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giovedì 24 ottobre 2024

Vita social dopo l'abiura -

 Vita social dopo l'abiura -


Da quando in Agosto ho sospeso la mia credenza in Dio, passo, anche ai miei occhi, per un idolatra della Scienza. La cosa mi preoccupa ma riflettendoci mi consolo pensando: calma, non credo certo che la Scienza conduca a verità reali e oggettive (come forse è doveroso per uno scientista doc), altrimenti mi sarei tenuto la vecchia fede, più solida. Mi limito a dire che "la scienza funziona" (come doveroso per un pragmatista doc) e finirla lì. Ma funziona veramente? Penso di sì ma questo non lo so bene poiché sono un asino in materia. Quello che so è che quando lo dico al mio interlocutore si zittisce e io "vinco" la discussione a mani basse. Oddio, che si achiaro, di solito non "vinco" mai niente perché sui social nessuno ammette mai le sue debolezze, di certo mi mette in una posizione di tranquillità, una posizione in cui mi sembra di giocare "come il gatto con il topo". Ovvero, al limite mi si obbietta che la Scienza non dice cio' che io le faccio dire, dopodiché siamo sul mio terreno e si puo' anche discutere nel merito (ho sempre in tasca qualche studio scientifico da sfoggiare, la cosa è abbastanza impressionante). Oppure mi si obbietta che "la scienza non si occupa di queste cose", il che non è quasi mai vero, oppure, se è vero, fa diventare l'oggetto della discussione irrilevante, almeno per me (*). Quando poi mi si obbietta velatamente che mettere al centro di certe questioni la scienza sia socialmente pericoloso, ho gioco facile nel replicare che si puo' far finta di mettere al centro qualche ideale più nobile (la lezione esoterista è ancora valida). Insomma, la scienza probabilmente "funziona" poiché noi tutti siamo impressionati dalla tecnologia che produce, di certo funziona per "vincere le discussioni sui social", poiché nessuno osa replicare quando lo affermi e chi lo fa passa sulla difensiva. Al momento, devo dire, mi trovo abbastanza bene con questa impostazione, soprattutto perché molto "economica" ( = a esiguo carico cognitivo).

p.s. Se parliamo d'amore, per esempio, è abbastanza chiaro che la scienza se ne occupi in modo arido ma secondo me la parte più bella dell'amore si vive nella vita di tutti i giorni, oppure nelle poesie, non in una discussione social che ti contrappone ad altri e intendi "vincere

martedì 17 settembre 2024

il mio ateismo

 Per me essere ateo - la mia fase attuale - significa fondamentalmente dire addio alla filosofia e alla ragione in generale. Ci sono mille ragioni per non fidarsi della ragione, sta di fatto che oggi la considero un modo per giustificarsi o persuadere piuttosto che per conoscere. Faccio della Ragione il mio avvocato e il mio addetto stampa, nulla di più. La arruolo anche per per vincere le mie scommesse sul mondo (ma per passare all'incasso occorrono fatti verificabili da tutti con consenso unanime). In un certo senso questa posizione rende omaggio alla fede poiché afferma indirettamente che il retto esercizio della ragione sulle grandi questioni conduce alla fede, sensonché, personalmente, ritengo di aver accumulato troppe prove contro la ragione impiegata in casi del genere. Trovo che l'ateismo non presenti grandi inconvenienti. Non faccio fatica ad interpretare la fede nella storia in un quadro evoluzionistico come ad una strategia pro-sociale per facilitare il vero punto di forza dell'uomo: la cooperazione su vasta scala. Non faccio fatica a pensare alla fede personale in un quadro evoluzionistico come ad uno dei tanti autoinganni a cui ricorriamo per migliorare la nostra posizione. Non faccio fatica ad essere moralmente la persona che ero quando crdedevo (forse non credevo nel modo giusto?). Faccio fatica, semmai, ad interpretare le qualità del mondo che mi circonda (i suoni, i colori, le coscienze...) ma poiché spiegarle non mi serve a vincere alcuna scommessa le considero illusioni e cerco di godermele senza passare troppo tempo a giustificare la loro vivida presenza.

lunedì 14 agosto 2023

tutto in una volta definitivo. la mia filosofia definitivo. il mio survey aggiornato dopo l'abiura

Di seguito le domande cruciali per comprendere la filosofia che professi. Rispondo nelle due modalità tra cui mi barcamento: non-naturalismo (Huemer) e naturalismo/strumentalismo. 


1. A priori knowledge: yes or no?

No. Sono riducibile al funzionamento del cervello, quindi ad un fatto verificabile.

Sì: ci sono evidenze indiscutibili che appaiono vere e assumo come vere.


2. Abstract objects: Platonism or nominalism?

Nominalismo. Le astrazioni sono nomi riducibili a realtà materiche. (///)
Platonismo (o realismo). Le idee esistono, così come i concetti astratti.
Pragmatismo: la realtà non è importante se "funziona".

Commento di Huemer: "Non cercherò di confutare il nominalismo qui, perché è ovviamente falso. È ovvio che esiste qualcosa come il bianco, e questo è tutto ciò che ho da dire al riguardo. (David Armstrong fa un buon lavoro in Nominalism and Realism".

3. Aesthetic value: objective or subjective?

Soggettivo. La bellezza impressiona e questa capacità dipende dal contesto e dai gusti soggettivi, nonché da altri sottili giochi di potere e non solo.

Oggettivo. Così come esiste un'etica oggettiva, esiste anche un'estetica. Simmetria, suggestione...

4. Analytic-synthetic distinction: yes or no? (///)

No. Vedi verità a priori.
Sì. Tutti la colgono.

5. Epistemic justification: internalism or externalism? (***) (///)

Esternalismo. La conoscenza è una sorta di rappresentazione adeguata in cui distinguiamo esterno/interno (realismo). 

Internalismo. non esiste un gancio che ci faccia uscire dalla nostra dimensione soggettività per cui possiamo conoscere solo all'interno di essa (pragmatismo). 

6. External world: idealism, skepticism, or non-skeptical realism?

Scetticismo. Indifferente alla questione in quanto metafisica.
Realismo. Intuisco la differenza.

7. Free will: compatibilism, libertarianism, or no free will?

No fre will. La libertà è illusoria in un mondo scientifico (solo caso e necessità) e la scienza è la cosa che funziona meglio.

Sì: intuizione.

8. God: theism or atheism?

Ateismo. I fatto bruti bastano come fondamento. Le conseguenze svalutano i principi primi. Quindi, rasoio di Occam.

Teismo. Ragioni empiriche (fine tuning), pragmatiche (si vive meglio) e razionali (non è autorimuovente).


9. Knowledge claims: contextualism, relativism, or invariantism?

Relativismo. È vero se funziona e finché funziona.

Invariantismo. Vedi i principi etici, per esempio.

Contestualismo: non c'è né arbitrio né un unico principio guida. Ci sono soluzioni diverse in contesti diversi (vedi in etica della virtù in churchland qua sotto).

10. Relativismo morale o assolutismo. 

Relativismo. È vero se funziona e finché funziona. 

Assolutismo.

Contestualismo: non c'è né arbitrio né un unico principio guida. Ci sono soluzioni diverse in contesti diversi (vedi in etica della virtù in churchland qua sotto).

11. Knowledge: empiricism or rationalism?

Empiricismo. Besta la scienza e il suo metodo (regola di bayes). Bayes: più che un metodo un modo di valutare i fatti in un'ottica di logica induttiva. 

Razionalismo. L'esperienza ha bisogno di essere inquadrata in una cornice razionale.

12. Laws of nature: Humean or non-Humean?

Humean. Per Hume la legge di natura è in realtà una regolarità statistica che funziona. Anche l'anti-humaniano fa uso della statistica ma la interpreta come il segnale di una presenza ulteriore. La domanda chiave per illuminare sulla distinzione: credi che il concetto di miracolo sia metafisicamente possibile? Hume è scettico, qualsiasi presunto miracolo puo' essere meglio interpretato come la variazione imprevista su una legge statistica che comunque contempla la possibilità di variazioni. Poi c'è la questione della fallacia naturalistica. 

Non Humean. Esistono leggi naturali e la scienza le cerca senza mai trovarle in modo completo.


11. Logic: classical or non-classical?

Non classica. Qualsiasi logica è buona se funziona. Vedi meccanica quantistica. 

Classica. E' l'unica affidabile refrattaria alle razionalizzazioni.


12. Mental content: internalism or externalism? 

Esternalismo. La mente è indistinguibile dal mondo a cui si relaziona inestricabilmente (concezione ecologia o relazionale: Dewey; internalismo epistemico, esternalismo semantico e monismo)). 

Internalismo. La mente è separata dal mondo e se lo figura attraverso rappresentazioni (esternalismo epistemico, internalismo semantico e dualismo).  


13. Meta-ethics: moral realism or moral anti-realism?

Antirealismo. Nell'utilitarismo di reale ci sono le preferenze. Le norme specifiche dipendono da quelle, in sé non esistono. Il fatto che esista un metodo (utilitarismo) impedisce il relativismo etico. La biologia ha le basi reali della moralità. 

Realismo.


14. Metaphilosophy: naturalism or non-naturalism?

Naturalismo.

Non naturalismo. 

15. Mind: physicalism or non-physicalism?

Fisicalismo. La mente è un'illusione, visto che non serve a nulla postularla. Il cervello è tutto. 

Non fisicalismo.

16. Moral judgment: cognitivism or non-cognitivism?

Non-Cognitivismo. La morale è un senso. Vedi Wilson. Allontanarsi troppo dalla morale naturale è rischioso. Wilson vs Singer.

Cognitivismo. Parti dai principi e giungi alle conclusioni. La scelta morale è un ragionamento.


17. Newcomb's problem: one box or two boxes?

Una scatola. In un mondo empirico vale l'utilità attesa, non ci sono leggi di natura.

Due scatole. Il viaggio indietro nel tempo è contraddittorio in natura.


18. Normative ethics: deontology, consequentialism, or virtue ethics?

Conseguenzialismo: per il pragmatico contano solo le conseguenze.

Virtù. Usi, costumi, eccellenza...: non esiste un unico principio che ci consente di scegliere bene (tipo: utilità o conseguenze) ma occorre mediare tra le nostre disposizioni più virtuose (giustizia, prudenza, coraggio...) tenendo presente il contesto. L'approccio è coerente con le basi biologiche dell'etica e descrive bene cio' che facciamo effettivamente. Nessuno calcola (e cio' risparmia le energie cognitive), Particolari su Churchland e Wilson. Apparire giusti vale quanto essere giusti in un mondo dove il contesto è tutto.

Deontologia. Ci sono degli obblighi minimi: rispetta quelli e fai quel che vuoi.

19. Perceptual experience: disjunctivism, qualia theory, representationalism, or sense-datum theory? (****)

disgiuntivismo: nel rapporto con la realtà abbiamo un accesso diretto ai dati, diversamente che nel caso delle allucinazioni. Vedi realismo diretto di Huemer.

qualia, sense-data, rappresentazionalismo (e connessionismo?): l'accesso alla realtà è indiretto e il tramite procura allucinazioni quando opera in modo distorto. Gli scettici sono tutti "indiretti". 



https://journals.openedition.org/estetica/2408

20. Personal identity: biological view, psychological view, or further-fact view?

Further fact. È un problema pragmatico. 

Further fact: anima+corpo. 

Irrilevanza: il pragmatico utilitarista considera l'identità un concetto superfluo che puo' essere considerato un epifenomeno.


21. Politics: communitarianism, egalitarianism, or libertarianism?

Libertarianism: massimizza le sperimentazioni.


22. Proper names: Fregean or Millian or Other? Frege: anche il nome proprio deve essere descrivibile. Mill: il nome proprio indica "quello là". 

Frege (internalismo semantico). Il significato dipende dalle tavole della verità e hanno senso solo i concetti ben definiti. Quel che va bene per la geometria va bene anche per i "nomi propri".

