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venerdì 28 ottobre 2016

Musica sussidiata

William Baumol nel seminale articolo “Performing Arts– The Economic Dilemma” fornì una base teorica per giustificare i finanziamenti alla musica e alla cultura in generale. Il concetto centrale su cui si speculava era quello di “malattia dei costi”…
… The cost disease says that if two sectors have unequal levels of productivity growth then the sector with lower growth will increase in relative price. If in 1900, for example, it took 1 day of labor to produce one A good and 1 day of labor to produce one B good then the goods will trade 1: 1. Now suppose that by 2000 1 unit of labor can produce 10 units of A but still only one unit of B. Now the goods trade 10: 1. In other words, in 1900 the price or opportunity cost of one B was one A but in 2000 to get one B you must give up 10 A. B goods have become much more expensive….
Nel tempo la produttività aumenta in alcuni settori più che in altri, cio’ significa che alcune merci diventano sempre meno convenienti (in senso relativo).
Il settore musicale è il classico esempio di settore a produttività costante nei secoli: per suonare una sinfonia di Mozart occorre sopportare lo stesso costo ieri come oggi. Lo spiega bene Alex Tabarrok in “Is the Cost Disease Dead?”… 
… The performing arts were the key example– it took four quartet players 40 minutes to perform a Mozart composition in 1900 (or 1800) and it took four quartet players 40 minutes to perform a Mozart composition in 2000, hence no productivity improvements in Mozart performances…
E’ chiaro che se fosse così la concorrenza dei beni realizzati in settori a produttività crescente (praticamente tutti gli altri) spiazzerebbe il consumo di musica, che a quel punto per essere mantenuta in vita  andrebbe sussidiata proprio come chiede William Baumol.
Ma molti non concordano: è così solo se ci atteniamo ad una certa definizione del bene-musica. Tuttavia, il bene in senso stretto non è cio’ che si produce ma cio’ che si consuma, se un bene non è consumato da nessuno è inutile e cessa di essere un bene. Il bene-musica, quindi, non è la musica composta o suonata ma la musica ascoltata. In questo senso la produttività del settore si è impennata con l’avvento delle nuove tecnologie che ne consentono una diffusione senza limiti, in tempo reale e a costi irrisori.
Questo è il primo colpo ricevuto dalla teoria del “costo malato”. Ma ce n’è un altro: con l’avvento dell’intelligenza artificiale anche la produttività in senso stretto non avrà limiti, visto che anche i robot potranno suonare Mozart.
Baumol segnalava che i settori a rischio di “costi malati” sono quelli “labour-intensive”, se un settore del genere si trasforma in “capital intensive” i suoi problemi si dissolvono. Quando un robot suona Mozart…
… Capital has become Labour… And when K becomes L, the productivity of L increases with the productivity of K. If manufacturing productivity improves and we are manufacturing robots then any sector that uses robots increases in productivity…
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mercoledì 8 giugno 2016

Rischio barbari o rischio muffa

Tre ragioni per revocare le leggi a tutela del patrimonio artistico e culturale.
  1. Spesso, troppo spesso, sono usate per proteggere interessi particolari.
  2. Una nazione in declino guarda al passato, una nazione in salute guarda al futuro: il prezzo per preservare il passato grava sul nostro futuro. Cio’ che oggi vogliamo preservare – penso a molti edifici - non esisterebbe se chi lo ha prodotto avesse adottato il nostro atteggiamento. I popoli più ammirati domani non saranno quelli che si crogiolano sul passato.
  3. Revocare le leggi non significa dismettere ogni protezione del patrimonio: un bene puo’ essere comprato da chiunque e “protetto” come meglio si crede.
Christo and Jeanne-Claude: Wrapped Reichstag, Berlin 1971-95 Photo: Wolfgang Volz. ©1995 Christo + Wolfgang Volz

mercoledì 1 giugno 2016

Beni artistici

Against Historic Preservation - Marginal REVOLUTION: "



Perché aboòlire la normativa:





  • First, it’s often the case that buildings of little historical worth are preserved by rules and regulations that are used as a pretext to slow competitors, maintain monopoly rents, and keep neighborhoods in a kind of aesthetic stasis that benefits a small number of people at the expense of many others. 
  •  Second, a confident nation builds so that future people may look back and marvel at their ancestors ingenuity and aesthetic vision. A nation in decline looks to the past in a vain attempt to “preserve” what was once great. Preservation is what you do to dead butterflies.
    Ironically, if today’s rules for historical preservation had been in place in the past the buildings that some now want to preserve would never have been built at all. The opportunity cost of preservation is future greatness. 
  •  Third, repealing historic preservation laws does not mean ending historic preservation. There is a very simple way that truly great buildings can be preserved–they can be bought or their preservation rights paid for. The problem with historic preservation laws is not the goal but the methods. Historic preservation laws attempt to foist the cost of preservation on those who want to build (very much including builders of infrastructure such as the government). Attempting to foist costs on others, however, almost inevitably leads to a system full of lawyers, lobbying and rent seeking–and that leads to high transaction costs and delay. Richard Epstein advocated a compensation system for takings because takings violat ethics and constitutional law. But perhaps an even bigger virtue of a compensation system is that it’s quick. A building worth preserving is worth paying to preserve. A compensation system unites builders and those who want to preserve and thus allows for quick decisions about what will be preserved and what will not."


Creative destruction requires some destruction.