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giovedì 3 maggio 2012

AAA antiliberali cercasi

Il guaio è che tra i nostri intellettuali un antiliberale reo confesso non lo trovi neanche se li sottoponi al waterboarding più invasivo.

Non esiste da noi uno schieramento culturale degno di questo nome che inalberi la nobile bandiera dell’ antiliberalismo.

Basta un ammicco o una faccia pensosa e anche la personalità più autoritaria e paternalista entra di diritto nell’ alveo liberale.

liberal fascism

E dire che appena t’ imbatti in una discussione politica – non importa se al bar o in qualche aula universitaria – li vedi tutti così scattanti nel proporre una congerie di regole e leggine risolutrici di cui vanno tanto fieri. E intanto regole e “leggine risolutrici” si affastellano nel nostro ordinamento alimentando un mostro che esige ogni giorno sacrifici umani.

Facendo un po’ di storia il vizietto risale all’ antifascismo d’ antan e alla sua insana passione per la “sintesi” tra libertà e eguaglianza: “tutto” e il “contrario di tutto” dovevano darsi la mano costi quel che costi per colpire uniti il regime dispotico.

Sul banco degli imputati salgono allora il “liberalsocialismo” di Carlo Rosselli e Piero Gobetti, il Partito d’ Azione, il movimento Giustizia e Libertà, e tutta la sfilata di ircocervi che hanno partorito una confusa genia di intellettuali almeno tanto influenti quanto cervellotici. Tutti elucubranti generali senza esercito (la pratica fece puntualmente esplodere le loro contraddizioni e a loro non restò che rifugiarsi nelle Università) vogliosi di “liberalizzare” (a parole) il socialismo e “socializzare” la libertà.

Nasce da lì questa notte intellettuale in cui tutte le vacche sono grigie, così come nasce da lì questa Costituzione pasticciata scritta su un tavolino a tre gambe e in cui si ritrovano a meraviglia le “menti pasticciate”, nasce da lì un’ identità vaga che, se non ci farà essere “niente”, nemmeno ci fa essere colpevoli di “niente”… un bel vantaggio per chi attraversa un secolo pieno di colpe da attribuire come il Novecento.

… dopo la caduta del Muro di Berlino, quando nessuno, a sinistra, osava proclamarsi "antiliberale" (i nostalgici rimasero una sparuta minoranza)… nessuno pensò di dover fare sul serio i conti col fallimento del "socialismo reale", la vacua formula liberalsocialista venne in soccorso agli sconfitti della storia, offrendosi come la comoda risorsa ideologica che consentiva di non essere coinvolti dal crollo della casa madre sovietica… e di conservare tutte le tradizionali riserve nei confronti del ‘mercato selvaggio’ e delle delle ingiustizie…

… la caduta dell’impero rosso, d’altronde, venne accolta con visibile sconcerto da… Norberto Bobbio: "e ora chi si farà carico dei dannati della Terra?", scrisse su La Stampa…

il grosso della cultura anticapitalista e antiborghese di un tempo si riconosce, ai nostri giorni, in un credo comune inteso fare dell’antifascismo azionista (con le sue sintesi epocali) il fondamento sia della Costituzione repubblicana sia della "religione civile" degli italiani… che trova i suoi organi di stampa, soprattutto, in Repubblica e in periodici come MicroMega…

E ancora oggi i nipotini dei generali di cui sopra te li ritrovi più assertivi e “saggii” che mai (sembrano appena scesi dalla collina partigiana) sdraiati da mane a sera sui divani della TV e della radio, specie se a sborsare il gettone di presenza è il contribuente.

Ma come scrollarsi di dosso la sgradevole compagnia di un Gustavo Zagrebleski, di uno Stefano Rodotà, di un Luciano Gallino, di una Nadia Urbinati, di un Aldo Schiavone e di un qualsiasi ospite fisso che di mestiere fa la sentinella tra Augias e Fahrenheit? Come rinfoltire lo sparuto schieramento degli antiliberali? In altri termini, come disinquinare il dibattito facendo in modo che le parole abbiano un senso preciso?

E consentitemi un’ ultima formulazione: come rendere antipatico, e quindi chiaro e utile, un concetto come quello di “libertà”?

