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mercoledì 17 luglio 2024

verità è naturalismo

Il naturalista si ammutolisce quasi subito, non riesce nemmeno a dire di aver ragione!

Il monista, per esempio il naturalista, puo' muoversi solo in una dimensione, rinunciando a concetti come "realtà" e "verità". Forse il naturalista, non disponendo delle virgolette, non dispone nemmeno di una semantica compiuta. Se questo è vero, non riesce nemmeno a dire di aver ragione:

1) Tutti i fatti completamente riducibili alla prima dimensione (per esempio alla fisica) sono fatti del primo ordine.

2) I fatti sulla nostra affidabilità epistemica sono fatti sulla verità.

3) I fatti sulla verità non sono mai completamente riducibili a fatti del primo ordine.

4) Pertanto, nessuna spiegazione completa della nostra affidabilità epistemica è completamente riducibile alla fisica.

La terza premessa deriva dal Teorema dell'Indefinibilità della Verità di Tarski, quello per cui "la neve è bianca" è vero se la neve è bianca.

La verità non sembra una proprietà naturale, quindi il naturalista si preclude di parlarne: Tutte le proprietà naturali sono di primo ordine. La verità non è una proprietà di primo ordine. Quindi la verità non è una proprietà naturale. Quindi il naturalismo semantico non è vero. Ma forse esistono verità di primo ordine ma sono modeste, forse non si puo' parlare nemmeno di "menti": le menti rappresentano il mondo, ecc., e parlare di rappresentazione è almeno a prima vista non di primo ordine.

Con questo non voglio criticare il naturalismo o altri monismi, dico solo che abbracciare queste posizioni è un po' come dire addio alla filosofia, al realismo e ai discorsi sulla verità. Conta solo cio' che "funziona", che "conviene", che "serve", ovvero cio' che appare come evidenza che non richiede parole. E' bene che si sappia e che lo sappia visto che ho imboccato questa strada.

https://alexanderpruss.blogspot.com/2024/07/the-explanation-of-our-reliability-is.html

Tutti i fatti completamente riducibili alla fisica sono fatti del primo ordine.

Tutti i fatti completamente spiegati da fatti del primo ordine sono essi stessi completamente riducibili a fatti del primo ordine.

I fatti sulla nostra affidabilità epistemica sono fatti sulla verità.

I fatti sulla verità non sono completamente riducibili a fatti del primo ordine.

Pertanto, nessuna spiegazione completa della nostra affidabilità epistemica è completamente riducibile alla fisica.

Questa è una variante dell'argomento evolutivo di Plantinga contro il naturalismo.

La premessa (4) deriva dal Teorema dell'Indefinibilità della Verità di Tarski.

L'unica premessa dell'argomento di cui non sono sicuro (2). Ma sembra corretta.

*************

http://alexanderpruss.blogspot.com/2024/07/first-order-naturalism.html

In un bel paper , Leon Porter dimostra che il naturalismo semantico è falso. Un modo per esprimere l'argomento è il seguente:

  1. Se il naturalismo semantico è vero, la verità è una proprietà naturale.

  2. Tutte le proprietà naturali sono di primo ordine.

  3. La verità non è una proprietà di primo ordine.

  4. Quindi la verità non è una proprietà naturale.

  5. Quindi il naturalismo semantico non è vero.

Si può dimostrare (3) utilizzando il paradosso del bugiardo o semplicemente prenderlo come il risultato del teorema di indefinibilità della verità di Tarski.

Naturalmente il naturalismo implica il naturalismo semantico, quindi l'argomento confuta il naturalismo.

Ma oggi, parlando con Bryan Reece, mi è venuto in mente che forse si potrebbe avere una versione più debole del naturalismo, che potremmo chiamare naturalismo di primo ordine, secondo il quale tutte le verità di primo ordine sono verità naturali.

Il naturalismo di primo ordine sfugge all'argomentazione di Porter. È un naturalismo piuttosto limitato, ma ha una certa forza. Implica, ad esempio, che Zeus non esista. Perché se Zeus esiste, allora che Zeus esista è una verità di primo ordine che non è naturale.

