, gli uomini più delle donne, gli alti più dei bassi, i belli più dei brutti, gli umori stabili più dei neurotici eccetera. Tasse di questo genere non creano disincentivi al lavoro e sono quindi efficienti. Tutti questi tratti, poi, sono "naturali" e positivamente correlati con il reddito.
Si puo' pensare che tassare la natura del contribuente sia una proposta radicale da accantonare, se non fosse che già si fa. Il sistema INPS, per esempio, tassa gli uomini più delle donne. Anche il sistema delle quote rosa e nere è un modo per tassare la razza e il sesso della persona.
Tuttavia, tassare in maniera esplicita il colore della pelle o la conformazione dei genitali del contribuente, per ora, resta tabù, cosicché ideare formule ipocrite è ancora oggi imprescindibile.
Idealmente potremmo tassare in base a tratti della personalità come l'intelligenza, l'autocontrollo o la pazienza, ma non funziona poiché si tratta di caratteristiche facili da falsificare. E' facile produrre un basso punteggio nei test. Forse domani sarà possibile ma per oggi occorre ripiegare su razza, sesso, bellezza e statura.
Ma se questa imposta è l'imposta perfetta, perché ci appare così "sgradevole"?
Vale la pena di esplorare i difetti e le imperfezioni di questa tassa sulla natura.
Innanzitutto, l'efficienza non è sempre una benedizione. Una tassa che non si puo' evadere e che non penalizza l'economia dà un grande potere ai governi. Forse troppo! Tasserebbero eccessivamente, probabilmente fino a distruggere tutto. Una tassa del genere potrebbe colpire anche i non nati. Come porsi di fronte a questi problemi?
Il problema di un fisco efficiente è che non pone freni all'ingordigia dei governi. Più in generale, potremmo dire che una tassa inefficiente distorce l'economia mentre una tassa efficiente distorce la politica.
Il problema della politica esisterà sempre quando si giudica un sistema fiscale: qualsiasi imposta richiederà un esattore delle tasse. Tassazione e autorità centralizzata vanno di pari passo, sia nella storia che nella logica.
Eppure non tutti ne hanno tenuto conto. Molti "contrattualisti" di ultima generazione, ispirati dal lavoro di John Rawls, sembrano dimenticarselo. Piccolo inciso: nl 1953, un economista di nome John Harsanyi inventò la metafora degli obblighi sociali come adempimento di contratti pre-parto. Nel 1971, l'influente filosofo John Rawls usò quei contratti - contratti firmati dietro il "velo dell'ignoranza" che ci protegge dalla conoscenza dei tratti particolari con cui nasceremo - come pietra angolare della sua teoria della giustizia. Questo filone di studi ragionava sul sistema ideale senza dare troppo peso al fatto che poi "qualcuno" avrebbe dovuto realizzarlo. Non si pensava che i difetti potevano riguardare questo "qualcuno" più che il sistema fiscale in sé. Il non-nato di Rawls che ragiona dietro il "velo di ignoranza", prima ancora di pensare ai criteri di giustizia ideali abbracciati dal paese in cui vorrebbe nascere, dovrebbe pensare di non nascere a Cuba, in Albania, in Mali, in Venezuela ma invece in Canada, in Lussemburgo. E questo a prescindere dai criteri di giustizia che a parole informano questi stati.
Poiché sia le tasse inefficienti che quelle efficienti presentano problemi, un' idea potrebbe essere quella di non tassare evitando di redistribuire la ricchezza dai più ricchi ai più poveri. Ma comportarsi in questo modo non violerebbe i nostri criteri di giustizia?
Penso di no. Al di là dei proclami di principio, infatti, nessuno sembra in realtà credere sul serio che esista un dovere in questo senso, altrimenti lo attueremmo beneficiando i veri poveri, ovvero le popolazioni del Terzo Mondo.
Su cosa si basa allora una credenza tanto diffusa? Probabilmente è un modo per legittimare la rapina. Partiamo dalle basi: se una squadra di bisognosi forti, robusti e armati fino ai denti incontra un ricco mingherlino inerme come finirà secondo voi? E' ovvio: i bisognosi prenderanno al ricco con un atto di forza. Se però per un qualche motivo dobbiamo mantenerci in buoni rapporti con il rapinato il prelievo deve essere in qualche modo giustificato, in questo senso occorre razionalizzare la situazione diffondendo una credenza filosofico\religiosa che renda "giusta" quella rapina specifica. Il riccone è solo e inerme, i "bisognosi" sono tanti e incazzati. Tuttavia, non si puo' provvedere ad una sottrazione indebita, il senso di giustizia che tiene insieme la società potrebbe risentirne. Ecco allora comparire una cervellotica teoria della giustizia che, pur presentando molte incoerenze, mantiene uno ieratico potere seduttivo.
Ma perché talvolta questa credenza filosofico\religiosa è condivisa anche dai ricchi? Alcuni di loro, come il miliardario Warren Buffett, chiedono a gran voce tasse più elevate! In fondo nessuno gli impedirebbe di fare un bonifico e mettersi la coscienza a posto, l'IBAN del Tesoro ce l'ha! Perché allora sgolarsi a quel modo? Probabilmente lo fa a fini pratici, il retro-pensiero è: "se noi ricchi non diamo ai poveri, la rivolta ci schiaccerà". In questo caso più che "dare" occorre "legittimare" il sistema ridistributivo. Anche qui appare evidente che non si fa appello a principi di giustizia ma a questioni di opportunità.
Per capire che non esiste un principio di giustizia che ci obbliga all'elemosina fiscale, prova questa variante: è "giusto" che le persone attraenti siano costrette a concedere favori sessuali occasionali alle persone brutte? Senza tali favori i brutti difficilmente potranno mai avere rapporti coi belli, e questi ultimi, oltretutto, sarebbero a costante rischio di stupro. Ma se riteniamo giusto sovvenzionare con denaro coloro che sono nati senza le competenze per guadagnare un reddito decente, perché non sovvenzionare con il sesso coloro che sono nati senza le capacità per attrarre partner desiderabili? Sembrerebbe giusto farlo, la logica è la medesima. Poiché la bellezza e il talento dipendono entrambe dalla fortuna sarebbe logico assicurarsi contro la sfortuna in entrambe le lotterie. Rawls che ne dice? Eppure la soluzione ci ripugna. Perché? Probabilmente perché un diritto del genere non esiste in entrambi i casi ma mentre nel primo le risorse in questione sono facilmente trasferibili mentre nel secondo no, ecco allora che per sfruttare la facile trasferibilità nel primo caso ci sforziamo di vedere un "diritto" mentre nel secondo un simile sforzo artificioso puo' essere evitato lasciando che la violenza susciti un naturalissimo sentimento di repulsa.
Ognuno di noi ha sensazione che il suo talento sia "suo" esattamente come la "sua" bellezza. Talento e bellezza ci appartengono. Una sottrazione lederebbe la nostra dignità e il nostro orgoglio. E' una specie di furto, di sfregio. Questo è esattamente il motivo per cui indietreggiamo di fronte all'idea del sesso coatto, abbiamo la consapevolezza che i nostri corpi ci appartengano. Ma lo stesso vale per i talenti. Consideriamo assurdo che Usain Bolt debba dividere la sua medaglia con l'ultimo arrivato. Sia lo stupro che il furto offendono la nostra dignità perché violano i diritti di proprietà. Se fai un'eccezione qua, devi farla anche là, e alla fine ti accorgi che la ridistribuzione coercitiva è una sorta di rapina. Questo è il motivo per cui non permettiamo ai bambini di subire o beneficiare di una "ridistribuzione" violenta dei giocattoli al parco giochi. Oltretutto, il talentuoso già dà a tutti senza dover essere sottoposto a un trattamento coercitivo. Quasi tutta la nostra prosperità la dobbiamo a un numero molto piccolo di scienziati, inventori e imprenditori. Dobbiamo tenerne conto in questa sede.
Anche la legittimità dei trasferimenti alle generazioni future è alquanto dubbia, soprattutto perché qui non puo' nemmeno essere evocato Robin Hood. Qui siamo di fronte all'operazione contraria. L'agenda dei gruppi ambientalisti consiste di fatto nel prendere ai poveri (noi) e dare ai ricchi (le generazioni future).
I nostri discendenti dovranno aspettare solo alcune generazioni, non più di qualche dozzina, per raggiungere uno standard di vita simile a quello di Bill Gates. Quindi ogni volta che il WWF o l'ONU ostacola lo sviluppo economico per preservare alcune ricchezze naturali del pianeta, chiede alle persone che vivono come te e me di sacrificarsi per il godimento delle generazioni future che vivranno come Bill Gates.

