1. Cosa significa se un piccolo Paese fa man bassa di medaglie d' oro alle Olimpiadi?
2. Siamo sicuri di voler vedere sgominate le principali malattie che affliggono il pianeta?
Rispondere a queste due domande è un buon inizio per capire come ci collochiamo nelle questioni legate al "commercio internazionale".
La mentalità protezionista, infatti, risponderà così:
1P: Significa che gli abitanti di quel paese sono particolarmente dotati dal punto di vista atletico.
2P: No, sarebbe un dramma per i medici!
Il liberista, per contro, si orienterà così:
1L: Significa che quel paese non offre grandi opportunità ai suoi cittadini: Germania est e Cuba mietevano successi sproporzionati anche perchè nelle strade di quei paesi la gente moriva di fame. Gli USA, se solo volessero, vincerebbero tutte le medaglie olimpiche senza grande sforzo.
2L: Sì, i medici cambieranno lavoro.
Il ragionamento che sta dietro alle risposte serve ad illuminare il concetto di "vantaggio comparato". Quel concetto per cui molte donne che rendono sul lavoro molto più dei loro mariti, in virtù di una scelta perfettamente razionale, preferiscono stare a casa e mandare al lavoro il consorte.
Non è un concetto semplice ma è essenziale per comprendere cosa sia il "liberismo".
Già, visto che Davide mi accusava in continuazione (e secondo me fuori luogo) di essere "liberista", mi sono deciso a leggere una favola "liberista": "The Choice" di Russel Roberts. E' da lì che traggo le due domande di partenza.
Conoscete il film di frank Capra: "Il mondo è una cosa meravigliosa"? Ebbene, il canovaccio è il medesimo.
Ed Johnson fabbrica televisori con il sudore della fronte grazie alla sua azienda fiorente, ce ne son voluti di sacrifici ma ora le cose sembrano procedere per il meglio; quando ecco che arrivano i giapponesi (siamo negli anni 80) che invadono il mercato americano con la loro merce più o meno scadente. Ed non sa a che santo votarsi e chiede l' aiuto al suo amico politico per una leggina che freni l' intraprendenza dei musi gialli.
Senonchè, lassù in Paradiso c' è un candidato angelo che deve guadagnasi le ali.
Nome: David Ricardo; missione: convincere Ed che sta sbagliando.
Tra amori, litigi, drammi famigliari e quant' altro, il buon "Dave" riuscirà nell' impresa.
Lui avrà le sue ali e noi tutti, Ed compreso, saremo dei convinti liberisti.
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sabato 26 febbraio 2011
mercoledì 22 dicembre 2010
Via dalla Felicità
Il vecchio rimpiange i tempi andati, allora era più felice e non fatico a capirlo: era anche più giovane.
Ma anche il ragazzo immigrato rimpiange il suo paese, laggiù era più appagato: meno pressioni, meno fretta, tanti amici e una famiglia accogliente. Certo, meno risorse, ma anche più felicità, lo dice lui.
Io lo prendo sul serio questo ragazzo, credo davvero che fosse più felice e mi chiedo: "perchè non torni"?
La domanda è sensata, visto che le "risorse" sono funzionali alla "felicità".
Ma lui non sa rispondermi, sta di fatto che "tornare alla felicità" è fuori discussione.
Lui non mi risponde, mi risponde però la novella di Russ Roberts: "The Price of Everything", e lo fa in modo brillante, oserei dire commovente.
Noi siamo abituati a pensare che la "felicità" sia tutto. In questo senso è l' ideologia utilitarista che ci scorre nelle vene.
Quando critichiamo gli studi sulla felicità si finisce sempre per recriminare su quanto poco sia catturabile dai numeri questo sentimento. Ma c' è una critica ancora più puntuta: questo sentimento non esaurisce la realizzazione umana, c' è anche la Speranza.
Se chiedete ad una persona "speranzosa" quanto è felice, probabilmente nicchierà, come puo' esserlo finchè non raggiunge l' oggetto dei suoi desideri?
Eppure "lo speranzoso" non dismetterà il suo sogno per dirigersi laddove sa di trovar garanzie di felicità, ed è giusto che sia così. Dobbiamo concludere che la nostra anima si realizza nella "speranza" prima ancora che nell' immota "felicità".
Gli immigrati ci danno una grande lezione: scappano dalla Felicità per andare verso la Speranza.
Teniamone conto, specie quando prepariamo il mondo che accoglierà i nostri ragazzi. Tremebondi pensiamo di tutelarli garantendo loro un minimo di felicità, a costo di ridurre la società ad una palude. Ma forse non è di questo che hanno bisogno.