Mill (esternalismo). Il significato sta anche nell'indicazione vaga: "quello là", a cui si ricorre spesso nella vita reale al di fuori della geometria. Questa critica al soggettivismo (vedi Terra Gemella) non intacca l'intersoggettivismo. L'intuizionismo crede, a differenza che nella geometria, che gran parte dei concetti non siano ben definibili. I nomi propri indicano "quella cosa là" senza poterne dare una definizione completa ma solo un riferimento.  


23. Science: scientific realism or scientific anti-realism?

Antirealismo. Strumentalismo, convenzionalismo, pragmatista. La realtà è irrilevante. Concezione deflazionistica della realtà.

Realismo. La conoscenza si costruisce su basi reali ed è dunque reale.


24. Teletransporter (new matter): survival or death?

Survival. Siamo software non materia. Il pragmatismo evita la via di fuga dei criminali.

Survival. L'anima puo' essere trasportata insieme alla configurazione del cervello.




25. Time: A-theory or B-theory?

B-teory. È più conforme alla relatività ristretta, anche se l'esperienza soggettiva del mio cervello mi dice A. La scienza sfata le illusioni.

A-theory: anche la relatività non richiede necessariamente l' A-theory.

Quarantena: [A-theory. Parmenide a parte, chi si sostiene la B-theory si appoggia ad Einstein sostiene che la relatività ristretta confermerebbe una visione statica del tempo. E' proprio vero? In questo saggio lo nego ( https://fahreunblog.wordpress.com/2017/03/11/einstein-contro-il-libero-arbitrio/ ), da qui la mia posizione.


http://home.sprynet.com/~owl1/qm.htm

http://home.sprynet.com/~owl1/qm3.htm]


26. Trolley problem (five straight ahead, one on side track, turn requires switching, what ought one do?): switch or don't switch?

 Switch. Due vite valgono più di una. Ci abitueremo presto all'idea se simili situazioni fossero reali.

Don't switch. La regola del 7


27. Truth: correspondence, deflationary, or epistemic (coerentista)?  (///)

Teoria corrispondentista: secondo questa teoria, una proposizione è vera se corrisponde ai fatti della realtà. In altre parole, un enunciato è vero se descrive accuratamente come stanno le cose nel mondo. Ad esempio, "la neve è bianca" è vero perché nella realtà la neve è effettivamente bianca.

Teoria epistemica (o coerentista): questa teoria sostiene che una proposizione è vera se è coerente con altre credenze o proposizioni già accettate come vere all'interno di un sistema di conoscenze. La verità è quindi legata alla giustificazione razionale e alla coerenza interna delle nostre credenze. Se un nuovo enunciato si inserisce coerentemente nel nostro sistema di conoscenze, allora può essere considerato vero.

Teoria deflazionaria: per i deflazionisti, il concetto di verità è ridondante e non aggiunge nulla al significato di una proposizione. Dire "è vero che la neve è bianca" equivale semplicemente a dire "la neve è bianca". La verità non è una proprietà sostanziale delle proposizioni, ma solo un dispositivo linguistico per riaffermare o sottoscrivere un enunciato. Questa teoria mira a "sgonfiare" il concetto di verità, riducendolo a un ruolo puramente linguistico. Il concetto di verità puo' essere tagliato dal Rasoio.

p.s. post sulla concezione inflazionistica (rettifica al deflazionismo) della verità: Pensierini esoterici sull' Inflazionismo.


28. Zombies: inconceivable, conceivable but not metaphysically possible, or metaphysically possible?

Inconcepibile. Noi stessi siamo zombi dalla coscienza illusoria.

Concepibile. Poiché la coscienza (e l'anima) esiste, lo zombi è, molto semplicemente un corpo senz'anima, qualcosa di facile da concepire.


29. Motivazione morale: internalismo o esternalismo? 

Esternalismo. L'ambiente determina la nostra morale. I paradossi che confutano l'utilitarsmo giocano su questo punto: ci mettono in un ambiente artificioso che non ha avuto modo di far evolvere motivazioni morali adeguate.

Internalismo. c'è un'intuizione morale che trascende il contesto.

sssssssssssssssssss (///)

Il naturalista si ammutolisce quasi subito, non riesce nemmeno a dire di aver ragione!

Il monista, per esempio il naturalista, puo' muoversi solo in una dimensione, rinunciando a concetti come "realtà" e "verità". Forse il naturalista, non disponendo delle virgolette, non dispone nemmeno di una semantica compiuta. Se questo è vero, non riesce nemmeno a dire di aver ragione:

1) Tutti i fatti completamente riducibili alla prima dimensione (per esempio alla fisica) sono fatti del primo ordine.

2) I fatti sulla nostra affidabilità epistemica sono fatti sulla verità.

3) I fatti sulla verità non sono mai completamente riducibili a fatti del primo ordine.

4) Pertanto, nessuna spiegazione completa della nostra affidabilità epistemica è completamente riducibile alla fisica.

La terza premessa deriva dal Teorema dell'Indefinibilità della Verità di Tarski, quello per cui "la neve è bianca" è vero se la neve è bianca.

La verità non sembra una proprietà naturale, quindi il naturalista si preclude di parlarne: Tutte le proprietà naturali sono di primo ordine. La verità non è una proprietà di primo ordine. Quindi la verità non è una proprietà naturale. Quindi il naturalismo semantico non è vero. Ma forse esistono verità di primo ordine ma sono modeste, forse non si puo' parlare nemmeno di "menti": le menti rappresentano il mondo, ecc., e parlare di rappresentazione è almeno a prima vista non di primo ordine.

Con questo non voglio criticare il naturalismo o altri monismi, dico solo che abbracciare queste posizioni è un po' come dire addio alla filosofia, al realismo e ai discorsi sulla verità. Conta solo cio' che "funziona", che "conviene", che "serve", ovvero cio' che appare come evidenza che non richiede parole. E' bene che si sappia e che lo sappia visto che ho imboccato questa strada.

sssssssssssssss

il mio ateismo

Per me essere ateo - la mia fase attuale - significa fondamentalmente dire addio alla filosofia e alla ragione in generale. Ci sono mille ragioni per non fidarsi della ragione, sta di fatto che oggi la considero un modo per giustificarsi o persuadere piuttosto che per conoscere. Faccio della Ragione il mio avvocato e il mio addetto stampa, nulla di più. La arruolo anche per per vincere le mie scommesse sul mondo (ma per passare all'incasso occorrono fatti verificabili da tutti con consenso unanime). In un certo senso questa posizione rende omaggio alla fede poiché afferma indirettamente che il retto esercizio della ragione sulle grandi questioni conduce alla fede, sensonché, personalmente, ritengo di aver accumulato troppe prove contro la ragione impiegata in casi del genere. Trovo che l'ateismo non presenti grandi inconvenienti. Non faccio fatica ad interpretare la fede nella storia in un quadro evoluzionistico come ad una strategia pro-sociale per facilitare il vero punto di forza dell'uomo: la cooperazione su vasta scala. Non faccio fatica a pensare alla fede personale in un quadro evoluzionistico come ad uno dei tanti autoinganni a cui ricorriamo per migliorare la nostra posizione. Non faccio fatica ad essere moralmente la persona che ero quando crdedevo (forse non credevo nel modo giusto?). Faccio fatica, semmai, ad interpretare le qualità del mondo che mi circonda (i suoni, i colori, le coscienze...) ma poiché spiegarle non mi serve a vincere alcuna scommessa le considero illusioni e cerco di godermele senza passare troppo tempo a giustificare la loro vivida presenza.

ssssssssssssssssssssss

svolta atea

Vento d'estate
Torna l'estate, torna il caldo e tornano le mie tentazioni atee, ormai un fenomeno che si ripete. L'inizio di un nuovo ciclo "naturalista" potrebbe essere stato innescato dalla mia recente svolta utilitarista. Ero già un utilitarista di fronte al 99% dei problemi morali che affrontavo e mi chiedevo perché non esserlo al 100%. In fondo, il piccolo gap che permaneva, era probabilmente frutto di bias o di illusioni dovute ai soliti esperimenti mentali decontestualizzati. Sì, di fronte al problema del carrello è del tutto normale agire per sacrificare una vita salvandone due. Non ci sembra così solo perché nessuno di noi si è mai trovato e mai si troverà in quelle condizioni artificiose di certezza. Accetto anche il fatto che l'unico torto dei nazisti fu quello di essere troppo poco numerosi. Ora ci risiamo con la filosofia della mente. Per carità, ho sempre considerato robusta la relazione tra mente e cervello ma i recenti sviluppi dell'IA ci hanno dimostrato che se imitiamo la mente (rappresentazionalismo) non avremo mai creature artificiali simili a noi mentre se imitiamo il cervello (connessionismo), sì. Il nostro cervello è una macchina statistica, non logica. Certo, il connessionismo non dà conto di coscienza e intenzione ma questi sono concetti che si possono spiegare come epifenomeni o poco più. In quanto illusioni, possiamo accantonarle, in quanto utili le conserviamo con un ruolo strumentale. Anche la libertà e l'identità andrebbero espulse dagli schemi della conoscenza e conservate solo per la loro mera utilità pratica nel motivarci e spingerci all'azione. Realtà e verità fanno la stessa fine e andrebbero immolate sull'altare della "convenienza" empirica. Tale convenienza, si badi bene, richiede talvolta che i concetti di cui sopra siano pubblicamente affermati, il che ci conduce verso una dimensione esoterica: un conto è quel che si pensa, un conto è quel che si dice. E Dio? Alla fine vale quanto ho detto per i principi morali e per la mente: sono concetti superflui se ci limitiamo a rendicontare come funzionano le cose per cui, zac, il rasoio puo' tagliarle fuori in quanto "escrescenze". Sì, se Dio non ci fosse bisognerebbe assolutamente inventarlo ma questo è un buon argomento per pensare che... sia stato inventato, proprio come i principi morali o la mente. Ma anche la realtà, la verità, la libertà, la giustizia... zac, zac, zac. Siamo al nichilismo? Non credo. Nelle nostre vite c'è qualcosa che si impone, è un fatto, una sorta di natura la cui presenza ci rende impermeabili al nichilismo e rende un simile approccio roba da pantofolai che ragionano in poltrona fumando il sigaro.

sssssssssssssssssssssssss

due post brevi su epistemologia e realtà dopo la mia svolta pragmatica:

Epistemologia su un rigo

Conoscere è... avere un modello che fa buone previsioni. Fine.

Pregi:

1) Non servono definizioni. Tutti noi siamo capaci di distinguere una buona previsione da una cattiva previsione.

2) Non servono fondamenti. Se voglio prevedere il tiro del giocatore di biliardo esperto potrei assumenre che è un geometra, anche se si tratta di un'assunzione senza fondamento.

3) Non serve la coerenza. Il modello della meccanica quantistica non puo' nemmeno essere considerato un modello poiché refrattario alla logica classica. Più modestamente, si tratta di un algoritmo pratico. E parlo dell'approccio mainstream, non di una cervellotica eresia.

La Realtà è sopravvalutata.

In fondo l'illusione puo' essere definita come una realtà temporanea e la Realtà come un'illusione stabile.

sssssssssssssssss

internalismo mentale: guarda al funzionamento, al meccanismo, all'algoritmo interno come se fosse il sacro graal. 
esternalismo mentale: guarda al comportamento, esterno, alla statistica disinteressandosi al contenuto della scatola nera.

p.s. Un buon modo per separare i due gruppi in filosofia della mente è verificare i loro criteri per giudicare chi/cosa puo' assurgere a soggetto: considero solo i comportamenti (test di Turing) o anche la struttura di chi devo giudicare? Detta in modo colorito: se apro la testa di mia moglie e non ci trovo nulla dentro, quella resta mia moglie oppure ho appena scoperto uno zombie? Per l'esternalista, che considera solo le disposizioni, resta sua moglie; per l'internalista viene retrocessa a zombie poiché non esiste l'ambiente adatto per ospitare il meccanismo dell'intelligenza.

internalismo linguistico: tutto è ben definibile con le tavole della verità.
esternalismo linguistico: alcune cose (i nomi propri) non sono ben definibili ma bisogna rinviare alla loro realtà esterna con un generico riferimento.

aaaaaaaaaaaaa

post facebook su internalismo...


