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sabato 9 maggio 2020

EQUIVOCI

Nelle diatribe sulle grandi questioni si confondono spesso i piani, assumiamo che la gente abbia idee diverse ma spesso non è così, non sempre i vari "ismi" riguardano le idee.
Il LIBERTARISMO è sì una filosofia piuttosto rigorosa con i suoi principi e le sue conseguenze.
Il CONSERVATORISMO è più un'attitudine mentale, una forma di scetticismo verso la conoscenza astratta (o una paura per un suo abuso) che cerca sostegno nella tradizione.
Il POPULISMO è invece una cultura dell'onore, una domanda di rispetto. E' un movimento non più disposto a riconoscere all'élite i suoi meriti causa la sua arroganza più che i suoi errori.
Il PROGRESSISMO è più un movimento identitario che promuove un doppio standard a favore dei suoi membri nei giudizi: se un'accusa morale viene mossa ai "nostri" (es. Sofri, Polanski, Clinton, eccetera) vale meno che se viene mossa ai "vostri". La scienza che pone dubbi sulle "nostre" cause (parità di genere, esistenza delle razze, OGM...) vale meno rispetto alla scienza che pone dubbi sulle "vostre" (riscaldamento climatico...).

lunedì 11 novembre 2019

PARLARE DI POLITICA

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PARLARE DI POLITICA
E chi ha più voglia di parlare di politica nel 2019? La qualità del discorso politico è in uno stato pietoso, dovrebbe essere vietato ai minori come i porno. I nostri ragazzi dovrebbero girare al largo da certe arene, e invece ci sono dentro in pieno. Dominano insulti igniominosi e offese sanguinose. Lo splatter costituisce lo standard.
Polarizzazione e il tribalismo coprono tutto il resto, niente si salva. Ci piace demonizzare più che persuadere. Chi vuole persuadere avvicina il suo prossimo con rispetto e lo ascolta curioso, ma parliamo di una razza estinta. Chi demonizza invece considera l'altro come una pessima persona, uno da evitare, sentina di tutti i vizi e causa di tutti i mali.
Pur di stare al calduccio, ognuno di noi si fa il suo schemino e da lì non esce. I tre schemini base ruotano intorno a tre concetti cardine: oppressione/barbarie/coercizione.
La sinistra si ritiene impegnata in una battaglia morale contro l'oppressione. La destra è perennemente in trincea per difendere la civiltà. I liberali si ritengono l'ultimo baluardo contro l'onnipresente coercizione statalista.
Le tre opposizioni (oppresso/oppressore, civiltà/barbarie e libertà/coercizione) possono essere utilizzate in alternativa tra loro per descrivere i fatti ed esprimere la propria opinione. Naturalmente, a seconda della prospettiva privilegiata certe idee si impongono sulle altre.
Insistere sul nostro asse preferito ci consente di demonizzare gli altri ma in questo modo si perde l'occasione per persuaderli. Poco male, avere una mente chiusa ci protegge dai pericoli tipici a cui la mente aperta e curiosa ci espone. Avere un disaccordo politico con qualcuno, infatti, è vissuto con ansia, la stessa che un atavico istinto ci fa provare quando vediamo un serpente o una tigre nella vegetazione. Nasce un'esigenza di incolumità, ed ecco che indossiamo la corazza.
Nei casi critici la nostra mente va subito alla ricerca spasmodica di conferme (bias della conferma). Esempio: se ci si imbatte in uno studio sostiene che il salario minimo comporta benefici sociali, il liberale cercherà con il lanternino eventuali errori metodologici. Se invece ci imbattiamo in uno studio che sostiene il contrario non ci si preoccuperà affatto di indagare oltre, lo studio entrerà a far parte dell'arsenale.
Un'altra tipica reazione è quella di imputare ai portatori di idee contrarie alle nostre intenzioni malevole (bias dell'attribuzione). Avere a che fare con persone malvagie ci risparmia ogni faticoso approfondimento della loro posizione: una persona cattiva non puo' che sostenere cattive idee.
Ricordiamoci sempre che la cosa più temuta dai nostri antenati era di essere "scomunicati" ed esclusi dalla tribù per ritrovarsi poi soli nella foresta selvaggia. Era una condanna a morte. D'altra parte, sapevano che sarebbero stati ricompensati dalla comunità dimostrando la loro lealtà al gruppo.