Ma anche il ragazzo immigrato rimpiange il suo paese, laggiù era più appagato: meno pressioni, meno fretta, tanti amici e una famiglia accogliente. Certo, meno risorse, ma anche più felicità, lo dice lui.
Io lo prendo sul serio questo ragazzo, credo davvero che fosse più felice e mi chiedo: "perchè non torni"?
La domanda è sensata, visto che le "risorse" sono funzionali alla "felicità".
Ma lui non sa rispondermi, sta di fatto che "tornare alla felicità" è fuori discussione.
Lui non mi risponde, mi risponde però la novella di Russ Roberts: "The Price of Everything", e lo fa in modo brillante, oserei dire commovente.
Noi siamo abituati a pensare che la "felicità" sia tutto. In questo senso è l' ideologia utilitarista che ci scorre nelle vene.
Quando critichiamo gli studi sulla felicità si finisce sempre per recriminare su quanto poco sia catturabile dai numeri questo sentimento. Ma c' è una critica ancora più puntuta: questo sentimento non esaurisce la realizzazione umana, c' è anche la Speranza.
Se chiedete ad una persona "speranzosa" quanto è felice, probabilmente nicchierà, come puo' esserlo finchè non raggiunge l' oggetto dei suoi desideri?
Eppure "lo speranzoso" non dismetterà il suo sogno per dirigersi laddove sa di trovar garanzie di felicità, ed è giusto che sia così. Dobbiamo concludere che la nostra anima si realizza nella "speranza" prima ancora che nell' immota "felicità".
Gli immigrati ci danno una grande lezione: scappano dalla Felicità per andare verso la Speranza.
Teniamone conto, specie quando prepariamo il mondo che accoglierà i nostri ragazzi. Tremebondi pensiamo di tutelarli garantendo loro un minimo di felicità, a costo di ridurre la società ad una palude. Ma forse non è di questo che hanno bisogno.
mercoledì 15 dicembre 2010
Eureka!
Cosa determina il successo di una persona nel mondo moderno?
Sono tre i fattori che di solito si tirano in ballo.
1. Merito.
2. Fortuna.
3. Egotismo.
Senz' altro queste tre componenti agiscono mescolate tra loro, ma io mi concentrerei sulla terza che forse è prevalente.
L' uomo di successo possiede indubbi meriti ma è anche animato da un certo senso di rivalsa, vuole "dimostrare" al mondo, ma anche a se stesso, chi è e cosa sa fare, non di rado ha delle piccole e salutari frustrazione da compensare.
Senza questa molla è problematico affrontare situazioni rischiose. Suvvia, certe dedizioni che sacrificano vita familiare e affetti non possono essere spiegate pensando solo al potere attrattivo della ricchezza.
"The price of everything", la novella di Russell Roberts, trasfonde queste conclusioni in una realtà vivida e credibile.
Quando nel capannone tirato su dopo un' estenuante lotta contro tutto e tutti - burocrazia in primis -, Alan Korner vede spuntare dal macchinario preposto il primo anonimo "widget" della componentistica hardware da lui ideata, capisce che ce l' ha fatta. Lì, in piedi e imbambolato, il suo primo pensiero non è per la nuova casa che potrà finalmente permettersi, o per le prossime vacanze che segneranno uno salto di qualità, o per gl' investimenti incrementali da fare, o per i nuovi soci da tirar dentro... pensa invece al vecchio padre; un tipo che, a dirla tutta, nemmeno gli era mai andato veramente a genio.
Quel pensiero non è contorno ma pietanza, lo capirebbe anche un lettore bambino.
Volendo rinforzare la tesi, sul punto mi paiono dirimenti le ficcanti parole usate da Mandrake nella mitica arringa in cui illustrava a suo discarico la natura instabile del "giocatore":
Insomma, colui che si gongola nel proprio equilibrio interiore difficilmente abbandonerà l' aurea mediocrità in cui si è accomodato, e questo a prescindere dal prezioso talento che cova; continuerà probabilmente a coverlo con parsimonia senza mai arrovellarsi per metterlo a frutto ad ogni costo.
Accettato tutto cio', passiamo a valutare le conseguenze.
La prima è sorprendente e per molti spiacevole: se la vita sociale è retta da istituzioni efficienti, il successo del singolo si riverbera sull' intera società arricchendola. Ovvero, le lacune psichiche del primo fecondano la seconda.