Il naturalismo di primo ordine è una tesi naturalistica curiosamente modesta. È interessante riflettere sui suoi limiti. Uno che mi viene in mente è che non sembra includere il naturalismo sulle menti, poiché non sembra possibile caratterizzare le menti nel linguaggio di primo ordine (le menti rappresentano il mondo, ecc., e parlare di rappresentazione è almeno a prima vista non di primo ordine).

lunedì 29 gennaio 2018

EAAN

Supponi che non ci sia un’intelligenza creatrice dell’universo. In questo caso, nessuno avrebbe progettato il mio cervello al fine di pensare. Il pensiero sarebbe solo un prodotto collaterale dell’evoluzione materiale. Ma, se fosse davvero così, come potrei mai credere che i miei pensieri sono veri? E’ questo che rende inaffidabile l’ipotesi atea: se non credo in Dio non posso credere in me stesso, nemmeno quando confuto l’esistenza di Dio.

L’argomento sembra buono per certi atei, un po’ meno per altri. Ma anche a quest’ultimi viene richiesto un atto di fede sul ruolo positivo della verità nella sopravvivenza del più adatto.

I was just teaching Descartes, and we covered his view that atheists lack knowledge of the external world (and perhaps even of mathematics). That's because, unless you believe in God, you have no reason to believe that clear & distinct perceptions are true, etc.
This is very similar to Plantinga's argument against "Naturalism", in which Plantinga maintains that, in the absence of God, there's no reason to think that evolution would have designed us with reliable cognitive faculties (https://en.wikipedia.org/…/Evolutionary_argument_against_na…). From here, the theist might say either:
a. This shows that evolutionary naturalism is self-defeating, and therefore it rationally must be rejected. Or:
b. Given the fact that our faculties are reliable, theism just provides the best explanation, so that is evidence for theism.
What is wrong with this argument? I have several thoughts, but I’ll just emphasize one for now: getting adaptive behavior through false beliefs is not nearly as easy as Plantinga thinks. He imagines a case in which you see a tiger, and the adaptive behavior is to run away. This could be brought about by a desire to avoid being eaten + a belief that running away would prevent being eaten. Or it could be brought about equally well by a desire to be eaten + a belief that running away will help you be eaten. (Simplifying.)
Now, this might be fine if the only question the agent forms beliefs on is how to get eaten, and the only decision the agent ever makes is to run away or not run away from that tiger. But if there are other issues and decisions, then the person will need a belief system that is *extendable*: they will have to have a cognitive faculty that produces beliefs that not only are adaptive, but also will continue to be adaptive as more beliefs are added by that same mechanism.
One way of achieving this is to start from true beliefs, and to make valid (or at least highly cogent) inferences. Then you’ll get more true beliefs.
It is far from clear what the alternative mechanism might be. It mustn’t produce beliefs randomly, since then adaptive behavior would be rare. So one must try to think of a systematic mechanism that, when confronted with the sort of evidence we actually have, produces the belief “running away from tigers helps you get eaten by them”, and also continues to produce adaptive behavior as a wide range of different, largely unpredictable things happen to the agent. That’s really hard.
Ex.: If the person thinks that running from a tiger helps you get eaten, then when he himself is trying to catch an animal to eat it, will he also try to ensure that the animal runs away? Tell me the systematic mechanism that makes things work out in these and other situations.
I think this is the best response to Plantinga, because it’s the response that is most illuminating about how the system actually works, and why we actually have reliable faculties.
(I got something like this from Christopher Stephens,http://faculty.arts.ubc.ca/…/C.%20Stephens%20Selectively%20…)
The evolutionary argument against naturalism (EAAN) is a philosophical argument asserting a problem with believing both evolution and philosophical naturalism simultaneously. The argument was first proposed by Alvin Plantinga in 1993 and "raises issues of interest to epistemologists, philosophers of...
EN.WIKIPEDIA.ORG

GREATEST CHRISTIAN APOLOGIST OF THE 20TH CENTURYThe tutor of Ulster Irishman C.S. ‘Jack’ Lewis said the boy at 15 had original literary judgment and he was the best translator of Classics he had ever known. Yet four years later, in 1919,…
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martedì 9 gennaio 2018