Per questo oggi una persona di destra che si ritrovi intruppata in un gruppo di sinistra - magari sul lavoro - tende ad auto silenziarsi, mentre se si trova nel suo elemento la spara grossa contro il nemico in modo da essere ancora più apprezzato.
Queste dinamiche operano da sempre ma oggi sembrano esacerbate. Come mai?
L'autore vede all'opera due meccanismi, il primo è una tendenza alla segregazione culturale, ovvero quel fenomeno per cui ci associamo sempre meno alle persone con un differente background. Il motore di tutto è probabilmente l'istruzione - mai come oggi legata alla ricchezza. Sia come sia le persone con un'istruzione superiore orbitano quasi esclusivamente su altre persone con istruzione di pari livello mentre un tempo era molto più comune che, per esempio, un "lui" laureato sposasse una "lei" diplomata, o un ricco sposasse una povera (matrimonio Cenerentola). Oggi persone con educazione differente vivono in enclaves differenti. Una donna bianca laureata difficilmente mostrerà interesse per un uomo bianco non laureato, cerca di meglio e per evitare perdite di tempo si tiene ben lontana dai posti dove sa che rischierebbe di incontrarlo.
Un altro fattore che inasprisce il confronto politico è il web, e i social media in particolare. Sui social le nostre reazioni sono rapide e concise quindi anche molto emotive, poco inclini alla riflessione; queste modalità favoriscono di gran lunga la demonizzazione rispetto alla persuasione. Quest'ultima richiede una sua simbolica per segnalare il proprio rispetto, il dissenso deve essere attutito da una sequela di premesse che ne ammorbidiscano l'impatto, ma sui social non c'è spazio per simili cerimoniali. In secondo luogo i social favoriscono l'incontro tra simili, ovvero la formazione di compagnie omogenee dove siamo più a nostro agio e autorizzati a "perdere il controllo" radicalizzandoci. Inoltre i social media e il web in generale creano quell' inflazione informativa che svaluta l'autorità dei media tradizionali impedendo loro di formare e spostare la pubblica opinione in modo omogeneo come hanno sempre fatto in passato.
Il risultato qual è? Che mentre gli avversari politici si differenziano sempre meno nelle politiche concrete, il sentimento ostile scava un fossato incolmabile tra le fazioni. Lo sappiamo bene in Italia dove chi fino a ieri se le suonava di santa ragione il giorno dopo governa a braccetto.
È probabile che alle tre prospettive descritte da Kling oggi se ne debba aggiungere una terza, quella che viaggia sull'asse élite cosmopolita/popolo sovranista. Sarebbe un'asse ben strano perché, mentre nei precedenti il "male" è chiaramente isolabile (oppressore, barbaro, despota), qui no. Inoltre, i populisti esprimono un generico sentimento "contro" senza avere in testa nulla di preciso (voi riuscite a capire cosa ha in testa un grillino?). In molti casi queste presenze sono decisamente spiazzanti, pensate solo ai poveri libertari che dovrebbero essere felici di vedere un movimento che si oppone alla potente élite politica ma poi constata tutti i giorni - ammaestrato anche dalla storia sudamericana - come questa anti-politica sia pronta in un amen a diventare iper-politica seguendo la fascinazione del primo demagogo carismatico che passa di lì.
Rimedi. Mah, sempre gli stessi alla fine. Per stemperare il discorso politico e renderlo di nuovo fruttuoso occorrerebbe avere rispetto per l'altro. La mancanza di rispetto genera l'odio, e l'odio le odiosissime crociate anti-odio, tutti fenomeni che sono uno peggio dell'altro. Evitare la personalizzazione delle idee altrui è il minimo, quando le idee sono disincarnate vengono ascoltate con più pazienza e le reazioni sono più moderate. L'obiettivo della discussione politica non è quella di sconfiggere o umiliare chi non è d'accordo con noi ma quello di comprendere l'origine di certe idee incondivisibile che stanno nella sua testa.
Un principio guida potrebbe essere questo: "chi sa di più faccia di più". Per questo mi sento di mettere sul banco degli imputati il disprezzo e le crociate anti-odio, perché chi disprezza e poi si batte contro l'odio di solito è più appassionato di politica, spesso ne "sa di più", ed è quindi anche più responsabile della degenerazione in atto.

