Visualizzazione post con etichetta comunione. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta comunione. Mostra tutti i post

venerdì 11 ottobre 2019

CREDI NELLA TRANSUSTANZIAZIONE?
Il problema non è che la gente non riesce a crederci (è pur sempre un mmiracolo), il problema è che non puo’ capirla. Non capisce cosa sia una “sostanza”.
Per farlo occorre essere degli aristotelici quando noi ormai siamo tutti dei “meccanicisti” fatti e finiti.

EDWARDFESER.BLOGSPOT.COM
One of the key themes of the early modern philosophers’ revolt against Scholasticism was a move away from an Aristotelian hylemorphist c...

aaa
La transustanziazione richiede una filosofia aristotelica, purtroppo Aristotele non va più di moda. Tutti vanno verso filosofie più meccanicistiche, più compatibili con il paradigma della scienza.

Aristotele è vicino al senso comune, per lui un albero è un oggetto, un ramo è parte di un albero e una foresta è una collezione di alberi. Puoi tradurre oggetto con sostanza e sostanza con identità. Tutto questo non ha senso per meccanicisti, i meccanicisti si allontanano dal senso comune. Nella versione atomistica del meccanicismo esistono infinite sostanze, ovvero gli atomi, e tutto il resto è una collezione di queste sostanze. In una versione ancora più radicale, quella di Spinoza, esiste un'unica sostanza e tutto viene formato a quella sostanza. Tu chiamalo se vuoi panteismo.

Ma torniamo alla dottrina della transustanziazione la sostanza del pane e del vino viene miracolosamente rimpiazzata dalla sostanza di Gesù. Ma se esiste un'unica sostanza come può realizzarsi questa sostituzione?  Quand’ anche la sostanza di Gesù fosse particolare poiché trattasi pur sempre di persona in parte umana in parte divina, quella del pane che regge il Sacerdote è comune a quella di tutti gli altri oggetti della terra, almeno nella versione spinoziana del meccanicismo. Nel processo di transustanziazione quindi sarebbero implicati tutti gli oggetti terrestri e non solo del pane con quella divina. Inimmaginabile.

