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domenica 9 giugno 2024

punizioni

Difesa della frustata.

Ho sempre accarezzato l'idea delle pene corporali per certi crimini anche se so che quasi tutti sarebbero contrari a una loro reintroduzione. Qui mi chiedo in che modo il carcere sia realmente diverso? Perché lo consideriamo un passo decisivo verso la civiltà? In fondo, una percentuale altissima di detenuti subisce violenze esplicite da parte di altri detenuti. Queste percosse sono anche peggio di quelle formali inflitte da un boia. Inoltre, poiché le percosse pubbliche sono più immediate rispetto alla sentenza, sono anche più efficaci poiché chi commette un crimine in genere non pensa agli effetti a lungo termine. Tra i benefici personalmente considero anche una "virilizzazione" della società, ne abbiamo bisogno in epoca di decadenza. Oggi, il nostro sistema di giustizia penale funziona molto bene... per i carcerieri, ovvero noi: ci consente di sentirci persone a posto. Chi entra in carcere ha la vita rovinata ma tutto avviene lontano dai nostri occhi e dal nostro cuore, non su una pubblica piazza. Non è uno spettacolo pubblico che ci fa venire la nausea, quindi quando gli stupri e i pestaggi avvengono a porte chiuse, quando le vite delle persone vengono rovinate da detenzioni prolungate, non ci sentiamo responsabili. Questo vale soprattutto per i giovani per i quali il carcere, oltre che fonte di afflizione, è vera scuola del crimine. Se una persona rinchiudesse le persone nel suo scantinato con criminali violenti per molto tempo, lo considereremmo davvero peggiore rispetto a chi si limita ad una fustigazione lasciando poi libera la vittima di proseguire la sua vita come crede?

P.S. Proposta: una pena accessoria nelle nostre carceri potrebbe essere quella di servire solo cibi vegani. Qui mi aspetto l'appoggio entusiasta degli animalisti: quante vite animali potrebbero essere salvate!!!
https://benthams.substack.com/p/our-intuitions-about-the-criminal

venerdì 31 maggio 2024

il male per gli animali

Perché i soggetti religiosi sono così sensibili alla sofferenza umana e così refrattari alla sofferenza animale?

La ragione vera è il loro culto della Tradizione, che declassa parecchio la sofferenza animale. La ragione che mi piace immaginare è che non hanno una buona teodicea per i polli. Le più convincenti giustificazioni del male non si applicano ai polli cotti in padella. Il male è una conseguenza della libertà, il male consente di sviluppare le virtù, il male fa fiorire la relazione... Tutto vero, ma anche ridicolo se applicato ai polli. Eliminate queste giustificazioni non resta che la funzione karmica: Dio stabilisce la sua giustizia distribuendola su più vite grazie alla reincarnazione. Tuttavia, anche qui c'è un intoppo, forse ancora peggiore. Se il Karma è tutto, allora un pollo in allevamento intensivo come minimo è stato Gengis Khan nella sua vita passata, e, inutile dirlo, si merita tutto quel che gli tocca subire.





se Dio esiste e la reincarnazione è reale (affermazioni di cui ho anche difeso o collegato le difese, non si preoccupi, non sono uno psicopatico), ci aspetteremmo che stabilisca una legge karmica e la faccia rispettare con il pugno di ferro. Il karma, nella sua forma più difendibile, è fondato sul deserto morale.1 Quando Dio applica il karma, dà alle persone ciò che meritano, moralmente, per le scelte fatte in questa vita o in quelle passate.Se questo è vero, spiega almeno una parte della sofferenza che le persone e gli animali sopportano in questa vita.In genere pensiamo all'allevamento in fabbrica come a una pratica ripugnante, perché presumiamo che tutti gli animali che vi sono sottoposti siano innocenti. Ma se immaginassimo che si tratta di Gengis Khan - un signore della guerra barbaro che ha violentato e ucciso a migliaia - se immaginassimo che è lui ad essere costretto a vivere la vita di milioni di miserabili polli come punizione per i suoi crimini, penseremmo all'allevamento di fabbrica non come una rovina per la società umana, ma come un faro del successo giudiziario umano!Ma quali potrebbero essere queste altre ragioni? Le teodologie tradizionali suggeriscono una serie di ragioni per cui Dio potrebbe permettere la sofferenza: La sofferenza permette ai sofferenti di sviluppare diverse virtù. (Per esempio, il pericolo autentico ci permette di mostrare un vero coraggio). Soffrire con gli altri potrebbe permettere di avere rapporti più profondi con loro nell'aldilà.Il problema è che questi tipi di teodicee sono notoriamente difficili da applicare alla sofferenza degli animali. I polli, ad esempio, sono plausibilmente troppo semplici dal punto di vista cognitivo per sviluppare la virtù nella loro breve e tortuosa vita, e non è nemmeno probabile che sviluppino relazioni significative nelle loro gabbie in modo tale da rendere la loro sofferenza degna di nota nell'aldilà.Ecco quindi la preoccupazione: più sono le teodologie non karmiche che non si applicano alle galline da batteria, più è probabile che le ragioni karmiche siano in gioco, secondo il teismo.In altre parole, se crede nel karma basato sul deserto e non vede come le teodologie non karmiche possano plausibilmente funzionare per i polli allevati in fabbrica, dovrebbe proporzionalmente aumentare la sua fiducia nell'affermazione che l'allevamento in fabbrica è buono, perché è più probabile che i polli vengano geneticamente modificati, scuoiati, impacchettati e macellati perché vengono giustamente puniti.