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The Three Languages of Politics is a profoundly illuminating exploration of communication in America's political landscape. Progressives, conservatives, and libertarians are like tribes speaking different languages. Political discussions do not lead to agreement. Instead, most political commentar...

lunedì 17 dicembre 2018

DEFINIRE L’IDEOLOGIA

DEFINIRE L’IDEOLOGIA
Penso che l'ideologia sia basata sull’ indignazione. Ci piace sentirci indignati per un giusto motivo e sulla base di questo piacere scegliamo la nostra ideologia. Dopodiché, sarà lei a dirci come quella cosa è ovunque e come la nostra vita sia ben spesa se la usiamo per combatterla.
Il libertario si indigna per gli abusi del governo. Il libertario ideologizzato ritiene che tutti i nostri mali derivino dagli abusi dei governi.
Il populista si indigna per le interferenze dei paesi stranieri. Il populista ideologizzato vede complotti ovunque contro il nostro paese.
La femminista si indigna per l’oppressione maschile… e l’ideologia gliela fa vedere ovunque.
L’ecologista si indigna per i comportamenti non rispettosi dell’ambiente. L’ideologia lo porta a pensare che meglio sarebbe per l’uomo non essere mai esistito visto che qualsiasi suo comportamento contamina l’ambiente.
Il cattolico si indigna per come viene offeso il suo Dio. La fede ideologizzata gli fa vedere offese ovunque e l’avvento prossimo venturo di Satana.
La persona di sinistra si indigna per lo sfruttamento del forte verso il debole. L'ideologia impiega in modo automatico questo schemino rendendo ben presto incomprensibile la parola "sfruttamento".
Tutti si indignano per l’ideologia altrui, il che ci fa sentire circondati dal nemico e desiderosi di combattere.
Come prendere in giro una persona ideologizzata?: raccontate una storia falsa che si adatti alla sua narrativa preferita e giocate un po’ con i suoi stereotipi. Abboccherà subito. Poi “smascheratevi” ed eclissatevi dopo una pernacchia gigantesca.

venerdì 23 novembre 2018

COME DISCUTERE SUI SOCIAL

COME DISCUTERE SUI SOCIAL

Qualche consiglio dettato dall’esperienza.

1) Evita le enunciazioni teoriche, utilizza esempi, analogie ed esperimenti mentali stando attento a de-ideologizzare l’argomento. Inutile fare un esempio in cui si parla di aborti quando sai già che in materia tu e il tuo interlocutore avete idee diverse. Gli esempi puramente astratti sono i migliori.

2) Non utilizzare espressioni come “ovviamente…”, “come tutti sanno…”: è un modo per escludere e schernire chi nutre anche solo un piccolo dubbio in merito.

3) Non dare nulla per scontato che non sia dato per scontato anche dalla persona con cui discuti.

4) Nascondi le tue emozioni. Se sei arrabbiato, irritato, deluso non darlo mai a vedere.

5) Non andare mai-mai-mai sul personale. Puo’ essere interessante ma mina il rigore. Non riferirti mai a personaggi che il tuo interlocutore ammira o rispetta.