1. Neo-natura SUNTO

Oscar Wilde. La natura è quella cosa in cui svolazzano uccellini crudi. Per tutto nato il mito tua visita natura uomo. Un Oscar Wilde finalmente convenzionale. Il mito della separazione. Nonostante Darwin è Wallace persiste.
Essere conservazionisti significa fare del bene alla natura. Come se l'uomo potesse fare del male. Anche la coscienza tratta uomo come fattore esterno.
Paradosso. dire che l'uomo minaccia la natura È come dire che la natura minaccia se stessa
La natura ha sempre subito estinzioni. Dinamica di quella attuale non è differente.
A che punto del suo sviluppo l'uomo ha smesso di far parte della natura? Forse ogni specie è speciale per se stessa.
Incidiamo sulla natura estinguendo altre specie. Ma anche viaggiando e facendo viaggiare altre specie. Incidiamo con il nostro impatto sul territorio. L'uomo è un agente dispersivo. Digitiamo cambiando il clima del pianeta.
Il nostro impatto non è la distruzione della natura ma una nuova natura. Una nuova flora. Fatta di microbi, invertebrati, una nuovo ecosistema.
I cambiamenti del passato non sono molto diversi da quelli causati dall'uomo oggi. Continuiamo una sequenza infinita di cambiamenti. Il contributo umano e quello non umano sono scindibili.
Esiste al mondo un posto in cui la natura si è prepotentemente ripreso i suoi diritti sull'uomo? Esiste un posto l'ecologista tipico, ovvero un odiatore di uomini, può auspicare come un prodromo? Sì chernobyl. 2600 km quadrati in Ucraina e2100 in bielorussia. Falconi, lucertole, roditori, cavallette, bisonte europeo, doppie, orsi e lupi. Non c'è stata una restaurazione bensì di Avvento di una nuova natura.
Da 10000 anni l'uomo altera l'ecosistema in cui vive. Nessuna novità. Per la natura un bilancio in pareggio. Si perde e si guadagna. VoleteSalvaguardare la natura? Salvaguardate  il dinamismo. Troppo spesso agiamo come se la natura fosse una fotografia, un dipinto.
Pensiamo all' antropocene come a un punto di partenza per una nuova natura.

sabato 1 ottobre 2011

Un venditore onesto

William Lane Craig – On guard

Lo so, un cristiano con la spada sguainata e sempre in posizione di “guardia” non fa una bella impressione dalle nostre parti. Un evangelico tutto sillogismi, Bibbia e amido, non è certo fatto per accattivarsi le scettiche platee accademiche. Quando, invitato controvoglia, mette piede negli atenei europei, il suo sorriso smagliante da venditore d’ auto usate, non attira certo l’ approvazione dei grandi miopi nostrani.

Alla fin fine però bisogna ammetterlo, pochi filosofi combattono con il coltello tra i denti come William Lane Craig.

Povero cristo, gira le Università di mezzo mondo per difendere con verve nientemeno che la “causa di Dio”.

Sono dibattiti impegnativi quelli che vertono su fede e ragione, soprattutto perché non ho in mente uno spazio pieno di tonache come il Cortile dei Gentili del rassicurante ravasi, ho in mente Università secolarizzate con il ddt (praticamente il tempio del Demonio).

Soprattutto in questi tempi di new-atheism irridente, ci vuole un bel coraggio per non tirarsi indietro. Ma con il cow-boy William Lane Craig questo rischio non si corre: quando fiuta la presenza dell’ ateo-razionalista si illumina e comincia a zompettare tutto intorno come un’ unità cinofila in cerca del manicotto.

Si corre piuttosto il rischio contrario, ovvero che lo “smart” di turno declini e non si presenti.

Forte di un’ esperienza decennale, Craig, nella sua vecchiaia di quarantenne, ha ora scritto un’ apologetica per parare i colpi dell’ infedele. Ma perché farlo? perché impegnarsi così a fondo in una difesa razionale di Dio?

Innanzitutto, parole sue, è un impegno che rafforza la fede; poi, contribuisce a creare un ambiente culturale in cui il cristiano possa sentirsi a suo agio. Oggi i cristiani si aggirano per le università con la circospezione di chi ha appena strozzato il proprio gatto, e non hanno certo bisogno che il gallo canti per rinnegare solennemente la loro appartenenza; di sicuro è così in Europa, e nelle università è ancora più vero.

