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giovedì 30 giugno 2016

Ma Renzi ha aumentato o diminuito le tasse?

Mentre i conti ufficiali registrano un aumento delle imposte i portavoce del governo Renzi rivendicano una riduzione. Come mai?
L’equivoco risiede nella natura dei famosi 80 euro: devono considerarsi un aumento di spesa pubblica o una riduzione d’imposta?
Equiparare uno sconto sul prezzo ad un prezzo più basso non sembra una grande forzatura, eppure la contabilità nazionale fa scelte diverse e considera questo sconto una forma di spesa pubblica.
Se tagliamo i sussidi alle imprese tagliamo la spesa pubblica o aumentiamo le tasse alle imprese? Se scontiamo in Unico le ristrutturazioni della casa aumentiamo la spesa pubblica o riduciamo le tasse agli italiani? Se paghiamo più pensioni aumentiamo la spesa pubblica o alleggeriamo il carico fiscale?
Un renziano farebbe pesare queste operazioni sul fisco considerandole aumenti e riduzioni di tasse. Ma è corretto?
Lo stesso problema si è presentato agli studiosi intenti ad indagare la via ottimale per abbattere il deficit: meglio aumentare le imposte o tagliare la spesa? La risposta variava a seconda di come venivano definite imposte e spesa.
Alesina-Favero-Giavazzi in The output effect of fiscal consolidation plans concludono che è meglio tagliare la spesa. Batini-Callegari-Melina nel loro Successful Austerity in the United States concludono che è meglio aumentare la tasse. Peccato che i primi considerino il taglio di pensioni, sussidi ecc. come tagli di spesa mentre i secondi li considerino come aumenti d’imposta. E’ chiaro che la diversa definizione di imposte e spesa sia decisiva.
Matteo_Renzi_2015.jpeg
Ma veniamo alla soluzione che propongo. Personalmente, cercherei una certa coerenza affidandomi allo scontro ideologico in atto, che in queste materie vede contrapposti liberisti e statalisti.
Il liberista si oppone a tasse e spesa elevate: secondo lui distorcono le scelte degli individui.
Lo statalista ama invece il “tassa e spendi”: secondo lui si possono così realizzare progetti meravigliosi che non vedrebbero mai la luce.
La tassa preferita del liberista è la poll tax o tassa capitale: X euro a testa. E’ la tassa più semplice che meno influenza le scelte della gente: qualsiasi scelta fai la devi pagare e l’importo non varia.
La tassa preferita dallo statalista è invece molto articolata perché i suoi progetti di ingegneria sociale sono sempre molto “articolati”.
Ora, gli sconti sulle tasse sono un modo per “progettare” la società ideale, per spingerla in una certa direzione piuttosto che in un’altra: se sconto le ristrutturazioni edili le famiglie faranno una vacanza più breve pur di ristrutturare la casa sfruttando gli sconti da me proposti. Nel campo produttivo si rilancerà il settore edile a scapito degli altri settori. Ecco allora che ho modificato le scelte dei cittadini per realizzare un mio progetto di società ideale. Dal punto di vista ideologico, in questo caso, pesco nell’ideologia “statalista” e di conseguenza, siccome lo statalista ama tasse e spese elevate, è più coerente considerare questa misura come un aumento della spesa anziché una riduzione di tasse.
Lo stesso dicasi per gli 80 euro di Renzi: si è voluto elargire un compenso ad un settore ben identificato della classe media affinché – a detta del governo - avesse in tasca qualche soldo in più da spendere, più probabilmente affinché si orientasse diversamente nella sua scelta elettorale. Sia come sia si stavano progettando a tavolino dei comportamenti sociali ritenuti migliori rispetto alle alternative,   assumendo così il tipico atteggiamento “statalista”. In questo senso considerare la misura un aumento di spesa pubblica è più coerente.
Se si accetta questa impostazione dobbiamo concludere che la contabilità nazionale è corretta e il governo Renzi ha  aumentato le tasse.

Meglio tagliare la spesa o diminuire le tasse?