E allora, mi fa male dirlo, ma si pone il problema di come incentivare la formazione di simili lacune.
Ho l' impressione che si debba agire sull' individuo in tenera età per aiutare la formazione di "squilibri virtuosi". Ci vorrebbe un piano concreto per produrre frustrazioni senza eccedere nè lesinare?
- fine prima parte -
http://stumblingandmumbling.typepad.com/stumbling_and_mumbling/2010/12/egonomics.html
Sono tre i fattori che di solito si tirano in ballo.
1. Merito.
2. Fortuna.
3. Egotismo.
Senz' altro queste tre componenti agiscono mescolate tra loro, ma io mi concentrerei sulla terza che forse è prevalente.
L' uomo di successo possiede indubbi meriti ma è anche animato da un certo senso di rivalsa, vuole "dimostrare" al mondo, ma anche a se stesso, chi è e cosa sa fare, non di rado ha delle piccole e salutari frustrazione da compensare.
Senza questa molla è problematico affrontare situazioni rischiose. Suvvia, certe dedizioni che sacrificano vita familiare e affetti non possono essere spiegate pensando solo al potere attrattivo della ricchezza.
"The price of everything", la novella di Russell Roberts, trasfonde queste conclusioni in una realtà vivida e credibile.
Quando nel capannone tirato su dopo un' estenuante lotta contro tutto e tutti - burocrazia in primis -, Alan Korner vede spuntare dal macchinario preposto il primo anonimo "widget" della componentistica hardware da lui ideata, capisce che ce l' ha fatta. Lì, in piedi e imbambolato, il suo primo pensiero non è per la nuova casa che potrà finalmente permettersi, o per le prossime vacanze che segneranno uno salto di qualità, o per gl' investimenti incrementali da fare, o per i nuovi soci da tirar dentro... pensa invece al vecchio padre; un tipo che, a dirla tutta, nemmeno gli era mai andato veramente a genio.
Quel pensiero non è contorno ma pietanza, lo capirebbe anche un lettore bambino.
Volendo rinforzare la tesi, sul punto mi paiono dirimenti le ficcanti parole usate da Mandrake nella mitica arringa in cui illustrava a suo discarico la natura instabile del "giocatore":
Insomma, colui che si gongola nel proprio equilibrio interiore difficilmente abbandonerà l' aurea mediocrità in cui si è accomodato, e questo a prescindere dal prezioso talento che cova; continuerà probabilmente a coverlo con parsimonia senza mai arrovellarsi per metterlo a frutto ad ogni costo.
Accettato tutto cio', passiamo a valutare le conseguenze.
La prima è sorprendente e per molti spiacevole: se la vita sociale è retta da istituzioni efficienti, il successo del singolo si riverbera sull' intera società arricchendola. Ovvero, le lacune psichiche del primo fecondano la seconda.
E allora, mi fa male dirlo, ma si pone il problema di come incentivare la formazione di simili lacune.
Ho l' impressione che si debba agire sull' individuo in tenera età per aiutare la formazione di "squilibri virtuosi". Ci vorrebbe un piano concreto per produrre frustrazioni senza eccedere nè lesinare?
- fine prima parte -
http://stumblingandmumbling.typepad.com/stumbling_and_mumbling/2010/12/egonomics.html
giovedì 9 dicembre 2010
Non esiste la comunità, esistono solo gli individui
1. Per capire se avete a che fare con una mentalità dispotica, non lasciatevi abbagliare dal buonismo o dallo slancio generoso di chi vi sta di fronte, chiedetegli piuttosto di sottoscrivere la massima in calce. Di fronte ad un rifiuto diffidate e prendete le contromisure: siete di fronte ad un ducetto presuntuoso. Magari simpatico, magari generoso ma pur sempre un pallone gonfiato.
2. Per capire le ragioni di una conclusione tanto drastica basterebbe osservare un formicaio (ma alla bisogna soccorre anche un alveare o uno stormo di uccelli).
3. Non esiste qualcosa di tanto complesso ed armonioso quanto la vita nel formicaio.
4. Eppure il cervello delle formiche è piccolissimo, come potrebbe qualcosa di tanto minuto presiedere e dominare una simile complessità?
5. Aggiungici che le formiche non hanno un "capo", nessuno comanda laggiù. Esiste una regina ma non si occupa di queste faccende. Quindi?
6. Il minuscolo cervello delle formiche non concepisce astrazioni, in particolare risulta estraneo un concetto astratto come quello di "comunità". Però i compiti a cui è preposto vengono assolti in modo eccellente. Per esempio, sa bene come reagire quando il vicino si comporta in una certa maniera.