sabato 25 agosto 2018

La religione per gli atei SAGGIO

La religione per gli atei

Al fine di chiarire come ci vedono gli atei (almeno quelli che più rispetto) rispolvero gli appunti presi nel corso della lettura di “The Elephant in the Brain: Hidden Motives in Everyday Life” scritto da Kevin Simler e Robin Hanson
  • All’ateo ingenuo la religione appare a prima vista un enorme sprecodi risorse, anche se compiuto in buona fede. Gran parte dei rituali tipici – mutilazioni, auto-flagellazioni, circoncisioni, sacrifici, martirio – appaiono controproducenti in termini di salute, ricchezza e fertilità: Darwin ne resterebbe sbigottito.
  • Ma c’è un altro mistero che va oltre i comportamenti: gli affiliati sembrano credere cose piuttosto strane (dio, angeli, fantasmi, demoni, animali parlanti, vergini che partoriscono, profezie, esorcismi, reincarnazione, inferni, paradisi, rivelazioni magiche, transustanziazioni, passeggiate sull’acqua…). Come mai persone ragionevoli arrivano a tanto?
  • La spiegazione tradizionale fornita dagli interessati è chiara: crediamo a Dio quindi andiamo in Chiesa. Crediamo nell’Inferno quindi preghiamo. Potremmo chiamare questo modello “credenza innanzitutto” CI. D’altronde, le nostre credenze determinano i nostri comportamenti in molti campi.
  • Il tipico dibattito tra religiosi e atei verte sulla ragionevolezza della fede ma molti atei (più saggi) valutano come fondamentalmente superflua una simile discussione poiché non credono nel modello CI. Per loro la fede non è infatti qualcosa che riguarda la credenza.
  • Ecco allora il loro modello alternativo: noi aderiamo a una religione perché siamo creature sociali. Potremmo definire questo modello come “religione strategia sociale” RSS. E’ chiaro che se si crede in RSS il dibattito sulla ragionevolezza della credenza è superfluo e va sostituito con il dibattito sulla funzionalità della credenza.
  • Primo indizio a favore del modello RSS: molte religioni non mettono grande enfasi sulla dottrina, si interessano poco a cio’ che realmente crede il fedele nel suo privato. In questo senso il Cristianesimo e l’ Islam sono eccezioni, Greci e Romani non avevano certo un atteggiamento simile. Induismo, Ebraismo e Shintoismo sono tradizioni culturali più che credenze in un essere soprannaturale. Tra gli ebrei, per esempio, sono molti gli atei che continuano ad osservare i rituali.
  • Altro indizio: molte attività non religiose che anche gli atei accettano come “normali” sono in realtà molto affini a quelle religiose. Quando alle Olimpiadi si suona l’Inno nazionale sembra di assistere ad una cerimonia religiosa, anziché di “fede” parliamo però di “patriottismo” ma cambia poco. Pensiamo poi al comunismo dei bei tempi o alla Nord Corea di oggi: lì tutto è liturgia. Ma i “culti” abbondano ovunque. Dai brand commerciali (Apple) all’ideologia politica, dai gruppi musicali al tifo calcistico… Ci sono poi religioni considerate unanimamente tali che non contemplano alcuna credenza in esseri soprannaturali.
  • Il fatto che la religione sia un’illusione non significa che sia dannosa, come ritengono i nuovi-atei (NA). In genere le persone sanno cosa è bene per loro cosicché le prediche dei NA suonano particolarmente fuori luogo. Oltretutto, la gran parte delle persone che va in Chiesa è socialmente ben inserita, rispettata, responsabile e ottiene risultati sopra la media in molti campi cruciali: fumano meno, fanno più volontariato, sono più generosi, hanno relazioni sociali più solide, vivono di più, si sposano di più e divorziano meno, hanno più bambini, guadagnano di più, sono meno depressi, sono più felici e realizzate. Insomma, se la religione è illusione, sembrerebbe un’illusione particolarmente proficua.
  • A che serve allora la religione? Risposta atea: a creare comunità. La religione “fa squadra”. Una comunità ordinata fa bene a tutti ma la si puo’ erigere solo rinunciando a parte del nostro egoismo, cooperare infatti è difficile perché la tentazione di “tradire” è sempre in agguato. Ma come si minimizzano i tradimenti? Scovandoli e punendoli, ma la religione ha altri assi nella sua manica, dei trucchi particolarmente utili quando scovare e punire è particolarmente difficile. Il fatto che in passato questa operazione fosse praticamente impossibile spiegherebbe l’universalità della credenza religiosa e come essa s’indebolisca solo nelle società tecnologicamente più avanzate.