giovedì 3 marzo 2016

3 Perfect Markets and the ‘World of Truth’ - The Undercover Economist by Tim Harford

3 Perfect Markets and the ‘World of Truth’
Note:La verità: la preferenza rivelata dai comportamemti.La sincerità conduce all' efficienza: le tasse sono un' interferenza nel mondo della verità. ovvero cambiano i comportamenti e impediscono alle preferenze di emrrgereI prezzi informano x' sono pagati volontariamentePrezzo + competitività => verità precisaCompetenze nella scuola pubblica e nella scuola privataLiberismo e verità: metti i soldi dove metti la lingua (la doppia funzione dei prezzi)Tassa ottima: lump tax (impraticabile di fatto)

Note | Location: 995
3@@@@@@@@@@@@@@preferenza rivelata ...comportamentismo.interiorità...olimpiade...ipocrisia...fisco ideale

Yellow highlight | Location: 996
Consider the film Liar, Liar, which tells the story of Fletcher Reede. As a result of his son’s birthday wish, Fletcher Reede finds that he is compelled to tell the truth for twenty-four hours. This is problematic for Fletcher because he is a lawyer – or a liar, as his son understands it
Note:LIAR LIAR CON JIM CARREY....HOMO BHYPOCRITUS

Yellow highlight | Location: 1,000
free markets are just like Fletcher Reede’s son – they force you to tell the truth.
Note:MACCHINA DELLA VERITÀ

Yellow highlight | Location: 1,001
we will discover that a world of truth leads to a perfectly efficient economy,
Note:LA VERITÀ È EFFICIENTE

Yellow highlight | Location: 1,004
As we’ll see, taxes are like lies: they interfere with the world of truth.
Note:LE TASSE. DEMONIETTO MENZOGNERO