7. Conclusione: il cervello della farmica non è all' altezza di concepire "progetti" sociali, non concepisce neanche il termine "società", figuriamoci. Si limita a regolare il proprio comportamento su quello dei vicini.
8. Detto in altri termini, senza concepire la società le formiche danno vita ad una società complessa ed armoniosa fondata sulle relazioni individuali.
9. Qualora una tronfia formica pensasse di poter organizzare l' intero formicaio arrogandosi il diritto di impartire comandi calati dall' alto, manderebbe tutto all' aria per il semplice fatto che non esiste tra le formiche un cervello abbastanza potente per assolvere questo compito gravoso.
10. La mentalità dispotica è una mentalità innanzitutto presuntuosa e il peccato che commette ha un nome ben preciso, si chiama "abuso della ragione".
11. L' "abuso della ragione" è un peccato molto grave, lo commisero anche i nostri progenitori. Tutti sanno che Adamo ed Eva furono scacciati dal Paradiso Terrestre perchè attinsero all' albero della conoscenza, ma non tutti sanno che ad essere punita non fu la loro sete di "sapere", bensì il malefico "abuso della ragione". Insomma, fu la tentazione dispotica a compromettere la felicità del genere umano. L' uomo non è fatto per "progettare" il suo vicino (noi cristiani diciamo "prossimo"), è fatto per contrattare con lui.
12. Già, infatti il cervello dell' uomo è più sviluppato di quello animale, ma la società umana è anche enormemente più complessa. Per questo l' uomo, nel fronteggiare il caos, se proprio non vuole imparare dal suo dio, che impari perlomeno dalle formiche, ovvero dagli esseri viventi con le prestazioni migliori nel rapporto intelligenza individuale/complessità sociale realizzata.
13. La tentazione dispotica si ripresenta ogni volta che il governante abusa della ragione elaborando un "progetto sociale". L' "abusivo", trascinato dalla propria presunzione, s' immagina di dover "progettare" la Società, ovvero la vita dei suoi simili. In realtà non esiste una "Società" da disegnare, esiste solo una miriade di interazioni individuali che il governante virtuoso è chiamato a "manutenere" senza imporre dall' alto indirizzi di sorta.
In questi 13 punti ho sintetizzato l' insegnamento moralistico contenuto nella novella di Russ Roberts: The Price of Everything. Lì, per fortuna, non si parla tanto di "abuso" "conoscenza", "società" e "dispotismo", si racconta solo una fiaba relativa al lato oscuro delle manifestazioni studentesche, naturalmente c' è anche una storia d' amore.
Manca ora solo la spiegazione del titolo: cosa c' entrano i prezzi? Semplice, le relazioni individuali tra persone si concretizzano nei contratti e il prezzo è il cuore dei contratti: tutto ha un prezzo e dove non c' è un prezzo si nasconde abuso della Ragione e dispotismo. Speriamo che il messaggio passi ai figli visto che i genitori hanno dimostrato di avere la testa dura.
2. Per capire le ragioni di una conclusione tanto drastica basterebbe osservare un formicaio (ma alla bisogna soccorre anche un alveare o uno stormo di uccelli).
3. Non esiste qualcosa di tanto complesso ed armonioso quanto la vita nel formicaio.
4. Eppure il cervello delle formiche è piccolissimo, come potrebbe qualcosa di tanto minuto presiedere e dominare una simile complessità?
5. Aggiungici che le formiche non hanno un "capo", nessuno comanda laggiù. Esiste una regina ma non si occupa di queste faccende. Quindi?
6. Il minuscolo cervello delle formiche non concepisce astrazioni, in particolare risulta estraneo un concetto astratto come quello di "comunità". Però i compiti a cui è preposto vengono assolti in modo eccellente. Per esempio, sa bene come reagire quando il vicino si comporta in una certa maniera.
7. Conclusione: il cervello della farmica non è all' altezza di concepire "progetti" sociali, non concepisce neanche il termine "società", figuriamoci. Si limita a regolare il proprio comportamento su quello dei vicini.
8. Detto in altri termini, senza concepire la società le formiche danno vita ad una società complessa ed armoniosa fondata sulle relazioni individuali.
9. Qualora una tronfia formica pensasse di poter organizzare l' intero formicaio arrogandosi il diritto di impartire comandi calati dall' alto, manderebbe tutto all' aria per il semplice fatto che non esiste tra le formiche un cervello abbastanza potente per assolvere questo compito gravoso.