  • Ma come si “crea comunità” attraverso la religione? Come si crea il cemento comunitario, ovvero la fiducia? Innanzitutto, la religione esalta e richiede dei sacrifici a prima vista insensati. A guardar bene però il sacrificio ha sempre un valore comunitario: chi consideriamo come nostro migliore alleato? Chi è leale e si sacrificherà per noi nel momento del bisogno. Ebbene, la religione ci chiede dei sacrifici rituali pubblici da compiere “in nome” del gruppo. Tali sacrifici hanno un costo (non sono facilmente falsificabili) e segnalano quindi a tutti in modo attendibile il proprio impegno per comunitario. Lo scambio sotteso è questo: ci si sacrifica personalmente in un certo ambito personale (tempo, denaro, salute…) per ottenere benefici in termini di capitale sociale in altri (fiducia). Questi ultimi ha un’utilità generale oltre che personale! Se per essere musulmano e incassare la fiducia dei correligionari bastasse dire “sono musulmano” il segnale fornito sarebbe facilmente falsificabile e quindi senza valore. Un sacrificio costoso invece non è falsificabile e puo’ riguardare il cibo (sacrificio di animali), il denaro (la decima), il tempo (la Messa), la salute (flagellazione), il piacere (castità), lo status (prostrazione), la fertilità (celibato). I sacrifici sono ovunque (mia moglie non  ha fatto l’epidurale in nome di…) Esempio, se il Papa avesse dei figli la sua lealtà sarebbe divisa tra la comunità che guida e la sua famiglia, sacrificare la seconda aumenta il capitale personale investito sulla prima e quindi l’affidabilità del soggetto. Il personaggio più affidabile della Bibbia probabilmente è Abramo. Perché lo sappiamo? Semplice, perché sappiamo che era pronto a sacrificare suo figlio in nome di Dio. Per l’ateo “dio” è un sinonimo di “comunità”.  Non a caso Abramo fu un grande leader politico. La funzione sociale assolta oggi dalle agenzie di rating e dagli speculatori era assolta ieri dal sacrificio pubblico: chi accumula punti (reputazionali) a caro prezzo difficilmente li sprecherà poi con un gesto sconsiderato, il che fornisce una garanzia di affidabilità con un chiaro risparmio sociale in termini di monitoraggio dei comportamenti personali. Ancora oggi in paesi come gli USA, tanto per dire, difficilmente verrà mai eletto un Presidente ateo.
  • Molti comandamenti religiosi hanno un contenuto sociale evidente. Alcune proibizioni, per esempio, riguardano il furto, l’assassinio, la violenza, la disonestà. Vengono per contro celebrate la generosità, la magnanimità e la compassione. Oggi per far rispettare queste condotte ci limitiamo a scovare i trasgressori e a punirli, nelle comunità religiose la deterrenza era garantita per lo più dalla minaccia di scomunica. In questo senso la partecipazione a riti costosi è ancora una volta cruciale: chi per anni è stato solerte ai riti, si è ben inserito nella comunità e ha così accumulato un ingente capitale sociale vedrà nella scomunica uno spauracchio tutt’altro che banale. Gli altri lo sanno e si fideranno quindi di lui, il che è vantaggioso per tutti! E teniamo ben presente che ci riferiamo ad epoche storiche in cui “scovare e punire” non era un’alternativa praticabile poiché praticamente impossibile causa limitatissimo controllo del territorio.
  • Altre norme riguardavano sesso e famiglia. Nel modello tradizionale cattolico ci si sposa presto, si mette (almeno in teoria) l’amore al centro, si osserva la monogamia e si hanno molti figli. Un simile modello è particolarmente funzionale alle società piccole e senza stato, i vantaggi sono evidenti: 1) tanti familiari tanta fiducia, 2) pochi scapoli giovani più sicurezza 3) matrimonio amicale paternità certa. I nemici che interferiscono con questo modello sono noti: contraccezione, aborto, divorzio, adulterio.