Yellow highlight | Location: 1,007
So, let’s buy a cappuccino in the world of truth.
Note:UN CAPPUCCINO NEL MONDO DELLA VERITÀ.....DISCRIMINAZIONE DI PREZZO

Yellow highlight | Location: 1,009
‘What’s the most you’re willing to pay for this coffee?’
Note:SCANNER

Yellow highlight | Location: 1,012
‘How much did those coffee beans cost?’
Note:Cccccccx

Yellow highlight | Location: 1,017
more killer question:
Note:LA DOMAMDA CHIAVE

Yellow highlight | Location: 1,018
‘Are any other places within thirty yards selling coffee like this?’
Yellow highlight | Location: 1,021
Prices are optional, which means they reveal information
Note:Tttttttttt

Yellow highlight | Location: 1,022
There’s a basic truth incorporated into any system of prices. That truth comes from the fact that stores and consumers do not have to buy or sell at a given price – they can always opt out.
Note:OPT OUT

Yellow highlight | Location: 1,032
Now you can begin to see why I say that prices ‘tell the truth’ and reveal information. In a free market, all the buyers of coffee would prefer to have coffee than the money the coffee cost, which is shorthand for saying they prefer coffee to whatever else they might have spent 60p on.
Note:COSTO OPPORTUNITÀ

Yellow highlight | Location: 1,037
anything that is paid for outside the market – for example, the Olympic Games in London in 2012. The Games will cost around £10 billion, most of which will come from taxpayers. Maybe this is a good use of money, and maybe not. It’s not clear how we find out.
Note:FUORI DAL MERCATO. NEBBIA.....OLIMPIADI

Yellow highlight | Location: 1,042
Perfect markets: the truth, the whole truth and nothing but the truth
Note:Tttttttttttt

Yellow highlight | Location: 1,050
the price is not conveying a vague fact (‘this coffee is worth 60p, or more, to the buyer, and it cost the coffee bar 60p, or less’) but a precise truth (‘this coffee cost the coffee bar exactly 60p’).
Note:FATTO VS VERITÀ....VERITÀDI PREFERENZA + VERITÀ DI COSO

Yellow highlight | Location: 1,090
Companies are making things the right way. Any company that wastes resources, over-produces or uses the wrong technology will go out of business.
Note:INFO => EFFICIENZA...VERITÀ

Note | Location: 1,095
IL PREZZO GIUSTO

Yellow highlight | Location: 1,095
Things are being made in the right proportions. If too much coffee were being produced, manufacturers would cut prices;
Note:QUANTITÀ

Yellow highlight | Location: 1,099
Things are going to the ‘right’ people. The only people who buy products are the people who are willing to pay the appropriate price.
Note:A CHI

Yellow highlight | Location: 1,104
you can’t get more efficient than a perfectly competitive market.
Note:SPRECO ZERO

Yellow highlight | Location: 1,106
Life without markets
Note:Ttttttttttttt

Yellow highlight | Location: 1,112
the non-market system also has some disadvantages. For instance, if a police officer is rude or incompetent, you don’t have the option to shop for a different police force. If you think that the level of police protection you receive is excessive, it’s not up to you to cut back a bit. Neither can you spend more if you decide that you’d like extra service. No, you have to lobby your local politicians and hope they consider your demands.
Note:NO EXIT STRATEGY

Yellow highlight | Location: 1,115
Government-provided schooling is another example of a non-market service that many of us use.
Note:ESEMPI SCUOLA E POLIZIA

Yellow highlight | Location: 1,120
In Britain, government-run religious schools often have the best academic records, so atheists take their children to church every Sunday in order to get good references from priests and get their children into these schools.
Note:DISTORSIONE ATEI IN CHIESA...UN ESEMPIO D IPOCRISIA DA CARENZA DI MERCATO

Yellow highlight | Location: 1,127
It seems that there is a willingness to pay for good schools, and we see it emerge because house prices are higher in the areas of schools with the best reputation. The non-market system, which gives preference to local children, channels the money that parents are willing to pay for a good school into the hands of property owners near existing good schools. This hardly seems sensible. A market system would simply direct the money to pay for more good schools.
Note:L IMMOBILIARISTA E LA SCUOLA

Yellow highlight | Location: 1,130
The signalling function of prices
Note:Ttttttttttt

Yellow highlight | Location: 1,131
In a market system, prices provide a way of deciding who gets to enjoy a limited supply of schools: whoever pays most gets to send their children to the best schools, an uncomfortable state of affairs, which the government-school system is designed to prevent. But prices also give the signal to build more schools, hire more teachers or raise their wages if they’re in short supply, and buy better materials. In the longer term, a price system will transform a high willingness to pay for good schools into a lot of good schools, just as surely as it will transform a high demand for coffee into a lot of cappuccino.
Note:COSTRUIRE NUOVE SCUOLE?

