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venerdì 3 maggio 2019

LA LOBBY DEGLI AFFARI
Non esiste. Non ci credo. 
O quanto meno è sopravvalutata. 
Di solito entra in azione giusto per ridurre al minimo il rischio legale o per decifrare regolamentazioni governative complesse. Roba da poco, spesso più che legittima.
Recentemente si è parlato di di quell’Arata che avrebbe fatto pressioni foraggiando un certo Siri per ottenere un emendamento a sostegno delle energie alternative. Capirai che impressione mi fa, mi viene da ridere. Con la marea montante di “grete” e “gretini” un emendamento del genere rappresenta una medaglia da sfoggiare per qualsiasi governo, non certo una pratica da tenere nascosta nell’armadio degli scheletri.
Sono invece sottovalutati i meriti storici della lobby affaristica, eccone tre, giusto per gradire:
1) Piani regolatori. Se il settore delle costruzioni non si stancasse di perorare il diritto a costruire, la regolamentazione avrebbe da tempo soffocato lo sviluppo e fatto esplodere i prezzi delle case (già oggi molto alti!). L’uomo della strada giudica male la costruzione di nuovi edifici: più traffico, più rumore, svalutazione delle altre case, danni all’ambiente…
2) Lo stesso vale per la regolamentazione del mercato del lavoro. L’uomo della strada stravede per salari minimi, restrizioni di licenziamento, sussidi obbligatori, eccetera. Ma queste imposizioni hanno effetti collaterali terribili, specialmente in termini di disoccupazione. Lo sa bene l’Europa che indulgendo in tentazioni del genere ha perso da 30 anni i suoi primati economici a danno degli USA.

3) Infine, non dimentichiamo l'immigrazione. Mentre il mondo degli affari di rado si batte apertamente per aprire le frontiere, nemmeno si oppone all'immigrazione esistente, di solito portando argomenti solidi.

Conclusione: in una democrazia il parere degli elettori pesa immensamente più di quello delle lobbies!

Ahimè, viene da dire in questo periodo.

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giovedì 23 novembre 2017

Interesse particolare

Interesse particolare

Le lobby sono lo spettro di ogni democrazia.
Con la loro azione inquinano la ricerca del bene comunedeviandola su odiosi interessi particolari.
Come neutralizzarle?
La maggior parte dei tentativi è naufragata nello sforzo didefinire il concetto di “interesse pubblico”. In effetti, se non ne abbiamo una chiara nozione diventa difficile determinare, anche solo in via teorica, il grado in cui l’attività dei gruppi di pressione interferisce nei processi democratici.
La cosa più pratica è pensare all’interesse pubblico come a ciò che la comunità sceglie in modo unanime. Tuttavia, è altrettanto chiaro che il criterio di unanimità nelle scelte pubbliche risulta impraticabile.
Per questo motivo si ricorre al criterio di maggioranza, dove i gruppi di pressione si ritrovano come topi nel formaggio.
I gruppi di pressione diventano un pericolo quando sono in tanti e possono agire di concerto attraverso il cosiddetto “voto di scambio” (logrolling): io faccio un favore a te e tu lo fai a me. Tanto paga la comunità.
In termini più concreti: io voto la leggina che tutela i tuoi interessi particolari e tu voti la mia.
La conseguenza di tutto ciò sarà l’espansione del settore pubblico, della regolamentazione discriminatoria  e della spesa pubblica. Le leggine di cui parliamo, infatti, non sono altro che provvedimenti volti ad indirizzare la spesa pubblica e le regole a favore di individui particolari.
I vantaggi particolaristici possono essere assicurati in due modi. In primo luogo, possono essere approvate decisioni che producono benefici concentrati a vantaggio di individui e gruppi particolari mentre impongono costi generali a tutti i membri della collettività. In secondo luogo, possono essere approvate decisioni che procurano benefici a tutti i membri della collettività, ma impongono costi su particolari individui e gruppi.
Un mezzo per tenere la barra dritta potrebbe consistere nel richiedere che quegli individui e gruppi che conseguono vantaggi particolari siano anche chiamati a sostenere i costi.
Ma un rimedio del genere è chiaramente limitato.
Supponiamo ad esempio che il problema in discussione sia l’erogazione di fondi statali a sostegno del turismo siciliano, imporre una speciale tasse ai cittadini siciliani per finanziare questo provvedimento sarebbe ovviamente contraddittorio. Nonostante questo, è relativamente facile osservare che, se questo aiuto dovesse essere finanziato mediante tasse generali si può arrivare al punto di scoperchiare un vero e proprio vaso di Pandora. Si inaugurerebbe il cosiddetto “assalto alla diligenza“.
Un modo per eliminare questo tipo di distorsione sarebbe quello di richiedere che progetti del genere siano votati, e magari anche finanziati mediante tasse imposte a gruppi specifici di popolazione diversi dai destinatari dei benefici.
Per esempio, se i fondi designati per gli aiuti al turismo siciliano fossero prelevati mediante speciali tasse imposte (“normalizzate”) soltanto ai cittadini lombardi, allora potremmo essere sicuri che il potere di influenza dei gruppi di pressione sarà scalfito.
È chiaro che se i lombardi votano per sostenere il turismo siciliano abbiamo la garanzia che il bene finanziato è un bene pubblico e non particolare.
Può darsi che i cittadini lombardi non votino per il sostegno del turismo siciliano  per ignoranza, ovvero perché non sanno qual è il reale interesse pubblico. Ma questo è un altro problema rispetto a quello dei gruppi di pressione.
In ogni caso, un comportamento del genere avrebbe come inconveniente un’insufficiente spesa pubblica anziché una sua esplosione. Tutto sommato il minore dei mali in democrazia.
E chi deciderà sui fondi da stanziare per l’Expo milanese? I contribuenti siciliani?
No, poiché in un caso del genere il voto di scambio sarebbe dietro l’angolo: io ti do il sostegno all’Expo e tu mi dai il sostegno al turismo.
Saranno invece i cittadini umbri, per esempio. Quanto più gli incroci saranno complessi e casuali, tanto più il voto di scambio sarà scongiurato.
Nessun testo alternativo automatico disponibile.