  • La sincronia crea comunità – la marcia militare rafforza il cameratismo, per esempio. Non chiedetemi perché ma è così, i curiosi si leggano l’abbondante letteratura in materia. All’IBM nel XX secolo e in molte corporation giapponesi ancora oggi si canta per iniziare la giornata di lavoro. Ebbene, nelle religioni la sincronia abbonda, gli Hare Krishna sono un caso estremo. I cristiani non danzano più come un tempo ma canti e preghiere recitate all’unisono sono usuali durante la Messa.
  • Nei sermoni il predicatore chiarisce ai fedeli i valori della religione. Ma il sermone ha un significato che va ben oltre a questa trasmissione di informazioni, non a caso viene tenuto nel corso del rito (la Messa). La nostra presenza pubblica sui banchi dice a tutti che stiamo ascoltando, che approviamo, e che riteniamo un’autorità chi lo pronuncia: il sermone non è l’intervento di un conferenziere a cui segue dibattito. I banchi della Chiesa non servono solo per ascoltare ma anche per farsi vedere da tutti che si sta ascoltando e per vedere chi ascolta. Fare tutto questo “insieme” è fondamentale. I teorici dei giochi direbbero che il sermone crea “conoscenza comune”, una risorsa comunitaria inestimabile. Paradosso: tutto cio’ ha valore persino se non si condivide il messaggio fondamentale e persino se tutti non condividono sapendo che tutti non condividono: l’importante, infatti, è sapere che tutti si comporteranno “come se” tutto sia “Parola di Dio” da condividere.
  • La religione fornisce anche una divisa (o un badge) in modo da distinguere chiaramente “chi è dentro” da “chi è fuori”, una funzione importante quando la società si allarga e i membri diventano anonimi. Il brand è importante anche oggi: quando Gucci mette il suo marchio su una borsa noi abbiamo una garanzia di qualità. Un cristiano che giura sulla Bibbia è più affidabile di un ateo che non ha nulla su cui giurare.
  • Ora sappiamo che Dio non è una mera superstizione ma qualcosa in qualche modo di utile: l’utilità non deriva tanto dalla credenza in sé ma dal fatto che gli altri credano che noi crediamo. Chi pensa di essere punito da Dio diventa affidabile agli occhi di chi pensa che lui pensi davvero ad una punizione divina. Questa fiducia è sia un bene pubblico che un bene privato cosicché è conveniente per noi far credere che crediamo, e il miglior modo per adempiere questa missione è… credere realmente. Ecco l’origine della fede in buona fede in un essere soprannaturale.
  • In questo resoconto restano fuori i grandi scontri sulle minuzie teologiche come per esempio la tansustanziazione o l’esatta natura della Trinità. Come possono essere spiegate adottando un modello per cui la credenza non sta al centro della fede? Ipotesi: potrebbero essere visti anch’essi come un badge, ovvero un impegno di lealtà per una confessione piuttosto che per un’altra. Poiché, come dicevo, è importante stabilire chi è dentro e chi è fuori marcare i confini è fondamentale e giustifica discussioni all’apparenza sofistiche. L’ortodossia adempie a questa funzione e lo farebbe quand’anche fosse arbitraria. Proprio quando non esistono particolari motivi per tifare Juve piuttosto che Inter la scelta di campo testimonia un impegno affidabile. Quand’anche la tua squadra non avesse nulla in più delle altre rimarrebbe pur sempre “la tua squadra”. Talvolta, più la credenza è stravagante più diventa affidabile chi vi aderisce pagando un prezzo elevato come il sacrificio del buon senso. Pensate a quanto sia affidabile un mormone che si comporta da mormone e a quanto questo sia prezioso per la comunità a cui aderisce.
  • Detto questo restano ancora da spiegare talune condotte religiose decisamente anti-darwiniane: il celibato e il martirio. Di certo si tratta di pratiche che arrecano prestigio nella comunità, è quindi comprensibile che esista un istinto in questo senso. Potremmo parlare allora di una “deriva”, ovvero di un istinto perfettamente spiegabile che in taluni soggetti si presenta in forma estrema al punto da arrecare un danno personale. La cosa è osservabile in molti contesti: lo zucchero (utile) induce anche obesità, la droga (piacevole) porta all’ overdose, senza il prezioso zelo militare non ci sarebbero i kamikaze, l’alpinismo serve a chi vive in montagna scatena anche passioni che mettono a rischio la vita umana. Adattamento e deriva evoluzionistica si presentano spesso in coppia senza contraddirsi.