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The difficulty is that politicians hear that we want good schools, but they also hear that we want more police on the streets, a better health service, lots of big roads, excellent welfare benefits, low taxes and a double-shot caramel Venti latte. It’s easy for us to demand all of these things, but prices, by forcing us to put money where our mouths are, uncover the truth. Taxes have their advantages, but many don’t contribute to truth
Note:LE TASSE SPINGONO A MENTIRE

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Efficiency versus fairness: can we handle the truth?
Note:Tttttttttttt

Yellow highlight | Location: 1,153
it’s hardly surprising we sometimes prefer the cosy white lies: it is expensive, for example, to heat the house of an elderly lady in Middlesbrough, but we may prefer to subsidise the fuel, not wanting her to face the truth of that expense.
Note:BUGIE BIANCHE

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Why are taxes inefficient? Because they destroy the information carried by prices
Note:IL VULNUS DELLE TASSE

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Cost of cappuccino: 60p Price of cappuccino in perfectly competitive market: 60p Price of cappuccino after tax: 66p Willingness to pay for cappuccino: 63p Cappuccino sold: none Tax raised: zero
Note:ESEMPIO DI DISTRUZIONE VERITÀ

Yellow highlight | Location: 1,168
Taxes are often higher when price-sensitivity is low. For example, the government charges high taxes on petrol and cigarettes, not for environmental and health reasons but because people who buy these products need to drive and are addicted to smoking;
Note:IL FUMATORE TARTASSATO

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(If you think that taxes on petrol are motivated by environmental concerns, think again: despite the environmental impacts of air travel, electricity and domestic heating, 90 per cent of all ‘environmental’ taxes in the UK in 2009 were paid by motorists.)
Note:L AUTOMOBILISTA TARTASSATO..m..AMBIENTALISTA ILLUSO

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Can we enlist markets to help with fairness?
Note:Ttttttttt

Yellow highlight | Location: 1,190
He proved that not only are all perfect markets efficient, all efficient outcomes can be achieved using a competitive market, by adjusting the starting position.
Note:ARROW

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instead of interfering with the markets themselves, the trick is to adjust the starting blocks by making lump-sum payments and levying onetime taxes.
Note:TASSARE I TALENTI. COME SPOSTARE I BLOCCHI DI PARTENZA AI 100METRISTI A SECONDA DEL LORO TALENTO...NN TASSE SUL LAVORO MA SULLA NATURA

Yellow highlight | Location: 1,202
a lump-sum tax doesn’t affect anybody’s behaviour, because there is nothing you can do to avoid it.
Note:IL BELLO DELLA LUMP TAX

Yellow highlight | Location: 1,204
an example of lump-sum redistribution would be to give £500 to everybody whose name starts with H, a policy for which I would be happy to vote.
Note:ES. SI LUMP TAX

Yellow highlight | Location: 1,211
The implication is that in a world of perfect markets, the only thing needed to ensure both fairness and efficiency is a ‘head start’ strategy: a programme of appropriate lump-sum taxes and subsidies that puts everyone on an equal footing.
Note:IL MONDO IDEALE...MA È POSSIBILE?

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The question is, can this be done in practice?
Note:Cccccccccccc

Yellow highlight | Location: 1,215
Impractical examples
Note:Tttttttttt

Yellow highlight | Location: 1,215
political philosopher Robert Nozick deployed a famous argument against taking a view of ‘justice as fairness’.
Note:O DUBBI DI NOZICK

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Chamberlain’s talents made him wealthy; Nozick felt this was ‘just’ because Chamberlain’s wealth was the outcome of legitimate decisions by fans happy to pay to see him play. The situation may have been ‘just’ in Nozick’s sense of the word, but can any situation that leads to a highly unequal distribution of cash be considered ‘fair’?
Note:CASO CHMBERLIN

Yellow highlight | Location: 1,225
Thanks to Kenneth Arrow, we now know that, when faced with a modern-day sports star like Tiger Woods, the solution is to levy a one-time lump-sum tax of several million dollars on him.
Note:TIGER WOOD....SOLUZIONE TASSA SUL TALENTO

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President Franklin Roosevelt introduced an income tax rate of 79 per cent, but the threshold was so high that the tax was paid by only John D. Rockefeller.
Note:FALLIMENTO DELLA TASSA SUI REDDIT

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we shouldn’t abandon the head start theorem quite yet. While we can’t always use lump-sum taxation and redistribution, we can sometimes:
Note:CONCLUSIONE

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A practical example
Note | Location: 1,237
Ttttttttttt

Yellow highlight | Location: 1,238
In a typical winter in Britain twenty-five thousand old people die as a result of inadequate heating. To address this concern, domestic fuel is subject to lower taxes than many other things.
Note:IL TIPICO PROBLEMA E LA SOLUZIONE SBAGLIATA

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Because customers cannot easily cut down on fuel consumption, they are not very sensitive to the price of domestic fuel, hence the government should levy a bit more tax on fuel and a bit less on other goods: customers would not change their behaviour much and so the inefficiency would be small.
Note:TASSARE LA RIGIDITÀ E SUSSIDIARE I POVERETTI

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The simple policy remedy is to raise fuel tax but give extra money to the elderly, money that they could use to switch that heating on and stay warm.
Note:+ REDSISTRIBUZIONE

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The lesson of the head start theorem is that when a problem arises, it’s worth asking whether the problem can be addressed by rearranging the starting blocks rather than interfering with the race.
Note:LAVORA SULLA PARTENZA NN SULLA GARA...TASSA LA NATURA NN LO SFORZO

