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mercoledì 20 settembre 2017

Quelle che se la vanno a cercare…

Quelle che se la vanno a cercare…

Lo studio della violenza carnale è dominato da un imperativo morale: ridurne la frequenza.
Eppure il pragmatismo sembra spesso cedere all’ideologia di turno.
Nella vita intellettuale moderna l’imperativo morale prevalente nell’analisi di questo fenomeno consiste nel proclamare che la violenza carnale non ha nulla a che vedere con la sessualità quanto piuttosto con una “cultura del possesso” che vittimizzerebbe le donne. Le donne sono un possesso dell’uomo da usare a piacimento come fossero oggetti.
Per molti  “… lo stupro è un abuso di potere e di dominio in cui lo stupratore tende a umiliare, coprire di vergogna la vittima…”.
Oppure: “lo stupro non c’entra con il sesso; c’entra con la violenza e con l’uso del sesso per esercitare il potere e il dominio. … La violenza in famiglia e l’aggressione sessuale sono manifestazioni delle stesse potenti forze sociali: il sessismo e l’esaltazione della violenza”.
Questa la visione politically correct.
La teoria ufficiale dello stupro ha origine in “Contro la nostra volontà”, un importante libro scritto nel 1975 da Susan Brownmiller, femminista di genere, secondo la quale gli uomini sono socialmente condizionati da una cultura patriarcale.
E in effetti fino agli anni Settanta il sistema giuridico e la cultura di massa affrontavano lo stupro prestando ben poca attenzione agli interessi delle donne. Le vittime, se non volevano essere giudicate consenzienti, dovevano dimostrare di avere opposto resistenza all’aggressore fino a rischiare la vita. Il loro modo di vestire era considerato un’attenuante per l’imputato, come se gli uomini, a veder passare una bella donna, non fossero in grado di controllarsi. Un’attenuante erano considerati anche i trascorsi sessuali della donna. Nei processi per stupro si esigevano elementi di prova, come la conferma di testimoni oculari, non richiesti per altri crimini violenti.
Ma nella sua teoria la Brownmiller sosteneva che lo stupro non ha nulla a che vedere con il desiderio sessuale degli uomini, ma è una tattica tramite la quale l’intero genere maschile opprime l’intero genere femminile.
E da qui nacque il moderno catechismo: lo stupro non c’entra con il sesso, la nostra cultura sociale condiziona gli uomini a stuprare.
Nel corso degli anni sessanta si è diffusa fra le persone colte l’idea che si deve pensare alla sessualità come a qualcosa di naturale, non di vergognoso o sporco, e poiché lo stupro non è buono, non c’entra nulla con il sesso.
Ma che lo stupro abbia qualcosa a che vedere con la violenza non significa che non abbia nulla a che vedere con il sesso. I malvagi possono usare violenza per ottenere sesso esattamente come usano violenza per ottenere altre cose che desiderano.
Pensiamoci meglio la questione.
Primo dato di fatto sotto gli occhi di tutti: accade spesso che un uomo voglia fare l’amore con una donna che non vuole fare l’amore con lui. E, in questo caso, usa ogni tattica a disposizione degli esseri umani per influire sul comportamento altrui: corteggiare, sedurre, adulare, raggirare, tenere il broncio, pagare.
Secondo dato di fatto evidente: alcuni uomini ricorrono alla violenza per avere quello che vogliono, senza curarsi delle sofferenze che provocano.
Sarebbe straordinario, in contraddizione con tutto ciò che sappiamo degli uomini, che nessuno ricorresse alla violenza per ottenere un rapporto sessuale.
Ora applichiamo il buon senso alla dottrina che vuole che gli uomini si diano allo stupro per gli interessi del genere cui appartengono.
In una società tradizionale costui rischia la tortura, la mutilazione e la morte per mano dei parenti della vittima. Nella società moderna rischia di passare un sacco di tempo in prigione. Davvero gli stupratori, nell’assumersi questi rischi, si sacrificano altruisticamente per il bene dei miliardi di estranei che compongono il genere maschile?
Gli stupratori sono spesso dei poveracci, persone agli ultimi gradini della scala sociale, mentre i principali beneficiari del patriarcato sono presumibilmente i ricchi e i potenti.
Il fatto è che nella stragrande maggioranza delle epoche e dei luoghi, un uomo che stupra una donna della sua comunità è trattato da rifiuto umano.
Un altro elementare dato di fatto che gli uomini hanno madri, figlie, sorelle e mogli che stanno loro più a cuore di quanto stiano loro a cuore la maggior parte degli altri uomini.
Eppure molte femministe non demordono e fanno notare che fino a epoca recente, nei processi per stupro ai giurati veniva ricordato il monito di Lord Matthew Hale, giurista del diciassettesimo secolo, per cui la testimonianza di una donna va valutata con cautela, perché un’accusa di violenza carnale “è facile da muovere e da essa è difficile difendersi, anche se l’accusato è innocente”.
Ma questa preoccupazione è coerente con la presunzione di innocenza, un cardine del nostro sistema giudiziario, per il quale è preferibile lasciare in libertà dieci colpevoli che mettere in galera un solo innocente.