10. La mentalità dispotica è una mentalità innanzitutto presuntuosa e il peccato che commette ha un nome ben preciso, si chiama "abuso della ragione".
11. L' "abuso della ragione" è un peccato molto grave, lo commisero anche i nostri progenitori. Tutti sanno che Adamo ed Eva furono scacciati dal Paradiso Terrestre perchè attinsero all' albero della conoscenza, ma non tutti sanno che ad essere punita non fu la loro sete di "sapere", bensì il malefico "abuso della ragione". Insomma, fu la tentazione dispotica a compromettere la felicità del genere umano. L' uomo non è fatto per "progettare" il suo vicino (noi cristiani diciamo "prossimo"), è fatto per contrattare con lui.
12. Già, infatti il cervello dell' uomo è più sviluppato di quello animale, ma la società umana è anche enormemente più complessa. Per questo l' uomo, nel fronteggiare il caos, se proprio non vuole imparare dal suo dio, che impari perlomeno dalle formiche, ovvero dagli esseri viventi con le prestazioni migliori nel rapporto intelligenza individuale/complessità sociale realizzata.
13. La tentazione dispotica si ripresenta ogni volta che il governante abusa della ragione elaborando un "progetto sociale". L' "abusivo", trascinato dalla propria presunzione, s' immagina di dover "progettare" la Società, ovvero la vita dei suoi simili. In realtà non esiste una "Società" da disegnare, esiste solo una miriade di interazioni individuali che il governante virtuoso è chiamato a "manutenere" senza imporre dall' alto indirizzi di sorta.
In questi 13 punti ho sintetizzato l' insegnamento moralistico contenuto nella novella di Russ Roberts: The Price of Everything. Lì, per fortuna, non si parla tanto di "abuso" "conoscenza", "società" e "dispotismo", si racconta solo una fiaba relativa al lato oscuro delle manifestazioni studentesche, naturalmente c' è anche una storia d' amore.
Manca ora solo la spiegazione del titolo: cosa c' entrano i prezzi? Semplice, le relazioni individuali tra persone si concretizzano nei contratti e il prezzo è il cuore dei contratti: tutto ha un prezzo e dove non c' è un prezzo si nasconde abuso della Ragione e dispotismo. Speriamo che il messaggio passi ai figli visto che i genitori hanno dimostrato di avere la testa dura.
lunedì 6 dicembre 2010
Il sogno del vigliacco
Poche stagioni sono state risparmiate dal pernicioso fenomeno dei giovani che scendono in piazza per lottare e difendere il loro futuro.
[mettete pure le virgolette dove vi aggrada, difficile eccedere].
La periodica "riforma" della scuola italica è in questi casi un' esca succulenta; come saliva canina un fracassoso corteo minorenne e minorato scorrerà presto per le strade di una città adulta e giustamente disinteressata.
Ci sarà pur sempre qualche giornalista co.co.co. che metterà sotto quei menti brufolosi la spugna di un microfono nel quale riprodurre il classico "belato del sedicenne"; ci sarà sempre una foto sul giornale con lei in spagoletta a lui mentre guardano l' orizzonte lontano (in realtà stanno cercando un cesso); ci sarà sempre la solita puntata dedicata da Fahre (se è quella dell' anno scorso riciclata, pazienza, difficile accorgersene).
Lo spettacolo che offre questa canea rattrista l' osservatore; ma la repulsione anticipa sempre di un attimo la malinconia. Questo almeno se l' osservatore sono io.
Tra quelle sagome deformi per il recente allungamento, non distinguo altro che tumulto e scoordinamento cognitivo. Voci sgraziate urlano slogan sciatti e conformisti fino a tarda sera, fino a che ciascuno torna alla sua play station.
Le masse convocate da un dittatore africano appaiono più fantasiose, più spontanee, più riflessive, più propositive. Più tutto.
Possibile che ad una simile iattura non si possa porre un freno? Possibile che ancora dobbiamo scostare i calcinacci del 68 quando scendiamo in città per una commissione? Cade a pezzi Pompei ma non cade una baracca nata fatiscente? Possibile che la parte sana della giovuentù si lasci rappresentare da questo ciarpame senza reagire? Possibile che il "diritto a sognare" si porti sempre dietro il "dovere alla deficienza"?
Domande che bruciano, specie in chi, pur non riuscendo a nascondere simili epifanie, d' istinto ha sentimenti di speranza nell' umanità a venire.