La scatola nera.
Viviamo nell'era del tramonto dell'esperto? Sembra strano parlare di questo fenomeno in un momento in cui la tecnologia sembra sul punto di esplodere travolgendoci. In un momento in cui sentiamo che solo l' ESPERTO (E) si salverà o potrà salvarci. Sembra strano fino a che non cerchiamo di capire chi sia "esperto" e cosa fa. La via più promettente è quella di contrapporlo al suo eterno nemico, il DILETTANTE. Anche in questo caso le parole ingannano poiché pensando al dilettante, per quanto appassionato, pensiamo pur sempre a una persona indietro sulla via per diventare esperto. Forse, allora, è meglio cambiare etichetta, parlerei di QUANTIFICATORE (Q). Nell'eterna gara tra E e Q, il secondo sembra ora in vantaggio.
Le due vie alla conoscenza sono differenti. L' E è perennemente alla ricerca della legge che governa cio' che vuole spiegare, dell'algoritmo decisivo, dell'equazione risolutiva. Entra nelle cose, le apre, le sviscera, le sonda, le capisce e spiega al profano come funzionano. Se non gli sembra di essere "entrato" abbastanza, procede nella sua penetrazione alla ricerca della causa. E' un "internalista", pensa che per comprendere i misteri occorra scassinare la "scatola nera" che li custodisce. Il Q si limita ad osservare da fuori, è un "esternalista", alla matematica predilige la statistica, al meccanismo interno antepone l'analogia con cio' che di simile ha già visto. Non ha nessuna intenzione di scassinare la scatola nera, forse la ritiene addirittura vuota. Non vuole "svelare i misteri", si fa bastare le correlazioni, vuole descrivere e predire i comportamenti. E. dice di Q. che è fondamentalmente ignorante dei fenomeni che studia. Q si vendica vincendo le scommesse che fa con E, anche quelle in materie dove l'esperto è E.
L'era dei big data consente a Q di superare E, questo perché le informazioni rilevanti provenienti dall'esterno sono ora più abbondanti, governabili e preziose di quelle provenienti dall'interno. L'esperienza del covid - dove chi sapeva leggere i dati era più affidabile di chi sapeva tutto sui virus - ha insinuato il dubbio in un pubblico in cui la macchietta del virologo parolaio è diventata un classico. Inoltre, come se non bastasse, il progetto IA è decollato non tanto quando ha "scoperto" l'algoritmo segreto ma quando ha assunto il cervello come macchina statistica in grado di auto-correggersi grazie alle classiche formule pragmatiche utilizzate da Q. Sembra proprio che il tramonto dell'esperto sia vicino.

post facebook su mente e credenza, esternalismo e internalismo: Cos'è la credenza?

Per alcuni è un oggetto, per altri una convinzione soggettiva,

Sulla seconda concezione - detta internalista (*) - non vale la pena soffermarsi poiché è quella che abbracciamo tutti grazie al nostro intuito. Vale giusto la pena osservare che, in questo caso, la credenza ha origine nel maelstrom tormentoso della mente umana, reso ancora più impenetrabile quando si entra nelle regioni del subconscio. Proprio per questo è difficile descrivere una credenza in modo compiuto, che resta un compito dello psicologo o dello psicanalista.

La seconda concezione - detta esternalista (*) - è decisamente meno intuitiva ma puo' essere chiarita grazie all'analogia della pietra sagomata dall'acqua del fiume che ci scorre sopra. Il fiume è la nostra esperienza e la pietra è la credenza che emerge dalla nostra esperienza. Per un' analogia alternativa immaginatevi delle tessere del domino variamente sagomate e disposte spazialmente. Urtando la prima cadranno tutte in sequenza producendo uno spettacolo che dipenderà dalla sagomatura e dalla disposizione. Fuor di metafora, il primo colpo è l'evento esterno e il crollo sequenziale è il comportamento innescato dal fatto di possedere una certa credenza. Poichè la sagomatura e la disposizione sono in via di principio descrivibili, la credenza non ha misteri particolari. Non c'è nemmeno la necessità di differenziare le credenze tra loro per ipotizzare funzionamenti diversi, di distinguere tra conscio e subconscio, di ipotizzare profondità in cui il soggetto deve calarsi con l'introspezione o l'esame di coscienza. No, la mente è "piatta", funziona sempre allo stesso modo e tutte le credenze, nella sostanza, emergono in modo simile anche se hanno forma diversa. In casi come questi l'esperto è il neurologo.

(*) Quella tra internalisti e d esternalisti è una distinzione che ricorre in molti ambiti della filosofia, diciamo genericamente che i primi ipotizzano sempre l'esistenza di un meccanismo che genera dei comportamenti mentre i secondi si interessano solo di questi ultimi.

(**) terza posizione (manifesto)*** Per una metafisica quantistica.
Che cos'è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più? Ci fu un'epoca in cui consideravo solo "brillante" la considerazione di Agostino sul tempo. Oggi tutto è cambiato, la trovo tipica, quasi noiosa: tutte le volte che voglio guardare da vicino qualcosa che già conosco, ecco che svanisce nel nulla. Non vale solo per il tempo o per lo spazio. Quando agisco mi considero libero ma se rifletto a fondo sulla mia condizione, la libertà sparisce. Quando decido la giustizia mi sembra ovvia, se approfondisco non la vedo più. Nella vita quotidiana il bene e il male sono una bussola impossibile da eludere ma appena studi la questione questi due cardini non ci sono più. Tutti i giorni faccio l'esame di coscienza ma se mi chiedi cosa sia la coscienza arrivo a dubitare della sua esistenza. Dico mille volte "io" ogni giorno ma se fisso la mia identità ecco che si moltiplica all'infinito diventando indistinta. Ogni giorno è tremendamente reale, senonché la realtà evapora non appena la pensi seriamente. Nelle discussioni intrattenute con gli altri i torti e le ragioni sono spesso evidenti ma non esiste nulla che puo' dirsi vero e nulla che puo' dirsi falso. Non c'è nulla di più facile che dividere le persone razionali da quelle irrazionali, poi ti accorgi che la razionalità è solo una forma della retorica particolarmente apprezzata in certi ambiti. Insomma, tutto si dissolve appena lo fissi. La legge quantistica vale per i corpuscoli ma anche per la metafisica. Abbiamo bisogno al più presto di una metafisica quantistica.

Ecco il post con cui chiarisco le ragioni delle mie incertezze ed esprimo un vago supporto al pragmatismo. Al momento in cui scrivo tenderei a ritirare questo supporto per tornare su posizioni che nel post etichetto come PCF:

Ecco uno schema universale che si ripete costantemente nelle nostre vite: a mano a mano che cresciamo l'incanto si trasforma in disincanto. Anche per voi è così? Il sogno muta in qualcosa di più lucido ma anche di più arido. Ciò che era "visione" si degrada a illusione finché ne prendiamo le distanze. Il soggetto assetato di conoscenza oggettiva è quindi alle prese con un cruccio: di fronte alle residue apparenze del presente, deve "credere fino a prova contraria", secondo uno schema della giustizia tribunalizia, o devo invece già prevedere la probabile evoluzione futura? La prima opzione è nota come Principio di Conservatorismo Fenomenico (PCF), la seconda come Principio di Analogia Induttiva (PAI). Entrambe le vie offrono dei pro e dei contro e mantengono uno statuto dignitoso. Entrambe le vie godono del supporto di pensatori acuti e degni di rispetto. Ma al problemone epistemico, vorrei dire, se ne affianca uno più pragmatico: la disillusione incombente ci succhia energie vitali ma ci dona anche maggiore lucidità, il che pone la questione di un equilibrio ottimale tra le due componenti. Come conviene posizionarsi?

Faccio un esempio concreto che riguarda il libero arbitrio. Tutti noi pensiamo, per quanto condizionabili, di possedere un residuo di libertà di scelta. Ma la scienza, nella sua inesorabile marcia, sembra restringere questa quota, sebbene non sia ancora in grado di annullarla. E quindi, tornando al nostro problema: dobbiamo credere alle apparenze, ovvero all'esistenza comunque di un libero arbitrio residuale, almeno finché non verrà confutato; oppure dobbiamo immaginare una scienza che, continuando a marciare nella direzione consueta, finirà per annichilirlo inesorabilmente? PCF o PAI? Inoltre, qual è il punto pragmatico ottimale? I motivi favorevoli e contrari sono ben chiari a tutti. Se non credo alla mia parziale libertà, probabilmente, arriverei a una visione più lucida del contesto ma anche più demoralizzante, potrei abbandonarmi al fatalismo e minare le mie potenzialità. Ripeto che questo è solo un esempio, potrei farne mille altri, tutti su temi cruciali: libertà, giustizia, Dio, coscienza, eccetera.

Nota personale: dopo essere stato un fan del PCF per almeno un decennio, ho avuto un breve flirt con il PAI. Ora trovo quella scelta troppo ostica per un cacadubbi quale sono diventato e mi dedico principalmente alla questione pragmatica, in questo sorretto dalla mia formazione economica e dalla mia familiarità con i "trade-off".

p.s. Questa è la riflessione conclusiva che faccio al termine della lettura di un autore che professa il PAI con una dedizione commovente, oserei dire quasi ingenua. Con una chiarezza che induce "fastidio". Il tema che tratta è proprio quello della libertà umana, sto parlando del buon Robert Sapolsky e del suo ultimo libro: "Determined: Life Without Free Will".

(***) internalisti / esternalisti (giustificazione epistemica e contenuto mentale) -

La differenza principale tra i filosofi "internalisti" ed "esternalisti" riguardo alla giustificazione epistemica risiede nel dove collocano i fattori che giustificano una credenza:

Per gli internalisti, ciò che giustifica una credenza deve essere interno alla mente del soggetto, come altre credenze, stati mentali o l'accesso riflessivo alle ragioni per cui si crede qualcosa. Secondo loro, per essere giustificato nel credere X devo essere consapevole o poter diventare consapevole (tramite introspezione/riflessione) dei fattori che supportano X.

Per gli esternalisti invece, ciò che giustifica una credenza può essere (almeno in parte) esterno alla mente, come l'affidabilità del processo che ha generato la credenza, la relazione causale tra la credenza e il fatto creduto, o il fatto che la credenza derivi da un processo cognitivo che tende a produrre credenze vere. La giustificazione può quindi dipendere da fattori esterni di cui il soggetto non è necessariamente consapevole.

In sintesi:

Internalismo: la giustificazione dipende solo da fattori interni alla mente a cui il soggetto può accedere riflessivamente
Esternalismo: la giustificazione può dipendere (anche) da fattori esterni alla mente, indipendentemente dalla consapevolezza del soggetto
Si tratta di un importante dibattito nell'epistemologia contemporanea, con vari argomenti pro e contro entrambe le posizioni e tentativi di mediazione. Ma questa è l'essenza della distinzione.

Esempio internalista:
Supponiamo che tu creda che ci sia del latte nel frigorifero perché ricordi di averlo comprato ieri. Secondo un internalista, la tua credenza è giustificata perché hai accesso mentale alla ragione che la supporta (il tuo ricordo di aver comprato il latte). Non importa se il latte c'è davvero o no, ciò che conta per la giustificazione è la tua consapevolezza della ragione.

Esempio esternalista:
Immagina di credere che ci sia un albero davanti a te perché lo vedi. Per un esternalista, la tua credenza è giustificata se la tua percezione visiva è un processo affidabile che tende a produrre credenze vere, anche se tu non hai accesso riflessivo a questa affidabilità. Ciò che giustifica la tua credenza è il fatto che derivi da un processo esterno (la visione) che traccia la realtà in modo affidabile.

Altro esempio di contrasto:

Internalista: la mia credenza che 2+2=4 è giustificata dalla mia comprensione intuitiva delle regole aritmetiche a cui ho accesso riflessivo.
Esternalista: la mia credenza che 2+2=4 è giustificata dal fatto che deriva da un processo di ragionamento matematico affidabile, anche se non comprendo appieno perché è affidabile.
In generale, gli internalisti tendono a enfatizzare l'accessibilità delle ragioni, mentre gli esternalisti si concentrano sull'affidabilità dei processi, indipendentemente dall'accessibilità. Questi esempi dovrebbero rendere più concrete le differenze tra le due prospettive epistemologiche.

