Se mi chiedessero quale invenzione ha contribuito di più all’avanzamento dell’umanità risponderei il denaro.
Ma più che il denaro la finanza.
Dove saremmo oggi senza finanza?
Purtroppo la finanza non gode di grande reputazione, è vista come un oggetto astratto, un intrico matematico che attira la nostra attenzione per la sua intrinseca instabilità. Sembra diventato il simbolo di tutti gli eccessi.
Ma la finanza ha avuto un ruolo chiave nella nascita delle prime città, nella fondazione degli imperi, nelle esplorazioni della terra.
La scrittura è stata inventata nell’antico medio oriente per vergare contratti finanziari.
I problemi finanziari stimolarono lo sviluppo di scrittura, logaritmi, calcolo infinitesimale, contabilità, registrazioni e analisi del rischio.
La finanza ci ha consentito di esplorare i misteri del rischio, a volte di domarlo (anche se spesso ci siamo scottati).
La finanza ci ha consentito di esplorare i limiti della conoscenza e di formalizzarla nei calcoli dell’errore (forchetta).
Nell’epoca d’oro dell’antica Atene si discuteva più di finanza che di filosofia.
La leggendaria ricchezza di Roma non avrebbe potuto sostenersi senza un’adeguata sovrastruttura finanziaria.
La civiltà cinese sviluppò una sua tradizione finanziaria che consentì ai governanti di mantenere coeso il paese.
In Europa una finanza particolarmente sofisticata stimolò viaggi e scoperte che ancora studiamo nei libri di storia. Il contratto di Colombo con la corona spagnola era particolarmente complesso e gli garantiva il 10% degli introiti sui traffici con le indie, oltre che un’opzione per sottoscrivere 1/8 del capitale di qualsiasi società che si sarebbe dedicata a commerciare sulla rotta eventualmente aperta. Non sarebbe mai partito senza simili garanzie.
I nostri commercianti facevano affari con popoli lontani e per garantire le loro pretese ricorsero a ingegnosi strumenti finanziari che fecero riconoscere all’autorità politica. I viaggi erano lunghi e richiedevano tempo, la finanza metteva a disposizione una perfetta macchina del tempo.
La finanza, come è facile prevedere, ebbe un ruolo preminente anche nella rivoluzione industriale.
Nei secoli più recenti la finanza ha reso più democratico il mondo degli investimenti e ha portato soluzioni nuove ai problemi sociali: pensioni, fondi sovrani e risparmio personale.
I casini della finanza non sono mancati: debiti eccessivi, bolle, frodi, imperialismo, diseguaglianze… Ma il saldo probabilmente è positivo. Una cosa è certa: quando la finanza funziona non ne senti parlare, quando s’inceppa non senti parlare d’altro. Questa asimmetria distorce i giudizi fondati sul sentito dire.
Molte responsabilità della finanza sono da ripartire con i regolatori della finanza. Questi ultimi, nella loro voglia di ingessare il sistema mettono limiti che gli operatori tentano di aggirare con strumenti innovativi. Tutto si trasforma in una lotta tra regolatori e regolati con le leggi che inseguono vanamente l’innovazione, e spesso il finale non è affatto bello. Anche nell’ultima crisi questa dinamica si è realizzata: cos’erano quella spericolata congerie di strani titoli assicurativi se non il tentativo di eludere legalmente i dettagliati adempimenti richiesti dal legislatore?
Come ogni tecnologia la finanza non è buona o cattiva in sè, ma la possibilità di muovere la ricchezza nel tempo ha cambiato le nostre vite. E le ha cambiate in meglio.
Il miracolo del “mutuo” non viene colto da chi è abituato a conviverci. Con un simile strumento possiamo veder materializzata all’istante una ricchezza che ancora non possediamo.
Lo stesso dicasi per le pensioni: posso comprarmi oggi la sicurezza di domani. E’ un gran privilegio che non tutti apprezzano a dovere.
La finanza ha consentito all’uomo di ridurre i rischi che si prende distribuendoli nel tempo.