sabato 22 aprile 2017

Una difesa delle lobby SAGGIO

Cosa occorre per una ricerca accurata della verità?
I due ingredienti essenziali:
1) informazioni accurate,
2) onestà intellettuale.
***
Cosa disturba di più l’onestà intellettuale?
I due candidati più evidenti:
1) l’interesse,
2) l’ideologia.
***
Come viene disturbata l’onestà intellettuale?
Vediamo i meccanismi più immediati di disturbo:
1) l’interesse raccoglie in modo accurato le informazioni ma poi decide senza onestà intellettuale,
2) l’ideologia non raccoglie in modo accurato le informazioni e, inoltre, decide senza onestà intellettuale.
***
Conclusione: l’interesse interferisce meno dell’ideologia nella ricerca della verità poiché, perlomeno, consente la raccolta accurata delle informazioni.
***
Adesso stabilisco un’analogia facile da accettare poiché la ricerca di una politica sociale adeguata assomiglia molto alla ricerca della verità.
***
In democrazia, chi sceglie le politiche governative?
I due attori principali:
1) gli elettori,
2) le lobby (o poteri forti).
***
Cosa disturba di più la ricerca di politiche adeguate?
Le due interferenze più accreditate:
1) negli elettori l’ideologia,
2) nelle lobby gli interessi.
***
Per quanto detto prima la distorsione creata dall’influenza delle lobby è preferibile a quella creata dal voto popolare. Perlomeno le prime hanno una conoscenza accurata dei problemi.
***
Adesso, prima di passare alle obiezioni, cerco di esprimere lo stesso concetto in termini etici. Anche qui, infatti, è possibile constatare come l’interesse faccia meno danni che la superstizione.
Nel mondo della filosofia morale esiste il Male e l’ Ingiustizia.
Il Male procura dolore a tutti. E’, per così dire, un’ingiustizia verso tutti. L’origine del male è la stupidità: solo uno stupido puo’ compere azioni che lo danneggiano.
L’ingiustizia intercorre tra due parti: A beneficia ingiustamente di qualcosa che sottrae a B. L’origine dell’ingiustizia è la cattiveria: solo una persona cattiva colpisce il prossimo senza rispettare i precetti.
In questo senso l’ Ingiustizia, pur essendo condannabile, resta un male depotenziato poiché prevede sia un bene (quello del ladro) che un male puro (quello del derubato).
Ebbene, l’ideologia distorce le decisioni rischiando di produrre un Male. L’interesse distorce le decisioni rischiando di produrre un’ Ingiustizia.
In questo senso, come appena detto, meglio l’ Ingiustizia che il Male. Ma allora meglio l’interesse che l’ideologia. E quindi meglio le lobby che gli elettori.
***
Obiezione 1: nella ricerca della verità, basta una distorsione per mandare all’aria tutto. In questo senso elettori e lobby fanno gli stessi danni.
Risposta: non è detto che le distorsioni minino necessariamente la ricerca della verità.
Esempio: una volta la FIAT diceva: “quel che è bene per la FIAT è bene per il paese”. Questo non è vero, ma a volte è vero. Le autostrade italiane sono state costruite “per il bene della FIAT” ma il Paese ne ha beneficiato, difficile dubitarne.
Altro esempio: molti liberali sono ideologizzati peggio dei marxisti ma questo non significa che una politica liberale non sia di beneficio al Paese.
Quanto dico vale sia per la “distorsione interesse” che per la “distorsione ideologica”, sia chiaro.
Ma se è così, allora meglio avere MENO distorsioni che PIU’ distorsioni. Meglio le lobby che gli elettori. Almeno le lobby conoscono i problemi, hanno informazioni accurate. E’ solo una condizione necessaria per far bene, è vero, ma sempre meglio soddisfarla che no.
***
Obiezione 2: le distorsioni si riequilibrano. In questo senso il loro numero non conta.
E’ una pia illusione che le distorsioni si riequilibrino: di certo la cosa è dubbia per le distorsioni ideologiche poiché gli errori cognitivi che sfrutta l’ideologia sono perlopiù sistematici (ovvero si rafforzano, non si riequilibrano).
E’ addirittura più facile che si riequilibrino le distorsioni frutto di interessi. Infatti, spesso, gli interessi sono contrapposti: Uber contro i tassisti o Google contro i giornali, o Amazon contro le librerie, o la Borsa contro le Banche, per esempio.