giovedì 26 aprile 2018

PRIMA COMUNIONE, CATECHISTI IN CRISI

Riccardo Mariani

MEDITAZIONE SULL'EUCARESTIA
Credere o no nel miracolo della transustanziazione, ovvero nel mutarsi di una sostanza in un'altra?
Propendo per il no.
La sostanza di una cosa è, per semplificare, l'identità di quella cosa. Per esempio, la mia sostanza è la mia identità. In genere penso a me come ad uno spirito e ad un corpo particolare. La scienza, si noti, non ha nulla da dire in merito poiché non si occupa dello spirito, ma nemmeno puo' isolare "pezzi" di materia. L'unica cosa che isola sono gli atomi, tutto il resto è semplicemente "materia". Chi crede nell'identità personale, e penso che tutti ci credano, ha fiducia in un sapere che va oltre quello scientifico.
Io ho una mia identità. Gesù ha una sua identità. Il pane dell'altare ha una sua identità. L'eucarestia è il miracolo tale per cui la sostanza del pane presente qui ed ora si muta nella sostanza del Cristo.
Ho due problemi con questo avvenimento. Primo, la mia sostanza (e quindi anche quella di Gesù) ricomprende il mio corpo? Non ne vedo la necessità, quindi meglio semplificare con un no. Secondo, il pane ha una sua sostanza? Non ne vedo la necessità, quindi meglio semplificare considerando esauriente il resoconto della scienza, almeno sulle "cose" prive di intelligenza (coscienza, spirito, anima...).
Con il pane privo di sostanza e la sostanza del Cristo priva di un aspetto materiale, la transustanziazione perde di senso. Come potremmo trasformare la solennità dell'Eucarestia in assenza di transustanziazione? Potremmo dire che nell'Eucarestia Dio si fa presente. Ma Dio è sempre presente. Anche se preghi in casa tua Dio è presente e ti ascolta. E allora, cosa resta? Proposta: un momento privilegiato in cui la voce del fedele, unendosi a quella della Chiesa, si fa più alta e più vicina alle orecchie di Dio. Naturalmente, un cattolico tradizionale obbietterebbe che non occorre "alzare la voce" quando si parla con Dio. Ma questo invaliderebbe la preghiera petitoria, che invece ha senso per un cattolico libertario: Dio ci ha donato una libertà talmente radicale che siamo in grado di sorprenderlo, per esempio, mostrando l'entità della nostra gioia e del nostro dolore. Ecco, l'Eucarestia è un momento privilegiato in cui, oltre ad adorare il Mistero divino, disveliamo il nostro mistero alla divinità.



OBIEZIONE: Potrei accettare il dogma su base immanentista, ovvero allentando il mio dualismo sostanziale di partenza: lo spirito, per l'immanentista, richiede un corpo "particolare" a ui ancorarsi, almeno nella fase di emersione, di solito il cervello con la sua particolare configurazione atomica. E' una concessione abbastanza facile da fare poiché, dopotutto, praticamente tutti le "intelligenze" che incontriamo assumono questa modalità. Ecco, attraverso un miracolo, la configurazione atomica del pane fa emergere lo spirito di Cristo rendendolo presente così come lo era quando si incarnò sulla terra. In maniera provocatoria direi che il pane fa, per un istante, le funzioni che il laico attribuisce al cervello. Si tratta di un miracolo particolarmente miracoloso ma, tutto sommato, immaginabile e quindi oggetto di fede. Dovrei pensarci ma non escludo di tornare a credere alla presenza reale. 
Adesso
YouTube


PRIMA COMUNIONE, CATECHISTI IN CRISI
Come spiegare il Mistero dell’ Eucarestia a un bambino? Come rendere il concetto di Presenza Reale? La dottrina della Transustanziazione – quella ufficiale - non la capisco nemmeno io, e probabilmente è anche sbagliata. Fortunatamente un bambino capisce molto bene la dottrina dell’Incarnazione, i cartoni animati, tanto per dire, sono pieni di esseri che s’incarnano in altri esseri. Alla TV ho appena visto un mago malvagio che s’incarna in un corvo per meglio spiare le mosse dei suoi antagonisti, la comprensione di questa vicenda è stata perfetta, sui divani nessuno ha battuto ciglio o sollevato obiezioni. Si potrebbe allora dire che Dio, al momento della consacrazione, s’incarna nel pane e nel vino (s’impana e s’invina) in memoria della prima incarnazione, quella ancor più spettacolare che si realizzò in un corpo umano.
YOUTUBE.COM
Significato, Celebrazione, Comunione, Adorazione Don Enrico Finotti, liturgista
Mi piaceVedi altre reazioni
Commenta
Commenti

Andiamo alla sostanza

Ha ancora senso parlare di “essenza” (o di sostanza)?

Nella filosofia aristotelica, e quindi tomistica, il concetto era importante poiché a tutte le cose erano costituite da materia + forma. La distinzione richiama quella tra sostanza e accidente. In altre parole, la sostanza conferisce identità alla cosa mentre la forma stabilisce come quella cosa si manifesti nella realtà.