6) Evita l’ironia e ancora di più il sarcasmo.

7) Non sottolineare mai-mai-mai l’originalità della visione del tuo interlocutore. E’ come dire “in vita mia un tipo così non l’avevo mai incontrato…”. Nasconde una sottile ironia.

8) Sui social il curriculum è bandito. O per lo meno, devi prenderlo in considerazione solo per decidere se discutere. Una volta che hai deciso di farlo contano solo gli argomenti.

9) Dài una versione caritatevole delle parole altrui. Considera come se l’altro si fosse espresso male e traduci correttamente dando per scontata la versione più difendibile e ragionevole di quel che ha detto.

10) Chiedi di affrontare un argomento per volta. Ogni intervento deve avere un unico fuoco.

11) Trascura i riferimenti OT su cui non sei d’accordo.

12) Cerca di fare (e chiedi) affermazioni falsificabili.

13) Non citare mai autori o mettere link.

14) Prima di dichiararsi in disaccordo chiedi chiarimenti, spesso il disaccordo nasce da un equivoco ma quando inizia non lo fermi più, anche se l’equivoco si è chiarito.

14) Non aver paura di dichiarare che rettifichi certe tue posizioni espresse nei commenti precedenti. Spesso ci si fa un’idea discutendo e si procede per tentativi ed errori ma non si ha il coraggio di dichiararlo, forse perché si vuole apparire come uno che ha già meditato a suo tempo i problemi di cui si parla e offre così una soluzione ragionata.

15) Non temere nel rinnegare le tue prime intuizioni. Gran parte delle discussioni s’infiammano per l’assurda fedeltà che riteniamo di dovere alla nostra prima intuizione. Il fatto che possa rivelarsi carente ci terrorizza. Invece è la cosa più normale del mondo.

16) Quando non si va d’accordo su una questione inutile insistere con l’obiettivo di “convincere”, ripiega sull’obbiettivo della “chiarezza”.

17) In tema di valori parti dal presupposto che alcuni danno più importanza all’oppressione (sinistra), altri alla civiltà (destra) e altri ancora alla libertà (liberali). E tutti e tre vorrebbero appropriarsi di tutte e tre le parole.

18) Non dire mai "Facebook non è il posto adatto per fare queste discussioni". In realtà non esiste posto più adatto. Un posto dove hai tutto il tempo per riflettere e stendere per iscritto le tue idee dando loro una forma argomentativa rigorosa. Dì piuttosto la verità: non hai tempo né voglia di proseguire la discussione.

19) Ricorda sempre che il tuo oppositore non sta mentendo pur di avere ragione e probabilmente condivide i tuoi valori fondamentali.

20) Non creare confusione, non lasciare che la tua tesi principale inglobi tutto. Probabilmente sul tappeto ci sono questioni differenti che richiedono risposte differenti.

21) Cercate di parafrasare meglio che potete la posizione dell'altro in modo di verificare se l'avete compresa. In caso contrario lui avrà la possibilità di correggervi.

22) Riconosci che alcuni problemi non possono essere risolti, o che comunque sarebbe troppo oneroso tentarci.

23) Non cavillate sugli esempi, andate al sodo. Obiettate solo su esempi e analogie gravemente fuorvianti.

24) Leggete tutto quello che scrive l'altro, probabilmente risponde nella seconda parte alle obiezioni che solleva la sua prima parte.

25) Non cercate di prevenire le obiezioni appesantendo il vostro intervento. Sui social si deve esporre in modo semplice un argomento, anche consapevoli che così com'è risulta debole. La semplicità è troppo importante per essere sacrificata. Lasciate quindi che le obiezioni vengano avanzate da altri, solo in quel momento è opportuno rispondere in modo semplice e diretto entrando nel merito.

26) Evita di definire i termini comuni. Dài le definizioni solo quando si discostano da quelle comuni.