Ma supponiamo, anche in questo caso, che gli uomini che hanno applicato tale politica allo stupro l’abbiano piegata ai loro interessi collettivi. Se fosse questa la tattica degli uomini, perché, tanto per cominciare, avrebbero dovuto fare della violenza carnale un reato?
Questo il punto della situazione a fine millennio.
Pubblicando nel 2000 A Natural History of Rape, il biologo Randy Thornhill e l’antropologo Craig Palmer hanno incrinato un’unanimità che reggeva quasi incontrastata nel mondo della cultura da un quarto di secolo, e attirato sulla psicologia evoluzionistica più condanne di quanto fosse mai avvenuto.
Nella loro ricerca scientifica sulla violenza carnale e il suo rapporto con la natura umana partivano da un’osservazione base: uno stupro può portare a un concepimento che propagherà i geni dello stupratore, inclusi gli eventuali geni che hanno reso più probabile che divenisse uno stupratore. Quindi la selezione potrebbe non avere operato contro, ma a favore di una psicologia maschile comprendente la capacità di stuprare. Tuttavia, considerati i rischi della lotta con la vittima, della punizione per mano dei suoi parenti e dell’ostracismo da parte della comunità, è improbabile, aggiungevano Thornhill e Palmer, che la violenza carnale sia una strategia di accoppiamento tipica. Ma essa potrebbe essere una tattica opportunistica, che diventa più probabile quando l’uomo è incapace di ottenere il consenso della donna, è emarginato da una comunità.
Lo stupro è la strategia dell’emarginato, non della cultura dominante.
I due studiosi proponevano due teorie alternative a quella che lo vede come un residuo del patriarcato. La prima ipotizza che lo stupro opportunistico potrebbe essere un adattamento darwiniano specificamente favorito dalla selezione. La seconda che potrebbe essere un effetto collaterale di altre due caratteristiche della mente maschile, cioè il desiderio di rapporti sessuali e la capacità di ricorrere a una violenza opportunistica per raggiungere un obiettivo.
Nel complesso la questione resta irrisolta, salvo il fatto che stupro e sesso sono legati a doppio filo. E la “cultura maschile” c’entra ben poco.
In definitiva possiamo ben dire che la maggior parte degli uomini ha la capacità di compiere uno stupro e pensarlo va, casomai, nell’interesse delle donne, perché esorta alla vigilanza nei confronti del marito e di conoscenti, o durante sconvolgimenti sociali.
Questa analisi, paradossalmente, concorda con i dati portati dalla stessa Brownmiller, secondo i quali violenze carnali possono essere commesse in guerra da uomini normali, compresi i “bravi” ragazzi americani in Vietnam.
Si potrebbe persino dire che l’ipotesi di Thornhill e Palmer – porre lo stupro nella sfera della sessualità -fa di essi strani alleati delle più radicali femministe del genere, come Catharine MacKinnon e Andrea Dworkin, per le quali “spesso è difficile distinguere la seduzione dallo stupro. Nella seduzione, spesso il violentatore si prende il disturbo di comprare una bottiglia di vino”.
A Natural History of Rape ha già subìto il peggiore destino possibile per un libro di divulgazione scientifica. Come L’origine dell’uomo e The Bell Curve, è diventato una cartina di tornasole ideologica. Chi vuole dimostrare la propria vicinanza alle vittime di violenza carnale e alle donne in generale ha ormai imparato che deve liquidarlo.
E riguardo all’interrogativo più importante, cioè se fra le motivazioni del violentatore vi sia il desiderio sessuale? Le femministe del genere che lo negano richiamano l’attenzione sugli stupratori che prendono di mira donne anziane e infeconde, su quelli che soffrono di disfunzione sessuale durante lo stupro, su quelli che costringono la donna ad atti sessuali non riproduttivi, e su quelli che usano il preservativo.
Sono argomentazioni non convincenti per due ragioni. Primo, questi esempi riguardano una minoranza di stupratori. Inoltre, casi del genere si presentano anche nei rapporti sessuali consensuali, quindi quell’argomentazione porta all’assurdità per cui la sessualità in sé non avrebbe nulla a che fare con la sessualità.
Infine, un caso particolarmente problematico per la teoria “non è sesso” è quello della violenza carnale durante un appuntamento amoroso. Dobbiamo forse credere che la motivazione dello stupratore sia cambiata di punto in bianco?
Che le motivazioni che spingono allo stupro siano di origine sessuale (e non la voglia di esercitare un dominio) è testimoniato anche da un’impressionante quantità di prove passate in rassegna dallo studioso di diritto Owen Jones.
Ma c’è di più: l’accoppiamento coatto è universalmente diffuso fra le specie nel mondo animale, il che fa pensare che la selezione non lo abbia rigettato.
Inoltre, lo stupro è una pratica universale. Tutte le civiltà lo conoscono. Una coincidenza straordinaria.