***
Obiezione 3: in realtà anche gli elettori votano guidati dal portafoglio, ovvero per interesse. Il danno che producono, in questo senso, non puo’ essere superiore a quello delle lobby.
Il problema è empiricoNon sembra affatto che gli elettori seguano i loro interessi quando votano. Ecco l’economista Bryan Caplan sui poveri che votano per “meno tasse ai ricchi”, sui giovani che votano per “non toccare le pensioni” e sulle donne che votano (più degli uomini) per “preservare la vita in grembo del più debole”…
… Empirically, there is little connection between voting and material interests. Contrary to popular stereotypes of the rich Republican and the poor Democrat, income and party identity are only loosely related. The elderly are if anything slightly less supportive of Social Security and Medicare than the rest of the population. Men are more pro-choice than women
Ancora su ricchezza e affiliazione politica
… Both economists and the public almost automatically accept the view that poor people are liberal Democrats and rich people are conservative Republicans. The data paint a quite different picture. At least in the United States, there is only a flimsy connection between individuals’ incomes and their ideology or party. The sign fits the stereotype: As your income rises, you are more likely to be conservative and Republican. But the effect is small, and shrinks further after controlling for race. A black millionaire is more likely to be a Democrat than a white janitor.25 The Republicans might be the party for the rich, but they are not the party of the rich…
Ancora sul voto di ricchi e vecchi
… the rich are not trying to advance upper-class interests, it does not follow that the interests of the poor suffer. Similarly, just because the old vote in greater numbers, it does not follow that the young lose out. For that fear to be justified, the young would have to be less supportive of old-age programs than their seniors. They are not…
E chiudo con una bibliografia sulla disconnessione tra voto e portafoglio…
… For overviews of the empirical evidence on the self-interested voter hypothesis, see Mansbridge (1990), Sears and Funk (1990), Citrin and Green (1990), and Sears et al. (1980). On income and party identification, see Gelman et al. (2005), Luttbeg and Martinez (1990), and Kamieniecki (1985). On age and policy preferences, see Ponza et al. (1988). On gender and public opinion about abortion, see Shapiro and Mahajan (1986)…
Ultima nota: se l’elettore fosse razionale nemmeno andrebbe a votare.
***
Ma se l’elettore non vota secondo i suoi interessi, cosa lo guida?
Non resta che l’ideologia. Ideologia intesa in senso lato: la voglia di dire qualcosa di “bello”, di “socialmente desiderabile”, oppure anche di trasgressivo (avete tutti torto e io ho ragione!). Vota per esprimersi.
Ma la molla dell’ “espressività” – come appena visto – fa più danni della molla dell’interesse.
***
Che fare?
Togliere peso all’elettore? Sì, è l’unica via.
Ma se l’elettore si accorge che la sua espressione democratica è silenziata potrebbe trovare forme più pericolose per esprimersi!? Forse la valvola di sfogo della democrazia è necessaria proprio in quanto tale.
Giusto, allora bisogna togliergli peso di nascosto, con qualche trucchetto.
Un esempio? La democrazia rappresentativa è molto meno “democratica” della “democrazia diretta”. Nella prima l’elettore conta molto meno che nella seconda. Nella prima vota ogni 4 anni su questioni generiche, nella seconda vota ogni settimana su questioni specifiche. Tuttavia, per questioni che non sto a dire ma che sono facilmente intuibili,  questo raramente viene affermato a chiare lettere. Ecco allora, l’invenzione della “democrazia rappresentativa” rappresenta una modalità vincente per togliere peso all’elettore e far contare di più i poteri forti, il che è un bene per tutto il Paese. Bisogna proseguire su questa strada.