27) Non modificare un esempio scomodo fatto dal tuo interlocutore quando sai già che un facile aggiustamento aggirerebbe la tua modifica riproponendo le stesse difficoltà di partenza.

28) Prendi tempo per rispondere. Gran parte degli atteggiamenti inconsulti che rovinano le discussione derivano dalla fretta di rispondere. C'è un demone che ti spinge a "chiudere la pratica" e non pensarci più, devi esorcizzarlo. Se il tempo non ce l'hai, piuttosto rinuncia. E se capisci che quel demone è ormai invincibile, rinuncia piuttosto a leggere l'ultimo intervento del tuo interlocutore.

29) Scrivi solo se hai qualcosa da aggiungere a quanto detto, specie se la discussione si è già protratta molto. Oppure quando hai un'immagine particolarmente felice in grado di gettare nuova luce sulla tua posizione.

30) Non perdere tempo a discutere delle evidenza, e nemmeno ad indicare i dogmi altrui, saresti patetico. Esponi i tuoi e vai avanti.

31) ... continua ...

martedì 28 agosto 2018

Ogni volta...

Ogni volta che si insulta il governo dicendo che è stupido ed ignorante Si fanno fondamentalmente due cose...

You further cement the idea in your head that Trump voter = stupid.

You create greater social consequences for those around you voicing anything pro-Trump, thus encouraging greater homogenization of your social group.

You reduce your ability to reasonably engage with ideas that don’t fit your group’s narrative.

Closing your mind http://www.arnoldkling.com/blog/closing-your-mind/

mercoledì 14 marzo 2018

Con chi dialogare e con chi no

Le regole sociali oggi vigenti per interagire con chi è in errore (per come lo ho capite io) sono queste due: parla con chi sbaglia di poco, dando così valore al dialogo. Trascura chi fa gravi errori, perché renderesti plausibili le sue affermazioni.
Anche una posizione “inaccettabile” possiede spesso ragioni forti destinate ad emergere una volta che si entra in dialogo. In breve, noi escludiamo dal dialogo una serie di posizioni pericolose perché fare altrimenti evidenzierebbe il fatto che anche una persona ragionevole potrebbe sostenerle.
E’ un po’ come quando non andate all’allenamento altrimenti si penserebbe che non siete davvero infortunati.
Inoltre le regole sociali sono auto-validanti: se voi entrate in dialogo solo con chi fa piccoli errori, qualora decidiate di parlare anche con chi fa grandi errori costui diventerà automaticamente agli occhi di tutti qualcuno che fa solo piccoli errori. La cosa induce equivoci anche sulla vostra posizione che verrà supposta vicina a quella di chi fa grandi errori.
Facciamo ora qualche esempio: il dialogo con chi sostiene la censura è da evitare, innanzitutto perché gli argomenti per la “libera espressione” non sono affatto solidi come si pensa comunemente.
Oppure, andiamo sul pesante, pensate al dialogo con un nazista, ben presto dovrete cedere sul fatto che le razze esistono, e poi chissà dove si va a finire…
Pensate al dialogo con i fascisti: ci porterebbe presto a scoprire con imbarazzo le molte linee di continuità tra fascismo e democrazia.
Pensate al dialogo con chi coltiva progetti eugenetici: potrebbero in effetti migliorare di molto l’umanità futura, e siamo già su un terreno pericolosissimo.
Pensate al dialogo con i populisti: gran parte delle loro affermazioni sono sacrosante verità.
Pensate al dialogo con un comunista: se costui è abbastanza accorto da mettere al centro il ruolo della fortuna nei nostri destini sarete in imbarazzo e costretti a ricorrere alle sottigliezze.
Il dialogo con un sessista vi farà presto capire che siete un po’ sessisti anche voi.
Dialogare con un PD vi farebbe venire il dubbio che sono gli unici ancora con la testa sulle spalle.
Parlare con una persona di solida fede religiosa potrebbe farvi scoprire l’aspetto razionale di questa posizione.
Parlare con un illuminista vi farebbe scoprire che esiste anche l’illuminismo inglese, scozzese, americano, il che come minimo vi manderebbe in confusione.
Eccetera.