Lo stupratore non vuole umiliare, in genere impiega quel tanto di forza necessario per costringere la vittima al rapporto, e le vittime di violenza carnale sono perlopiù negli anni di massima riproduttività per le donne, fra i tredici e i trentacinque. Le vittime di violenza carnale restano più traumatizzate quando c’è il rischio che lo stupro porti a un concepimento.
I violentatori non sono rappresentativi, dal punto di vista demografico, del genere maschile. Sono nella stragrande maggioranza giovani, fra i quali la competitività sessuale raggiunge la massima intensità.
Ergo: chi presume che siano “socialmente condizionati” a violentare deve poi spiegare come si liberino misteriosamente da questo condizionamento invecchiando.
Brownmiller ha scritto che le teorie biologiche dello stupro sono fantasiose perché “in termini di strategia riproduttiva l’eiaculazione singola e d’incerto successo del violentatore è una sorta di roulette russa a confronto del periodico accoppiamento consensuale”. Ma il periodico accoppiamento consensuale non è alla portata di tutti i maschi, e predisposizioni a rapporti sessuali d’incerto successo potrebbero essere, dal punto di vista evoluzionistico, più efficaci di predisposizioni che rischiassero di portare a un’assenza di rapporti sessuali.
Qualcuno ha notato che nei paesi in cui, come in Giappone, i ruoli legati al genere sono molto più rigidi, gli stupri sono percentualmente molto meno numerosi. I sessisti anni Cinquanta erano più sicuri per le donne degli emancipati Settanta e Ottanta.
Ma la correlazione va in gran parte nella direzione opposta. Nella misura in cui le donne, rendendosi indipendenti dagli uomini, conquistano maggiore libertà di movimento, si trovano più spesso in situazioni pericolose.
Certo che se le cose stanno in questi termini anche i vestiti della donna finiscono per contare!
Questo semplice fatto provoca reazioni inconsulte: Mary Koss, definita un’autorità in materia di violenza carnale, vi ha visto un “pensiero assolutamente inaccettabile in una società democratica” (si noti la psicologia del tabù: non si tratta soltanto di suggerimenti sbagliati, è “assolutamente inaccettabile” solo pensarvi). “Poiché lo stupro è un reato di genere” aggiunge Koss “tali raccomandazioni minano l’eguaglianza”.
Che le donne abbiano il diritto di vestire come vogliono è fuori discussione, ma il problema non è quello che le donne hanno il diritto di fare in un mondo perfetto, bensì come possono accrescere la loro sicurezza in questo. Suggerire che le donne, in situazioni pericolose, pensino alle reazioni che possono suscitare o ai segnali che possono inavvertitamente trasmettere è solo buon senso. E’ difficile credere che una qualunque donna adulta possa pensarla diversamente, a meno che non sia indottrinata dai corsi standard di prevenzione dello stupro, in cui s’insegna che l’aggressione sessuale non è un atto di gratificazione sessuale e che aspetto e attrattiva sono irrilevanti.
Il femminismo più accorto non ha più problemi con questa versione dei fatti.
Camille Paglia:
Da un decennio le femministe insegnano alle loro discepole a dire: «Lo stupro è un reato di violenza, non sessuale». Questa sciocchezza, zuccherosa alla Shirley Temple, ha esposto le giovani al disastro. Fuorviate dal femminismo, non si aspettano uno stupro dai bravi ragazzi di buona famiglia che siedono accanto a loro in classe. … Queste ragazze dicono: «Dovrei potere ubriacarmi a una festa studentesca e andare di sopra nella camera di un ragazzo senza che succeda niente». Io rispondo: «Ah sì? E quando vai in macchina a New York ci lasci dentro le chiavi?». Quello che voglio dire è che se ti rubano la macchina dopo che hai fatto una cosa del genere, la polizia, certo, deve dare la caccia al ladro e lui dev’essere punito. Ma nello stesso tempo la polizia, ed io, abbiamo il diritto di dirti: «Che cosa ti aspettavi, idiota?».
Wendy McElroy:
Il fatto che noi donne siamo vulnerabili all’aggressione significa che non possiamo avere tutto. Non possiamo attraversare di notte un campus non illuminato o un vicolo senza correre reali pericoli. Queste sono cose che ogni donna dovrebbe poter fare, ma il «dovrebbe» appartiene a un mondo utopico. Appartiene a un mondo in cui ti cade il portafoglio in mezzo a una folla e ti viene restituito, completo di soldi e carte di credito. Un mondo in cui si lasciano aperte le Porsche in piena città. In cui si possono lasciare i bambini da soli al parco. Non è questa la realtà che abbiamo di fronte, la realtà che ci limita.
Che fare infine di fronte ad un istinto naturale difficile da reprimine?
Aumentare le pene? Se le cose stanno come detto, parliamo di crimini dove la deterrenza è minima.
Rassegnarsi ed indirizzare le proprie energie dove possono fare la differenza? E’ triste ma anche razionale.
Castrazione chimica? Fa scendere di brutto i tassi di recidività. Ma ci sono problemi costituzionale. Non è un po’ troppo?
Educare al self-control? Una terapia comportamentale  puo’ essere molto utile al criminale (qui, qui, qui). Senza dire che imparare a contare fino a dieci è utile in tutti i campi!
Io personalmente prego. E’ l’alternativa al fatalismo.
stu