Internalismo sul contenuto mentale:
Per gli internalisti, il contenuto dei nostri stati mentali (ciò a cui si riferiscono i nostri pensieri, credenze, desideri, ecc.) è determinato esclusivamente da fattori interni alla mente del soggetto, come le sue caratteristiche intrinseche o le relazioni tra i suoi stati mentali. Il contenuto mentale sopravviene sugli stati interni: due soggetti identici "dall'interno" avranno necessariamente gli stessi contenuti mentali.

Esternalismo sul contenuto mentale:
Per gli esternalisti, il contenuto degli stati mentali può dipendere (anche) da fattori esterni alla mente del soggetto, come l'ambiente in cui si trova, le relazioni causali con il mondo esterno o le pratiche linguistiche della comunità di appartenenza. Soggetti identici "dall'interno" potrebbero avere contenuti mentali diversi se collocati in ambienti differenti.

Esempio di contrasto:
Supponiamo che tu abbia un pensiero sull'acqua.

Per un internalista, il contenuto del tuo pensiero (ciò a cui si riferisce il concetto "acqua") è determinato solo dai tuoi stati mentali interni, indipendentemente dall'ambiente.
Per un esternalista, il contenuto del tuo pensiero "acqua" potrebbe riferirsi a H2O se sei sulla Terra, ma a XYZ se fossi su un pianeta identico alla Terra ma dove "acqua" si riferisce a una sostanza diversa. L'ambiente esterno contribuisce a determinare il contenuto.
L'esternalismo è stato reso popolare da argomenti come quello della "Terra Gemella" di Hilary Putnam, volti a mostrare che fattori esterni possono influire sul contenuto mentale. Ma il dibattito tra internalismo ed esternalismo sul contenuto mentale rimane aperto e controverso nella filosofia contemporanea.

Filosofi internalisti:

Gottlob Frege: ha sostenuto che il significato (Sinn) di un termine è un modo di presentazione del riferimento, determinato da fattori cognitivi interni.
Bertrand Russell: ha difeso una teoria descrittivista dei nomi propri, secondo cui il riferimento è determinato da descrizioni associate mentalmente al nome.
John Searle: ha argomentato che l'intenzionalità intrinseca degli stati mentali determina il loro contenuto, indipendentemente dall'ambiente esterno.
Jerry Fodor: ha proposto una teoria rappresentazionale della mente in cui i contenuti mentali sono determinati da simboli mentali interni e loro relazioni sintattiche.
Filosofi esternalisti:

Hilary Putnam: ha introdotto l'esperimento mentale della "Terra Gemella" per mostrare che fattori esterni (come la natura delle sostanze nell'ambiente) possono influire sul contenuto mentale.
Saul Kripke: ha criticato il descrittivismo di Frege e Russell, sostenendo che i nomi propri sono "designatori rigidi" il cui riferimento è determinato da catene causali esterne.
Tyler Burge: ha sviluppato argomenti basati su scenari di "arthritis" per mostrare che il contenuto mentale può dipendere dalle pratiche linguistiche della comunità esterna.
Fred Dretske e Ruth Millikan: hanno proposto teorie esternaliste del contenuto mentale basate su nozioni di informazione e funzione biologica, enfatizzando il ruolo dell'ambiente nel determinare il contenuto.
Ci sono anche posizioni ibride o intermedie, come:

Il "two-factor semantics" di Ned Block, che combina aspetti internalisti ed esternalisti.
L'"esternalismo debole" di Colin McGinn, che ammette un ruolo per fattori esterni pur mantenendo un primato dell'interno.
Questi sono solo alcuni esempi rappresentativi, poiché il dibattito internalismo/esternalismo sul contenuto mentale ha coinvolto molti altri filosofi con posizioni sfumate e argomenti sofisticati.

c'è una certa relazione tra le due distinzioni, ma non sono necessariamente legate in modo rigido. È possibile essere internalisti in un ambito ed esternalisti nell'altro, o viceversa. Ecco alcune considerazioni:

Coerenza tra le posizioni: Alcuni filosofi trovano naturale adottare una posizione internalista o esternalista in entrambi gli ambiti, per ragioni di coerenza teorica. Un internalista riguardo alla giustificazione potrebbe essere incline a pensare che anche i contenuti mentali siano determinati internamente, e un esternalista riguardo ai contenuti potrebbe trovare plausibile che anche la giustificazione dipenda da fattori esterni.

Indipendenza delle questioni: Tuttavia, le due distinzioni riguardano questioni diverse (la giustificazione delle credenze vs. il contenuto degli stati mentali) e si basano su argomenti e considerazioni differenti. Quindi, è perfettamente possibile e coerente sostenere una posizione internalista in un ambito ed esternalista nell'altro.

Esempi di posizioni incrociate:

Hilary Putnam, un famoso esternalista riguardo al contenuto mentale, ha sostenuto una forma di internalismo riguardo alla giustificazione (il "giustificazionismo").
Alcuni filosofi hanno proposto forme di "esternismo della giustificazione" (come la teoria affidabilista di Alvin Goldman) pur mantenendo simpatie internaliste sul contenuto mentale.
Influenze reciproche: Detto questo, le posizioni in un ambito possono influenzare le argomentazioni nell'altro. Ad esempio, alcuni esternalisti riguardo al contenuto hanno usato scenari di "Terra Gemella" per mettere in discussione l'accessibilità riflessiva richiesta dall'internalismo della giustificazione.
In sintesi, mentre c'è una certa affinità tra le posizioni internaliste o esternaliste nei due ambiti, non sono necessariamente legate in modo rigido. Un filosofo può coerentemente essere internalista in un ambito ed esternalista nell'altro, a seconda degli argomenti che trova persuasivi per ciascuna questione. Le relazioni tra le due distinzioni sono quindi complesse e oggetto di dibattito nella filosofia contemporanea.

Le differenze tra internalismo ed esternalismo in entrambi gli ambiti possono avere implicazioni concrete che vanno oltre la mera filosofia teorica. Ecco alcuni esempi:

Responsabilità epistemica:
Per un internalista della giustificazione, siamo epistemicamente responsabili solo per le credenze basate su ragioni a noi accessibili. Questo può influenzare nozioni di colpevolezza, merito o biasimo epistemico.
Per un esternalista, possiamo essere ritenuti responsabili per credenze derivanti da processi affidabili, anche se non ne siamo consapevoli. Questo può portare a standard epistemici più esigenti.
Conoscenza e testimonianza:
Un internalista della giustificazione potrebbe essere più scettico riguardo alla conoscenza basata sulla testimonianza, richiedendo l'accesso alle ragioni del testimone.
Un esternalista può essere più aperto ad attribuire conoscenza basata su testimonianze affidabili, anche senza accesso diretto alle ragioni.
Autoconoscenza e autorità della prima persona:
Per un internalista del contenuto mentale, abbiamo un accesso privilegiato e un'autorità speciale sui nostri stati mentali, poiché il loro contenuto è determinato internamente.
Per un esternalista, la nostra autoconoscenza può essere limitata e fallibile, poiché il contenuto dei nostri pensieri può dipendere da fattori esterni che possiamo ignorare.
Comunicazione e disaccordo:
Per un internalista del contenuto, il disaccordo genuino richiede che i parlanti abbiano gli stessi concetti mentali interni.
Per un esternalista, parlanti con storie e ambienti diversi possono riferirsi a cose diverse pur usando le stesse parole, rendendo il disaccordo più difficile da individuare e risolvere.
Metodologia scientifica:
Un esternalista della giustificazione può trovare legittimo affidarsi a processi e strumenti scientifici affidabili, anche se non completamente compresi dal singolo scienziato.
Un internalista potrebbe richiedere una comprensione più completa delle ragioni e dei meccanismi alla base dei risultati scientifici per considerarli giustificati.
Queste sono solo alcune delle potenziali implicazioni concrete delle posizioni internaliste o esternaliste. In generale, l'internalismo tende a enfatizzare l'accessibilità individuale, l'autorità della prima persona e la responsabilità diretta, mentre l'esternalismo dà più peso all'affidabilità oggettiva, alle relazioni con l'ambiente e agli standard pubblici. La scelta tra le due prospettive può quindi avere conseguenze pratiche in vari ambiti, dal diritto all'etica alla scienza.

Michael Huemer è un filosofo contemporaneo noto per le sue posizioni epistemologiche e metaetiche. Riguardo alle distinzioni tra internalismo ed esternalismo, la sua posizione è sfumata e combina elementi di entrambe le prospettive.

Epistemologia:
Nell'ambito della giustificazione epistemica, Huemer è noto per difendere una forma di "conservatorismo fenomenologico". Secondo questa visione, siamo prima facie giustificati a credere ciò che ci sembra vero, a meno che non emergano defeater (fattori che minano la giustificazione). Questa posizione ha alcune affinità con l'internalismo, poiché enfatizza l'accessibilità delle apparenze e l'autorità della prima persona. Tuttavia, Huemer ammette anche che fattori esterni (come i defeater) possono influenzare la giustificazione, il che lo avvicina a una forma moderata di esternalismo.

Contenuto mentale:
Riguardo al contenuto mentale, Huemer sembra simpatizzare con una forma di esternalismo, almeno in alcuni casi. Nel suo libro "The Problem of Political Authority", discute esempi di "Earth Visitor" (un alieno che visita la Terra) che suggeriscono che il contenuto dei concetti politici e morali può dipendere da fattori esterni, come le pratiche effettive delle comunità. Tuttavia, non affronta esplicitamente la questione dell'internalismo/esternalismo del contenuto in modo sistematico.

Intenzionalità:
Huemer ha anche discusso questioni legate all'intenzionalità, sostenendo che l'intenzionalità non può essere naturalizzata o ridotta a relazioni fisiche. Questa posizione anti-riduzionista potrebbe essere vista come più in linea con l'internalismo, poiché suggerisce che l'intenzionalità è una caratteristica intrinseca della mente, non riducibile a fattori esterni.

In sintesi, la posizione di Huemer combina elementi internalisti ed esternalisti in modo sfumato. È più vicino all'internalismo riguardo alla giustificazione prima facie e all'intenzionalità, ma ammette un ruolo per fattori esterni nella giustificazione ultima e sembra aperto a forme di esternalismo del contenuto, almeno in alcuni casi. Come molti filosofi contemporanei, la sua posizione non rientra perfettamente in nessuna delle due categorie, ma naviga tra di esse in modo sottile e argomentato.

(****)

ecco una panoramica delle tre principali teorie filosofiche sull'esperienza percettiva:

Disgiuntivismo:
Secondo questa teoria, le esperienze percettive veridiche (cioè quando percepiamo correttamente la realtà) e quelle illusorie/allucinatorie hanno nature radicalmente diverse. Nel caso di percezioni veridiche, siamo in diretto contatto con gli oggetti esterni indipendenti dalla mente. Nelle illusioni/allucinazioni invece abbiamo esperienze qualitativamente simili ma prive di un oggetto esterno. Quindi l'esperienza percettiva è costituita in modo disgiuntivo: o dalla relazione con un oggetto esterno (percezione veridica) oppure da uno stato mentale scollegato dalla realtà esterna (illusione/allucinazione).

Teoria dei qualia:
I qualia sono le qualità soggettive, intrinsecamente coscienti e non riducibili delle nostre esperienze sensoriali, come il particolare rosso di un pomodoro o il sapore di un vino. Secondo questa teoria, le esperienze percettive sono costituite essenzialmente da qualia, cioè da proprietà fenomeniche qualitative irriducibili a stati cerebrali o funzionali. Due persone potrebbero avere stati cerebrali identici ma esperienze qualitative diverse. I qualia sarebbero quindi gli elementi fondamentali di cui è fatta la coscienza fenomenica.