Come salvare i nostri figli dalla maledizione del brufolo? Toccherà anche a loro entrare in questo circo di animali maltrattati e pagliacci che ruttano tristi battute da trivio?
Cosa fare non lo so, ma sento che un pericolo insidioso sta in quel maledetto "diritto a sognare", sempre condito con altro romanticume putrefatto.
Ed ecco allora che, in nome della "bella irrazionalità", l' okkupazione, da vacanza vigliacca, si trasforma in un' avventura che compensa i fighetti malvestiti con cura dall' autoprivazione imposta del Ggrande Fratello.
Non fraintendetemi. Dico che nessuno spettacolo bea quanto quello offerto da un giovane che sogna, ma aggiungo subito che nessuno spettacolo avvilisce quanto quello offerto da un giovane istruito del suo "diritto a sognare".
La faccia citrulla che svetta oltre la keifa non è la faccia di un ragazzo che "sogna", è la faccia di un ragazzo che "esercità un diritto".
Ecco allora quel che non va: i diritti sono gratis mentre i sogni si pagano; non esiste un sogno disgiunto dal suo prezzo, così come non esiste l' eroina aggratis.
Il regno dei sogni è lo stesso dei prezzi!!
Ma che nessuno si demoralizzi per questo: non esiste un regno tanto magico quanto quello dei prezzi (anche se si presta poco alla massa "bestia pazza").
E allora che il giovane si paghi i suoi sogni, che si appassioni a quella magia senza disgiungerla dalla magia dei prezzi.
Come disperdere la manifestazione facendo giungere questo insegnamento? Quale favola raccontare a questi bambini cresciutelli per far sentire almeno una volta nella vita il rintocco di un' altra campana? Come scoraggiare l' intruppamento? Come insegnare "versi" differenti dal "belato compulsivo del sedicenne"?
"The Price of Everything. Parabole of possibility and prosperity" è una novella scritta da Russel Roberts, penso anche che sia il lacrimogeno più efficace per sciogliere quel genere di cortei che tanto offende il più elementare senso estetico ancor prima che la ragione.
Nessuno al mondo sa costruire una matita, lo sapevate?
Un oggetto tanto comune e insignificante è anche un miracolo in cui convergono alte tecnologie molto differenti tra loro, un oggetto per cui si impiegano materiali eterocliti che provengono da tutto il mondo.
Nessuno sa costruire una matita, eppure ci sono matite per tutti noi. Quando ci serve, ecco che la troviamo al momento giusto e al posto giusto. Mesi prima un minatore nello Sri Lanka ha estratto la grafite necessaria per servire al meglio quel bisogno che in noi è sopravvenuto oggi.
Noi non avevamo avvertito nessuno, il minatore dello Sri Lanka non ne sapeva niente, e così neppure il boscaiolo dell' Illinois, l' estrattore giapponese di alluminio, il "gomalores" dell' ammazzonia e le mille altre persone coinvolte. Chi soprassiede a questo miracoloso coordinamento? Nessuno, è un sofisticato ordine senza gerarchi. Il presso è l' autorità che ci libera da ogni autorità.
Perchè sotto il pontile da cui il bimbo lancia le sue briciole c' è sempre un buon numero di papere, ma non troppe da creare assembramenti? Eppure nessuno ha mandato un memo alle papere del lago.
Si tratta di un ordine senza comandanti. Anche lì fa tutto il prezzo.
Come fa lo stormo di anatre a configurarsi in mille forme cangianti che impauriscono il falcone? Niente generali nemmeno lì. Solo prezzi.
Perchè la formica regina, ovvero la regina del popolo animale più minuzosamente organizzato, nel formicaio svolge mille servigi tranne quello di organizzare il suo popolo? Perchè per avere ordine non ci vuole una regina, bastano i prezzi.
Ricordiamoci come il miracolo dei prezzi ci preserva da un "comandante in capo". Ricordiamocelo specie quando imprechiamo contro i prezzi che si alzano. Ricordiamocelo specie quando pensiamo che qualcosa sia gratuito perchè un "cattivo maestro" è venuto a sussurrarci (dai microfoni della radio) la balla del "diritto a sognare".
Il "diritto a sognare" senza vincoli spetta solo al despota onnipotente. Se vogliamo vivere in un mondo senza despoti ma che non rinunci alla fantasia sbrigliata e alla magia, familiarizziamo con il "prezzo". Il prezzo ci dà l' una e l' altra cosa.