  • l campione. La prima differenza riguarda il campione utilizzato. AFG studiano 17 paesi OCSE (Australia, Austria, Belgio, Canada, Germania, Danimarca, Spagna, Francia, Regno Unito, Irlanda, Italia, Giappone, Olanda, Portgallo, Stati Uniti), nel periodo 1980-2005. BCM studiano 4 paesi (Francia, Italia, Giappone, Stati Uniti) più i paesi dell'area Euro aggregati in una singola entità, in vari periodi (dai 40 anni tra il 1970 e il 2010 per la Francia, ai 24 anni tra il 1985 e il 2009 per l'aggregato area Euro). Non c'è niente di sbagliato nell'utilizzare un campione piuttosto che un altro, ma naturalmente da campioni diversi si ottengono tipicamente risultati diversi.
  • TECNICA. AFG studiano gli effetti di interi piani di consolidamento fiscale in ciascun paese, cioè piani esplicitamente disegnati per ridurre il deficit pubblico e mettere il debito pubblico su un sentiero sostenibile. Gli shocks fiscali considerati sono quindi solo quelli di tipo "negativo", consistono cioè di eventi che riducono il disavanzo pubblico. Inoltre, questi shocks vengono identificati utilizzando un metodo narrativo. Questo significa studiare la storia fiscale di ciascun paese e classificare particolari eventi come (parte di) piani di consolidamento fiscale. Si selezionano cioè a priori i casi da studiare. BCM, invece, considerano shocks fiscali di entrambi i segni, sia negativi (che sono quelli rilevanti durante una fase di riduzione del deficit) sia positivi (che sono rilevanti durante una fase di aumento del deficit) e utilizzano un metodo basato su una tecnica molto
  • SPESA E IMPOSTE AFG definiscono "tasse" come le entrate fiscali, e definiscono "spesa" come l'intera spesa pubblica, inclusiva dei trasferimenti a famiglie e imprese. BCM, invece definiscono "tasse" come imposte nette, cioè entrate fiscali al netto dei trasferimenti a famiglie e imprese, e "spesa" come spesa pubblica in senso stretto. Questo può portare a interpretare in modo molto diverso gli effetti di un consolidamento basato sulla riduzione dei trasferimenti. Facciamo un esempio, il piano del governo italiano di tagliare per circa 10 miliardi i sussidi alle imprese. Si tratterebbe di riduzione della spesa oppure di aumento delle imposte? È vero che tecnicamente le imposte nette (essendo la differenza tra imposte e trasferimenti e sussidi di questo tipo) aumenterebbero, ma di fatto si tratterebbe di minori uscite per il settore pubblico, con le imposte (lorde) che resterebbero invariate. ...  Se andiamo a guardare la fonte dell'analisi narrativa di AFG, vediamo che non pochi episodi di consolidamento nel loro campione hanno una preponderante componente di riduzione dei trasferimenti. La mia opinione è che sia sostanzialmente corretto considerare la riduzione dei trasferimenti come riduzione della spesa. Lo stesso varrebbe per una qualsiasi riduzione della spesa pensionistica come, di nuovo, nel recente caso italiano. Un episodio di consolidamento fiscale basato sulla riduzione dei trasferimenti viene quindi classificato come "riduzione di spesa" da AFG ma come "aumento di imposte (nette)" da BCM.
  • Precisione della stima. Infine, la sesta differenza nella tabella, riguarda un punto tecnico (sono grato a Carlo Favero per avermelo fatto notare). Le simulazioni di AFG permettono di costruire "intervalli di confidenza", cioè una misura della precisione delle stime. La metodologia scelta da BCM non lo consente. Sappiamo quindi che la conclusione di AFG è "precisa", in un senso statistico. Nulla sappiamo sulla precisione della conclusione
  • In conclusione, il mio giudizio è che il tipo di eventi fiscali considerati da AFG siano del tutto analoghi a quelli in atto in Italia e in Europa da 1--2 anni a questa parte. BCM, in questo senso, misurano gli effetti di eventi fiscali la cui composizione è molto diversa da quelli in corso.

giovedì 30 giugno 2011

La fede del terzo millennio

Siamo in mezzo ad una crisi finanziaria, tagliare la spesa è il modo più pragmatico per uscirne.

Politicamente l’ operazione è difficile, e cio’ resta vero anche se la spesa improduttiva abbonda.

In questo gioco a passarsi il cerino, la scuola che fine fa?

Dalle colonne del Corriere Maurizio Ferrera dice che non andrebbe toccata:

tagliare è un obbligo, sulla scuola un delitto

Si, ok. Ma come rispondere allora a Caplan?:

Economists are finally waking up to the fact that many people are overqualified for their jobs.  You don't need a college degree to be a baggage porter or bellhop, but according to the Bureau of Labor Statistics, 17% of them have a bachelor's degree or more.  So do 15% of taxi drivers and chauffeurs - and 14% of mail carriers.  Even if you insist that what you learn in college is broadly useful on-the-job, can you really believe that it makes you better at putting letters in mailboxes?
Once you drink this Kool-aid, though, you're on a slippery slope.  If you admit that "Some jobs really don't require a college education," it's hard to deny the harsher fact that "Some jobs don't require a high school education either."  Take baggage porters and bellhops.  What did they learn in their last four years of high school that makes them more productive in their jobs?  If you answer, "A strong work ethic," think again.  Which actually builds a better work ethic: goofing off in high school with the other kids who don't plan to go to college?  Or hustling for tips as a bellhop?
On average, I freely admit, the return to education remains fairly high.  But themarginal return is a different story.  Students determined to finish college - or high school - probably aren't going to remain overqualified for long.  It's the borderline students, I conjecture, who get stuck in jobs that don't require their formal credentials.  We should accept this fact - and stop encouraging and subsidizing these borderline students to finish high school and college.  Someone has to carry baggage.  Shouldn't it be high school drop-outs?

Certo, si parla degli USA. Ma non possiamo girarci dall’ altra parte visto che da noi il fenomeno è anche più marcato!

Senza una risposta puntuale ha poco senso opporsi ai tagli. 

book origami

Troppo spesso i tagli alla scuola vengono interpretato come un taglio al nostro futuro, il che equivale ad una profanazione di altari consacrati.

Ma le cose stanno davvero così?

Come minimo siamo di fronte ad una semplificazione strumentale:

… the great secular faith of our age is the idea that education is the key to economic growth, swelling both an individual’s bank balance and expanding a nation’s GDP… Look at Switzerland. It has one of the lowest higher-education enrolment rates in the world, yet it has a fantastic economy… look at a mistatement… given lawyers’ high wages, having more lawyers would surely mean that there are more and more people earning more and more dough, and therefore in total, society is becoming more and more wealthy…‘[This] would suggest that the fastest way to boost growth would be to send everyone to law school’. Which is clearly ridiculous…

Un libro da leggere: Does Education Matter?: Myths About Education and Economic Growth, by Alison Wolf

Per ora accontentiamoci dell’ intervista.

giovedì 27 gennaio 2011