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martedì 4 dicembre 2012

Papa Gregorio

Parlare di tasse è oggi il miglior modo per parlare di etica.
Lo stratagemma retorico funziona perché illumina anche il profano sui nodi fondamentali da sciogliere in una materia tanto delicata.
E’ anche un modo per farsi capire senza tanti giri di parole, il che non guasta.
Pensate solo alla dottrina sociale della Chiesa: se è peccato non pagare la giusta tassa, cosa dobbiamo considerare come tale?
C’ è chi apprezza certe ambiguità strategiche e chiede di non andare oltre nei chiarimenti, alcune espressioni quali “giustizia terrena” e “dignità della persona” sono più che sufficienti a indirizzare il fedele.
E se invece fossimo di fronte a un semplice buco da colmare prima o poi?
Bè, non sarebbe facile porci mano, richiederebbe come minimo un’ Enciclica quando non un Concilio.
E se proprio devo sognare l’ Enciclica della svolta la sogno informata al tenore di questo documento prodotto dall’ economista Gregory Mankiw. Si parla di etica Just Desert e quel che segue è la parafrasi di un estratto.
JUST DESERT
AGNOSTICISMO E UTILITARISMO 
La questione che desidero prendere in considerazione è la seguente: quanto devono contribuire gli economisti al dibattito intorno al concetto di giusta tassazione?
Una possibile risposta è non molto. C’ è infatti chi ritiene che ogni discussione intorno alla redistribuzione ottimale delle ricchezze sia ad appannaggio dei filosofi politici e morali. Noi economisti, al limite, potremmo stimare il costo di una tale redistribuzione – cioè, l’ impatto negativo sull’ efficienza che avrebbe un tentativo di perseguire maggiore equità. Ma alla fin fine scegliere il punto d’ equilibrio tra efficienza ed equità spetta alla politica (o all’ etica), come economisti dovremmo dichiararci agnostici e ritirarci in buon ordine.
La letteratura sulla tassazione ottima, tuttavia, prende una diversa china. Anziché restare agnostici, i lavori in questa area adottano una particolare prospettiva politica: l’ utilitarismo. Cioè, si assume non solo che gli individui massimizzino la loro utilità ma che anche la società nella sua interezza sia chiamata a fare lo stesso.
Per l’ economista un approccio del genere è del tutto naturale. Innanzitutto perché utilitarismo ed economia condividono una tradizione intellettuale comune. Un’ altra ragione sta nel fatto che l’ utilitarismo sembra una naturale estensione dei principi economici all’ intera società. Oltretutto, la filosofia utilitarista consente di utilizzare molti sofisticati strumenti analitici già impiegati con successo altrove.
Tuttavia l’ approccio utilitarista è afflitto da parecchi inconvenienti. Chiunque abbia frequentato un corso di filosofia si sarà imbattuto in una sfilza di casi tesi a metterne in luce i difetti. Una situazione classica è quella in cui da un ponte presso la stazione osservate un vagone che avanzando fuori controllo è destinato a investire un gruppo di bambini. Potreste salvarli solo spingendo giù il grassone che sta proprio lì di fianco facendolo finire sotto le ruote del vagone in corsa, il vostro eventuale sacrificio sarebbe inutile considerata la stazza minima. Quel che si chiede è se siete disposti ad uccidere il grassone per salvare i bambini. Un utilitarista non avrebbe problemi a farlo, ma molti si sentirebbero in forte disagio nell’ accettare questa soluzione.
Esempi del genere sono molto divertenti ma non penso abbiano una grande utilità pratica. Ha senz’ altro senso testare la teoria per confrontarla con l’ intuizione, tuttavia ritengo che certe esperienze siano troppo distanti dalla nostra vita ordinaria. Puo’ darsi che la nostra resistenza nell’ uccidere il grassone non sia data da un rifiuto dell’ utilitarismo ma dal fatto che siamo immersi in una situazione talmente inusuale da non riuscire ad averne piena contezza. In vita mia, per esempio, non mi sono mai trovato ad avere a che fare con un vagone fuori controllo che minacci dei bambini, figuriamoci se penso all’ ipotesi del ponte e del grassone. Per valutare se l’ utilitarismo sia o meno una buona filosofia preferirei prendere in considerazione situazioni più vicine alla vita quotidiana.
L’ UTILITARISMO SU SCALA GLOBALE
Lasciate allora che proponga qualcosa di meno lontano dalla nostra esperienza. Immaginate un candidato al Parlamento che proponga una tassa del 33% sul reddito del contribuente medio con un gettito da destinare interamente ai paesi del terzo mondo. La trovate una buona idea?
Penso proprio di no. Lo dico perché non ho mai conosciuto un candidato che osasse proporre qualcosa del genere. Del resto gli aiuti che mandiamo al terzo mondo rappresentano una fetta infinitamente inferiore del PIL e cio’ nonostante non si puo’ certo dire che siano investimenti popolari, quando c’ è da tagliare si comincia da lì sapendo bene della blanda opposizione che s’ incontrerà. Persino chi propone di aumentarli si guarda bene dall’ avvicinare percentuali in doppia cifra.
Eppure se fossimo degli utilitaristi dovremmo vagliare attentamente una proposta del genere. In accordo con la logica utilitarista non si farebbe altro che imporre una tassa pari al 33% a carico di alcune tra le persone più ricche del mondo e girarne gli introiti verso alcune tra le persone più povere del mondo, una logica che accettiamo volentieri in altri contesti.
La logica utilitarista non offre ragioni valide per dare una qualche rilevanza ai confini nazionali. Se in virtù della logica utilitarista trasferiamo dagli italiani più ricchi agli italiano più poveri, in base agli stessi principi sarebbe ancora più sensato trasferire dagli italiani ai gahnesi.