lunedì 6 marzo 2023

 "Conclusione ripugnante" e diritti degli animali.

Un utilitarista è spinto ad accettare la cosiddetta "conclusione ripugnante", quella tesi per cui il numero dei viventi giustifica la loro bassa qualità della vita. Poiché gli animali che vivono negli allevamenti intensivi non sarebbero mai vissuti, cio' giustifica moralmente le loro pessime condizioni di vita.
Mi sembra rilevante anche per i non-utilitaristi. Applicare la morale utilitarista (solo) agli animali mi sembra un buon compromesso per concedere loro dei diritti.

lunedì 1 ottobre 2018

Insetti

Insetti

L’incubo dell’animalista dovrebbero essere gli insetti, anche loro in fondo sono animali.
Le nostre auto ne uccidono a trilioni ma la cosa sembra lasciarlo indifferente. Anzi, collabora attivamente alla carneficina senza muovere obiezioni morali, quando per una gallina d’allevamento s’ immolerebbe. Il solo camminare di un vegano rischia di mietere vittime ma io non ho mai sentito da lui spendere una parola di formale condanna per aver generato tanta sofferenza nel mondo.
Viene naturale pensare che se anche i più scrupolosi difensori dei diritti degli animali cadono in tali contraddizioni nemmeno loro credano fino in fondo alla causa che professano. Questo che porto non sarà un argomento logico decisivo ma, nell’impasse della diatriba animalista, puo’ essere il fattore decisivo. Un po’ come l’affare dei preti pedofili: sono fatti che non scalfiscono la verità del cattolicesimo ma di fatto infliggono un duro colpo alla Chiesa.
Ma gli insetti soffrono sul serio? Per risolvere l’arcano, di solito, l’animalista si attiene ai dati comportamentali, alla presenza di un sistema nervoso appropriato e al fatto che la sofferenza sia un fattore utile all’evoluzione di quella creatura. Gli insetti sembrerebbero avere i tre i requisiti richiesti. Forse il loro sistema nervoso con è esattamente quello di una vacca ma la cosa è compensata dal numero delle vittime (vogliamo dire che 1000 insetti valgono una vacca?).
Se anche ci fossero dubbi in merito alla sofferenza dell’insetto la cosa sembrerebbe irrilevante poiché l’animalista è un cultore del principio di precauzione, e in caso di dubbio è tenuto ad astenersi.
A noi anti-animalisti gli insetti non fanno né caldo né freddo, da questo punto di vista siamo a posto con la nostra coscienza. Tu, animalista, mi accusi di non dar troppo peso all’intelligenza delle galline, e io ho gioco facile nell’accusarti di non darne all’intelligenza dell’insetto.
L’animalista puo’ sempre svicolare dicendo che considera microscopica l’intelligenza di un insetto rispetto a quella di una gallina, talmente microscopica che non puo’ essere compensata nemmeno dal numero più elevato di vittime, ma così facendo si mette nella condizione ideale per comprendere quel che dico quando sostengo che l’intelligenza di una gallina è microscopica rispetto a quella dell’uomo, talmente microscopica da essere praticamente irrilevante in termini di sofferenza.
A questo punto, però, ho posto un legame tra intelligenza, sofferenza e doveri morali e l’animalista avveduto potrebbe pormi l’ imbarazzante quesito che segue:
Supponiamo che tu pensi che la sofferenza degli animali non abbia importanza perché gli animali mancano di capacità cognitive sofisticate, intelligenza, ragionamento astratto e così via. Ora immagina di sapere che perderai presto e per sempre quelle capacità. Hai un tumore al cervello che ti renderà stupido, ti impedirà di cogliere concetti minimamente complessi, le essenze universali o qualsiasi altra cosa che nemmeno un animale puo’ comprendere. Domanda: una volta che questo accadrà potrò torturarti? Trovi che sia corretto per me  farlo? Non ti preoccupare, sarai stupido, quindi niente di tutto ciò ti infliggerà sofferenze.
Effettivamente la cosa è imbarazzante: se rispondo di sì, tutto ok. Ma io voglio rispondere di no! Purtroppo, se lo faccio, indirettamente supporto i diritti degli animali: creature ritenute dai più talmente stupide da poter essere torturate e uccise.
Il fatto è che per me un uomo non andrebbe mai torturato, anche se trattasi di un ritardato mentale. Per questo sono in imbarazzo: da un lato vorrei rispondere no, dall’altro non posso negare la rilevanza dell’intelligenza in tutto questo affare.
Fortunatamente questo imbarazzo lo conosce bene anche l’animalista quando si ritrova ad affrontare la questione degli insetti: come stabilire le specie animali da proteggere attribuendo loro dei diritti? La PETA (People for Ethical Treatment of Animals), per esempio, ipotizza due vie: 1) o tiriamo una riga netta nelle specie ordinate gerarchicamente per complessità dei sistemi nervosi o 2) postuliamo una scalacontinua nella capacità di sentire il dolore stabilendo poi caso per caso il comportamento moralmente idoneo. La prima via è necessariamente arbitraria, la seconda implica trattamenti differenziati all’interno della stessa specie animale. Pensiamo al trattamento differenziato tra gli uomini: alcuni soggetti possono essere torturati in quanto più stupidi, altri no. E’ una situazione ripugnante! Per questo la tradizione utilizza il metodo della “riga” che, per quanto arbitrario, evita il razzismo inter-specie. Ora, così come la tradizione ha tirato una riga tra l’uomo e gli altri animali, vegani e vegetariani sembrano averla tirata giusto sopra gli insetti. Perché mai dovremmo passare da un arbitrio all’altro? Perché anziché passare da arbitrio ad arbitrio non ci uniformiamo alla tradizione restando fedeli alla vecchia “riga” sulla quale abbiamo fondato la nostra civiltà?
Gli insetti dipinti in anamorfosi dall’artista di strada Odeith
P.S. Mike Huemer ha in cantiere un libro per rispondere all’obiezione degli insetti originariamente sollevata da Bryan Caplan. E’ da lui che ho tratto l’ “imbarazzante questi” di cui sopra.