venerdì 1 luglio 2016

L'orlo della gonna

La notizia della ragazza stuprata da un gruppo di minorenni a Salerno sta portando alla luce il peggio dello scibile umano dell'internet.
Il pensiero più gettonato è il classico: "se vai in giro nuda, te la vai a cercare. Bisogna prendersi le proprie responsabilità", declinato in maniere più o meno gentili.
Ecco, io per questi stronzi sogno che un giorno, mentre saranno impegnati a discettare di orli di minigonne e centimetri di scollature e a partorire inutili giudizi, arrivi una donna che gli sfondi il naso a suon di pugni e gli spieghi che "se vai in giro a dire cazzate, te le vai a cercare. Bisogna prendersi le proprie responsabilità".
E non venitemi a parlare di libertà di opinione,per favore. Sostenere che una ragazza lo stupro se lo vada a cercare perché ha deciso di mettersi un vestito corto non è un'opinione, è feccia della peggior specie.
Charlotte Matteini

Uno dei problemi relativo ai sessi che più accende gli animi è quello della natura e delle cause della violenza carnale. Da sempre, o almeno dagli anni settanta.
Fino agli anni Settanta, infatti, il sistema giuridico e la cultura di massa affrontavano lo stupro prestando ben poca attenzione agli interessi delle donne. Le vittime, se non volevano essere giudicate consenzienti, dovevano dimostrare di avere opposto resistenza all’aggressore fino a rischiare la vita. Il loro modo di vestire era considerato un’attenuante per l’imputato, come se gli uomini, a veder passare una bella donna, non fossero in grado di controllarsi. E un’attenuante erano considerati anche i trascorsi sessuali della donna. Nei processi si esigevano elementi di prova, come la conferma di testimoni oculari.
Lo stupro era ritenuto un atto legato alla libidine sessuale, ovvero ad un istinto naturale che poteva sfuggire dal controllo. Ora, quanto più qualcosa di pericoloso è facilmente “controllabile”, tanto più ha senso alzare le pene a fini di deterrenza. Da qui la giustificazione di certe attenuanti come quelle legate al vestiario.
Senonché, da allora molta acqua è passata sotto i ponti. Nella vita intellettuale moderna l’imperativo morale prevalente nell’analisi di questo fenomeno consiste nel proclamare che la violenza carnale non ha nulla a che vedere con la sessualità. Lo stupro è un abuso di potere e di dominio in cui lo stupratore tende a umiliare la sua vittima, o meglio il genere a cui appartiene. Lo stupro non c’entra con il sesso; c’entra con la violenza e con l’uso del sesso per esercitare il potere e il dominio. La violenza in famiglia e l’aggressione sessuale sono manifestazioni delle stesse potenti forze sociali: il sessismo e l’esaltazione della violenza. Lo stupratore è socialmente condizionato da una cultura patriarcale ipertrofica. La teoria ufficiale dello stupro ha origine in Contro la nostra volontà, un importante libro scritto nel 1975 da Susan Brownmiller.  Nel libro si sosteneva che lo stupro non ha nulla a che vedere con il desiderio sessuale degli uomini, ma è una tattica tramite la quale l’intero genere maschile opprime l’intero genere femminile.
Da qui nacque il moderno catechismo: lo stupro non c’entra con il sesso, la nostra cultura sociale condiziona gli uomini a stuprare. Il fatto è che si è diffusa fra le persone colte l’idea che si deve pensare alla sessualità come a qualcosa di naturale, non di vergognoso o sporco, e poiché lo stupro non è buono, non c’entra nulla con il sesso.
E’ chiaro che se la motivazione originaria dello stupro viene “degradata” da istinto naturale fuori controllo a strategia culturale di dominio, ogni ratio per le attenuanti cade miseramente.
Ma il dogma del “sesso naturale e buono” non sta in piedi. Il fatto che lo stupro abbia qualcosa a che vedere con la violenza non significa che non abbia nulla a che vedere con il sesso. I malvagi possono usare violenza per ottenere sesso esattamente come usano violenza per ottenere soldi. Così come un rapinatore agisce per soldi, uno stupratore potrebbe agire per libidine. Cosa c’ è di più normale che pensare in questi termini?
Guardiamo ai fatti.
Primo dato di fatto sotto gli occhi di tutti: accade spesso che un uomo voglia fare l’amore con una donna che non vuole fare l’amore con lui. E, in questo caso, usa ogni tattica a disposizione degli esseri umani per influire sul comportamento altrui: corteggiare, sedurre, adulare, raggirare, tenere il broncio, pagare.
Secondo dato di fatto evidente: alcuni uomini ricorrono alla violenza per avere quello che vogliono, senza curarsi delle sofferenze che provocano.
Sarebbe straordinario, in contraddizione con tutto ciò che sappiamo degli uomini, che nessuno ricorresse alla violenza per ottenere un rapporto sessuale.
La teoria tradizionale è dunque radicata nel buon senso. Proviamo ad applicarlo anche alla dottrina che vuole che gli uomini si diano allo stupro per gli interessi del genere cui appartengono.
In una società tradizionale lo stupratore rischia la tortura, la mutilazione e la morte per mano dei parenti della vittima. Nella società moderna rischia di passare un sacco di tempo in prigione. Davvero gli stupratori, nell’assumersi questi rischi, si sacrificano altruisticamente per il bene dei miliardi di estranei che compongono il genere maschile? Nella stragrande maggioranza delle epoche e dei luoghi, un uomo che stupra una donna della sua comunità è trattato da rifiuto umano. L’elementare dato di fatto che gli uomini hanno madri, figlie, sorelle e mogli che stanno loro più a cuore di quanto stiano loro a cuore la maggior parte degli altri uomini.