Teoria dei "sense-data":
I "sense-data" sono i dati sensoriali immediati di cui facciamo esperienza diretta quando percepiamo qualcosa, l'oggetto fenomenico interno alla mente, distinto dall'eventuale oggetto fisico esterno che causa la percezione. Anche nelle illusioni e allucinazioni, percepiamo autentici "sense-data", solo che non corrispondono a oggetti esterni reali. Quindi tutte le esperienze percettive, veridiche o illusorie, hanno la stessa natura: relazioni dirette con "sense-data" mentali. La differenza è che nelle percezioni veridiche i "sense-data" sono causati da oggetti esterni, nelle non-veridiche no.

In sintesi:

Il disgiuntivismo afferma una differenza di natura tra percezioni veridiche e non-veridiche
La teoria dei qualia identifica l'essenza dell'esperienza percettiva nelle sue qualità fenomeniche irriducibili
La teoria dei "sense-data" postula oggetti mentali diretti, i "sense-data", come costituenti di tutte le esperienze percettive.

Le tre teorie si pongono come alternative principalmente riguardo alla natura metafisica dell'esperienza percettiva e al rapporto tra percezione e realtà esterna.

Punti di contrasto:

Natura delle esperienze veridiche vs. non-veridiche:
Disgiuntivismo: hanno nature diverse
Qualia e "sense-data": hanno la stessa natura
Oggetto immediato della percezione:
Disgiuntivismo: oggetti esterni nelle percezioni veridiche
"Sense-data": oggetti mentali interni
Qualia: proprietà qualitative dell'esperienza stessa
Rapporto percezione-realtà:
Disgiuntivismo: le percezioni veridiche ci mettono in contatto diretto con la realtà esterna
"Sense-data": percepiamo sempre e solo oggetti mentali
Qualia: l'esperienza qualitativa è indipendente dalla realtà esterna
Rilevanza della scelta:

Problema dello scetticismo e giustificazione epistemica delle credenze percettive:
Il disgiuntivismo offre una via per confutare l'argomento scettico che le percezioni veridiche sono indistinguibili dalle illusioni.
Se percepiamo sempre e solo "sense-data" o qualia, diventa difficile giustificare le nostre credenze sul mondo esterno.
Natura della coscienza fenomenica:
La teoria dei qualia considera la coscienza come irriducibile al fisico/funzionale, favorendo il dualismo.
Disgiuntivismo e "sense-data" sono più compatibili con una visione materialista della mente.
Percezione e azione:
Per il disgiuntivismo, la percezione ci mette direttamente in contatto con proprietà rilevanti per l'azione nel mondo.
Per la teoria dei "sense-data", percepiamo oggetti mentali distinti dal mondo esterno.
Spiegazione dell'esperienza allucinatoria:
Il disgiuntivismo deve considerarla come uno stato mentale fondamentalmente diverso dalla percezione veridica.
"Sense-data" e qualia possono spiegare l'esperienza allucinatoria allo stesso modo di quella veridica.

Michael Huemer è un filosofo contemporaneo noto per la sua difesa del realismo diretto riguardo alla percezione. Sulla base di questa posizione, sembra che la teoria a cui Huemer sia più vicino sia il disgiuntivismo.

Il realismo diretto afferma che nella percezione veridica siamo direttamente consapevoli degli oggetti esterni indipendenti dalla mente, senza intermediari mentali come "sense-data" o rappresentazioni. Questo è in linea con la tesi centrale del disgiuntivismo, ovvero che le percezioni veridiche hanno una natura diversa dalle illusioni/allucinazioni proprio perché ci mettono in contatto diretto con la realtà esterna.

Huemer, in opere come "Skepticism and the Veil of Perception" (2001), argomenta contro teorie indirette della percezione come quella dei "sense-data", sostenendo invece che percepiamo direttamente oggetti e proprietà del mondo esterno. Questa visione realista diretta è più compatibile con il disgiuntivismo che con le teorie dei qualia o dei "sense-data".

Tuttavia, è importante notare che il realismo diretto di Huemer potrebbe non coincidere perfettamente con tutte le tesi del disgiuntivismo. Alcuni disgiuntivisti, come John McDowell, hanno una visione più complessa del contenuto percettivo che include anche concetti e capacità cognitive, mentre Huemer sembra favorire una forma più "pura" di realismo diretto. Inoltre, Huemer ha sviluppato argomenti originali a favore del realismo diretto basati su considerazioni epistemologiche e fenomenologiche che potrebbero non essere condivise da tutti i disgiuntivisti.

Nonostante queste possibili differenze, il realismo diretto di Huemer sembra avere più affinità con il disgiuntivismo che con le altre teorie alternative dell'esperienza percettiva, dato il loro comune rifiuto di intermediari mentali e la loro enfasi sul contatto diretto con la realtà esterna nella percezione veridica.



domenica 29 gennaio 2023

la mia filosofia definitivo (dopo la svolta) (e dopo la controsvolta)

Dopo la svolta. Principio guida: contraddirsi è ok se funziona. Nume tutelare: la volpe. Il nemico: l'istrice. Motto: la verità è preziosa, meglio averne tante (anche in opposizione tra loro) che una.


PRINCIPIO GENERALE: di seguito elenco posizioni strumentaliste che reputo valide pur credendo, al contempo, che convenga professare di fatto posizioni (quasi sempre) contrarie, cosa che in genere faccio. Aggiungo che, per produrre questa utilità, non basta l'esoterismo ma occorre una credenza autentica. In casi del genere a cosa credo veramente? Esempio: al relativismo o all'assolutismo? Al determinismo o al libero arbitrio? Al razionalismo o alla retorica? ... Potrei rispondere che la posizione autentica è quella che fonda le altre ma un relativista, per esempio, non crede nell'esistenza di fondamenti, anche se pensa che sia conveniente per lui averne uno. Inoltre, per produrre l'utilità di cui sopra, non basta l'esoterismo ma occorre una convinzione autentica. Inoltre, credo al fatto che tale convinzione puo' essere raggiunta. La risposta alla domanda, quindi, è "non lo so", su questo punto decisivo sospendo il giudizio riservandomi di decidere in seguito. 


MORALE I. Deontologia.

ieri: L'economia diventa una guida per la morale. Magari nella sua versione comportamentale. Il bene equivale all'efficienza. È una morale poco esigente poiché ti consente di coltivare il tuo interesse nel rispetto delle regole del gioco. Faccio il bene perché mi piace. Sarebbe però meglio pensare che esistono dei principi morali oggettivi.

MORALE I. Doveri.

Ieri: Il principio guida è il piacere, ovvero una guida non-cognitiva.

META-ETICA. MORALE III. Deontologia.

Il conseguenzialismo vince sulla deontologia, ma a volte un approccio deontologico puo' essere "più utile".

CONSEGUENZE. Contano solo quelle che mi riguardano (teoria evoluzionistica). E il LUNGO PERIODO? Quelle che mi riguardano pesano al 100%, quelle che riguardano i miei figli pesano al 50%, i nipoti al 25% eccetera.

VERITA': corrispondenza.

ieri: prgmatismo (teorie epistemiche). E' vero cio' che funziona non cio' che "corrisponde". Irrealismo delle ipotesi. Vedi Friedman. meglio però professare una verità come corrispondenza.

ONTOLOGIA. Realismo (diretto).

ieri: Credo in un essere depotenziato perché... relativo, convenzionale, strumentale, nominale... In questo senso rinnego il principio di terzo escluso: non è vero che le cose o esistono o non esistono, sono, invece, in questa condizione intermedia, oppure ora esistono ora no, a seconda dell'ambito in cui si discute. Vedi l'anti-realismo di Dummett e chiamalo quasi-realismo. Questa ontologia si coniuga bene con l'eclettismo. meglio però credere nell'essere.

RAGIONE. fondata sull'intuizione.

ieri: E' solo strumentale, o strategica. Praticamente una forma di retorica. Un ornamento per giustificare o abbellire la nostra azione e convincere il prossimo. Meglio pensarla come guida alla verità.

LA VITA E' SOGNO? No: realismo diretto.

Ieri: A volte sì, a volte no. Dipende se è indifferente o rilevante considerarla tale. Di fronte allo scettico dico no per non cadere nel suo fatalismo, di fronte al filosofo dico sì per non cadere schiavo delle sue astrazioni. Trattasi comunque di problema filosofico, il che rinvia all'eclettismo.

MONDO ESTERNO: REALISMO, IDEALISMO O SCETTICISMO. realismo.

ieri: Nessuna delle tre ma eclettismo: vedi sopra. meglio comunque professare realismo.

SCIENZA. E' importante se funziona o prevede (strumentalismo). Epistemologia convenzionalista. Bellarmino > Galileo. Cerchiamo schemi che funzionano, non mitiche Leggi della Natura che non esistono. Atteggiamento huemaniano. Antirealismo scientifico. Disconoscendo la legge induttiva diventa difficile giustificare l'induttivismo (vedi alla tag induttivismo). meglio un sano realismo bayesiano.

STRATEGIA: 

ieri: ipocriticismo, una variante del pragmatismo. Sdoppiare il pensiero in esoterico ed essoterico. Ancora meglio: sdoppiarlo in nome dell'ecletticismo. Vedi "Why is ok to have two minds?".

ECLETTISMO. L'esistenza viene prima dell'essenza. Eclettismo > Contestualismo... Assumiamo che non esistano problemi filosofici ma solo problemi pratici; cio' comporta che, qualora nel risolvere i vari problemi pratici tu cada in contraddizioni "filosofiche", questo è un inconveniente su cui puoi sorvolare. Chiamo questa strategia "eclettismo". Esempio, in economia assumo strumentalmente l'esistenza della libertà umana perché mi agevola la soluzione di taluni problemi di efficienza; in fisica, al contrario, la assumo come non esistente perché mi complicherebbe inutilmente le cose. Tutto cio' crea un'evidente tensione sulla questione filosofica di fondo del libero arbitrio che, per quanto detto prima, posso trascurare. L'importante è aver risolto con soddisfazione i due problemi pratici. Certo, l'ontologia della "libertà", con questo approccio, resta incerta, esiste o non esiste? Possiamo abolire la bivalenza assumendo un valore anti-realista. Potrei procedere altrimenti con una strategia "contestualista", ovvero mutando il senso ordinario delle parole (in questo caso "libertà"). In fondo, con un lavoro ad hoc sul senso delle parole ogni contraddizione è sanabile e il realismo puo' essere salvato. Tuttavia, a queste "capriole" preferisco l'eclettismo per la sua chiarezza dovuta alla conservazione dei significati comuni dei concetti analizzati. Tale chiarezza mi sembra addirittura un valore etico, una forma di onestà che contempla i buchi anziché mettere le toppe. Quello che ho detto sulla "libertà" puo' essere ripetuto con i concetti filosofici più importanti: coscienza, giustizia, identità, essere...

INTERNALISMO/ESTERNALISMO DEI SIGNIFICATI E DELLE CREDENZE. internalismo. Come rispondi alla macchina dell'esperienza? Se accetti probabilmente sei un esternalista, credi che anche in una simulazione si possano sviluppare credenze significative (*). L'internalista rifiuta perché trova la simulazione simile all'illusione. L'esternalismo si coniuga meglio con il contestualismo e il relativismo.  Considera l'esperimento mentale del cervello in una vasca: immagina di essere un cervello contenuto in una vasca, privato di ogni contatto con il mondo esterno. L'internalista vivrebbe questa situazione come ingannevole, l'esternalista pensa che anche in questa situazione si possono sviluppare credenze sensate. Il cervello in una vasca potrebbe dire di non essere un cervello in una vasca e avrebbe ragione perché il segnificato di "io" nel suo linguaggio equivale a "io simulato". L'esterno (ovvero il contesto) dà un senso alle sue parole rendendole vere. L'esternalismo è sostanzialmente una filosofia che realizza una trasmutazione dei significati per rendere credibili posizioni intuitivamente contrarie al buon senso.

La FELICITÀ è piacere. Anche il bisogno di SENSO è soddisfazione di un piacere. Se sentirmi onesto mi rende realizzato, questo rientra nel calcolo costi e benefici di un utilitarismo a larghe vedute.

RELATIVISMO. no.

ieri: Meglio del contestualismo poiché mantiene i significati dei termini inalterati accettando la contraddizione, qualcosa con cui i pragmatici convivono senza problemi. Vedi sopra Eclettismo.