Ritengo però che molti sostenitori della tassazione progressiva su scala nazionale non siano disposti ad accettare questo stringente passaggio logico.
LA TASSAZIONE DELL’ ALTEZZA COME TASSAZIONE OTTIMA
Lasciate che vi dia un altro esempio di come la logica utilitarista conduca a conclusioni che mettono a disagio la persona comune.
Nel 1897 Francis Edgeworth sottolineò che compito di un pianificatore utilitarista sarebbe stato quello di eguagliare l’ utilità marginale di ogni membro della comunità. La logica sottostante è elementare: si toglie a chi perde poca felicità per dare a chi guadagna di più sempre in termini di felicità; dopodiché si procede in questo modo finché tutti posseggono la medesima “felicità marginale” (o utilità marginale) e nessun trasferimento ulteriore sia in grado di aumentare la felicità complessiva. Gli individui più dotati saranno anche i più tassati e il gettito girato come sussidio per i meno dotati.
Fu James Mirrles a porre l’ accento sul fatto che noi non abbiamo accesso alle variabili chiave per risolvere il problema. Come possiamo individuare i soggetti più dotati? Quel che possiamo osservare è giusto il reddito monetario del cittadino, una variabile che segnala sia i talenti che lo sforzo generato per produrre ricchezza. In queste condizioni il pianificatore deve ridimensionare i suoi obiettivi poiché redistribuire troppo potrebbe minare gli incentivi a porre in essere sforzi produttivi. Queste considerazioni sono entrate ormai a buon diritto nella teoria standard della tassazione ottima.
James Mirrles assunse il reddito quale unica variabile osservabile che avesse una qualche attinenza con la produttività potenziale del soggetto tassato. Questa assunzione, tuttavia, oltre a presentare gli inconvenienti di cui si è detto è anche molto approssimativa. In un mio recente lavoro ho utilizzato il modello utilitarista ortodosso di Mirrlees per esplorare il potenziale ruolo di un’ altra variabile: l’ altezza del contribuente.
L’ aggancio teorico è chiaro: l’ approccio utilitarista tende a valorizzare ogni variabile che sia correlata con le capacità contributive innate del soggetto. Scovare variabili correlate in modo diretto è utile perché consente di tassare senza disincentivare il lavoro.
L’ aggancio empirico è altrettanto evidente: l’ altezza di una persona è statisticamente correlata con le sue doti.
Lo studio mostra che sostituendo al sistema attuale una tassa sull’ altezza dei contribuenti migliorerebbe i conti nazionali in modo consistente. Molte persone però non abbraccerebbero mai con entusiasmo l’ idea di tassare di più i cittadini più alti. Il nostro studio ha registrato più che altro incredulità o divertimento. Questa reazione è proprio cio’ che rende un simile lavoro intrigante. Una tassa sull’ altezza, infatti, è l’ inesorabile conseguenza di un approccio utilitarista alla tassazione una volta che si tiene conto dei dati empirici. Se rigettiamo le conclusioni dobbiamo necessariamente rivedere le premesse.
JUST DESERT
Diversamente dal caso del grassone da sacrificare, le due politiche appena considerate potrebbero essere adottate domani mattina se solo lo volessimo. L’ Italia potrebbe girare un terzo delle sue entrate fiscali verso i paesi poveri e il nostro Parlamento potrebbe deliberare una riforma fiscale incentrata sull’ altezza come base imponibile. Ci sarebbero molti motivi per dissociarsi ma io vorrei proporre come ragione principale il fatto che la nostra intuizione etica si discosta dai principi utilitaristici.
Tra i filosofi c’ è una lunga tradizione che rigetta l’ utilitarismo come base per la giustizia redistributiva. Robert Nozick scriveva così nel suo famoso libro del 1974 Anarchy, State and Utopia:
… nelle nostre società non siamo nella posizione del bambino che riceve una fetta di torta da chi è intento a tagliarla aggiustando le dosi. Non c’ è un distributore centrale né una persona o gruppo di persone titolato a controllare tutte le risorse scrutinandone la distribuzione. Cio’ che ciascuno di noi riceve lo riceve da altri che a lui danno in cambio di qualcosa oppure lo riceve a titolo di dono. In una società libera molte persone posseggono molte risorse e le nostre proprietà emergono in seguito a una miriade di scambi…
Nonostante il prestigio di libro e autore sia ampiamente riconosciuto, è difficile oggi vedere questa visione filosofica come particolarmente influente nel lavoro analitico degli economisti, forse perché promettenti vie alternative all’ utilitarismo sono tutt’ altro che ovvie. Ovvero, se rigettiamo l’ utilitarismo come base per la tassazione, ci si chiede come possa essere rimpiazzato a livello di impalcatura normativa.
Propongo questo principio: alle persone spetta cio’ che si sono meritate. A una persona che contribuisce maggiormente alla ricchezza di una società spetterebbe un reddito maggiore in modo che tale reddito rifletta il suo contributo. Una società dovrebbe tollerare la ricchezza di un contribuente non per evitare di disincentivarne la produzione ma per non togliere a quel contribuente cio’ che a lui è dovuto sulla base del merito. Questo approccio rispecchia, credo, cio’ che Robert Nozick, Milton Friedman e altri scrittori liberali avevano in mente. Potremmo chiamare questo principio Just Desert.