Una volta produrre ricchezza e conservare ricchezza erano problemi altrettanto scottanti. Oggi la maggior parte di noi puo’ concentrarsi solo sul primo. Anche recentemente governanti inaffidabili hanno prolungato incubi passati: ricordo mio padre che lavorava fino alle tre del pomeriggio per poi studiare come salvare dall’inflazione quel che aveva guadagnato. Oggi a noi una robaa del genere sembra assurda.
Nella sostanza la tecnologia finanziaria ci regala la cosa più vicina a quella “macchina del tempo” che abbiamo sempre sognato.
Allo stesso momento ha cambiato il nostro modo di pensare: ora vediamo al futuro con la lente probabilistica. E’ un modo innaturale per noi ma molto più razionale. Abbiamo appreso il concetto di rischio, un concetto contro-intuitivo col quale pasticciamo ancora molto ma anche un concetto estremamente utile.
La finanza ci pone di fronte a questioni morali un tempo meno sentite: come regolarsi nel rapporto inter-generazionale? Potendo viaggiare nel tempo possiamo in qualche modo visitare anche i nostri pronipoti. Possiamo trasferire loro più o meno ricchezza. Possiamo trasferire loro più o meno rischio.
Ma la finanza valorizza anche l’intelligenza e l’impegno: chi ha un’idea puo’ di fatto usare i capitali di terzi e iniziare un’impresa. In questo senso la finanza distribuisce la ricchezza e ampia la democrazia delle opportunità.
La complessità della finanza ci intimorisce, ma allo stesso tempo moltiplica i contratti possibili e fa sì che ognuno trovi quello più adatto alla sua sensibilità e ai suoi gusti.
La finanza consente al consumatore di ridurre i suoi rischi: non deve più temere spese improvvise a cui non puo’ far fronte. Con la finanza tutti noi abbiamo un ammortizzatore per le emergenze. Questo anche se molti vedono i prestiti al consumo come qualcosa che sfrutta e induce a comportamenti disperati.
Chi si lamenta del consumismo dovrebbe apprezzare i servigi della finanza, è grazie a quelli che riceve un premio chi ritarda la sua gratificazione mettendo un freno alla sua ingordigia.
La finanza affronta di petto il problema demografico: se la popolazione diminuisce e l’aspettativa di vita aumenta, il cuscinetto offerto dalla programmazione finanziaria diventa indispensabile. la finanza ci permette di calibrare l’intermediazione tra vecchi e giovani.
La finanza influenza la nostra cultura. Questa capacità di trascendere il tempo ce la fa apparire come una mera astrazione. A lungo il fatto di essere poco comprensibile l’ha resa temibile e oggetto di scomuniche. Le società della storia hanno fatto fatica a collocarla moralmente visto che elargisce sia la possibilità del successo che quella della rovina.
In passato la nostra macchina del tempo è stata la famiglia: facendo figli ci si gravava di un onere oggi per avere un beneficio domani. Poiché tutto cio’ non era “contrattualizzabile” si agiva creando relazioni affettive.
La finanza ha corroborato e migliorato questi meccanismi tradizionali, per qualcuno li ha anche spiazzati guadagnandosi così l’odio di chi rimpiange le tradizioni.
D’altro canto il mondo della cultura ha da sempre preso di mira la finanza, specie nei momenti di crisi. Questo è vero sin dai tempi dei babilonesi.
Nell’Inghilterra del 700 il mondo delle borse subì un duro attacco poiché consentiva alle donne di “far soldi”. Oggi simili argomenti ci suonano curiosi.
Ma la finanza, come detto, attiva un dinamismo sociale che puo’ destabilizzare i poteri forti, cosicché sono spesso le élites a metterla nel mirino. Da qui le leggi anti-usura e le leggi anti-bolle. Chi fa le leggi non è certo un “debole”.
Nella storia non esiste e non è concepibile una civiltà avanzata priva di una finanza sofisticata.
Le civiltà avanzate garantiscono il bene della fiducia che consente l’interazione anonima e nell’interazione anonima la finanza sguazza.
Ma le grandi civiltà sanno affrontare i cambiamenti dimostrandosi particolarmente flessibili: e una simile virtù difficilmente potrebbe venire alla luce senza una finanza che redistribuisca i pesi.