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martedì 24 dicembre 2019

LA STRATEGIA DI FRANCESCO: AMBIGUITA' + PURGHE.

LA STRATEGIA DI FRANCESCO: AMBIGUITA' + PURGHE.
Francesco è chiamato a cambiare la chiesa, in particolare ad introdurre forme di relativismo nel suo insegnamento morale. Un compito improbo. Come cambiare chi fa della Tradizione il suo punto di forza? Come capovolgere un insegnamento passato che non puo' essere contraddetto pena la scomunica? Occorre avere del genio per buttarsi in questa impresa. Oggi capiamo meglio la strategia scelta da Francesco: allusioni, no comment e rimozioni più o meno silenziose negli organigrammi. La via gesuitica per eccellenza. Mi spiego meglio.
In diversi momenti del pontificato, papa Francesco ha concesso interviste a Eugenio Scalfari, si è trattato di interviste alquanto strane poiché nessuno prendeva appunti. Gli articoli che seguirono furono "trascrizioni" di un dialogo evocato dalla memoria dell'ottuagenario (e anche un po' rincoglionito) giornalista. In questa sede Francesco tendeva ad essere piuttosto spericolato, anche se per la forma scelta risultava alquanto difficile comprendere cosa il pontefice avesse effettivamente detto. Per esempio, nell'autunno del 2013 (prima conversazione), sembra che il papa avesse definito il proselitismo un' "assurdità solenne", precisando che "non esiste un dio cattolico", e suggerendo che "ognuno ha la propria idea di bene e male e deve scegliere di seguire il bene e combattere il male come lo concepisce", concludendo con questa perla new age: "... la nostra specie finirà ma la luce di Dio non finirà e a quel punto invaderà tutte le anime e sarà tutto in tutti". I virgolettati sono quanto riferisce Scalfari, non le parole uscite dalla bocca di Francesco. il sito ufficiale del Vaticano, dopo aver pubblicato l'intervista, la ritirò immediatamente dopo dicendo che "il testo era una ricostruzione" approvata da Francesco senza per questo che fossero "chiare le parole esatte usate dal papa".
Una delle solite gaffe di Francesco? No perché nell'estate del 2014 lo strano colloquio "senza appunti" si ripete nonostante i casini sollevati dal precedente. Evidentemente la formula de-responsabilizzante piaceva a Francesco, che questa volta sparò a zero sui cardinali: "colpevoli degli abusi sui bambini" impegnandosi a "trovare soluzioni" al "problema" del celibato sacerdotale. L'ufficio stampa vaticano fa i salti mortali e sostiene che mentre lo "spirito" della conversazione è riportato in modo accurato, "le espressioni individuali che sono state usate per riferire il dialogo e il modo in cui sono state riportate non possono essere attribuite al papa".
Francesco, da vero gesuita, è come un topo nel formaggio nella formula del dico/non-dico, e nella primavera del 2015 concede a Scalfari un altro giro di walzer, e, ormai si è capito, altre sparate ad alzo zero: le anime perdute sarebbero "annientate" invece che dannate. Di fatto per il papa l'inferno non esisterebbe, ci fa sapere il sempre più ottuagenario Scalfari. L'ufficio stampa vaticano suda freddo a balbetta che si tratta di discussioni private i cui dettagli non possono essere confermati.
E' qualcosa più di un sospetto che Francesco veda un vantaggio strategico in questo tipo di comunicazioni deliberatamente inaffidabili. Per lui sono un mezzo per lasciar trapelare un messaggio informale ai suoi sostenitori. Si lancia il sasso e si ritira la mano, nella tradizione gesuitica. Non sorprende quindi che sia tornato da Scalfari dopo il secondo sinodo sulla famiglia per darne un'interpretazione a cui nessuno sa che valore dare. Qui il nodo era la comunione ai divorziati, ovvero la questione cardine attraverso cui il soggettivismo prova a far far breccia nella morale cattolica. Si tratta di capire se puo' essere accordato il perdono a chi trova certe prove troppo dure - per esempio la convivenza casta - e fallisce nel tentativo di superarle. Scalfari riferì che secondo il papa il soggettivismo nel caso dei divorziati risposati è ammissibile e che "... le valutazioni di fatto sono affidate ai confessori, ma alla fine di percorsi più o meno rapidi, tutti coloro che lo chiederanno saranno ammessi al sacramento...". Come al solito il Vaticano ha negato che questa citazione fosse necessariamente accurata, anche se ormai la musica l'abbiamo capita, non siamo tonti.