Occorre un esperimento mentale da compiere e che divida il grano dal loglio. Propongo allora che il soggetto mediti su affermazioni di questo tenore:

… le donne dell’ Ottocento erano più libere delle donne d’ oggi…

sex and the city

Di sicuro l’ “infiltrato” non sottoscriverebbe. Anzi, si farebbe più che volentieri travolgere dall’ indignazione, sentimento di cui dispone senza riserve e a cui canta le lodi un giorno sì e l’ altro pure.

Ma un liberale doc, a mio avviso, ha su questo punto il dovere di rendersi odioso.

Si parta considerando l’ “oggi”.

Oggi, se una donna lavora, è tenuta farlo il condizioni di quasi-schiavitù per metà dell’ anno. Nel 2012 il tax liberation day cade quasi a Luglio. E non si obietti con argomenti ziotommistici che tirano in ballo la bontà del padrone.

Se invece non lavora, il “semi-schiavo” sarà il marito e la posizione di lei non sarà mutata di molto.

Ma potrei parlare anche dell’ ipertrofica regolamentazione. Oggi c’ è una regola per tutto, dal bimbo a bordo alla scadenza dello yogurt, tutto è meticolosamente programmato dall’ occhiuto legislatore che vede e provvede: a te tocca solo adeguarti o imboscarti.

E ieri, si stava forse meglio?

Premessa: prosperità e libertà non sono la stessa cosa; se oggi si “possono” fare molte più cose, spesso è grazie alla ricchezza più che all’ accresciuta libertà.

Ok ma il totem del voto?! Le donne “ieri” nemmeno votavano. Dirà allarmato l’ antiliberale in pectore. Calma:

… from a libertarian point of view, voting is at most instrumentally valuable… the fact that women were unable to vote in defense of their "basic liberty rights" doesn't show that political system denied them these rights…

Passiamo al matrimonio: certo, nell’ Ottocento il matrimonio faceva perdere una serie di diritti alla donna: per lavorare dovevi avere il permesso del marito. Un istituto del genere (in inglese coverture) non appare molto liberale.

Eppure… Pensateci bene: il matrimonio rimaneva comunque un atto volontario.

Per evitare certe conseguenze, bastava non sposarsi. Oppure sposarsi con contratti prematrimoniali ad hoc, cosa che quasi nessuno faceva.

Si potrebbe pensare che lo Stato, riconoscendo un matrimonio di tal fatta, alimentasse una cultura patriarcale.

… maybe, but … there's got to be some default contract.

The most libertarian option, of course, is separation of state and marriage, leaving the defaults up to private parties.

But the next most libertarian alternative, I think, is to defer to common definitions.

If by "marriage" most people mean "monogamous marriage," it's reasonable… for monogamy to be the default rule. If by "marriage" most people mean "a marriage where the wife needs her husband's permission to work," it's reasonable for that to be the default rule…

… At the time, almost all married women kept house and raised children. When a couple decided to marry, this sexual division of labor was probably what both of them had in mind…

In poche parole: al liberale non piacciono le regole, ma una cosa è certa: quelle che ci obbligano a fare quel che avremmo fatto ugualmente sono più simpatiche delle altre.

Per rinforzarci meglio in questa idea, pensiamo più a fondo alla famiglia tradizionale:

the traditional family made a lot of sense in traditional times. In economies with primitive technology and big families, it makes perfect sense for men to specialize in strength-intensive market labor and women to specialize in housework and childcare - and for default rules to reflect this economic logic…

Ma non è finita qui: gli obblighi che ama il liberale – ovvero gli obblighi che obbligano a poco o nulla – non sono solo quelli che mi “costringono” a fare quel che avrei comunque fatto spontaneamente, ma anche quelli che è difficile far concretamente rispettare, tanto che se ci sono o non ci sono fa ben poca differenza:

… even if you think you can condemn coverture (l’ istituto che priva di ogni diritto la donna sposata) on libertarian grounds, the letter of the law rarely makes a difference in marriage.

In modern marriages, spouses can't legally "forbid" each other to take a job, but as a practical matter… they still need each others' permission…

If a women in 1880 wanted to write a contract, I think she did the same thing a woman in 2010 would do - talk about it with her husband. If he refused, she did the same thing she'd do today: complain, argue, bargain, etc.