Russ Roberts spiega il miracolo dei prezzi senza parlare mai dei prezzi. Attraverso i prezzi ci immerge nella fastidiosa realtà delle "manifestazioni giovanili"; l' insensatezza di simili imprese emerge sempre più chiara pagina dopo pagina, enmerge senza offendere la suscettibilità di chi è caduto in tentazione partecipando.
Anzi, il protagonista è Ramon, un partecipante con il cuore al posto giusto e con tanto di megafono in spalla. Ci crede veramente. Crede!, direbbe Mario Martone.
E' la saggia Ruth che ne parla alla bella Amy che prenderà per mano Ramon facendogli imboccare la nuova via, quella del ragionamento. Credere non è tutto, c' è anche la testa. Il sogno non è tutto, ci sono anche i prezzi. Servono per sognare meglio, non solo per aprire gli occhi al mondo.
Già, il messicano Ramon, un agitatore poco agitato, un tipo dall' intenzione retta, un ragazzo che cerca d' inventarsi un sogno prima ancora che un diritto.
Il miglior candidato ad uscire dal famelico branco dei sognatori vigliacchi.
[mettete pure le virgolette dove vi aggrada, difficile eccedere].
La periodica "riforma" della scuola italica è in questi casi un' esca succulenta; come saliva canina un fracassoso corteo minorenne e minorato scorrerà presto per le strade di una città adulta e giustamente disinteressata.
Ci sarà pur sempre qualche giornalista co.co.co. che metterà sotto quei menti brufolosi la spugna di un microfono nel quale riprodurre il classico "belato del sedicenne"; ci sarà sempre una foto sul giornale con lei in spagoletta a lui mentre guardano l' orizzonte lontano (in realtà stanno cercando un cesso); ci sarà sempre la solita puntata dedicata da Fahre (se è quella dell' anno scorso riciclata, pazienza, difficile accorgersene).
Lo spettacolo che offre questa canea rattrista l' osservatore; ma la repulsione anticipa sempre di un attimo la malinconia. Questo almeno se l' osservatore sono io.
Tra quelle sagome deformi per il recente allungamento, non distinguo altro che tumulto e scoordinamento cognitivo. Voci sgraziate urlano slogan sciatti e conformisti fino a tarda sera, fino a che ciascuno torna alla sua play station.
Le masse convocate da un dittatore africano appaiono più fantasiose, più spontanee, più riflessive, più propositive. Più tutto.
Possibile che ad una simile iattura non si possa porre un freno? Possibile che ancora dobbiamo scostare i calcinacci del 68 quando scendiamo in città per una commissione? Cade a pezzi Pompei ma non cade una baracca nata fatiscente? Possibile che la parte sana della giovuentù si lasci rappresentare da questo ciarpame senza reagire? Possibile che il "diritto a sognare" si porti sempre dietro il "dovere alla deficienza"?
Domande che bruciano, specie in chi, pur non riuscendo a nascondere simili epifanie, d' istinto ha sentimenti di speranza nell' umanità a venire.
Come salvare i nostri figli dalla maledizione del brufolo? Toccherà anche a loro entrare in questo circo di animali maltrattati e pagliacci che ruttano tristi battute da trivio?
Cosa fare non lo so, ma sento che un pericolo insidioso sta in quel maledetto "diritto a sognare", sempre condito con altro romanticume putrefatto.
Ed ecco allora che, in nome della "bella irrazionalità", l' okkupazione, da vacanza vigliacca, si trasforma in un' avventura che compensa i fighetti malvestiti con cura dall' autoprivazione imposta del Ggrande Fratello.
Non fraintendetemi. Dico che nessuno spettacolo bea quanto quello offerto da un giovane che sogna, ma aggiungo subito che nessuno spettacolo avvilisce quanto quello offerto da un giovane istruito del suo "diritto a sognare".
La faccia citrulla che svetta oltre la keifa non è la faccia di un ragazzo che "sogna", è la faccia di un ragazzo che "esercità un diritto".
Ecco allora quel che non va: i diritti sono gratis mentre i sogni si pagano; non esiste un sogno disgiunto dal suo prezzo, così come non esiste l' eroina aggratis.
Il regno dei sogni è lo stesso dei prezzi!!
Ma che nessuno si demoralizzi per questo: non esiste un regno tanto magico quanto quello dei prezzi (anche se si presta poco alla massa "bestia pazza").
E allora che il giovane si paghi i suoi sogni, che si appassioni a quella magia senza disgiungerla dalla magia dei prezzi.