Ad ogni modo, la posizione riferita da Scalfari fu rinforzata da Padre Spadaro, lo spericolato interprete ufficioso del papa, che pubblicò un riassunto del sinodo su Civiltà Cattolica, divenuta nel frattempo la rivista papalina per eccellenza. Tutto ciò che contava, scrisse Spadaro, era che il documento parlava dell'integrazione dei risposati e che l'insegnamento tradizionale non era quindi stato riproposto. Il sinodo costituiva un ribaltamento della tradizione. Questa lettura del del sinodo in termini di rottura era simile a quella che molti cattolici progressisti hanno sempre dato dei documenti del Vaticano II: ciò che conta è la direzione impressa al movimento più che la lettera. Si prendono le distanze dal metodo tradizionale di interpretazione del magistero della chiesa, secondo il quale qualsiasi documento doveva essere interpretata nel segno della continuità: ovunque ci fossero ambiguità la tradizione preesistente doveva rimanere la regola. Poiché parliamo di testi dove l'ambiguità la fa da padrone, progressisti e conservatori potevano guardare alla stessa lettera traendone implicazioni radicalmente diverse,
E Francesco che faceva nel corso di questo stallo post-sinodale? Francesco sembrava segnalare a più riprese che nelle sue dichiarazioni finali avrebbe risolto quelle ambiguità nel senso di autorizzare una nuova disciplina, la comunione sarebbe stata concessa ai risposati senza particolari percorsi di penitenza formale, ma attraverso lo scivolo agevolato di una decisione personale dei singoli pastori. Coloro che avevano preso nel sinodo una posizione contro la comunione per i risposati, ha scritto nel novembre successivo il sacerdote-editorialista canadese Padre de Souza, “devono essere pronti affinché il Santo Padre decida diversamente". La Chiesa è stata preparata da molte voci ad un esito di questo tipo.
Cinque mesi dopo, finalmente arrivò la tanto attesa esortazione papale Amoris Laetitia, la piú lunga enciclica della storia, un documento a volte ricco di intuizioni pastorali, a volte ripetitivo e banale. Ma tutti gli occhi erano puntati sull'ottavo capitolo, in cui si giocavano i destini della dottrina cattolica. Ebbene, dopo averlo letto, nessuno poteva dire di averlo compreso per quanto era vago. Parecchi passaggi chiave sembravano prendere in prestito da un saggio che l'arcivescovo - amico del papa - Victor Fernández aveva scritto dieci anni prima per una conferenza in polemica con la Veritatis Splendor. Di fatto il papa argentino ammucchiava elenchi di fattori attenuanti che rendevano meno grave un apparente peccato mortale. Veniva considerato un po' tutto nel tentativo di "medicalizzare" il peccato: tumulti familiari, psicologia personale, esigenze della vita moderna. Senza dubbio l'impressione è che Francesco non stesse argomentando nel solco di Giovanni Paolo II ma in opposizione. Si voleva giungere alla conclusione che le circostanze personali attenuassero la colpevolezza morale. Ma fino a che punto? Nella mente dei progressisti bisognava arrivare a dire che in molti casi l'insegnamento della chiesa sul matrimonio e sulla sessualità chiedesse troppo al "cristiano ordinario". In questo caso, si sarebbe arrivati vicini a contraddire non solo Giovanni Paolo e altri papi recenti ma il Concilio di Trento nel XVI secolo affermando chiaramente una forma di relativismo, ovvero che alcune circostanze "non consentono" a certi crisitiani di evitare il peccato, e che quindi in alcuni casi il peccato non è tale. Insomma, la grazia di Dio a volte è insufficiente. Sarebbe questa una revisione seria della posizione tradizionale della chiesa, una posizione più vicina ad alcune teologie protestanti. Questo flirt con la revisione teologica era così grave che provocò oltre venti pagine di modifiche suggerite dalla congregazione per la dottrina della fede presieduta dal cardinale Müller. Ma tutti i suoi suggerimenti furono ignorati. Con Muller bisognava regolare i conti dopo. In conclusione, fu chiaro un po' a tutti che il capitolo otto di Amoris Laetitia desiderasse ardentemente cambiare le regole della comunione nella chiesa, la sua logica suggeriva come un tale cambiamento fosse ragionevole e desiderabile. Eppure il papa evitava con cura di parlare della cosa in modo diretto o esplicito. Avrebbe dovuto dire: "... per molti divorziati risposati, la legge della chiesa è troppo difficile da seguire, i dilemmi morali troppo estremi, e quindi costoro non possono essere considerati come peccatori gravi e, di conseguenza, è giusto che abbiano accesso alla comunione se in buona coscienza...". Il papa si limitò a far trapelare questo pensiero eretico senza mai pronunciarlo. Certo, ci andò vicino con la nota 329, nella quale si ritiene che è irragionevole che la chiesa chieda - come ha fatto Familiaris Consortio di Giovanni Paolo - che una coppia risposata con figli cerchi di vivere come fratello e sorella, senza