A man in 1880 was legally allowed to make a contract without his wife's approval, but in practical terms, his problem was the same as it is today: If your wife puts her foot down, it's almost impossible to move forward…

Pensate solo al divorzio…

Unless you're already on the verge of divorce, invoking the law just isn't a very useful way to win a fight with your spouse. Since divorce was much more difficult in the 19th century, the law probably mattered even less than it does today…

Conclusione: mia bisnonna molto probabilmente era più libera delle fighette newyorkesi di Sex and the City.

otto

Scandalizzati?

E perché mai? Basta convertirsi al fronte antiliberale e proseguire in santa pace le proprie lotte.

Spero solo di aver in parte centrato il mio modesto obiettivo, quello di rendere la Libertà un po’ meno sacra e un po’ più antipatica di prima.

Dino Cofrancesco – Il fascismo degli antifascisti.

Bryan Caplan – How free were american women?

giovedì 24 marzo 2011

La regola aurea

E' raro in Italia imbattersi in un liberale, vagano sparuti qua e là senza incontrarsi mai: se hai studiato in scuole statali, se ti sei specializzato in università statali, se ascolti la programmazione culturale della TV e della Radio di Stato, è probabile che l' indottrinamento ricevuto avrà fatto effetto rendendoti refrattario ai valori liberali.

Sarebbe un peccato, allora, incontrarsi senza riconoscersi, vale la pena di testare chi hai di fronte.

Ma esiste qualcosa di simile allo scanner all' aereporto?, all' esame del sangue?, qualche procedura che si concluda con esiti chiari: positivo? Si accomodi a destra. Negativo? A sinistra, prego.

Ognuno elabora i suoi strumenti, io, per bollare il mio interlocutore, cerco di portare il discorso sulle armi da fuoco. Come ci si posiziona in merito? Su questo tema cruciale si simpatizza o si avversano le soluzioni proibizioniste?

La filosofia del liberale è chiara e puo' essere compressa in due parole: liberty first. Detto meno sinteticamente: quando mancano solide prove che la libertà di Tizio nuoccia ai suoi vicini, allora... "liberty first".

Il porto d' armi offre proprio un caso paradigmatico: l' evidenza (ormai ne esiste una montagna) sembra stabilizzata nel segnalare un certo beneficio sociale del libero porto d' armi. Niente di che, non mi meraviglio che taluno contesti questa poco solida correlazione; a dir la verità non mi interessa nemmeno visto che quel che sicuramente non si riesce a provare, per quanto si vogliano torturare i numeri, è l' esistenza di un chiaro danno.

Insomma, un caso di scuola a cui applicare il precetto "liberty first". Non così per la mentalità totalitaria, in quel caso: "safe-first" e conseguente conculcamento dei diritti - anche dei più elementari - in nome dlla sicurezza.

In merito metto qui il link ad un devastante saggio di Mike Huemer, qualcosa che sembra davvero assomigliare all' ultima parola sull' argomento, se mai se ne possa immaginare una.

Forse la lettura è un po' impegnativa ma c' è tutto, sia sull' argomento specifico delle armi, sia su quello allargato all' ideologia.

Le grandi questioni che si trova ad affrontare l' umanità - abbiamo appena discusso del nucleare - portano l' analista onesto a dire che "le cose sono complesse", da cui deriva il conseguente "liberty first".

Nella discussione pubblica il liberale ha dunque una strategia spesso vincente a disposizione: brandire gli strumenti più avanzati dell' economia per dimostrare che le cose sono più complesse di come appaiono, dopodichè puo' concludere con il suo dogma: liberty first. Se la discussione fosse una partita di calcio direi che il liberale, avendo a disposizione due risultati su tre, è chiamato a sfruttare tale vantaggio.

Ho parlato di economia non a caso: l' economia è quella disciplina che si occupa delle scelte tenendo conto dell' ambiente ("eco"), ovvero di tutto cio' che ci circonda. E' chiaro allora che le scelte economiche più interessanti siano quasi sempre complesse offrendo così terreno favorevole alla soluzione liberale.