E’ ben vero che il trattamento giuridico dello stupro che si faceva in passato oggi ci disturba, cosicché in molti vedono la prova del complotto: fino a epoca recente, nei processi per stupro ai giurati veniva ricordato il monito di Lord Matthew Hale, giurista del diciassettesimo secolo, per cui la testimonianza di una donna va valutata con cautela, perché un’accusa di violenza carnale: “è facile da muovere e da essa è difficile difendersi, anche se l’accusato è innocente”. Cio’ non toglie che ci sia un fondo di verità in tutto questo poiché il crimine spesso viene perpetrato nell’intimità. E poi ricordiamoci dello standard di Blackstone per noi sacro ancora oggi: “meglio dieci stupratori liberi che un innocente punito”. Non mancavano dunque delle motivazioni concrete per invitare alla cautela.  Ma supponiamo pure che gli uomini che hanno applicato tale politica allo stupro l’abbiano piegata ai loro interessi collettivi perché, tanto per cominciare, avrebbero dovuto fare della violenza carnale un reato?
La ricerca scientifica sulla violenza carnale e il suo rapporto con la natura umana è venuta alla ribalta con la pubblicazione di A Natural History of Rape. Gli autori - Thornhill e Palmer - partivano da un’osservazione base: uno stupro può portare a un concepimento che propagherà i geni dello stupratore, inclusi gli eventuali geni che hanno reso più probabile che divenisse uno stupratore. Quindi la selezione potrebbe non avere operato contro, ma a favore di una psicologia maschile comprendente la capacità di stuprare. Tuttavia, considerati i rischi della lotta con la vittima, della punizione per mano dei suoi parenti e dell’ostracismo da parte della comunità, è improbabile, aggiungevano Thornhill e Palmer, che la violenza carnale sia una strategia di accoppiamento tipica. Ma essa potrebbe essere una tattica opportunistica, che diventa più probabile quando l’uomo è incapace di ottenere il consenso della donna, è emarginato da una comunità.
Pensare che la maggior parte degli uomini hanno la capacità di compiere uno stupro va, casomai, nell’interesse delle donne, perché esorta alla vigilanza nei confronti del marito e di conoscenti, o durante sconvolgimenti sociali. Inoltre, questa analisi concorda paradossalmente con i dati portati dalla stessa Brownmiller, secondo i quali violenze carnali possono essere commesse in guerra da uomini normali, compresi i “bravi” ragazzi americani in Vietnam. L’ipotesi formulata che lo stupro e gli altri aspetti della sessualità maschile si situino nella stessa sfera fa di essi strani alleati delle più radicali femministe del genere, come Catharine MacKinnon e Andrea Dworkin, per le quali “spesso è difficile distinguere la seduzione dallo stupro. Nella seduzione, spesso il violentatore si prende il disturbo di comprare una bottiglia di vino”.
Ma la teoria esposta, se da un lato torna alla vecchia concezione, quella da cui originavano le tanto odiose “attenuanti” relative all’orlo della gonna, dall’altro evidenzia come lo stupro non sia un reato qualsiasi. Scegliendo il maschio e il contesto per l’accoppiamento, le probabilità per la femmina di generare con un maschio dotato di buoni geni, della disponibilità e della capacità di condividere la responsabilità di allevare la prole, o di entrambe le cose, vengono massimizzate. Dal punto di vista della donna, uno stupro e un rapporto sessuale consensuale saranno cose completamente diverse; la ripugnanza della donna per lo stupro non è un sintomo di repressione nevrotica, né una costruzione sociale facilmente rovesciabile in una diversa cultura; la sofferenza causata dallo stupro sarà più profonda di quella causata da altri traumi fisici o altre violazioni corporee; tutto ciò giustifica il fatto che si lavori più duramente per prevenire la violenza carnale, e si puniscano più severamente i violentatori, di quanto accade per altri tipi di aggressione.
Purtroppo un libro come “A Natural History of Rape” ha già subìto il peggiore destino possibile per un lavoro di divulgazione scientifica. Come “L’origine dell’uomo” e “The Bell Curve”, è diventato una cartina di tornasole ideologica. Chi vuole dimostrare la propria vicinanza alle vittime di violenza carnale e alle donne in generale ha ormai imparato che deve liquidarlo.
Questo anche se le obiezioni ricevuto sono decisamente inconsistenti. Faccio solo il caso intorno all’interrogativo più importante, cioè se fra le motivazioni del violentatore vi sia il desiderio sessuale? Le femministe di genere che lo negano richiamano l’attenzione sugli stupratori che prendono di mira donne anziane e infeconde, su quelli che soffrono di disfunzione sessuale durante lo stupro, su quelli che costringono la donna ad atti sessuali non riproduttivi, e su quelli che usano il preservativo. Sono argomentazioni non convincenti per due ragioni. Primo, questi esempi riguardano una minoranza di stupri. Inoltre, casi del genere si presentano anche nei rapporti sessuali consensuali, quindi quell’argomentazione porta all’assurdità per cui la sessualità in sé non avrebbe nulla a che fare con la sessualità. Infine, un caso particolarmente problematico per la teoria “non è sesso” è quello della violenza carnale durante un appuntamento amoroso. Dobbiamo davvero credere che le motivazioni di “lui” siano cambiata di punto in bianco?