fare sesso, perché in questi casi "il bene dei bambini" potrebbe deturpato dalla mancanza di intimità dei genitori. Oppure nella nota 351, nella quale ci si riferisce a persone che, a causa di "fattori condizionanti e attenuanti", potrebbero non essere "soggettivamente colpevoli" per i loro peccati, e quindi dovrebbero essere aiutate a "crescere nella vita di grazia e carità" anche prima che la loro situazione irregolare venga risolta, e che in certi casi, questo aiuto può includere l'accesso ai sacramenti. Ma quali sono quei "certi casi" in cui i sacramenti possono essere dati? Includono quei casi in cui le persone continuano a vivere nell'adulterio pubblico? La nota a piè di pagina non lo diceva chiaramente; si limita ad allusioni che lasciano aperta la possibilità. Ma la disciplina ecclesiale su un insegnamento morale di base puo' essere appaltata a una ellittica nota a piè di pagina o a un'esortazione papale deliberatamente ambigua? A seconda dell'interpretazione che se ne dà, l'Amoris Laetitia di Francesco puo' cambiare ciò che i suoi recenti predecessori avevano insegnato in modo nitido. Questo è lo sviluppo rivoluzionario che scuote la chiesa!
Veniamo alle reazioni. Ci furono conservatori per i quali il sollievo costituì l'emozione dominante: il papa non aveva esplicitamente insegnato un'eresia. D'altra parte, c'erano conservatori (tra cui il cardinale Raymond Burke) per i quali quelle note e quelle formulazioni erano troppo pericolose per essere ignorate. La tesi della continuità fu difesa da diverse figure di spicco legate a Giovanni Paolo II e Benedetto - tra cui Rocco Buttiglione e Christoph Schönborn. Buttiglione pensava al divorziato intrappolato in un secondo matrimonio che ne coartasse la libertà con costrizioni psicologiche, in cui minacce o ricatti o abusi palesi da parte del partner rendessero il peccato sessuale semplicemente veniale e non mortale, e comunque non abbastanza malvagio da dover astenersi dalla comunione. L'analogia più sorprendente usata era la condizione di una prostituta sotto il dominio di un brutale magnaccia! Erano questi casi veramente estremi, vere e proprie prigioni emotive, sosteneva Buttiglione, che Amoris aveva in mente quando accennava all'apertura della comunione. In simili casi di relazione tossica l'accesso ai sacramenti poteva aiutare. C'era poi il caso dell'ignoranza: un cattolico divorziato e risposato ma che, fuorviato dalla cultura in cui era immerso, non era stato in grado di capire che il secondo matrimonio costituiva adulterio, poteva ricevere provvisoriamente la comunione mentre veniva educato nella piena verità della fede. Naturalmente i progressisti avevano in mente qualcosa di completamente diverso, Kasper proponeva la comunione per i risposati non come un dono temporaneo per persone nel caos e in grande difficoltà, ma come una grazia permanente per i cattolici divorziati che avevano ricostruito le loro vite in un secondo matrimonio. Non relazioni tossiche, quindi, ma relazioni mature ed equilibrate. Kasper operava un ribaltamento: l'opinione ufficiale della chiesa, secondo cui la separazione o il divorzio civile era talvolta accettabile ma il risposarsi sempre sbagliato, era implicitamente ribaltata: il divorzio passato è diventato il peccato chiave e il nuovo matrimonio una sorta di riparazione. La prostituta di Buttiglione, insomma, non era per Kasper un buon candidato a ricevere la comunione. E il linguaggio di Amoris sembrava molto più vicino all'idea di Kasper e all'idea di reinserimento, anche se letture multiple erano possibili e ragionevoli, e poiché il papa aveva rifiutato di scegliere esplicitamente tra queste letture antitetiche, tutte erano state autorizzate.
Il sinodo aveva respinto la visione tedesca di una devoluzione dell'autorità dottrinale, di un cattolicesimo di opzione locale, ma deliberando poi un documento così ambiguo, papa Francesco aveva spinto il cattolicesimo esattamente verso quel tipo di devoluzione: ognuno faceva come gli pareva. I vescovi conservatori - per esempio quelli polacchi o quelli americani guidati da Charles Chaput - dichiaravano tutti contenti che la regola dei secoli precedenti era ancora pienamente in vigore e che il messaggio di reintegrazione del papa era limitato, e che "l'accompagnamento" per i risposati poteva condurre alla comunione solo se avessero ottenuto un annullamento o vivessero come fratello e sorella. Altrove, nelle diocesi progressiste, c'erano vescovi che annunciavano rapidamente la loro intenzione di accogliere i risposati in comunione. Il vescovo Robert McElroy a San Diego, per esempio. A Genova il vescovo Betori istituì un "corso di formazione diocesana". La prima lezione fu tenuta dal suo predecessore, il cardinale Ennio Antonelli, un conservatore che disse agli ascoltatori che il divieto di comunione per i risposati era ancora in vigore. Ma poi, quando la serie di conferenze arrivò al controverso ottavo capitolo, l'oratore invitato dal cardinale Betori fu un sostenitore dell'interpretazione più liberale, mons. Basilio Petra, il quale imboccò la via opposta a quella delineata nell'introduzione. Questi comici episodi chiarirono che non vi era consenso su ciò che Amoris intendesse, nemmeno tra i leader cattolici. La stragrande maggioranza dei cinquemila vescovi del mondo, indipendentemente dal loro orientamento teologico, rifiutava di assumere una posizione ferma, e dopo vedremo perché. Un sacerdote inglese, padre John Hunwicke, prese in prestito una frase dal famoso convertito inglese del diciannovesimo secolo John Henry Newman e parlò di "una sospensione del magistero". Bruno Forte ebbe modo di parafrasare quanto gli disse il pontefice in via confidenziale: "... se parliamo esplicitamente di comunione per i divorziati risposati... non hai idea di che casino faranno questi cardinali legati al passato... quindi non parliamone mai direttamente, si mettano le premesse e io ne trarrò le conclusioni ". Ma è stata questa un'idea così brillante per giungere alla stabilità dopo la tempesta dei sinodi?
Il primo problema era che la Chiesa cattolica non è progettata per agire in modo decentrato. L' "ognuno fa come crede" non è nella sua indole. Ma il paradosso è che nemmeno Francesco è a suo agio in una situazione del genere, il suo stile personale e la tendenza a ignorare la burocrazia avevano concentrato un potere crescente nelle sue mani. Roma era ancora l'arbitro finale. Andava così delinandosi il secondo e decisivo passo: dopo l'ambiguità, le purghe. Dopo i sinodi, le nomine sono diventate sempre più spostate a sinistra, ormai esclusivamente di sinistra. Nel frattempo, ci si mosse per minare e isolare i conservatori che rimanevano in importanti posizioni vaticane, e adesso capiamo meglio il muro di silenzio di fronte alla richiesta di esprimersi sull'esito del sinodo: sbagliare una parola significava minare la propria carriera, chi parlava in modo critico era segnato. Il cardinale Robert Sarah si era tarpato le ali da solo dopo che in un suo discorso esortò i sacerdoti a celebrare la messa vetus ordo. Fu convocato a un incontro con Francesco, e il portavoce del Vaticano lo umiliò pubblicamente, e in una successiva epurazione furono rimossi la maggior parte dei suoi uomini in Vaticano. Diversi sacerdoti furono rimossi dalla CDF dell'odiato Müller senza una ragione apparente. Le purghe furono radicali anche in istituti minori come la Pontificia Accademia per la Vita, che si ritrovarono letteralmente svuotata da un giorno all'altro con nuovi membri tutti rientranti tra i favoriti del papa. Ora, sia Giovanni Paolo II che Benedetto avevano spinto il Vaticano e l'episcopato in una direzione più conservatrice, ma lo avevano fatto per gradi, promuovendo i propri uomini nel rispetto delle scadenze naturali degli incarichi, rispettando i normali processi che trasformavano vescovi ausiliari in arcivescovi, gli arcivescovi in ​​cardinali eccetera. Non c'erano "rimozioni", non c'erano campagne contro il dissenso, non c'erano purghe. Francesco sembra molto più frettoloso di loro. Persino personalità a lui vicine come il boss dei gesuiti americani Thomas Reese disse: "... sono felice che Francesco ponga le condizioni per fare in modo che il prossimo papa sia come lui... ma questi metodi costituiscono un pericoloso precedente che penderà come una spada di Damocle sulle gerarchie di ogni tendenza, le cotropurghe saranno inevitabili qualora le cose non andassero come tutti noi speriamo...". Ci fu poi il caso dei Cavalieri di Malta, un ordine benefico - e molto ricco - dotato di una sua autonomia in cui Francesco entrò a piè pari azzerando i vertici per rimpiazzarli con persone a lui gradite. La questione che fece litigare i due capi - Boeselager e Fra' Mattehew Festing - fu una distribuzione di preservativi, ma sotto covava la cenere; il primo si rivolse in Vaticano e lì presero la palla al balzo ottenendo le dimissioni di tutti i "nemici" e la reintegrazione degli "amici". Fu un caso di "annessione morbida" senza basi nel diritto internazionale. Ma si sa, papa Francesco odia i legalismi, e il tesoretto in gioco era notevole.