ANIMA. Esiste.

ieri: L'identità è utile, quindi assumo convenzionalmente la sua esistenza per poter adottare una visione "further fact" dell'identità. Trattasi comunque di problema filosofico, il che rinvia all'eclettismo.

MENTE. accesso diretto alla realtà.

ieri: Connessionismo. Nella teoria della mente la COSCIENZA non ha una funzione, quindi possiamo rinunciarci. Esempio: per costruire un'IA non ci serve sapere nulla della coscienza.

ANALITICITA' E VERITA' A PRIORI: esistono.

ieri: siamo fatti così. Non esistono ma si adattano bene al nostro cervello per come è fatto.

LEGGE DI HUME: esiste (a tutela dell'induttivismo)

ieri: la legge di Hume consiste nel mantenere distinti il piano dell'essere e quello del dover essere. I nostri doveri non sarebbero derivabili dai fatti. Tendo a prendere le distanze poiché le principali metaetiche che utilizzo non rispettano questa legge: - L'utilitarismo calcola la convenienza in base ai fatti e da essa deriva i nostri doveri. - L'etica evoluzionista, conferisce una base naturale a certi precetti morali. - L'etica intuizionista arriva a postulare l'esistenza di fatti morali.

MATERIALISMO (o fisicalismo o naturalismo). No, nega le evidenze.

ieri: La materia non è meno illusoria dello spitito. Conviene considerarla, ma questo vale anche per molte realtà spirituali.

DIO. esiste.

ieri: Valgono solo considerazioni strategiche (credere fa bene). Nella discussione sulle prove della sua esistenza sembra convenga difendere l'ipotesi del Design, tuttavia parliamo solo di "esistenza". La conclusione migliore è rivestire il proprio deismo con la fede della tradizione unendo razionalità e razionalizzazione.

DOPPIO PENSIERO. Esempio: se parlo di coscienza in ambito scientifico, posso tranquillamente fare come se non esista. Se parlo di coscienza affrontando temi sui diritti o sulla sofferenza, posso fare come se esista. La coscienza, insomma, esiste quando mi serve che esista e non esiste quando non serve a nulla. Il doppio pensiero è più affine all'eclettismo che all'esoterismo. Naturalmente comporta contraddizioni, ma anche la logica è qualcosa che adotto "quando serve". Certo che avere un solo pensiero ti semplifica e migliora la vita.

PERCEZIONE: realismo diretto (intuizione introspezione...).

percepire è acquisire informazioni (con un filtro selettivo) => rappresentazionalismo (senza qualia, ovvero senza poter distinguere sogno e realtà). Il rappresentazionalismo è antirealista e "calcolante". IA si imposta sul rappresentazionalismo. Detto questo, c'è un residuo esternalista sui nomi propri (vedi sopra). Meglio un realismo diretto alla Hemer.

TROLLEY: 7 a 1

ieri: 1 a 1.

NEWCOMB: 1. l'irreversibilità del tempo è più confermata della potenza del mago.

ieri: 2 (utilità attesa), tutto è probabilità. La realtà è più forte delle astrazioni: la logica funziona bene nelle seconde, la probabilità nelle prime.

CONCLUSIONE RIPUGNANTE: valida. L'utilitarista non ha via di fuga. La sentiamo ripugnante solo perché evoca situazioni astratte e non sperimentabili (questo vale anche per il trolley e altri esperimenti mentali).

NOMI PROPRI: Frege (sorregge l'internalismo e l'anti-relativismo).

Mill (teoria causale del significato: il significato è l'effetto e gli oggetti sono la causa); Frege (il significato è causato dalle tavole della verità interiori).

ieri: il significato è fuori da noi (Mill-Kripke) o dentro di noi (Frege)? Penso che Frege sia propedeutico all'internalismo, Mill all'esternalismo. Ecco l'argomento milliano per eccellenza: Putnam immaginò una «Terra gemella», nella quale l’acqua non fosse composta da due molecole di idrogeno e da una di ossigeno, ma da una combinazione degli elementi X, Y e Z, non meglio specificati, ferme restando tutte le altre caratteristiche dell’acqua nostrana. In un contesto del genere, il significato della parola «acqua» sarebbe diverso perché diverso sarebbe il loro riferimento fisico. Ipotizziamo dunque che due individui gemelli – identici in tutto – pronuncino nelle due Terre la parola «acqua». Essendo identici tra loro, lo saranno anche i loro stati mentali interni, quando pronunciano quella parola; ma se i significati sono diversi, mentre gli stati mentali sono identici, questo implica il fatto che il significato dei termini non può essere ridotto ai soli stati interni. Naturalmente ci sono molte obiezioni. 



PHIL SURVEY:

prima: I problemi di compilazione del pragmatico. Se esistono solo problemi pratici e non filosofici, le ambiguità fioccano. Esempio: esiste la coscienza? Se approfondisco il tema relativo al "contenuto della mente", concludo di no (la coscienza esperienziale non ha alcuna funzione). Ma se approfondisco, per esempio, il tema dei diritti degli animali tendo a dire di sì (mi serve un concetto che leghi sofferenza e agenzia). Quindi, alla fine, cosa rispondo? Di solito rispondo in base all'argomento dove il concetto di coscienza è centrale (in questo caso il tema del "contenuto della mente") ma come è facile immaginare la risposta è decisamente incompleta.


nota finale - post facebook.

Due razze filosofiche.

Di seguito alcune tipiche "grane" filosofiche.

Mi sento libero ma la scienza (pardon, lo scientismo) dice che non lo sono?

Questa è una tensione che va risolta! Ma calma, il grande filosofo ci rassicura, basta cambiare significato alla parola "libertà" e tutto torna a quadrare nel rispetto delle varie sensibilità.

Io non sono un "cervello in una vasca" e ti spedisco al manicomio se lo affermi, tuttavia non ci sono ragioni solide per tanto ottimismo?

Questa è una tensione che va risolta! Per fortuna provvede il grande filosofo che cambia significato alla parola "io" e ristabilisce l'armonia del cosmo.

Sono convinto di vivere nella realtà ma non ci sono ragioni evidenti per non pensare di essere intrappolati in un sogno?

Basta cambiare significato alla parola realtà (o alla parola sogno) e tutto si risolve: puoi continuare a non pensarci (anche perché un concetto semplice come realtà è diventato incasinatissimo e tu non sai cosa pensare).

Ho una "coscienza" ma la neuro-immagine del mio cervello non la rileva?

Basta cambiare il significato della parola coscienza e nessuno avrà più da ridire.

Eccetera, eccetera, eccetera.

La filosofia, da quando si dedica in modo indefesso a rivoluzionare il linguaggio ordinario, ci sembra tanto astrusa, lontana dal buon senso e inservibile per la vita (anche se serve molto bene per organizzare corsi semestrali all'università). Tuttavia, anziché considerare tutto cio' come un fallimento se ne compiace. D'altronde, il suo compito viene facilitato dal fatto che nessuna persona normale definisce con precisione il significato delle parole, si limita ad usarle in modo appropriato, questo perché gran parte del significato è demandato all'intuizione, ovvero a qualcosa che non è descrivibile analiticamente. Il filosofo/automatico completa ad hoc questi significati affinché tutto quadri.

Alla luce di quanto detto dividerei i filosofi in due "razze": 1) coloro che si pongono come primo obbiettivo il rispetto dei significati e delle intuizioni ordinarie di cui sopra e 2) coloro che si pongono come obbiettivo primario l'allentamento delle tensioni elencate all'inizio. Quelli che si occupano delle persone e quelli che si occupano dei colleghi. Lo stravolgimento dei significati è opera dei secondi, dediti alle forme. Ma il mio rispetto va soprattutto ai primi, ormai un gruppo sparuto, dediti alla sostanza dei problemi.

p.s. difficile chiedere alle persone che litigano tutti i giorni sui social di non giocare sulla terminologia ma di guardare in faccia la sostanza dei problemi, quando i pensatori più quotati sono i primi a optare per una strategia nominalista.

sabato 30 maggio 2020

post corretto (vedi internalismo) L BRUTO

IL BRUTO (internalismo vs esternalismo) Le cose esistono perché esistono. Punto e basta. La Gioconda è bella perché è bella. Punto e basta. Uccidere gli innocenti è sbagliato perché è sbagliato. Punto e basta. Il semaforo rosso è rosso perché è rosso. punto e basta. Giustificare le cose in questo modo significa appellarsi al fatto bruto, qualcosa che sta fuori di noi, che ha un'evidenza sua propria indiscutibile. E' un atteggiamento che viola il principio di ragion sufficiente, ovvero l'assunto per cui tutto ha una spiegazione a prescindere dalla nostra conoscenza.
Ma i problemi del "brutalismo" non sono finiti: anche in sogno le cose esistono. Il quadro di Michelangelo non dice niente a mio figlio. Il leone è un assassino di gazzelle innocenti ma nessuno lo processa. Sia l'ape che il daltonico non vedono affatto il rosso del semaforo.
E allora? Il rosso è rosso perché rosso oppure no? Oppure c'è un altro motivo?

A questo difetto pone rimedio il relativista che dice: vivi e lascia vivere. Ovvero: le evidenze valono per te, non per gli altri, per esempio per l'ape o il daltonico. Ma anche lui si trova presto nella melma, quanto afferma significa forse che l'omicidio è una colpa solo per chi la ritiene tale? Il relativista vacilla, "vivere e lascia vivere" è bello, ma come risplviamo mi conflitti?
L'alternativa al relativismo è l'appello alla natura: il rosso è rosso per chi possiede una retta natura umana. Il daltonico corregga il suo difetto con un occhiale e il rosso lo vedrà anche lui, se non lo fa e passa con il semaforo rosso verrà multato. Ma perché il difetto è nel daltonico e non negli altri? Perché la convenzione che sia così funziona meglio, e se una convenzione funziona bene possiamo tranquillamente chiamarla "realtà". L'appello alla natura funziona bene anche in ambito morale: il leone non viene trascinato in tribunale solo perché non ha una natura umana. Funziona un po' meno bene nel campo estetico: non apprezzare Caravaggio significa forse essere dei pervertiti? Il punto debole dell'appello alla natura sta nei suoi abusi e la facile accusa di immoralità e perversione.

L'appello alla natura si coniuga spesso con il teismo, questo al fine di far fronte all'altro difetto del brutalismo, la rinuncia al principio di ragion sufficiente. Questa rinuncia, come dicevamo, brucia ai brutalisti stessi, che spesso la superano con l'appello al caso o al regresso infinito delle cause. Ma il primo è irrealistico quando si sta di fronte a miracoli come la vita, mentre il secondo suona molto più cervellotico dell'appello a Dio.

Ho cercato di illustrare la dialettica tra butalismo, relativismo e naturalismo+teismo. C'è anche chi ritiene che nessuna di questa posizioni regga, che dobbiamo affidarci ad una uarta posizione. Ma qual è uesta quarta posizione? Dicono di non conoscerla ancora ma di ritenerla la più probabile. Non saprei dire quanto legittimo sia un giudizio del genere. Nelle scienze si dice che un modello è criticabile solo con un altro modello, qui mi sembra la stessa cosa.

mercoledì 6 marzo 2019

LA MIA IDEOLOGIA IN SINTESI

La mia ideologia in estrema sintesi: "Il mercato fallisce quasi sempre. Proviamo con il mercato".

Voglio vedere chi mi dà del dogmatico!

http://www.arnoldkling.com/blog/speaking-as-an-economist/

giovedì 26 aprile 2018

Andiamo alla sostanza

Ha ancora senso parlare di “essenza” (o di sostanza)?

Nella filosofia aristotelica, e quindi tomistica, il concetto era importante poiché a tutte le cose erano costituite da materia + forma. La distinzione richiama quella tra sostanza e accidente. In altre parole, la sostanza conferisce identità alla cosa mentre la forma stabilisce come quella cosa si manifesti nella realtà.

