L'IMPERDONABILE
Nel 2018 ricorreva il 150esimo anniversario della nascita di Charles Maurras, ma la Francia ha deciso di non commemorarlo. E dico commemorare, non celebrare. Motivo: evitare il ritorno di un'icona fascista. Anche la pubblicazione della sua opera - nel mentre non si esita a riproporre le "ancora oggi feconde intuizioni" marxiane - è vissuta da molti come un'offesa.
Eppure parliamo di un intellettuale storicamente significativo, come giornalista politico, saggista e poeta. Ebbe grande influenza su gente del calibro di Charles Péguy, Marcel Proust, André Malraux. Ma anche Althusser, Lacan, Maritain, Pompidou e T.S. Eliot. Per quest'ultimo fu una sorta di Virgilio.
E il suo fascismo? Maurras non era fascista, diciamolo subito. Aveva una passione per Mussolini ma rigettava la teoria fascista e denunciava apertamente la bizzarra filosofia del Sangue e della Razza partorita da quel pericoloso soggetto che fu Hitler. Anzi, richiamò inascoltato la Francia al riarmo per fronteggiare la minaccia tedesca.
Sordo dalla nascita, profondeva tutte le sue energie per scrivere e leggere. Nella sua visione solo il nazionalismo - e non il repubblicanesimo - avrebbe potuto garantire l'indipendenza della Francia, per questo concepì il progetto dell' Action francaise.
E il suo razzismo? L'anti-semitismo era qualcosa che allora faceva capolino negli scritti dei maggiori intellettuali. Marx in primis. Maurras si accodò a quella vena. L'anti-semitismo nacque a sinistra per contagiare solo successivamente la destra. L'ebreo era concepito come il capitalista per eccellenza. Più tardì incarnò anche il tipo anti-patriottico. L'affare Dreyfus mise in scena le paure più profonde della destra: un ebreo che spiava per la Germania. In proposito Maurras scrisse: se è innocente deve essere fatto Gran Maresciallo di Francia. Appare chiaro che il suo anti-semitismo aveva ben poco a che vedere con la "purificazione della razza", anche se dopo la Shoah tutto si confuse.
E Vichy? Un suo errore fu l'appoggio a Vichy, sia a sinistra che a destra furono in molti a puntare le loro carte sul maresciallo Pétain, l' eroe di Verdun. Tuttavia, che la Germania fosse il nemico fu sempre ben chiaro a Maurras.
E il fanatismo religioso? Fu sempre un agnostico affascinato dal positivismo di Auguste Comte. Come Comte sentiva l'esigenza di dare al culto un posto centrale ma diversamente da Comte non gli sembrava il caso di inventarsene uno, quello tradizionale poteva assolvere benissimo al compito. Non adottò mai i pregiudizi anti-cristiani tipici della sinistra anti-clericale. Il suo movimento fu anche accusato da Bernanos di non avere una "vita interiore", altro che fanatismo. Diciamo che si limitò a strumentalizzare il cattolicesimo, finché papa Pio XI lo scomunicò alienandogli le simpatie dei molti supporter cattolici.
E la Rivoluzione? Viveva l'individualismo liberale come una minaccia per la società, come un tarlo insidioso in grado di eroderne le fondamenta. D'altro canto, l'individualismo era un'eredità della rivoluzione francese e occorreva quindi riabilitarlo in qualche modo cucinandolo e depotenziandolo in salsa socialisteggiante.
E l'assolutismo? Si spese per il classicismo contro il romanticismo. Considerava quest'ultimo un portato dell'individualismo più deleterio mentre il primo come una ricerca dell'ordine razionale delle cose. Il meglio di Atene e Roma doveva essere traslato nella Francia contemporanea. In questo senso il Grand Siècle costituiva un precedente a cui ispirarsi.
Nazionalismo. Contro l'anarchia internazionalista Maurras si appellò al suo esatto opposto: il nazionalismo integrale. Un modo per recuperare il meglio della tradizione passata. Anche la La chiesa, faceva notare, ha sempre supportato la nazione e la collaborazione tra le nazioni. La nazione non implica esaltazione della razza, la nazione francese, per esempio, è una federazione di razze differenti.
La Repubblica. E' intrinsecamente debole. Con la sua confusa centralizzazione indebolisce la periferia imbrigliando le province che perdono capacità di auto-governo e indebolisce poi anche se stessa con un Parlamento sempre diviso in coalizioni mutevoli e precarie.
Monarchia. E' la soluzione. Favorisce una forte politica estera che finisce per unire il popolo. Anche l'imperialismo, sotto una solida monarchia, è un'opzione praticabile con profitto. Al contrario, la politica estere della repubblica è costellata da indecisioni e fallimenti.
Intellettuali. La concezione di Maurras resta eminentemente intellettualistica, per essere abbracciata richiede di padroneggiare la storia, la politica e la filosofia.
L'eredità. Risiede essenzialmente in quattro movimenti politici: 1) i sostenitori di Vichy, che videro in quella mossa un modo per disfarsi della Repubblica. 2) I cristiani-democratici di Jacque Maritain, che proclamavano il primato dello spirito sulla politica. 3) I cristiani marxisti, che si richiamarono alla critica anti-borghese di Maurras. 4) I gollisti, che sulla scia di Maurras cercarono sempre un potenziamento dell'esecutivo.
Per me Nathan Pinkoski è convincente, il personaggio, con tutti i suoi errori, non mi sembra così orribile e degno del dimenticatoio. Anzi, mi sembra in grado di illuminare anche la nostra epoca, specie i movimenti cosiddetti "sovranisti". Ognuno legga e giudichi.