Nel frattempo, tra tante ambiguità, una cosa si è chiarita: il tentativo di Roma di inserirsi in una via di mezzo tra progressisti e conservatori, è un ricordo del passato. Francesco è più che mai schierato conto la tradizione, ha preso partito in modo chiaro anche se senza mai dirlo in documenti ufficiali, senza mai caricarsi di alcuna responsabilità formale. Quello che era stato uno dei tanti temi affrontati nelle prediche papali - i pericoli del farisaismo e del legalismo, i mali della rigidità, i cuori chiusi dei dottori della legge - divenne un tema costante, ripetuto settimanalmente in vari contesti. Francesco deplora di continuo il ritorno di una mentalità "in bianco e nero" tra i sacerdoti più giovani. Nelle sue uscite sempre a metà tra la gaffe e l'allusione ha avuto modo di deridere la tonaca e la tonsura di alcuni chierici tradizionalisti. Ha anche intensificato i suoi interventi non ufficiali a favore di un'interpretazione più liberale di Amoris. Quando i vescovi di Buenos Aires produssero le loro linee guida che consentivano ai sacerdoti di ammettere alcuni divorziati risposati alla comunione, è "trapelato" che il papa aveva scritto una lettera "privata" elogiando quelle linee guida e dicendo che "non erano possibili altre interpretazioni" .
Nel frattempo, il problema tanto temuto andava concretizzandosi: il relativismo della logica applicata al problema della comunione per i risposati andava estendendosi ad altre questioni, come all'intercomunione con i protestanti. Perché non consentire al coniuge protestante di un matrimonio misto di accedere alla Comunione? La pratica era già in vigore in alcuni casi limitati con gli ortodossi, ma loro riconoscevano la transustanziazione e la sacralità dell'ordine. Non era questo il caso dei luterani. Farli accedere avrebbe significato che uno puo' prendere l'eucaristia senza nemmeno credere al suo significato. Tuttavia, in nome del relativismo questa necessità puo' essere invocata (perché turbare la serenità della coppia?) e nel 2016, in occasione del seicentesimo anniversario della riforma, Walter Kasper si augurò questo passo di fronte ad un papa che segnalava il suo favore per la misura rispondendo così a una luterana che chiedeva il permesso di comunicarsi con suo marito: "... parla nel tuo cuore con Dio e procedi. Non ho altro da dirti". Un altro caso fu quello canadese, quando in quel paese si deliberò una legge per il suicidio assistito, i vescovi scrissero una lettera in cui ricordavano i doveri dei cattolici, in particolare i doveri dei pastori che in casi del genere devono recare conforto senza però concedere i sacramenti. Ma alcuni di loro presero le distanze, e citando il relativismo di Francesco sostennero che in alcuni casi il sacramento deve essere incluso nel conforto dovuto. Queste ed altre lezioni sono un monito per i conservatori silenti: accondiscendere non garantisce affatto la stabilità. Tutt'altro.
E i conservatori non-silenti? Fondamentalmente furono quelli senza incarichi, quelli già in pensione senza nulla da perdere e quindi al riparo dalle purghe di Francesco. Costoro espressero i loro dubbi chiedendo esplicitamente a Francesco: "il documento X consente la pratica Y?". Una formula analitica del tutto estranea al mondo nebuloso dove vive il nuovo papa. Oserei dire una forma "violenta" di chiarezza. Burke, Brandmuller, Meisner e Caffarra, teologicamente dei pesi massimi, posero i cosiddetti "dubia" chiedendo se l' insegnamento che bandiva i divorziati risposati dalla comunione doveva ritenersi abbandonato e se l'insegnamento per cui le circostanze e le intenzioni soggettive non possono trasformare la natura di un atto intrinsecamente peccaminoso aveva subito la medesima sorte. Papa Francesco scelse di non rispondere e ordinò alla CDF di fare altrettanto. I cardinali scomodi, con una mossa inusuale, decisero così di rendere pubblici i dubia. Il papa continuò ad ignorare la questione ma prese l'altrettanto inusuale decisione di cancellare l'incontro generale con i cardinali. E così oggi i dubia restano lì, sospesi, senza una risposta ufficiale, a testimoniare una questione insoluta per alcuni, e una provocazione arrogante per altri. Spadaro, Kasper e Cupich, infatti, li declassarono a questione priva di contenuti, un mero attacco al papa che aveva già fatto chiarezza in abbondanza (sic). Il capo dei vescovi greci arrivò ad accusare gli autori dei dubia di apostasia ed eresia per aver attaccato l'autorità petrina. Alcuni cardinali intimoriti - come Pell e Sarah - offrirono un supporto poco deciso. In genere ci si divideva e il silenzio era l'opzione preferita dalla maggioranza. Ora sappiamo perché.
Ambiguità, purghe, silenzio, no comment. Il magistero di Francesco, nonché la sua grande riforma della chiesa, si fonda su questi pilastri.