Identità e sostanza sono strettamente collegate. Ma per le cose a conferire identità basta la forma: non esistono due oggetti perfettamente uguali. Per le persone è un po’ diverso: due gemelli sono formalmente uguali ma sono persone diverse, in un caso del genere è la sostanza ad identificarli. Faccio un altro esempio: se mi taglio le unghie la mia “sostanza” non cambia, chi mi ama continuerà ad amarmi anche con le unghie corte. Anche se mi taglio un braccio vale lo stesso. Per chi crede nell’anima anche se il mio corpo corpo si dissolve io continuo ad esistere, tant’è che sono oggetto di preghiere in suffragio. Questo perché la mia sostanza (identità) risiede in un’anima immortale. Per le persone ha senso ipotizzare un’anima ma per le cose no (non è necessaria per identificarle). Se la forma di qualcosa si dissolve non ha senso ipotizzare che continui ad esistere, quand’anche la materia che la costituiva continuerà ed esistere. Riassumendo: la persona ha un corpo e un’anima (dualismo sostanziale), le cose materiali no.

La generalizzazione aristotelica non è quindi necessaria. Il concetto di sostanza è ancora utile ma vale solo per le persone.


Nella dottrina cattolica la cosa è rilevante in tema di eucarestia: cosa significa che il pane diventa corpo di Cristo? La scolastica ci dice che muta sostanza ma come abbiamo visto la cosa ha poco senso se per gli oggetti materiali (pane) possiamo evitare di parlare di sostanza. Meglio allora pensare il processo miracoloso della “presenza reale” come ad un’incarnazione del Figlio nel pane (anziché in un corpo umano come avvenne la prima volta). Il pane si fa corpo di Cristo, mantiene le sue molecole ma acquisisce un'identità che prima, in quanto oggetto, non aveva senso postulare.

lunedì 30 giugno 2014

DEFINITIVO La mia filosofia

Non ho mai studiato la filosofia a scuola, cosicché conosco poco la storia e gli eroi di questa disciplina. In un caso come il mio l’ approccio più semplice consiste nell’ affidarsi alla narrativa anglosassone (o “analitica”) che insiste su specifici problemi di facile descrizione, e di accantonare la narrativa continentale più concentrata sui singoli autori (e quindi sulla storia e sugli eroi). In termini provocatori: Platone con i suoi codicilli interessa agli “analitici” quanto Democrito puo’ interessare ai fisici contemporanei, praticamente una lettura da spiaggia, al limite. E questo, come è facile capire, risulta rassicurante per un ragiunat.
Fatta questa premessa si capirà perché l’ esposizione che segue consiste in un semplice elenco dei problemi sul tappeto seguito dalla soluzione che prediligo.
Ci tengo solo a precisare che non si tratta della “mia” soluzione ma della soluzione che ho comprato girando per le bancarelle dei migliori filosofi contemporanei in circolazione. I principi guida di questo shopping sono presto detti: semplicità e buon senso. In genere ci sono sempre soluzioni verso cui il buon senso è attratto; ebbene, le abbandono solo di fronte a critiche devastanti. Naturalmente mi riservo di cambiare idea in qualsiasi momento.
Ancora una cosa prima di partire: per questioni di economia molti dei “problemi” e delle “formule” a cui faccio riferimento non sono specificati a dovere ma chi è interessato basta che visiti in rete Wikipedia per avere una delucidazione sommaria oppure la SEP (Stanford Encyclopedia of Philosophy) per avere una panoramica più completa.