Come disperdere la manifestazione facendo giungere questo insegnamento? Quale favola raccontare a questi bambini cresciutelli per far sentire almeno una volta nella vita il rintocco di un' altra campana? Come scoraggiare l' intruppamento? Come insegnare "versi" differenti dal "belato compulsivo del sedicenne"?
"The Price of Everything. Parabole of possibility and prosperity" è una novella scritta da Russel Roberts, penso anche che sia il lacrimogeno più efficace per sciogliere quel genere di cortei che tanto offende il più elementare senso estetico ancor prima che la ragione.
Nessuno al mondo sa costruire una matita, lo sapevate?
Un oggetto tanto comune e insignificante è anche un miracolo in cui convergono alte tecnologie molto differenti tra loro, un oggetto per cui si impiegano materiali eterocliti che provengono da tutto il mondo.
Nessuno sa costruire una matita, eppure ci sono matite per tutti noi. Quando ci serve, ecco che la troviamo al momento giusto e al posto giusto. Mesi prima un minatore nello Sri Lanka ha estratto la grafite necessaria per servire al meglio quel bisogno che in noi è sopravvenuto oggi.
Noi non avevamo avvertito nessuno, il minatore dello Sri Lanka non ne sapeva niente, e così neppure il boscaiolo dell' Illinois, l' estrattore giapponese di alluminio, il "gomalores" dell' ammazzonia e le mille altre persone coinvolte. Chi soprassiede a questo miracoloso coordinamento? Nessuno, è un sofisticato ordine senza gerarchi. Il presso è l' autorità che ci libera da ogni autorità.
Perchè sotto il pontile da cui il bimbo lancia le sue briciole c' è sempre un buon numero di papere, ma non troppe da creare assembramenti? Eppure nessuno ha mandato un memo alle papere del lago.
Si tratta di un ordine senza comandanti. Anche lì fa tutto il prezzo.
Come fa lo stormo di anatre a configurarsi in mille forme cangianti che impauriscono il falcone? Niente generali nemmeno lì. Solo prezzi.
Perchè la formica regina, ovvero la regina del popolo animale più minuzosamente organizzato, nel formicaio svolge mille servigi tranne quello di organizzare il suo popolo? Perchè per avere ordine non ci vuole una regina, bastano i prezzi.
Ricordiamoci come il miracolo dei prezzi ci preserva da un "comandante in capo". Ricordiamocelo specie quando imprechiamo contro i prezzi che si alzano. Ricordiamocelo specie quando pensiamo che qualcosa sia gratuito perchè un "cattivo maestro" è venuto a sussurrarci (dai microfoni della radio) la balla del "diritto a sognare".
Il "diritto a sognare" senza vincoli spetta solo al despota onnipotente. Se vogliamo vivere in un mondo senza despoti ma che non rinunci alla fantasia sbrigliata e alla magia, familiarizziamo con il "prezzo". Il prezzo ci dà l' una e l' altra cosa.
Russ Roberts spiega il miracolo dei prezzi senza parlare mai dei prezzi. Attraverso i prezzi ci immerge nella fastidiosa realtà delle "manifestazioni giovanili"; l' insensatezza di simili imprese emerge sempre più chiara pagina dopo pagina, enmerge senza offendere la suscettibilità di chi è caduto in tentazione partecipando.
Anzi, il protagonista è Ramon, un partecipante con il cuore al posto giusto e con tanto di megafono in spalla. Ci crede veramente. Crede!, direbbe Mario Martone.
E' la saggia Ruth che ne parla alla bella Amy che prenderà per mano Ramon facendogli imboccare la nuova via, quella del ragionamento. Credere non è tutto, c' è anche la testa. Il sogno non è tutto, ci sono anche i prezzi. Servono per sognare meglio, non solo per aprire gli occhi al mondo.
Già, il messicano Ramon, un agitatore poco agitato, un tipo dall' intenzione retta, un ragazzo che cerca d' inventarsi un sogno prima ancora che un diritto.
Il miglior candidato ad uscire dal famelico branco dei sognatori vigliacchi.
giovedì 25 novembre 2010
Diseguaglianza
Volete misurarla nella sostanza?
Non guardate ai redditi, guardate ai consumi.
Anzi, guardate alla sostanza dei consumi.
Un orologio puo' costare 100 volte più di un altro senza differenziarsi granchè.
Non guardate ai redditi, guardate ai consumi.
Anzi, guardate alla sostanza dei consumi.
Un orologio puo' costare 100 volte più di un altro senza differenziarsi granchè.
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