mercoledì 6 novembre 2019

I PAPI CATTIVI

I PAPI CATTIVI
Lo strano pontificato di Francesco ha spiazzato parecchi cattolici facendoli reagire in modo non meno strano. Consiglio: calma e gesso. Procediamo con ordine: primo, impariamo la lezione del passato.
1) I sicofanti - Un gruppo di cattolici sembrano far finta di niente, non scorgono alcuna difficoltà. Per loro nell'azione di Francesco non c'è nulla di problematico: sono i nostri occhi e le nostre orecchie a tradirci, è la nostra pignoleria che ci fa cavillare.
2) Panico - Dall'altra parte c'è chi cede al panico e reagisce in modo scomposto trincerandosi nel sedevacantismo o considerando una conversione all'Ortodossia orientale.
3) Storia - Tutto questo è decisamente fuorviante ed evidenzia una certa ignoranza della teologia ma soprattutto della storia: abbiamo vissuto momenti ben peggiori! Senonché, una saggia dottrina resiliente ci ha sempre salvato.
4) Infallibilità - Sia una parte dello schieramento che l'altro pensano che da qualche parte si annidi un papa infallibile che sta sbagliando o ha sbagliato in passato. Forse non si sa che molti papi del passato hanno preso cantonate clamorose restando pur sempre infallibili. I criteri per pronunciarsi ex cathedra sono infatti sia stringenti che soggetti ad interpretazione. Ergo: ben raramente trovano applicazione.
5) Papi in errore - Quanti! E che errori!... Esempi. Onorio I fu condannato in modo sprezzante dai suoi successori, Stefano VI allestì un bizzarro "sinodo del cadavere", Giovanni XII fu una specie di Caligola e Giovanni XXII costellò il suo papato con strafalcioni dottrinari. Eppure tutti costoro possono essere ben dichiarati infallibili attenendosi alle condizioni fissate nel Vaticano I. Comunque, in fondo all'articolo trovate i vari link alle varie storie, tutte educative.
6) Vigilio - Fu un esempio particolarmente istruttivo. Amico dell' "imperatrice" Teodora, nota adepta del monofisismo, si accordò con lei per uno scambio: l'elezione al Soglio contro il ripudio di Calcedonia (il concilio che condannava l'eresia).
7) Silverio - Ma un papa era nel frattempo già stato eletto: Silverio. Nessun problema, fu deposto con false accuse e mandato in esilio per poterlo rimpiazzare col fidato Vigilio.
8) Problemi - La teologia di Vigilio fu alquanto problematica, doveva barcamenarsi tra Calcedonia e monofisismo. Insomma, possiamo ben dire che, pur facendo concessioni all'eresia, non mantenne in pieno la promessa fatta a Teodora.
9) Scisma dei tre capitoli - Giustiniano, l'imperatore, decise di intervenire per placare il contrasto tra monofisiti (tra cui sua moglie) e ortodossi spingendo per la condanna del lavoro di tre teologi in odore di eresia nestoriana (l'eresia contraria al monofisitismo). Una condanna che indirettamente riabilitava i monofisiti.
10) Scisma - L'ipotesi di condanna fu giudicata palesemente ingiusta dai vescovoni poiché Calcedonia era al corrente del loro lavoro di questa gente e non aveva emesso nessuna condanna nei loro confronti. Vigilio stesso dapprima si rifiutò di pronunciarla, poi, sotto pressione, acconsentì. Fu subito denunciato da molti prelati di rilievo per aver tradito Calcedonia.
11) Cartagine - Un sinodo straordianario a Cartagine scomunicò Vigilio, il quale ritirò la sua condanna. In seguito, stressato dall'imperatore, la ripropose pari pari.
12) Finale - Quando Vigilio morì la sua reputazione era piuttosto bassa, e si capisce. Non fu nemmeno sepolto in San Pietro, tanto per dire.
13) Legittimità - Cosa pensare innanzitutto dell'elezione di Vigilio? Era legittima. E cosa pensare del suo pensiero? Era ortodosso? Considerate che la vicenda teologica era un ginepraio, qualcosa di molto complicato da giudicare, e Vigilio nemmeno sapeva il greco, non potendo così avere accesso diretto ai testi.
14) Pressioni - Il povero papa agì sempre sotto la pressione di altri poteri, si puo' arrivare a dire che errò essendo comunque in condizioni che salvaguardavano la sua infallibilità. In proposito è da leggere l'articolata difesa che di lui fece Roberto Bellarmino al capitolo 10 del suo famoso libro sui pontefici.
15) Il vero papa - Sicuramente, solo dopo la morte in esilio di Silverio, Vigilio poteva dirsi il vero Papa. Purtroppo, anche dopo questo fatto forse espresse simpatie per il monofisismo. In ogni caso ebbe parole molto ambigue in merito.
16) Parallelo - Ricapitoliamo, abbiamo qui un papa salito al soglio in seguito alle dimissioni rassegnate sotto pressione dal suo predecessore. Un papa la cui elezione sembra sollevare qualche dubbio di legittimità. Un papa che ha poi regnato utilizzando un linguaggio oscuro finalizzato a dare un contentino a tutti. Vi suona familiare una figura del genere?
17 Benedetto - Si tenga presente questo fatto: non sembra che Benedetto abbia del tutto rinunciato alla sua carica, ha rinunciato piuttosto ad esercitarla "attivamente" per limitarsi ad un esercizio "contemplativo". Come interpretare?
18) Georg Ganswein - Per l'arcivescovo, Benedetto ha "esteso" il ministero petrino. Vista la vicinanza tra i due si puo' ben dire che sia questo il pensiero di Benedetto stesso, sebbene sia stato più volte ribadito che le dimissioni date siano incontrovertibili.
19) Accade! - Cari cattolici, non scoraggiatevi, non siate ingenui o disperati: certe cose accadono! Francesco non è una novità assoluta, in passao c'è stato ben di peggio, la Chiesa è abituata a tanta ambiguità. Se la giudichiamo indistruttibile è perché in passato diverse forze distruttrici si sono avventate su di lei. Non abbandonatela nel momento del bisogno.
20) Libri - "I papi cattivi" E.R. Chamberlein - "I cattivi pastori" di Rod Bennett.
EDWARDFESER.BLOGSPOT.COM
The increasingly strange pontificate of Pope Francis is leading many Catholics into increasingly strange behavior. Some, like the emper...