Sono giunto a queste conclusioni osservando il comportamento della gente verso le persone ricche. La mia sensazione è che difficilmente la gente si sente offesa quando la ricchezza premia soggetti che se la sono guadagnata. Quando vediamo Steven Spielberg confezionare un blockbuster, Steve Job lanciare un iPod, David Letterman ordire scherzi divertenti e J.K. Rowling eccitare coi suoi libri schiere di ragazzini, difficilmente obiettiamo sui milioni che incamerano nel frattempo. Le ricchezze che ci fanno arrabbiare sono quelle che derivano dalle manipolazioni del sistema: il CEO che briga con il comitato esecutivo grazie alle opache relazioni personali di cui gode e il banchiere la cui azienda sopravvive in virtù dei salvataggi pubblici non sembrano meritare i bonus milionari che incassano così di frequente. Il pubblico percepisce quei compensi (correttamente o meno) come sproporzionati rispetto al contributo sociale di queste figure. In altri termini, se noi prendiamo l’ attitudine del pubblico come un segno delle nostre intuizioni morali, allora vediamo bene come non sia necessario porre al centro l’ utilità marginale di ciascun soggetto quanto piuttosto la relazione che lega compenso e contributo fornito.
La teoria del just desert ci dà un’ interpretazione differente del cosiddetto equilibrio di mercato. Di solito noi economisti diciamo che l’ equilibrio di mercato fornisce un’ allocazione efficiente delle risorse senza però essere necessariamente equo. Forse il nostro giudizio è troppo sbrigativo, d’ altronde è la stessa teoria economica a dirci che in equilibrio ciascuno riceve per quel che produce. In altri termini, ciascuna persona riceve per quel che è il suo contributo nella produzione di beni e servizi.
LA TEORIA DELLA TASSA GIUSTA
Adesso mi occuperò delle conseguenze di quanto detto sulla distribuzione ottimale del carico fiscale. Qualcuno potrebbe concludere che se ognuno di noi ottiene dal mercato quanto merita non c’ è spazio per imposte progressive. Si potrebbe pensare che un governo non è necessario oppure che sarebbe sufficiente una “quota d’ iscrizione” per finanziare un governo minimo, il che costituirebbe senz’ altro un allontanamento radicale dalla situazione odierna. Ma io non penso che questa ipotesi sia necessariamente corretta. Ci sono molti elementi che rendono un mercato imperfetto e che chiedono di essere rimossi al fine di ottenere un’ accettabile situazione di just desert.
Penso innanzitutto a tasse pigouviane. Se una persona si guadagna da vivere imponendo esternalità negative ai suoi vicini trovo giusto che debba in qualche modo risarcirli mediante il pagamento di una tassa sulle esternalità da girare ai danneggiati poiché il suo reddito disponibile non rispecchia fedelmente il suo contributo. Una tassa pigouviana non solo rende l’ economia più efficiente ma anche più equa.
Lo stesso dicasi per i sussidi pigouviani, anch’ essi sono la logica conseguenza della teoria just desert. Se qualche attività, come per esempio la ricerca scientifica di base, esibisce esternalità positive, il governo dovrebbe aiutarla. Una tassa sui beneficiati da girare ai ricercatori non solo aumenterebbe l’ efficienza ma riprodurrebbe l’ equivalenza tra compensi e contributi.
Poi c’ è il problema dei beni pubblici quali la difesa, la polizia e i tribunali. Questi beni devono essere in qualche modo finanziati e il costo è giusto che ricada su chi li usa di più.
Le tasse pigouviane e il finanziamento dei beni pubblici conduce presumibilmente a un sistema fiscale in cui chi ha di più paga di più poiché chi ha proprietà più estese beneficia maggiormente di un servizio di difesa della proprietà.  In realtà non potremmo escludere a priori nemmeno che un sistema di tassazione progressivo sia coerente con una teoria della giustizia just desert.
E che dire dei trasferimenti ai poveri? Nella misura in cui le persone hanno a cuore la sorte dei più bisognosi anche l’ aiuto ai poveri potrebbe configurarsi come un bene pubblico. In altri termini, poiché tutti vorremmo alleviare le sofferenze dei più bisognosi il governo potrebbe farsene carico per evitare comportamenti opportunistici.
La prospettiva presentata dovrebbe risolvere le situazioni che imbarazzano l’ utlitarista. Il motivo per cui gli italiani si preoccupano maggiormente dei loro connazionali piuttosto che degli stranieri sta nel fatto che ogni uomo si preoccupa innanzitutto del suo vicino. In questo senso l’ aiuto agli italiani bisognosi puo’ essere considerato un bene pubblico mentre gli aiuti ai paesi poveri molto meno. Ma questa prospettiva spiega anche l’ avversione a una tassa sull’ altezza: se i benefici che si hanno dai servizi governativi crescono con il reddito e non con le capacità possedute, cessa ogni esigenza di rintracciare variabili correlate alle capacità personali.
DOMANDE DIFFERENTI
La prospettiva just desert porta a porsi domande differenti. L’ utilitarista è interessato a misurare l’ aumento la felicità del contribuente al crescere del suo reddito, nonché quanto la tassazione disincentivi i suoi sforzi volti alla produzione del reddito stesso. Il teorico just desert non esclude il valore di queste considerazioni ma le reputa fuorvianti se assunte come punto di partenza di ogni ragionamento intorno alle tasse. Preferisce chiedersi innanzitutto se il reddito di una persona rifletta il suo contributo alla produzione di ricchezza e, in secondo luogo, quanti benefici incamera dai servizi governativi.
Non c’ è modo per stabilire quale dei due approcci prevalga. Non essendo una questione di economia positiva i crudi dati non risolvono il conflitto e l’ ultima parola spetta alla nostra intuizione morale.  