mercoledì 24 gennaio 2018

Postulato

La regola più trascurata delle scienze sociali: a volte le cose vanno in un modo, altre volte in un altro.
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When it was first released in 2013, Arnold Kling’s The Three Languages of Politics was a prescient exploration of political communication, detailing the “three tribal…
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venerdì 21 aprile 2017

Parlare di politica

Una considerazione andrebbe riservata alla retorica del dibattito politico.
Non parlo di quello in cui si cimentano i “politici” di professione ma quello in cui si impegnano i semplici appassionati al bar o nei social network.
Ci sono due o tre cose che ho imparato e che vorrei puntualizzare qui, anche se forse non è la sede ideale.
Parlare di politica è molto difficile, dopo pochi scambi partono diatribe infuocate quanto sterili.
Escludo dall’ analisi chi ha interessi diretti in gioco nella materia in cui discute, in questi casi immedicabili le orecchie si tappano con il cemento; tuttavia, lo avrete constatato ripetutamente, anche la pura e semplice passione ideologica, per tacere della vanità narcisistica, puo’ trasformare una piacevole discussione in un rabbioso dialogo tra sordi.
Un modo per evitare esiti tanto deprimenti consisterebbe nel mettersi nei panni del prossimo e scoprire quanto costui sia molto meno ottuso di quel che crediamo: semplicemente vede le cose da un’ ottica differente rispetto a noi!
L’ operazione è piuttosto semplice poiché, a guardar bene, in queste materie la moltitudine dei protagonisti puo’ essere agevolmente incasellata in tre sole tipologie:
LIBERALE: privilegia l’ asse libertà/coercizione;
PROGRESSISTA: privilegia l’ asse forza/debolezza;
CONSERVATORE: privilegia l’ asse civiltà/barbarie.
Ora, i tre hanno obbiettivi differenti:
1) il LIBERALE vorrebbe tutelare le libertà di scelta,
2) il PROGRESSISTA vorrebbe tutelare il debole e
3) il CONSERVATORE vorrebbe tutelare la civiltà.
Semplice, no? Eppure di solito si discute dando per scontato che la meta a cui tendere è comune (di solito la nostra) e che l’ altro prende semplicemente una strada sbagliata poiché privo di senso dell’ orientamento.
Partendo dalla premessa che nessuna di queste tre prospettive è “indegna”, proviamo allora ad adottare per un attimo l’ “asse” del nostro interlocutore, ci accorgeremmo ben presto che le sue soluzioni sono tutt’ altro che peregrine.
In altri termini, quel che ci differenzia da lui è quasi sempre la prospettiva da cui partire, non l’ intelligenza o l’ ottusità nel giudicare il reale.
Ammettiamolo, un riconoscimento del genere non è tutto ma è già molto.
Proviamo a fare un esempio. Si discute di quote rosa.
Il liberale sarà contrario: implicano una coercizione.
Il progressista sarà favorevole: implicano un aiuto ai più deboli.
Il conservatore sarà contrario: implica un sovvertimento delle tradizioni.
I tre tipi possono dissentire sui valori senza considerarsi stupidi per la strategia che privilegiano.
Altro esempio: l’utero in affitto.
Il liberale sarà favorevole poiché non c’è coercizione.
Il conservatore sarà contrario poiché si tratta di un’innovazione radicale.
Il progressista è a metà strada: da un lato la categoria debole degli omosessuali potrebbe beneficiarne, dall’altra la categoria debole delle donne potrebbe subire uno sfruttamento. Lasciamo perdere la categoria debole dei bambini, che politicamente conta poco.
Anche qui: strategie differenti per mete differenti. Se rispettiamo le mete potremmo disprezzare un po’ meno le strategie.
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The Three Languages of Politics Arnold Kling