mercoledì 30 ottobre 2019

L'EQUIVOCO DEI CATTOLICI CONSERVATORI

In questo saggio del 2016 l'ateo-non-devoto Loris Zanatta rassicura i cattolici conservatori: papa Francesco non è e non sarà mai un papa modernista. Comunione ai divorziati? Preti sposati? Sacerdozio femminile? Inclusione degli omosessuali? Se papa Francesco concede è solo perché è fondamentalmente disinteressato a problemi del genere. A lui interessano solo i poveri. Se vi sembra teologicamente impreparato e incappa in svarioni frequenti è solo perché la teologia non è di suo interesse. A lui interessano solo i poveri. Se soprassiede sulle eresie liturgiche è solo perché considera la liturgia un orpello. A lui interessano solo i poveri. La sostanza (i poveri) deve prevalere sulla forma (etica, liturgia, teologia...).
Ecco alcuni spunti di riflessione sulla sua figura.
La Chiesa oggi. Triste constatare come ancora oggi si ripropongano gli schieramenti del Concilio. A mezzo secolo di distanza siamo ancora fermi lì. Eppure oggi sappiamo molte più cose sul mondo e su come affrontare la povertà.
Argentina. Papa Francesco (PF) si è formato nella temperie del cattolicesimo argentino, una religione che deve tutto al presidente Peron.
Peronismo. PF è un peronista, ovvero un populista sudamericano. I liberali in questi casi parlano di "Perfetto Idiota Latino-Americano", un prototipo ritagliato sulla figura del poeta Eduardo Galeano.
Liberalismo. Peronismo e cattolicesimo fanno lega nell'acerrima lotta contro il pensiero liberale. L'anti-liberalismo viscerale diventa così un tratto tipico del cattolico argentino.
Populismo bergogliano. Il "pueblo" è buono, virtuoso e moralmente superiore. Dobbiamo imparare dalla saggezza dei poveri perché è lì che si incarna realmente la parola del Cristo.
Il popolo. Per PF è un'entità astratta, eccede la somma delle parti, l'individuo si scioglie in esso. Il "tutto" è superiore alla somma delle parti.
Il Diavolo. Per quanto ne dica Scalfari, PF crede che esista, va sotto il nome di "individualismo" e "consumismo".
Identà. Il popolo ha bisogno di un'identità per le sue lotte e il cattolicesimo deve fornirgliela. La funzione del sacerdote è quella di battezzare il popolo ed affiancarlo nelle sue rivendicazioni.
Manicheismo. Nella visione bergogliana, la realtà è sempre un lotta tra popolo ed élites egoiste. Lo sposalizio con il marxismo è inevitabile.
Paganesimo. PF non lo nega e lo vede oggi presente nel dio-denaro.
Corruzione. Ma il popolo rischia sempre di essere corrotto dalle élites attraverso la tentazione consumistica.
Post-colonialismo. Quando in epoca moderna nella Chiesa il pensiero anti-liberale ha perduto la sua presa, il cattolicesimo argentino ha trovato ispirazione nel pensiero post-coloniale, terzomondista e marxista.
Il ceto medio. PF lo teme perché è il "mezzo" attraverso cui le élites corrompono i poveri.
Democrazia. A PF nn interessa se non come mezzo per raggiungere la giustizia sociale. Solo la giustizia sociale è sostanza. Democrazia, teologia, liturgia sono solo forme tenute ad adattarsi.
Venezuela. Come le vicende venzuelane non abbiano istruito PF.
Cuba. Memorabile quel discorso in cui PF metteva in guardia dal "consumismo". A Cuba. Un paese che quasi non consuma minacciato dal "consumismo".
Cuba. La dittatura è secondaria, roba da minimizzare, specie se preserva dalle sirene capitaliste attraverso un messaggio secolare ma pur sempre di stampo evangelico.
Laicità. Papa Francesco (PF) non la riesce a concepire. E' costituzionalmente un integralista. E' un integralista con le idee confuse, un integralista... dell'amore verso gli umili.
Lessicografia. Nei discorsi di PF la parola "pueblo" è largamente la più ricorrente.
Contraddizione. Come si concilia il PF che lancia strali contro la povertà con il PF che loda le virtù del povero? Con questa impostazione contraddittoria si puo' davvero lottare contro la povertà? PF sottoscriverebbe le parole di Olof Palme: "il nostro nemico non è la ricchezza, ma la povertà"? Sembrerebbe di no.
Apocalisse. In PF c'è una vena apocalittica e una richiesta di redenzione. Il suo manicheismo resta ostile ad approcci pragmatici e tecnocratici.
Utopia. PF sottovaluta i danni delle utopie redentive, eppure l'argentina ha pagato un caro prezzo. I montoneros, gruppo armato peronista che nel socialismo vedeva riflesso il vangelo e in suo nome uccideva senza remore, s’erano formati in parrocchia! D'altronde, anche in Italia molto terrorismo rosso bazzicava gli oratori.
Pluralismo. Per PF è concepibile solo come pluralismo dei "pueblos".
Intellettuali. Non hanno spazio nell'orizzonte bergogliano. La sua espressione è di tipo sentimentale e l' anti-intellettualismo ostentato.
Le intenzioni. Se sono buone salvano tutto.
Economia. L'anti-intellettualismo bandisce idee chiare e precise da discutere, bastano le intenzioni: l'economia è buona se fondata sull'amore anziché sul profitto. Oggi il mondo è dominato da un'economia che uccide.
Cile. PF non riesce a spiegarsi la parabola cilena e nemmeno personaggi politici come Macrì. Sul tema è confuso, dice che "deve pensarci". Le recenti rivolte e l'estromissione del presidente argentino lo avranno sicuramente tranquillizzato.