***

Esiste la conoscenza a priori? Direi di sì. Si possono fare molti esempi, mi limito ad uno: la logica. Noi conosciamo le leggi fondamentali della logica senza sentire l’ esigenza di una conferma empirica. Se dico che Giovanni è più alto di Paolo che è più alto di Nicola, so (a priori) che Giovanni è più alto di Nicola e per saperlo non mi occorre verificarlo empiricamente metro alla mano. Ebbene, di fronte a tanta evidenza del fatto che la conoscenza a priori è possibile, il compito di provare il contrario è piuttosto gravoso, e non mi risulta sia mai stato adempiuto in modo convincente.
Astrazioni: platonismo o nominalismo? Essenze. Credere a verità soprannaturali implica credere nelle "essenze". All' uomo moderno, ammettiamolo, disturba la parola stessa. Agisce qui, forse, l' indottrinamento liceale ricevuto sul finire del millennio, per riconciliarlo con il concetto di essenza e di soprannaturale basterebbe tornare per un attimo alla vetusta questione degli universali. Esempio: sappiamo che esistono i gatti bianchi, che esistono i cavalli bianchi… ma esiste la “bianchezza”? Se esiste è di certo una realtà incorporea. Ebbene, i cosiddetti nominalisti negano tale esistenza, i realisti immanenti la ammettono ma non “in sè”  bensì sempre a partire dalle cose (nel nostro caso il gatto, il cavallo...). I platonisti invece sostengono che gli universali esistono e sono autonomi, ci sarebbero a prescindere dal mondo. La posizione nominalista per me è abbastanza incomprensibile, quella “immanentista” è la più vicina al senso comune e alla nostra esperienza quotidiana. Il platonismo, dal canto suo, è una posizione che si puo' comprendere ma è non-verificabile e spesso non necessaria, noi del resto facciamo ben di rado esperienze "spiritiste" e non sappiamo fino a che punto siano affidabili. Perché spingersi dunque a tanto? Il realismo degli universali non è accolto solo dal senso comune ma anche dalla grammatica (e quindi dalle dimostrazioni logiche). Faccio un esempio: 1) il giallo è un colore, 2) l’ affermazione precedente è vera, quindi 3) il giallo esiste. Semplice no? Procedendo per assurdo è poi facile dimostrare le incongruenze grammaticali a cui conduce il nominalismo (l’ idea per cui “giallo” è solo una comoda parola di cui ci serviamo per indicare certi fenomeni): 1) il giallo è un colore e i limoni lo posseggono 2) non esistono parole che sono colori e che sono possedute dai limoni, quindi 3) giallo non è solo una parola. Facile no? Perché allora cercarsi rogne torturando il linguaggio naturale? In mancanza di prova contraria si fa molto prima ad accettarlo accettandone tutte le conseguenze. Direi che oggi il nominalista rinuncia a queste comodità servite sul vassoio d’ argento solo perché ha dei secondi fini, per esempio è un empirista radicale e certe forme di "essenzialismo" gli romperebbero le uova nel paniere. Ma a noi delle sue "uova" ci interessa molto poco. Accettiamo pure l' "essenzialismo" magari in una versione moderato che sta tra l' immanentismo e il platonismo: le essenze esistono e originano sempre dal mondo. Il Diavolo (essenza platonica) magari non esiste ma il Male (essenza immanentista) forse sì. Eppure anche la versione immanentista mi lascia dubbioso. A parte il fatto che Dio non sarà mai concepibile da un immantentista, prendiamo le Leggi di Natura e chiediamoci: seguono o precedono la natura? A me sembra ovvio, la precedono. Come puo' la natura creare le sue leggi. La natura, al limite, ubbidisce alle leggi. La cosa è rilevante anche per capire bene il concetto di "creato dal nulla". Il "nulla" non è semplicemente qualcosa provo di oggetti ed energia, è anche privo di realtà astratte come le leggi di natura, che sono concepibili separatamente dalla natura in quanto la precedono. Per questo il nulla dei fisici che ipotizzano un inizio grazie al "salto quantico" è pensato male: il nulla non contiene nemmeno le leggi della fisica, ovvero quelle leggi per cui si realizza un salto quantico. La filosofia moderna, con Putnam e Kripke, recupera un certo essenzialismo che sembrava morto e sepolto. Bene.
La metafisica ha ancora un senso? L’ opzione per il realismo immanentista non implica comunque rinuncia alla trascendenza. Un realista immanentista, per esempio, puo’ essere anche un dualista sostanzialista (vedi sotto), ovvero credere che l’ identità delle persone risieda nell’ anima, cioè in un’ entità trascendentale, ovvero in una sostanza soprannaturale  concepibile separatamente dal corpo fisico anche se originata da esso.
E’ possibile distinguere tra giudizi analitici e giudizi sintetici? Chiunque è in grado di fornire esempi di giudizi analitici (“il quadrato ha 4 lati”, “il gatto miao è un gatto”, eccetera) così come chiunque è in grado di fornire esempi di giudizi sintetici (il quadrato è blu”, “il gatto miao è feroce” eccetera). E’ forse un caso se possiamo farlo in tanti senza il minimo disaccordo? No, è semplicemente la prova che la distinzione tra giudizi analitici e giudizi sintetici è evidente a tutti e chi la nega deve provare la negazione con altrettanta evidenza. L’ empirismo radicale si trova nella condizione di negarla – e lo ha anche fatto in modo geniale (Quine) – ma questo è un punto debole di quella filosofia, non un punto di forza.
La giustificazione epistemica è di tipo “internalista”? Sì perché la conoscenza si fonda sul senso comune che è una facoltà dell’ uomo, ovvero una facoltà “interiore” attraverso la quale abbiamo un accesso diretto alla realtà esterna grazie all’ intuizione e al tribunale dell’ introspezione. Se parlassi solo della realtà esteriore (esternalismo), come fa il naturalismo, senza specificare nulla sull’ affidabilità di intuizione e/o introspezione, la teoria epistemica sarebbe incompleta e sempre in balia di uno scetticismo “à la” Hume. Questa posizione fondata sul principio di conservazione delle apparenze (“se mi sembra “F”, allora è “F”)  supera poi il cosiddetto Gettier problem, la bestia nera degli “internalisti”, poiché non “prova” ma si limita a trasferire l’ “onere della prova” su chi contesta le apparenze. Un argomento “giuridico” che viene buono anche per questioni filosofiche.
Fenomeni o oggetti? Esiste una distinzione importante tra oggetti e fenomeni. L' oggetto ha una sua fisicità e le sue proprietà possono essere ben rese attraverso descrizioni fisiche. Il fenomeno invece è un evento inestricabilmente legato alla coscienza umana e non puo' quindi essere penetrato a prescindere dalla coscienza stessa. Per esempio, il suono è da molti ritenuto un fenomeno poiché il sordo non puo' comprenderlo appieno, non puo' capire di cosa si parla quando parliamo di suoni, per quanto comprenda perfettamente il resoconto oggettivo che descrive i suoni in termini di vibrazioni frequenziali di un oggetto. Ebbene, chi considera questa interpretazione dei suoni come la più appropriata, e io sono tra costoro, considera i suoni dei fenomeni piuttosto che degli oggetti o delle proprietà di un oggetto.
Atteggiamento verso il mondo esterno? Scarterei sia l’ ipotesi idealista che quella scettica attestandomi su posizioni realiste. Quel che ho detto finora già basterebbe per far capire come questa scelta sia dovuta.
La conoscenza deve essere fondata? Una conoscenza è fondata se dedotta o auto-evidente. Secondo la tradizione empirista una conoscenza è auto-evidente se appartiene alla logica fondamentale o alla matematica fondamentale o ai sensi. Secondo l’ epistemologia riformata e l’ intuizionismo, però, esistono molte altre conoscenze auto-evidenti: la causa, la mente, la realtà del mondo esterno, i principi morali fondamentali… e anche Dio. Insomma, è il senso comune (l’ intuizione) a costituire il fondamento.
Libero arbitrio? Scarto sia il negazionismo che il compatibilismo per dirmi favorevole al libero arbitrio. Almeno un pochino noi siamo liberi di scegliere, me lo sento! E’ una delle questioni spesso affrontate nel blog e quindi mi astengo dal menare ulteriormente il torrone.
Dio? Se non si è capito mi dichiaro teista, da un punto di vista filosofico. Ma anche qui vale quanto detto sopra. Ad ogni modo rinvio al post “La mia fede”.
E quanto al relativismo? Non posso certo dichiararmi tale anche se certe varianti “contestualiste” hanno il loro fascino. Credo comunque che esistono delle verità fisse verso cui noi siamo in cammino, magari non le raggiungeremo mai su questa terra ma possiamo avvicinarle e vale la pena crederci e procedere.
Razionalismo o pragmatismo empirista? Penso che la conoscenza parta dalle nostre intuizioni per poi svilupparsi razionalmente, la verifica delle tesi è possibile solo in alcuni ambiti del sapere, dove del resto è doverosa. Chiamerei tutto cio’ “razionalismo intuizionista”. Ad ogni modo rinvio al post “la mia ragione”.
Esiste una legge di natura? Penso di sì e penso che la scienza sia in cammino per scoprirne alcune. In questo senso rigetto lo scetticismo humeniano e la necessità di ricorrere a “finzioni utili”: c’ è qualcosa di più di semplici correlazioni, ci sono vere e proprie cause. Così come rifiuto la soluzione kantiana per aggirare questo scetticismo, ovvero un idealismo che ancori al soggetto e solo al soggetto la verità delle nostre credenze.
I fatti e i valori sono sempre separati? E’ possibile passare dall’ “essere” al “dover essere” (is/ought problem)? Sì. A prima vista sembrerebbe di no ma a ben vedere nella matematica lo facciamo senza problemi: "examination of just about any mathematical proposition would reveal this mode of cognition - you cannot derive most theorems solely on the basis of definitions. You must also have some intuitive judgements, usually made explicit in the form of axioms". Allo stesso modo per l'etica: noi guardiamo e ricorrendo ad alcune intuizioni morali giudichiamo passando dall'essere al dover essere. C' è chi osserva: “il comunismo conduce regolarmente a schiavitù e miseria, quindi il comunismo è male”. Ma in un sillogismo del genere manca una premessa: “schiavitù e miseria sono male”. In altri termini, non puo’ esistere una conclusione valoriale se manca una premessa valoriale. Il problema is/ought è agevolmente superato dall’ etica intuizionista (vedi il post “la mia etica”): la miseria descritta implica una condanna morale https://fahreunblog.wordpress.com/2020/01/14/i-fatti-separati-dalle-opinioni/
L’ origine delle credenze: internalismo o esternalismo? Un individualista non puo’ che essere “internalista”: le credenze originano nell' individuo (che ne è dunque responsabile) prima ancora che dall’ ambiente. Del resto un dualista sostiene agevolmente questa posizione, che imbarazza invece il fisicalista monista. E’ infatti facile immaginare che due gemelli fisicamente uguali abbiano credenze diverse se posti in ambienti anche solo leggermente diversi. L’ olismo dei contenuti mentali (come del resto l’ olismo dei significati) sembra il destino dei fisicalisti.
L’ unica logica valida è quella classica? Non direi, l’ esempio delle scienze parla chiaro: l’ interpretazione standard della fisica delle particelle, per esempio, non sarebbe possibile se avessimo a disposizione solo la logica standard. Così come senza la logica delle relazioni sarebbe difficile dar conto del divenire e senza la logica modale (che interpreta l’ “esistenza reale” come un predicato) dar conto dell’ esistenza di Dio e di mille altri fenomeni che tutti noi crediamo reali. Tuttavia è pur vero che buona parte della logica classica contenga verità a priori. Diciamo allora che esiste un “cuore” logico invariabile e che non ricomprende tutta la logica classica.
Teoria del significato. La teoria descrittiva di Frege (teoria internalista) resta un caposaldo ma si è dimostrata di fatto insufficiente a trattare la nostra esperienza. Gli “esternalisti” seguendo Putnam e Kripke hanno elaborato teorie del significato differenti (“teoria del battesimo”) più ricche e confacenti alla bisogna.
E sul naturalismo? Da teista posso solo dire che…
E sul problema mente/corpo? Mi ritengo un dualista: il “mentale” è chiaramente qualcosa di diverso dal “materiale” e i tentativi di ricondurre il mentale al fisico mi sembrano fallimentari. Il mentale (anima) è essenziale per risolvere il problema dell’ identità: il caso del “brain split” ci dice che in condizioni di continuità fisica si realizza una discontinuità identitaria (chi sono se il mio cervello viene diviso e trapiantato su due persone differenti?) e il caso del “teletrasporto del colpevole” ci dice che in caso di discontinuità fisica puo’ realizzarsi una continuità identitaria (“se l’ omicida si teletrasporta con distruzione, continua a vivere nella copia teletrasportata che puo’ dunque essere legittimamente arrestata”). Tutto cio’ ci dice che sia l’ approccio fisicalista che quello psicologista falliscono quindi ci deve essere qualcosa d’ altro che mi consente di dire “chi sono io”. Non mi basta nemmeno il cosiddetto “dualismo delle proprietà”, la mente non è una proprietà del cervello, tanto è vero che puo’ trasferirsi da un corpo all’ altro (vedi teletrasporto) quando non ha senso pensare che che le proprietà del corpo A possano trasferirsi nel corpo B (A e B possono avere la stessa altezza ma non si riesce a concepire come l’ altezza di A possa trasferirsi in B). Non so se esistano menti senza corpo, so però che la mente è concepibile anche senza corpo (dualismo sostanzialista), ovvero so che potrebbero anche esistere menti senza corpo: se mi sveglio privo dei cinque sensi non so se ho ancora un corpo. In altri termini, è possibile che non l’ abbia e devo lasciare aperta questa ipotesi in mancanza di confutazione. Da ultimo, penso che ci sia un’ influenza reciproca tra mente e corpo (dualismo cartesiano), in caso contrario l’ idea di libero arbitrio sarebbe improbabile. In questo modo non resta che la posizione del “dualista-sostanzialista-cartesiano”. Ammetto che non è molto di moda. Poco male visto che questa posizione è anche la più naturale per trattare le questioni legate alla Resurrezione. Per una difesa aggiornata del dualismo sostanzialista vedi Richard Swinburne. Anche il dualismo tomistico - o aristotelico - è incoerente (vedi questo mio saggio.
Giudizi morali. Penso che esista anche una componente razionale per esprimerli. Mi ritengo un oggettivista (vedi Huemer) anche se nella variante anti-realista (vedi Scruton). Ma sul punto rinvio al post “La mia etica” in cui parlo del cosiddetto “intuizionismo etico”. Il desiderio non è l’ unica fonte della moralità. Noi possiamo “predicare bene e razzolare male”, ovvero distinguere il bene dal male con la mente ma poi avere impulsi di segno contrario.
Problema di Newcomb? Faccio un’ eccezione e prima della risposta fornisco un breve riassunto del dilemma: un tipo dalle previsioni infallibile ci convoca dicendoci “potrei aver nascosto 5000 euro sotto una di queste due scatole, per appropriartene puoi scegliere di scoperchiarne una o entrambe ma ti avviso che nel sistemare  “il bottino” ho tenuto conto della scelta che farai e ho voluto castigarti lasciandoti a secco se opterai per la seconda”. Che fai? Personalmente scoperchio entrambe le scatole perché non penso che il futuro possa determinare il passato: è proprio questo che implicherebbe l’ alternativa! La teoria delle scelte razionali è cogente – e imporrebbe di scoperchiare una sola scatola - ma l’ unidirezionalità del tempo lo è ancora di più, a mio avviso.
Etica: deontologia, virtù o utilitarismo? L’ utilitarismo lo scarterei perché propone troppi controesempi confutanti, argomento di coscienza incluso (ovvero: nemmeno l’ utilitarista più rigoroso seguirebbe mai i precetti della sua dottrina, nemmeno i più elementari, per esempio donare tutto ai poveri africani). Deontologia e virtuismo ripropone il solito dilemma: quanto conta la ragione nei giudizi etici? Io penso molto, almeno nello stabilire i principi di base. Cio’ però non significa che il sentimento non giochi un suo ruolo: non si puo' negare che il sentimento di ripugnanza abbia un ruolo in taluni giudizi etici. In questo senso l' etica puo' essere vista come divisa in due: principi di base (cognitivi) e limiti ai principi + precetti secondari (non cognitiva). Deontologia e virtuismo possono convivere e forse questa distinzione è la base della laicità. Le virtù devono dunque trovare un loro spazio, anche perché la virtù è un buon antidoto contro il moralismo: la virtù non si puo’ esportare visto che è congenita o comunque radicata nel soggetto che la riceve nell’ educazione sin da bambino. La deontologia invece tollera un “riformismo” qui ed ora che finisce sempre nella tentazione di “riformare” l’ altro ricostruendolo come “uomo nuovo” e ubbidiente. Inoltre, sebbene per un’ etica laica l’ approccio deontologico sembra promettente, per un credente i principi supererogatori diventano obbligatori, di conseguenza la virtù e la possibilità di migliorarsi sempre diventa essenziale. Concludo osservando che, se è vero come è vero che la laicità è possibile anche senza ripiegare sulla deontologia pura, allora non c’ è ragione di rinunciare ai molti pregi del “virtuosismo”, ovvero dell’ etica in forma di comando divino (per i credenti) e di ordine spontaneo (per tutti). Anche qui rinvio al post “la mia etica”.
Il bello è soggettivo? Francamente penso di no, anche se il punto non è poi così evidente. Forse gli equivoci maggiori nascono dal fatto che la meta-estetica più adeguata sembra essere quella anti-realista. Tuttavia, l’ anti-realismo estetico è pur sempre compatibile con l’ oggettività dei giudizi estetici.
Come prendiamo contatto con il mondo esterno? Affidarsi ai sensi apre le porte allo scetticismo di Hume, poiché sappiamo che i sensi tradiscono producendo illusioni e allucinazioni. Del resto affidarsi alle semplici “rappresentazione mentale” è qualcosa che apre le porte al soggettivismo e all’ idealismo. Tra questa Scilla e Cariddi la teoria migliore è il cosiddetto “realismo diretto” nella sua variante “intenzionalista” che vede la percezione come una presa di coscienza diretta degli oggetti attraverso le rappresentazioni mentali.
Chi sono? Il problema dell’ identità. Le sperimentazioni con la macchina del teletrasporto confutano in modo credibile sia la soluzione fisicalista che quella psicologista. Non resta che pensare all’ identità personale come a una forma di trascendenza. L’ esperimento mentale del “brain split” è molto utile in questo senso. Per ulteriori considerazioni vedi il punto del dualismo.
Politica? Rinvio al post “La mia politica”.
Sul problema del teletrasporto? Riassumo: una macchina teletrasportatrice funziona così: noi entriamo nella cabina A, veniamo disintegrati e ricomposti con materia simile (ma non la stessa) nella cabina B situata a migliaia di km di distanza (o nella stanza accanto). Possiamo dire che siamo morti o morti e rinati? La mia risposta è “no”. Ci siamo semplicemente spostati. Il fenomeno ha un solo significato: le teorie psicologiche dell’ identità sopravanzano quelle fisicaliste. E se la prima cabina non distrugge il “teletrasportato”? Evidentemente neanche la psicologia è un mezzo sufficiente per stabilire l’ identità. Conclusione: ci vuole qualcos’altro per “spiegare” le nostre scelte. Magari un concetto trascendente come quello di “anima”.
Teoria del tempo? Non vedo la necessità di abbracciare una B-theory contraria al senso comune (né tantomeno la C-theory). Certo, la relatività speciale pone problemi non da poco che comunque possono essere superati. Inutile dire di più su un punto tanto complesso, rinvio in merito alla trattazione del filosofo Howard Stein, per me convincente.
Problema del trolley? Rinvio al post “La mia etica”.
Teoria della verità? Da realista propendo per la “verità come corrispondenza” rinunciando a relativismo e coerentismo: esiste un mondo esterno e sono vere le credenze che stabiliscono una corretta corrispondenza con questo mondo. “La neve è bianca” è una credenza vera se la neve è bianca.
Il concetto di zombi è concepibile? Ricordo il dilemma: possono essere concepite creature in tutto uguali a noi ma prive di coscienza? La mia risposta: penso di sì perché penso che la coscienza sia in effetti qualcosa di cui la scienza contemporanea non riesce a dar conto in modo soddisfacente, priva com’ è del linguaggio adatto per farlo (su questo punto vedi il recente libro di Thomas Nagel). Non è un caso se per molti scienziati l’ uomo è ormai un “robottone” che procede per scosse elettriche, e tra i vari robottoni che popolano la natura nemmeno il più interessante. Per costoro gli zombi non sono di certo concepibili visto che coincidono in tutto e per tutto con noi, ma io non riesco a seguirli su quella via. Una via che contempla la “scienza naturale” come unico sapere