Identità e sostanza sono strettamente collegate. Ma per le cose a conferire identità basta la forma: non esistono due oggetti perfettamente uguali. Per le persone è un po’ diverso: due gemelli sono formalmente uguali ma sono persone diverse, in un caso del genere è la sostanza ad identificarli. Faccio un altro esempio: se mi taglio le unghie la mia “sostanza” non cambia, chi mi ama continuerà ad amarmi anche con le unghie corte. Anche se mi taglio un braccio vale lo stesso. Per chi crede nell’anima anche se il mio corpo corpo si dissolve io continuo ad esistere, tant’è che sono oggetto di preghiere in suffragio. Questo perché la mia sostanza (identità) risiede in un’anima immortale. Per le persone ha senso ipotizzare un’anima ma per le cose no (non è necessaria per identificarle). Se la forma di qualcosa si dissolve non ha senso ipotizzare che continui ad esistere, quand’anche la materia che la costituiva continuerà ed esistere. Riassumendo: la persona ha un corpo e un’anima (dualismo sostanziale), le cose materiali no.

La generalizzazione aristotelica non è quindi necessaria. Il concetto di sostanza è ancora utile ma vale solo per le persone.


Nella dottrina cattolica la cosa è rilevante in tema di eucarestia: cosa significa che il pane diventa corpo di Cristo? La scolastica ci dice che muta sostanza ma come abbiamo visto la cosa ha poco senso se per gli oggetti materiali (pane) possiamo evitare di parlare di sostanza. Meglio allora pensare il processo miracoloso della “presenza reale” come ad un’incarnazione del Figlio nel pane (anziché in un corpo umano come avvenne la prima volta). Il pane si fa corpo di Cristo, mantiene le sue molecole ma acquisisce un'identità che prima, in quanto oggetto, non aveva senso postulare.

Transubstantiation vs. Real Presence

Transubstantiation vs. Real Presence (blog.kennypearce.net):





"Here is the metaphysical background: Aristotle was a proponent of what is called a "hylomorphic" metaphysics. That is, he affirmed that material objects were made up of "matter" (Gr. hylas) and "form" (Gr. morphos). There is a lot more complexity than this, but this is the basic idea. This is related to his distinction between "substance" or "essence" (Gr. ousia) and "accident" (I don't know the Greek word for this). The matter of an object is the stuff it's made out of, and it's form is its shape or organization. For the Scholastics, the Latin "species" seems to have been related to Aristotle's "form" but been more closely related to our cognition (the Catholic Encyclopedia article on this didn't make that much sense to me). Objects also have an essence, which is that in virtue of which it is the thing it is, and various accidents, or properties that could change without the object being destroyed. Often, the essence of an object is thought to be a collection of essential properties; thus I might be essentially human."



The last thing I want to cover is the issue of the Platonist leanings of many of the early fathers, notably the Alexandrians and Augustine. I shouldn't have to take pains to show this, because the Catholic Encyclopedia says, "even Augustine was deprived of a clear conception of Transubstantiation, so long as he was held in the bonds of Platonism." Nevertheless, I will at least try to explain it.
Platonism holds that material objects are what they are in virtue of their "participation" (more literally: "having a share") in a transcendant, changeless, immaterial "form" (not morphos, but eidos or idea, which Aristotle also uses, but in a somewhat different meaning than morphos, I think). You and I are both human because we participate in the form of Human, or, as Plato often says Humanity Itself. The bread is bread because of its relationship to Bread Itself. Things are, of course, generally participants in multiple forms, and everything is a participant in Goodness Itself to a greater or lesser degree because Plato holds to a privation theory of evil (which is where Augustine got it), so anything that had no goodness at all would not exist. Christian Platonists generally want to avoid the idea that the forms are co-eternal with and independent of God, so they say that they exist in God's understanding.
A Platonist does not have a concept of an essence as an Aristotelian does. Furthermore, Plato himself, and I believe most Platonists following him, generally cashes out "participation" in terms of "being patterned after." It is very difficult to see how the bread could change from being patterned after bread to being patterned after the body of Christ without any perceptible change. In what would the patterning consist? How does this object resemble a human body, and how Christ's body in particular? Now, there must be some way of getting this to work, because Father Nicolas Malebranche was a very intelligent Platonist Catholic priest in the 17th/18th century, after the Council of Trent, and he must have come up with something, but I don't know what he said.
At any rate, it is highly unlikely that any Christian Platonist held to anything like transubstantiation prior to Malebranche, and a great many of the early fathers, including, as I have said, the Alexandrian school and Augustine, were Platonists.
The situation is even worse for idealists such as myself (or 18th century Anglican Bishop George Berkeley). We don't believe that there is any such thing as the essence or substance or matter of the bread. All that exists, according to idealism, is what the Scholastics would call the "species." Transubstantiation is thus puzzling for the Aristotelian, more puzzling for the Platonist, and completely incoherent for the idealist. I should also note that most contemporary philosophers don't believe in any of these three theories, but transubstantiation is probably also incoherent for them, since material objects don't have undetectible essences (though they may have essential properties).
Now, a Christian idealist does have to come up with some explanation for the bodily resurrection and be able to say that the body that is raised is in some sense the same body although it is radically transformed in terms of its phenomenal properties. Whatever solution one comes up with for this problem could probably also be used to make sense of the doctrine of the Real Presence. However, this view cannot possibly look anything like transubstantiation, for the reasons discussed above.