lunedì 9 luglio 2018

ANIMALISTI ALLO SPECCHIO

ANIMALISTI ALLO SPECCHIO
=> Molti insetti, tra cui le formiche, superano il “mirror test” (auto-riconoscimento allo specchio) dimostrando di avere buone capacità cognitive…
=> chi ha capacità cognitive ha anche capacità di soffrire…
=> la sofferenza va sempre minimizzata…
=> eppure salvaguardare gli insetti ripugna al nostro buon senso…
=> gli animalisti stessi non sembrano preoccuparsi della loro sorte…
=> con il loro comportamento verso gli insetti sono i primi a dimostrare di non credere a cio’ che dicono…
=> la visione degli animalisti è falsa.
Non si tratta di un argomento logico, se fosse presentato come tale conterrebbe un’evidente fallacia ad hominem. E’ però un buon argomento pratico: quando una questione è controversa la parte che non si attiene a quanto dice probabilmente ha torto.

ANIMALCOGNITION.ORG
A comprehensive list of animals that have passed the mirror test, plus information about the mirror test and its significance in animal cognition research.

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martedì 27 febbraio 2018

IL PESO DELLA BESTIA

La morale puo' essere pesata?
Sì, ci sono insetti troppo pesanti per essere uccisi senza rimorsi.

Uscirà, sarà un passante, osserverà i dettagli minimi, gli oggetti nelle strade, gli stratocumuli sopra le case tracciare segni senza significato. Ciò che siete non è reale. Ciò che siete vi oltrepassa a ogni istante.La pura superficie intreccia, in un’archite...
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mercoledì 21 febbraio 2018

La continuità bestiale

Il rischio di conferire troppa dignità all’animale è quello di toglierla ad alcuni gruppi umani.
Esempio, se l’animale diventa una sorta proto-proto-proto-uomo, si rendono disponibili le categorie di proto-proto-uomo e proto-uomo. Chi ci mettiamo lì dentro? I neri? Gli ebrei? Gli zingari?
la netta separazione uomo/animale garantisce un’appartenenza che il continum mette a rischio.
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