Da ultimo serve come opera di conversione. D’ istinto si dubita sul potere della ragione nelle scelte di fede, ma basta guardare alla storia per capire che la cosa puo’ succedere. C. S. Lewis era un ateo e si è convertito al cristianesimo “ragionando” su Dio. Considerata la potenza dei servigi successivamente resi alla causa, basterebbe anche solo quell’ unico caso. Basterebbe per beatificare chi ha “ragionato” nei modi opportuni con lui di Dio.

Insomma… dal cervello, grandi ali…

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Dopo i concisi preliminari, Craig attacca la solfa chiedendosi se un mondo senza Dio sarebbe differente.

Certo che lo sarebbe, si risponde. Sarebbe un mondo assurdo. Un mondo in cui siamo autorizzati a ogni misfatto.

Il matematico russo Andrei Grib disse che la passione religiosa post-muro dei suoi connazionali era dovuta al fatto che avevano vissuto sulla loro pelle una “dimostrazione per assurdo” dell’ esistenza di Dio.

Cerchiamo di non equivocare, nessuno vuole dire che l’ ateo sia un delinquente che vive “al di là del bene e del male”, si vuole solo dire che quando non lo fa è incoerente.

Molti, poi, non si sentono minimamente toccati da un simile rilievo, ma un ateo sedicente razionalista potrebbe anche esserlo.

Sartre e Camus erano dei buoni atei, infatti credevano che “vivere” fosse assurdo. Per loro il “suicidio” era la questione centrale della filosofia.

Anche Nietzsche, togliendo ogni valenza ai comandi morali, si dimostrò un fulgido esempio per l’ aspirante ateo.

Oggi molti atei ci appaiono come noiosi moralisti, l’ immoralità ostentata, a quanto pare, non giova alla causa, meglio allora sacrificarla sull’ altare della coerenza.

Meglio per il “mondo”, ma peggio per il loro pensiero (e per i dibattiti che dovranno affrontare con il dott. Craig che li aspetta al varco).

Fin qui solo preamboli, nei capitoli successivi si passa al piatto forte. Il dott. Craig, infatti, ha un debole per la prova cosmologica dell’ esistenza di Dio, specie nella versione Leibniziana. Ricordate? L’ esistenza di ogni cosa o è necessaria o si spiega con una causa; poiché l’ esistenza dell’ universo non è necessaria dobbiamo spiegarla con una causa necessaria (che ovviamente chiamiamo Dio).

Ottimo, senonché dopo qualche secolo qualcuno ha obiettato a sorpresa che l’ esistenza dell’ universo potesse essere necessaria. “Necessaria”, che linguaggio “antico” e incomprensibile. Per capirci meglio potremmo dire che l’ universo è lì da sempre, non ha una “causa”, non è mai stato creato.

Sono appena stato al bar e posso dire che proprio oggi esce il libro di Roger Penrose in cui l’ insigne matematico sostiene una teoria ciclica dell’ universo. Trattasi di teorie eterodosse, ma è solo un caso tra i tanti di universo pensato come “eterno”.

Ma contro l’ “universo eterno” Craig assesta la sua stoccata, ovvero l’ argomento di Kalam. E’ un prestito richiesto ai mussulmani dell’ antichità (in questo frangente vige una “Santa alleanza” contro l’ infedele).

In effetti “Dio”, come spiegazione, potrebbe essere accantonato e sostituito con una serie di cause che, “regredendo all’ infinito”, rendano eterno l’ universo (ciclico o non ciclico poco importa). Pensare il concetto di “infinito” non crea problemi, cosa c’ è di più semplice? Anche pensare una serie infinita di numeri è facile (ricordo che giocavamo con questi concetti a 10 anni). Invece, pensare una collezione infinita di oggetti materiali è un gran casino. Ma l’ universo infinito ed eterno è proprio quello: una collezione infinita di oggetti materiali.

A prima vista ci si chiede dove siano tutti questi problemi. Eppure ci sono, e possiamo dare loro il nome di paradossi.