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Vaticano Un papa peronista? Rivista Il Mulino ( Loris Zanatta ) Da non credente, mi impressiona vedere le sberle che volano nell...

martedì 29 ottobre 2019

LI DISPREZZO COME PADRE DELL'ODIO

LI DISPREZZO COME PADRE DELL'ODIO
Papa Francesco in conclusione del Sinodo:
"C’è sempre un gruppo di cristiani, di élite, ai quali piace porre come se fosse universale questo tipo di diagnosi, molto piccola, questo tipo di risoluzioni più disciplinari. No, abbiamo vinto tutti con la diagnosi fatta e noi continuiamo ad andare avanti nelle questioni pastorali e interecclesiastiche”.
Domanda: ma perché il Papa disprezza i suoi critici e si appella a loro come ad un' "élite"? Perché afferma che hanno preoccupazioni molto "piccole"?
I suoi critici fanno altrettanto con lui? Alcuni direi di sì ma molti no. Molti sono animati da serie preoccupazioni.
Con questo atteggiamento il papa si rende odioso. Sembra quasi che lo cerchi, l'odio.

domenica 20 ottobre 2019

UN PAPA NON CATTOLICO?

UN PAPA NON CATTOLICO?

SCALFARI SU FRANCESCO: "Chi ha avuto, come a me è capitato più volte, la fortuna d’incontrarlo e di parlargli con la massima confidenza culturale, sa che papa Francesco concepisce il Cristo come Gesù di Nazareth, uomo, non Dio incarnato. Una volta incarnato, Gesù cessa di essere un Dio e diventa fino alla sua morte sulla croce un uomo".

LA SMENTITA: “come già affermato in altre occasioni, le parole che il dottor Eugenio Scalfari attribuisce tra virgolette al Santo Padre durante i colloqui con lui avuti non possono essere considerate come un resoconto fedele di quanto effettivamente detto, ma rappresentano piuttosto una personale e libera interpretazione di ciò che ha ascoltato".

CONCLUSIONE: o Scalfari è un vecchio bacucco che non comprende ciò che gli viene detto oppure Papa Francesco non è solo un papa teologicamente impreparato ma più semplicemente un papa non cattolico.olico.

martedì 7 maggio 2019

IL PAPA E’ ERETICO?

IL PAPA E’ ERETICO?
La mia impressione è che lo sia, almeno su materie come i divorziati risposati, la pena di morte, la diversità delle religioni e varie altre questioni. Ricordo che il Papa, in un certo contesto, è autorità infallibile, ma solo se non contraddice l’insegnamento della Chiesa Cattolica.
In passato ci sono stati Papi che hanno fatto affermazioni teologicamente discutibili, ma non in serie come capita oggi.  

E’ anche vero che molti lo hanno difeso riportando nel solco della dottrina certe sparate, ma si può riportare nel solco della dottrina anche chi dice “Dio non esiste”: “… ciò che intendo quando dico che Dio non "esiste" è che Egli non partecipa semplicemente all’esistenza come fanno le altre cose. Piuttosto, egli è l'essere stesso e la FONTE dell'esistenza di altre cose e bla bla bla". Ma nessuno capirebbe.

La Chiesa insegna che la salvezza delle anime è la legge suprema. Non insegna che la difesa del Papa a tutti i costi sia la legge suprema. Certi difensori del Papa non sembrano cogliere la differenza.

venerdì 25 gennaio 2019

LA CONSTITUENCY DI PAPA FRANCESCO

ALL'IMPROVVISO LA REALTA'...

Papa Francesco si rivolge con predilezione speciale a quelli che lui chiama i “movimenti popolari”, anticapitalisti e no global, specie sudamericani, che ha convocato e incontrato a più riprese; alla loro presenza pronuncia discorsi interminabili (una trentina di pagine ciascuno), veri manifesti politici del suo pontificato. Francesco ama anche i “giovani”, a cui ha dedicato anche un sinodo lo scorso ottobre. Il messaggio è monocorde: i giovani (anche loro) sono gli “scartati dalla società”, le vittime di un impoverimento progressivo del mondo, nel quale “i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri”, in un crescendo di concentrazione della ricchezza nelle mani di pochissimi e di una deliberata estensione della povertà a strati sempre più ampi della popolazione.

Fin qui Francesco... poi c’è la realtà.

Fissando a 1,90 dollari al giorno la soglia della povertà estrema, la Banca Mondiale ha calcolato che il numero di quelli che sono sotto questa soglia è crollato da 1,895 miliardi del 1990 a 736 milioni nel 2015, nonostante nel frattempo la popolazione mondiale sia aumentata da 5,3 a 7,3 miliardi. Ossia, in percentuale, quei poverissimi che erano nel 1990 il 36 per cento della popolazione mondiale, venticinque anni dopo sono scesi al 10 per cento.

Non solo. Anche alzando la soglia della povertà a 5,50 dollari al giorno, il calo è straordinario. Specie in Asia, dove quelli che sono sotto questa soglia erano nel 1990 il 95,2 per cento, mentre nel 2015 sono scesi al 35 per cento.

Inutile dire che “il dio Mercato” tanto stigmatizzato da “L’Osservatore Romano” ha avuto una parte notevolissima nella riduzione della povertà.

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