giovedì 8 marzo 2012

La tassa di Dio

Come si regge la Gerusalemme dei cieli?
Non lo so, quello che so è che per costruire una comunità perfetta bisogna escogitare una tassa perfetta.
Chris Buzelli
Ma la “tassa perfetta” (equa ed efficiente) ha un difetto non da poco: è necessariamente razzista, sessista e discriminatoria.
Non ci credete?
Partiamo dall’ “equità”: è giusto colpire chi lavora sodo e premiare i lazzaroni che se la spassano tutto il giorno?
Noooo… rispondiamo tutti in coro: questo perché non troviamo giusto colpire o premiare le scelte delle persone in generale: se uno vuol bighellonare per i prati tutto il santo giorno, fatti suoi. Al limite qualcuno è tentato dall’ idea di prendere ai fortunati per dare agli sfortunati: la fortuna non è una scelta!
In questo senso puo’ essere giusto prendere da chi ha dei talenti innati per dare a chi non ne ha.
La forza di questo criterio è che funziona anche in termini di efficienza, anzi…
Efficiency demands it because a tax on ability is the clearest path around those disincentive effects we’re trying to avoid. Taxing work makes people work less, but taxing intelligence doesn’t make people dumber. (It might make them try to act dumber but that’s not exactly the same thing.)
Quindi? Bè, semplice:
We should tax not actual earnings, but potential earnings. In other words, we should tax not effort, but ability. This one is doubly imperative; both efficiency and fairness demand it.
Una volta fissati i principi, bisogna procedere il più pragmaticamente possibile:
Ideally we’d redistribute on the basis of traits like intelligence, but that won’t work because it’s too easy to fake a low I.Q. test score. So we retreat to redistribution on the basis of traits like race, sex, and height.
Se un sistema del genere ci ripugna è solo perché ogni meccanismo redistributivo è ripugnante di per sé e lo accettiamo solo se ci viene presentato in forme travisate.
Basta qualche analogia per rinforzare la conclusione:
If it is intrinsically fair to subsidize with cash those who are born without the skills to earn a decent
income, is it also intrinsically fair to subsidize with sex those who are born without the skills to attract desirable partners?
E magari:
… It is “fair” that productive individuals are taxed to support the welfare system, because without welfare those same productive individuals would be more often victimized by theft… and then… It is “fair” that attractive people should be coerced into granting occasional sexual favors, because without such a system, those same attractive people would be more often victimized by rape…
La cosa migliore, a questo punto, è ammettere che la fortuna alla lotteria della vita non è una colpa da punire, così come la sfortuna non è un merito da compensare. Ma questa ammissione segna la fine di ogni tassa redistributiva e molti preferiscono turarsi il naso, coprirsi gli occhi, smettere di ragionare, pur di procedere ugualmente all’ esproprio.

lunedì 13 febbraio 2012

Bruno Frizzera e l’ impossibilità di capire

Ieri è morto Bruno Frizzera, presumo che stamane tutti gli uffici osserveranno un minuto di silenzio.

Questo è il mio telegrafico “coccodrillo”.

Viveva appartato, non partecipava a nessun convegno, disdegnava il dibattito dottrinario ed eludeva persino i giornali finanziari.

Aveva un buon motivo per farlo: aveva capito che non c’ era niente da capire.

I suoi manuali sono mitici: aveva capito che non c’ era niente da capire, che il nostro fisco è incomprensibile, incoerente, allergico ai principi e concentrato solo sul caso singolo, magari sulla sterile forma, in modo da spremere anche in assenza di danni erariali procurati.

In casi del genere le Teorie sull’ equità e sull’ efficienza, valgono meno di zero: non resta che una prassi vicina al gesuitismo causidico.

… finalmente comprensibili anche al profano alcune strofe dell’ inno ufficiale dei ragionieri…

E i suoi manuali erano proprio questo: bigini utilissimi con elencazioni sterminate di casi pratici e soluzione a latere. Poiché per confondere meglio le idee la normativa deve essere, oltre che vaga, proteiforme, le uscite dei bigini erano ormai a ritmo semestrale. Si tratta di libercoli che rivaleggiano per vivacità con l’ elenco telefonico, ma anche di bussole essenziali per sopravvivere in un mondo di emaciati zombi e vampiri assetati di sangue che spuntano da ogni dove senza criterio intelleggibile.

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