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giovedì 8 agosto 2024

fine tuning

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domenica 15 dicembre 2019

USI IMPROPRI DEL PRINCIPIO ANTROPICO

Il principio antropico ci dice che una certa proprietà del nostro universo è così com' è perché altrimenti non saremmo qui per parlarne. La cosa è approssimativamente corretta se si intende che l'universo deve avere determinate proprietà perché altrimenti la nostra stessa esistenza non sarebbe possibile. In questa versione la nostra esistenza non è né necessaria né inevitabile. È semplicemente un fatto osservato che porta a vincoli sulle leggi della natura.
Si tratta di un principio che ha facilitato alcune scoperte scientifiche, la più nota è la previsione di Fred Hoyle secondo cui un certo isotopo del carbonio deve avere una certa risonanza perché, senza quella risonanza, la vita come la conosciamo non sarebbe possibile. Tale previsione si rivelò corretta. Come è facile vedere non c'è nulla di non scientifico in tutto cio'
Un altro esempio è che puoi usare il semplice fatto che siamo qui per dire che una certa costante cosmologica deve essere tarata in un certo intervallo microscopico. Se la costante cosmologica fosse sballata l'universo sarebbe collassato da tempo, oppure si espanderebbe troppo velocemente per formare le stelle. Ancora una volta, non c'è nulla di a-scientifico in tutto questo.
il principio antropico non è né scientifico, né inutile. Ma allora perché è così controverso?
Per questioni filosofiche più che scientifiche. Di solito viene propugnato da chi crede che il nostro universo è solo uno tra gli infiniti che esistono. Se credi in questa ipotesi, allora il principio antropico può essere riformulato per dire che la probabilità di trovarci qui non sia affatto minuscola come sembrerebbe.
Tuttavia, questo utilizzo è improprio: il principio antropico è corretto indipendentemente dal fatto che tu creda o meno nel multiverso. Il principio si limita a dire che le leggi della natura devono essere tali da consentire la nostra esistenza, né più né meno. Che questo derivi da una coincidenza incredibile o dall'esistenza del multiverso è assolutamente indifferente.

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In this video, I explain why the anthropic principle is a good, scientific principle. First I explain the difference between the strong and the weak anthropi...

lunedì 22 ottobre 2018

A che serve il multiverso?

A che serve il multiverso?