Oltre alle obiezioni fragili ci sono le prove solide a sostegno della teoria.
1) L’accoppiamento coatto è universalmente diffuso fra le specie nel mondo animale, il che fa pensare che la selezione non lo abbia rigettato.
2) La violenza carnale è presente in tutte le società umane.
3) In genere, i violentatori usano quel tanto di forza necessario per costringere la vittima al rapporto.
4) Le vittime di violenza carnale sono perlopiù negli anni di massima riproduttività per le donne, fra i tredici e i trentacinque.
5) I violentatori non sono rappresentativi, dal punto di vista demografico, del genere maschile. Sono nella stragrande maggioranza giovani, fra i quali la competitività sessuale raggiunge la massima intensità. E, benché si presuma che siano “socialmente condizionati” a violentare, si liberano misteriosamente da questo condizionamento invecchiando.
Purtroppo, la popolarità di teorie senza fondamento mette a rischio le donne. Non si fanno i conti con i fatti. Bisognerebbe tener conto che nei paesi in cui, come in Giappone, i ruoli legati al genere sono molto più rigidi che da noi, gli stupri sono percentualmente molto meno numerosi. Ma anche da noi i sessisti anni Cinquanta erano molto più sicuri per le donne degli emancipati Settanta e Ottanta. Sembra abbastanza chiaro che nella misura in cui le donne, rendendosi indipendenti dagli uomini, conquistano maggiore libertà di movimento, si trovano più spesso in situazioni pericolose.
Thornhill e Palmer suggeriscono di obbligare gli adolescenti maschi a seguire un corso di prevenzione dello stupro come condizione per ottenere la patente di guida e di ricordare alle donne che un abbigliamento sexy può aumentare il rischio di venire violentate. Forse è troppo. E’ decisamente troppo.
La reazione è stata curiosa: Mary Koss, definita un’autorità in materia di violenza carnale, vi ha visto un “pensiero assolutamente inaccettabile in una società democratica”. Si noti la psicologia del tabù: non si tratta soltanto di suggerimenti sbagliati, è “assolutamente inaccettabile”. Non c’è dissenso, c’è un sacerdozio teso a maledire chi infrange un tabù, anche se le ragioni per infrangerlo sono più che fondate.
In conclusione, che le donne abbiano il diritto di vestire come vogliono è fuori discussione, ma il problema non è quello che le donne hanno il diritto di fare in un mondo perfetto, bensì come possono accrescere la loro sicurezza in questo. Suggerire che le donne, in situazioni pericolose, pensino alle reazioni che possono suscitare o ai segnali che possono inavvertitamente trasmettere è solo buon senso. E’ difficile credere che una qualunque donna adulta possa pensarla diversamente, a meno che non sia indottrinata dal giornalismo ideologico in cui si pensa che l’aggressione sessuale non è un atto di gratificazione sessuale e che aspetto e attrattiva sono irrilevanti.
orlo
Camille Paglia in merito:
Da decenni le femministe insegnano alle loro discepole a dire: “Lo stupro è un reato di violenza, non sessuale”. Questa sciocchezza, zuccherosa alla Shirley Temple, ha esposto le giovani al disastro. Fuorviate dal femminismo, non si aspettano uno stupro dai bravi ragazzi di buona famiglia che siedono accanto a loro in classe. … Queste ragazze dicono: “Dovrei potere ubriacarmi a una festa studentesca e andare di sopra nella camera di un ragazzo senza che succeda niente”. Io rispondo: “Ah sì? E quando vai in macchina a New York ci lasci dentro le chiavi?”. Quello che voglio dire è che se ti rubano la macchina dopo che hai fatto una cosa del genere, la polizia, certo, deve dare la caccia al ladro e lui dev’essere punito. Ma nello stesso tempo la polizia, ed io, abbiamo il diritto di dirti: “Che cosa ti aspettavi, idiota?”.
Wendy McElroy in merito:
Il fatto che noi donne siamo vulnerabili all’aggressione significa che non possiamo avere tutto. Non possiamo attraversare di notte un campus non illuminato o un vicolo senza correre reali pericoli. Queste sono cose che ogni donna dovrebbe poter fare, ma il «dovrebbe» appartiene a un mondo utopico. Appartiene a un mondo in cui ti cade il portafoglio in mezzo a una folla e ti viene restituito, completo di soldi e carte di credito. Un mondo in cui si lasciano aperte le Porsche in piena città. In cui si possono lasciare i bambini da soli al parco. Non è questa la realtà che abbiamo di fronte, la realtà che ci limita.
Una volta levata di mezzo l’ipotesi del complotto culturale e rimessa al centro la libido sessuale, tornano interrogativi fastidiosi che pensavamo di poter accantonare. Per esempio, come considerare la castrazione chimica? E’ ipotizzabile l’iniezione nel violentatore, con il suo consenso, di Depo Provera, farmaco che inibisce il rilascio di androgeni e riduce la pulsione sessuale? Le recidive in casi del genere vanno a picco! Chi s’indigna al solo sentir menzionare insieme stupro e sessualità dovrebbe rileggersi i numeri. Escludere senza pensarci una misura capace di ridurre la violenza carnale di quindici volte significa che saranno violentate molte donne che, altrimenti, forse non lo sarebbero state. Bisognerà prima o poi decidere a che cosa dare più valore: a un’ideologia che sostiene di fare gli interessi del genere femminile o a quello che effettivamente succede nel mondo alle donne reali.
orlo gonna
P.S. chi è interessato al tema farebbe bene a leggersi il cap.16 di Tabula Rasa dello psicologo Steven Pinker, libro da cui ho attinto a piene mani.