Un modo per illustrarli velocemente è quello di pensare all’ Hotel di Hilbert: un Hotel con un numero infinito di camere (correte pure su wikipedia). Ammettiamo che sia “completo” e voi piombate alla reception chiedendo una camera. Vi verrà cortesemente risposto che l’ Hotel è pieno e che quindi verrà subito il ragazzo ad accompagnarvi nella stanza 1, che è libera. Non preoccupatevi, tutto è sotto controllo, nel mondo degli oggetti infiniti funziona così. Per liberare una camera basterà infatti spostare nella 2 l’ ospite della 1 e via così per tutti gli altri ospiti. Facile.

E’ paradossale che ci siano camere libere in un Hotel “completo”, invece ce n’ è a iosa, non solo per voi ma anche per i vostri amici. E non conta se ne avete un’ infinità!

Attenzione, cio’ che è paradossale non è impossibile. Queste storielle non “dimostrano” che immaginare un universo infinito sia impossibile o contraddittorio, dimostrano solo che è problematico poiché i paradossi spuntano da ogni parte: portando all’ attenzione il caso dell’ hotel di Hilbert abbiamo solo iniziato a enumerarli.

Quindi? quindi chiediamoci: a parità di contenuto veritativo, meglio una spiegazione piana (come quella offerta dal concetto di “Dio”) o una spiegazione che genera paradossi a go go (come quella offerta dal concetto di “universo infinito”)?

Craig consiglia caldamente di non fare i cretini e prendere esempio dagli scienziati i quali, in casi analoghi, optano per la soluzione più semplice.

Quel che segue non è farina del sacco/Craig, ma è sempre un buon ripasso.

Si passa infatti alla prova teleologica, il filosofo di riferimento è l’ ateo John Leslie. Come mai esiste questo universo e non un altro? Necessità, coincidenza o disegno?

Pensare di aver vinto la lotteria puo’ essere una spiegazione ma, ammettiamolo, ci lascia decisamente insoddisfatti. La “necessità”, d’ altro canto, richiede di ipotizzare che esistano infiniti i “many worlds”: se i mondi sono infiniti è necessario che esista anche il nostro. Il fatto è che l’ ipotesi “many worlds” puzza terribilmente di ipotesi fatta ad hoc. Non resta che il Disegno.

E’ qui che mette becco Dawkins chiedendo: chi ha disegnato il disegnatore (The God Delusion)?

Craig glielo chiude facendo notare che per individuare la spiegazione migliore non ha senso pretendere la spiegazione della spiegazione, in caso contrario non conosceremo mai niente.

[… se degli archeologi rinvengono dei manufatti ipotizzano una presenza umana piuttosto che una particolare sedimentazione… e questo a prescindere dall’ esistenza o meno di argomenti validi a giustificare quella presenza in quel posto…]

“Dio” oltretutto è un concetto semplice: essendo una mente senza corpo non consiste nemmeno in parti che si articolano tra loro. E quindi è anche una spiegazione semplice. E’ sempre un affare produttivo spiegare qualcosa di complesso con qualcosa di semplice. E pensare che Dawkins ritenva Dio qualcosa di “complicatissimo”. Evidentemente confondeva la mente con i suoi pensieri. In questo genere di considerazioni affidatevi al filosofo oxionense Richard Swinbourne.

Si passa all’ argomento morale: no-dio / no-morale / no-party.

Ma non è detto che i senza dio debbano rinunciare al party, delle alternative ci sono: il relativismo (la morale è una mera convenzione) e il naturalismo (i valori sono plasmati dall’ evoluzione).

Ma ci sono anche le confutazioni, e qui si sguinzagliano due rabbiosi cani da caccia.

Nel 1985 David Stove ha premiato l’ argomento alla base del relativismo come “Worst Argument in the World” (un po’ l’ IG Nobel della filosofia). In quell’ occasione si è esibito in… “satiriche confutazioni” poiché non riteneva molto professionale restare seri.

Della seconda alternativa si occupa invece il meticoloso Alvin Plantinga nel devastante Naturalism defeated. E noi non abbiamo niente da aggiungere.

A questo punto Craig comincia a parlare di Gesù, del perché e del percome sia lui il vero Dio, ma io scendo qui. Penso che la ragione ci ha portato già lontano, meglio non abusarne.