Carissimo, tutte le volte che discuto con te si va a parare sempre lì: l’esistenza di Dio. Non so perché ma nemmeno con i preti il tema ricorre tanto spesso. In realtà  una risposta posso immaginarmela: come è possibile infatti osservare la volta celeste senza un pensiero alla creazione? La cosmologia è una disciplina dove il miracolo della matematica si disvela in tutta la sua pienezza lasciandoci attoniti, annaspiamo così in cerca di spiegazioni. Per altro verso la tua mentalità è quella dello scienziato  moderno e quindi restia ad accogliere un’ipotesi razionale di Dio. Come è giusto che sia sei sempre a caccia di alternative, e il tuo genio, in questo senso, è prodigo di offerte. Ma poiché c’è un punto particolare in cui ci incartiamo di continuo, qui vorrei prenderlo di petto per trattarlo un po’ più a fondo.
Partiamo allora dai fatti, una roba su cui è difficile non concordare. Secondo i tuoi stessi  colleghi, le condizioni richieste per l’esistenza della vita nel nostro universo sono molto-molto-molto-molto particolari (fine tuning). Ci sono cioè tutta una serie di parametri fisici che devono assumere valori ben precisi da ricomprendersi in un intervallo estremamente ristretto, e devono farlo contemporaneamente. Se per esempio la costante di gravitazione differisse anche solo di 1/10 alla quarantesima rispetto al suo valore standard tutto crollerebbe. Una roba del genere vale anche per grandezze quali la massa dei protoni, la forza nucleare debole e quella forte, la forza elettromagnetica, i valori entropici nella fase iniziale dell’universo, eccetera.
Ora, per un credente come me è del tutto istintivo interpretare questo stato di cose come indizio dell’esistenza di un progettopresente sin dall’inizio. Ma tu, caro amico cosmologo, hai sempre avuto la risposta pronta su questo punto: un’alternativa atea in realtà esiste e si chiama “universo multiplo”.
A questo punto urge chiarimento: il fatto che un universo compatibile con la vita sia tanto improbabile supporta davvero l’esistenza di molteplici universi? In caso affermativo, questa singolare ipotesi entrerebbe in legittimaconcorrenza con quella teistica.
La cosa migliore per portare a casa una risposta attendibile all’enigma è farsi aiutare da un logico di professione con una certa dimestichezza nel calcolo probabilistico, propongo di interpellare il filosofo Mike Huemer– ateo convinto ma non sospettabile di professione ideologica – che fortunatamente dedica il suo saggio “Self-Locating Beliefs” proprio a questi temi.
Mike Huemer mi piace perché anziché impantanarsi nel gergo filosofico professionale ragiona per analogie comprensibili a tutti. Per soppesare l’ipotesi del multiverso  ne propone diverse tra cui mi permetto di estrapolarne  tre rilevanti. Partiamo con la prima. (1) Immagina allora, carissimo, di essere un condannato a morte che attende l’esecuzione a cura di un plotone di fucilieri scelti. Dopo essere messo al muro il capitano ordina di fare fuoco, i soldati sparano ma tu ti ritrovi ancora vivo: tutte le pallottole partite dalle canne ti hanno solo schivato.  Questo evento è così improbabile che la tua testa si metterà subito al lavoro per cercare una spiegazione plausibile dell’evento. Penserai subito che c’è sotto qualcosa, una cospirazione ordita per salvarti la vita. Poi però qualcuno ti riferisce un’ipotesi alternativa: altrove nell’universo potrebbero esserci trilioni di trilioni di plotoni di esecuzione, pertanto la tua sorte non è poi così improbabile: numeri elevati rendono tutto più probabile. Tra tante esecuzioni che una sia andata storta è del tutto normale, non c’è quindi bisogno di pensare a complotti e cospirazioni.
Ovviamente un ragionamento del genere è strampalato: quand’anche esistano miliardi di esecuzioni in giro per l’universo cio’ spiegherebbe il fatto che una possa andare male ma non che questa debba essere proprio la tua. L’evidenza che devi spiegare riguarda te stesso, non una persona qualsiasi. In altri termini, il fatto che su Alpha Centauri stiano fucilando un poveraccio non influenza le probabilità che chi ti sta sparando manchi il bersaglio.
In questo caso il trucco di  moltiplicare gli eventi per giustificare l’improbabile non funziona.
Altra analogia (2). Lanci una moneta dieci volte e fai dieci “teste” consecutive.  Ma aspetta, ecco un’ulteriore informazione: qualcuno nella stanza accanto sta lanciando come te una moneta. Questo ha reso più probabile la tua impresa? No, e non è questione di numeri. Allo stesso modo il fatto che miliardi e miliardi di persone lancino insieme a te una moneta non sembra agevolare il quasi-miracolo delle dieci teste consecutive.
Siamo nella stessa situazione precedente: la moltitudine spiega al massimo che qualcuno farà dieci teste consecutive ma non che le farai tu, ovvero l’evidenza che devi spiegare.
Le due analogie precedenti sembrano invalidare il ragionamento sottostante all’ipotesi dei molti universi: in questi casi l’esistenza di molte situazioni simili alla tua non spiega cio’ che di singolare ti sta capitando. Ciò significa allora che il fatto di ritrovarci vivi nell’universo non è reso più probabile  dal fatto che esistano molti universi? Non affrettiamo conclusioni, ci sono infatti anche analogie più favorevoli al multiverso.
Veniamo alla terza analogia (3): apri gli occhi e ti ritrovi a vivere sulla terra. Come giudichi questa evidenza? E’ forse resa più probabile dal fatto che nel nostro universo esistano molti pianeti simili alla terra? Bè, direi di sì: quanti più pianeti simili alla terra esistono, tanto più è probabile che io mi sia svegliato proprio in un posto del genere.
Questa volta ipotizzare una moltiplicazione dell’evento di base rende l’evidenza disponibile decosamente più probabile.
Ma che differenza c’è allora tra (1), (2) e (3)? In tutti e tre i casi, in fondo, cerchiamo di spiegare l’improbabile ipotizzando che certe premesse a eventi unici siano presenti in gran quantità (si tratti di esecuzioni, di lanci o di pianeti).
Provo a rispondere: in (1) l’esperienza che ho io, ovvero quella di sopravvivere alla fucilazione, è fondamentalmente diversa da quella che avrebbe un “io” destinato a soccombere.
In (2) la cosa si ripete: l’esperienza di fare dieci teste consecutive è qualitativamente diversa da quella di fare una serie anonima.
Ma in (3) le cose sono molto diverse: tra la mia vita su Terra1e la mia vita su Terra2 non ci sono grandi differenze. In realtà, per quanto ne so, non sarei mai in grado di distinguerle in senso qualitativo.
Ora torniamo a bomba: l’ipotesi dei molti universi assomiglia più a (1), a (2) o a (3)?
Di primo acchito direi a (3), tra “pianeti” e “universi” in fondo c’è una certa affinità. Ma poiché, come abbiamo appena visto, la forza che distingue (3) da (1) e (2) sta nel fatto che io potrei esistere su uno qualsiasi dei tanti pianeti gemelli della Terra, occorre chiedersi se lo stesso si possa dire quando si ragiona in termini di universi. Ebbene, poiché le condizioni per ospitare la vita sono così particolari la quasi totalità dei “tanti” universi sarà sterile, tuttavia è anche possibile pensare che i “tanti” universi siano così tanti che un numero ristretto di loro accolga la vita e che quindi io possa pensare di trovarmi in uno di loro. In questo caso l’ipotesi dei molti universi diverrebbe un’alternativa concreta all’ipotesi di Dio.
C’è ancora qualcosa da aggiungere, però: difficile coniugare il materialismo con l’ipotesi dei molti universi, te ne sei accorto? Per il materialista ogni individuo è solo un oggetto fisico e se un oggetto fisico è “qui” non puo’ essere “lì”. E’ una questione di molecole. L’ oggetto fisico può esistere solo nell’universo in cui si trova, se esisti in questo come potresti immaginarti altrove? L’ipotesi del “multiverso” pensata dal materialista, dal punto di vista logico, si apparenta più a (1) e (2) che a (3) non potendo così  competere con quella divina.
Personalmente non sono materialista, quindi sono propenso a vedere l’ipotesi del multiverso e quella di dio sullo stesso piano. Se scelgo la seconda è solo per la sua maggiore semplicità, un tema su cui qui non mi soffermo. Tuttavia, se continuerai a professarti materialista, carissimo, prevedo per te qualche problema nel contrapporre l’idea dei “molti universi” a quella di un Dio creatore.