mercoledì 29 luglio 2015

Tabula rasa: Perchè non è vero che gli uomini nascono tutti uguali by Steven Pinker - capitolo sui generi


Pinker su differenza, gender gap sul lavoro, quote rosa e stupro.
  • Odissea 2001. Perchè nn ha previsto il cambiamento della condizione femminile?...
  •  Cause della riv.femminista: 1) le società liberali sono + fluide e sul mercato la convenienza s'impone... 
  • 2) il progresso tecnologico: ha attenuato la necessità di suddividere il lavoro nella coppia... 
  • 3) l'accresciuto valore del cervello rispetto ai muscoli nell'economia.. 
  • 4) la contraccezione: consente di rinviare i figli al momento + opportuno... 
  • 5) il femminismo: ha rivendicato e sensibilizzato... 
  • Purtroppo il femminismo ha dovuto abbracciare la teoria della Tabula rasa: 1) le menti di uomo e donna somo ugualu 2) l'istinto sessuale dell'uomo nn sono sessuali ma culturali... 
  • Eguaglianza: un individuo nn va giudicato sulla base del suo gruppo di appartenenza. Enunciato in qs modo eguaglianza e differenze di gruppo sono compatibili... 
  • Su qs argomenti si ragiona solo in termini di distribuzioni probabilistiche... 
  • Le 2 controversie: 1) gap tra i generi 2) violenza sessuale... 
  • Ci sono due femminismi: 1) f. dell'equità (liberale) 2) f. di genere (marxistà). Quindi prendere certe posizioni nn significa osteggiare il femminismo... 
  • Il f. di genere su è messo in rotta di collisione con la scienza. E a qs impresa scientifica partecipano molte donne... 
  • E il femminismo della differenza? Offre il peggio di entrambi i mondi: differenza e ripudio della scienza. Differenze spesso inventate si sana pianta... 
  • Le differenze tra i generi riguardano: 1) atteggiamento verso il sesso occasionale e anonimo 2) la competizione violenta e la denigrazione 3) manipolazione spaziale degli oggetti 4) ragionamento matematico e test matematici 5) rapporto con le emozioni e l'empatia nel piccolo gruppo 6) rapporto col dolore 7) rapporto col rischio (specie di danno fisico) 8) rapporto coi figli 9) rapporto con la gelosia e con il corteggiamento 10) giochi: lotta e ruoli sociali...
  • Alcune di queste differenze riguardano la media altre la coda. 
  • Perchè prob. qs. differenze sono biologiche?… 
  • 1) perchè esistono in tutte le culture. 2) sono quelle che predice l'evoluzionista 3) si ritrovano anche in altri primati. 4) lo sviluppo fisiologico dei feti è molto diverso tra uomo e donna 5) il cervello di uomo e donna differisce notevolmente 6) il testosterone influenza chiaramente la vita psichica 7) idem x gli estrogeni, tanto è vero che le prestazioni cognitive delle donne variano col ciclo 8) idem x gli androgeni 9) l'esperimento ideale su neonato è stato condotto confermando l'importanza della biologia maschile 10) il trattamento dei figli oggi nn è molto differente ma le canoniche differenze si ripresentano... 
  • E il gender gap sul lavoro? Non è possibile neppure ventilare che esistono preferenze vocazionali, che 1) le donne prediligono la relazione xsonale mentre i maschi amano gli oggetti, la teoria, la ricerca 2) il maschio è più disponibile a mettersi fisicamente in xicolo 3) il maschio tiene di + al suo status legato al guadagno si ferma di più in ufficio fa lavoro + duri 4) la donna è + legata a figli e famiglia... 
  • Anche le capacità incidono: 1)l'uomo eccelle nel ragionamento matematico 2) la donna eccelle nel linguaggio... 
  • Prendi l'Università. È credibile che i matematici ce l'abbiano con le donne e i linguisti con gli uomini?... 
  • La legge della specializzazione (vantaggio comparato) fa sì che il matrimonio enfatizzi le differenze anche quando sono minime (gary becker)... 
  • Il mercato aiuta: le donne senza figli guadagnano quanto gli uomini. Le aziende stupide hanno vita breve... 
  • Quote rosa? 1) rendono la società inefficiente 2) insinuano dubbi sulla capacità femminile 3) si allontanano le xsone dai lavori che + piacciono... 
  • Problema: la natura della violenza carnale. Tesi prevalente: nn ha nulla a che vedere con la sessualità. Lo stupro è un abuso di potere indotto dalla cultura patriarcale... 
  • La teoria distorta nasce sollecitata da problemi reali: lo stupro era preso un pò troppo alla leggera. Ma anche dalla teoria del bupn selvaggio: il sesso è buono siccome lo stupro nn lo è le due cose viaggiano separate... 
  • 2 esperienze comuni 1) ci sno uomini che farebbero di tutto x andare con una donna 2) ci sono uomini che usano la violenza x ottenere ciò che desiderano... 
  • Teoria standard: l' uomo stupra x affermare la supremazia del genere maschile. Non quadra: 1) troppi costi e pochi benefici. Chi stupra è uno sfigato mentre chi beneficia del patriarcato è un tipo di successo 2) agli uomini stanno + a cuore madri e sorelle che gli altri uomini 3) la presunzione d'innocenza nn vale solo x lo stupro 4) xchè fare dello stupro un reato se ci fosse complotto patriarcale?... 
  • Due teorie alternative: 1) stupro opprtunistico: l'emarginato nn ha altri mezzi 2) stupro incontrollato: desiderio + violenza... 
  • Lo stupro ha qualcosa di naturale. Tutti noi siamo potenziali stupratori... 
  • La sofferenza delle vittime è elevata xchè il costo di un figlio è elevatissimo. Qs giustificherebbe pene + severe... 
  • E gli stupratori che prendono di mira le vecchie? che hanno disfunzioni o addirittura usano il preservativo? Risposta: 1) parliamo di casi minioritari 2) sono casi comuni anche nel rapporto consensuale... 
  • E lo stupro della corteggiata? Dobbiamo pensare che l'amore si converta in pochi secondi nella lotta x il patriarcato?... 
  • Stupro e sesso sono intimamente legati. Prove: 1) l'accoppiamento coatto è pratica diffusa in tante specie 2) è presente in tutte le culture 3) in genere lo stupratore nn uccide 4) le vittime sono all'apice della produttività 5) i violentatori sono giovani (da vecchi si liberano dal condizionamento?) 6) in paesi tradizionalisti come il Giappone gli stupri sono meno... 
  • La correlazione imbarazzante va in senso opposto: più la donna è indipendente + gli stupri sono un xicolo... 
  • Consiglio finale: nn andare in giro con la minigonna in posti isolati e malfamati..
continua