'via Blog this'

Cosa succede nel corso della Comunione?

E' difficile capire come sia possibile che il pane della Messa si trasformi nel Corpo di Cristo. Bisogna escludere che delle molecole di quel corpo tornino (come avverrà il giorno della resurrezione), si dice con Aristotele che l'azione è a livello di "essenza" ma molti cattolici non credono nell'esistenza delle essenze (è un concetto superfluo). Una soluzione c'è: il Figlio potrebbe tornare ad incarnarsi nel pane così come si è incarnato in un corpo umano a suo tempo. Due nature che si uniscono nel ricordo della prima incarnazione. Una presenza che non viene banalizzata dall'Onnipresenza di Dio... forse il problema è risolto.



Arcadi on Idealism and the Eucharist (blog.kennypearce.net): "To answer this question, Arcadi considers three theories: transubstantiation, consubstantiation, and impanation. Now, the doctrine of transubstantiation is standardly explicated in the jargon of Aristotelian metaphysics and this, one might suppose, makes it obviously inconsistent with idealism, a radically anti-Aristotelian metaphysical doctrine. (Indeed, this is precisely what I would have said prior to reading this article!) However, Arcadi argues that this is too quick, for transubstantiation can be formulated without this jargon. What the doctrine claims, at bottom, is that, when the elements are consecrated, the bread ceases to be present and the body of Christ begins to be present, although the sensible qualities of bread remain throughout, and the sensible qualities of the body of Christ are absent throughout. Consubstantiation is precisely the same, except that it holds that the bread continues to be present (201-2). Now these views, Arcadi argues, do turn out to be inconsistent with (Berkeleian) idealism. The reason is that a core principle of Berkeleian idealism is the refusal to distinguish the bread itself from its sensible qualities. Hence, for the Berkeleian, as long as the sensible qualities of bread are present, the bread is present, and as long as the sensible qualities of the body of Christ are absent, the body of Christ is absent (203-4).

According to the third view, impanation, Christ comes to bear to the bread a relation that is somehow similar or analogous to the hypostatic union of the two natures in Christ, or Christ's relation to his human body. Arcadi favors the latter approach, and argues that it is consistent with idealism: the bread (while remaining bread) comes to be the body of Christ in the sense that it comes to be related to Christ in the same way Christ's human body is related to him. As indicated at 213n26, consistency with the Chalcedonian Definition appears to require that the relevant relation, on this picture, be a relation to Christ's human soul. Arcadi takes the Berkeleian picture to hold that a given soul is embodied in a particular body just if it bears the right perceptual relation to the sensible qualities of that body (206-8). Clearly, there is no metaphysical difficulty in God's bringing it about that Christ's human soul bears this relation to the Eucharistic bread."



'via Blog this'

lunedì 26 ottobre 2015

Passa la Comunione ai divorziati risposati

La Comunione ai divorziati risposati sembrerebbe passata.

"I battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane ...

... occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito LITURGICO, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate...

... in alcune circostanze «l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate» (CCC, 1735) a causa di diversi condizionamenti...

... il giudizio su una situazione oggettiva non deve portare ad un giudizio sulla «imputabilità soggettiva»..."