mercoledì 20 aprile 2011

Pornoeffettistica

La pornografia della rete ha tre caratteristiche: è tanta, è gratuita ed è discreta. Cosa puo’ pretendere di più l’ erotomane del 2000?

Le combinatoria orgiastica di quel logoteta che fu il “divin marchese” impallidisce di fronte alle combinazioni della pulsantiera di un pc connesso ad internet. Ad ogni posizione delle dita corrisponde una pletora di posizioni corporali.

Rabbit Heart not

Prendiamo adesso due tipi umani differenti e chiamiamoli Proibizionista Istintuale (PI) e Libertario Istintuale (LI); mettiamoli di fronte alla novità. Come reagiranno?

Un’ offerta tanto generosa sprigionerà due effetti:

1. viene fornito un bene per soddisfare un bisogno masturbatorio (effetto principale EP). Il mondo migliora.

2. viene fornito un modello per soddisfare un bisogno identitario (effetto collaterale EC). Il mondo peggiora.

LI vede prevalere EP, ci sarà un motivo se si chiama così! PI non si lascia scappare l’ occasione per apostrofarci sulla decadenza del mondo moderno e si fisserà su EC, per lui non esiste altro.

Ma forse esiste un modo con cui LI e PI possono per un attimo liberarsi dai loro istinti. Forse esiste una verifica pratica delle loro opinioni.

Vediamo. Se prevale EP i bollori del segaiolo saranno moderati più facilmente impedendogli di combinar danni in giro. Tradotto: meno stupri (mondo migliore anche per gli altri).

Se prevale EC gireranno tra noi parecchi vitelloni con le occhiaie ansiosi di volgere la loro identità virtuale in un’ identità reale, con le buone o con le cattive. Tradotto: più stupri (mondo peggiore anche per gli altri).

Lo dico con cautela ma sembrerebbe che LI abbia vinto il primo round.

Eppure LI non ha requie, sente già alzarsi una lamentosa richiesta di sovvenzioni “XXX” per stalloni doc, sente già aprirsi un altro fronte. Viviamo o no in piena “cultura del piagnisteo”? Se non è il piagnisteo proibizionista sarà quello assistenzialista, ma sempre con il falso bordone di un pianto dirotto ci tocca intonare la breve nota liberale.

martedì 21 dicembre 2010

Cos' è il sesso?

Ci sono varie concezioni in merito, per capire da che parte state potrebbe essere utile sottoporsi ad un esperimento mentale.

Considerate una donna che "faccia l' amore" (o "faccia sesso") con un uomo che si finge suo marito - mentre magari è... suo padre. Domanda: possiamo considerarla vittima di uno stupro?

Se il sesso fosse, come diceva Freud, "qualcosa" che riguarda i genitali, è difficile giungere ad una conclusione affermativa. Al limite si tratta di un semplice inganno.

Limitando l' analisi alle "sensazioni", la donna ha accettato quel che provava, magari lo ha fatto anche in modo entusiastico. D' altronde, possiamo benissimo supporre che l' uomo fosse disposto a fermarsi di fronte alla minima resistenza.

Se invece siete orientati a considerare tutto cio' alla stregua di uno stupro, allora per voi contano molto le "intenzioni", ovvero l' elemento immateriale del sesso. Vogliamo chiamarlo " elemento spirituale" o l' espressione suona troppo desueta?

Oggi (in reltà dai tempi di Freud) siamo tutti allegramente imbarcati sulla nave "materialista", ma forse non ci rendiamo bene conto fino in fondo di cosa cio' implichi.

Una cosa è certa, se siete per l' ipotesi-stupro, cercate perlomeno di limitare l' uso della locuzione "fare sesso".