venerdì 24 marzo 2017

Difesa delle lobby POST POI DIVENUTO SAGGIO

Cosa occorre per una ricerca accurata della verità?
I due ingredienti essenziali:
1) informazioni accurate,
2) onestà intellettuale.
***
Cosa disturba di più l’onestà intellettuale?
I due candidati più evidenti:
1) l’interesse,
2) l’ideologia.
***
Come viene disturbata l’onestà intellettuale?
Vediamo i meccanismi più immediati di disturbo:
1) l’interesse raccoglie in modo accurato le informazioni ma poi decide senza onestà intellettuale,
2) l’ideologia non raccoglie in modo accurato le informazioni e, inoltre, decide senza onestà intellettuale.
***
Conclusione: l’interesse interferisce meno dell’ideologia nella ricerca della verità poiché, perlomeno, consente la raccolta accurata delle informazioni.
***
Adesso stabilisco un’analogia facile da accettare poiché la ricerca di una politica sociale adeguata assomiglia molto alla ricerca della verità.
***
In democrazia, chi sceglie le politiche governative?
I due attori principali:
1) gli elettori,
2) le lobby (o poteri forti).
***
Cosa disturba di più la ricerca di politiche adeguate?
Le due interferenze più accreditate:
1) negli elettori l’ideologia,
2) nelle lobby gli interessi.
***
Per quanto detto prima la distorsione creata dall’influenza delle lobby è preferibile a quella creata dal voto popolare. Perlomeno le prime hanno una conoscenza accurata dei problemi.
***
Adesso, prima di passare alle obiezioni, cerco di esprimere lo stesso concetto in termini etici. Anche qui, infatti, è possibile constatare come l’interesse faccia meno danni che la superstizione.
Nel mondo della filosofia morale esiste il Male e l’ Ingiustizia.
Il Male procura dolore a tutti. E’, per così dire, un’ingiustizia verso tutti. L’origine del male è la stupidità: solo uno stupido puo’ compere azioni che lo danneggiano.
L’ingiustizia intercorre tra due parti: A beneficia ingiustamente di qualcosa che sottrae a B. L’origine dell’ingiustizia è la cattiveria: solo una persona cattiva colpisce il prossimo senza rispettare i precetti.
In questo senso l’ Ingiustizia, pur essendo condannabile, resta un male depotenziato poiché prevede sia un bene (quello del ladro) che un male puro (quello del derubato).
Ebbene, l’ideologia distorce le decisioni rischiando di produrre un Male. L’interesse distorce le decisioni rischiando di produrre un’ Ingiustizia.
In questo senso, come appena detto, meglio l’ Ingiustizia che il Male. Ma allora meglio l’interesse che l’ideologia. E quindi meglio le lobby che gli elettori.
***
Obiezione 1: nella ricerca della verità, basta una distorsione per mandare all’aria tutto. In questo senso elettori e lobby fanno gli stessi danni.
Risposta: non è detto che le distorsioni minino necessariamente la ricerca della verità.
Esempio: una volta la FIAT diceva: “quel che è bene per la FIAT è bene per il paese”. Questo non è vero, ma a volte è vero. Le autostrade italiane sono state costruite “per il bene della FIAT” ma il Paese ne ha beneficiato, difficile dubitarne.
Altro esempio: molti liberali sono ideologizzati peggio dei marxisti ma questo non significa che una politica liberale non sia di beneficio al Paese. 
Quanto dico vale sia per la “distorsione interesse” che per la “distorsione ideologica”, sia chiaro.
Ma se è così, allora meglio avere MENO distorsioni che PIU’ distorsioni. Meglio le lobby che gli elettori. Almeno le lobby conoscono i problemi, hanno informazioni accurate. E’ solo una condizione necessaria per far bene, è vero, ma sempre meglio soddisfarla che no.
***
Obiezione 2: le distorsioni si riequilibrano. In questo senso il loro numero non conta.
E’ una pia illusione che le distorsioni si riequilibrino: di certo la cosa è dubbia per le distorsioni ideologiche poiché gli errori cognitivi che sfrutta l’ideologia sono perlopiù sistematici (ovvero si rafforzano, non si riequilibrano).
E’ addirittura più facile che si riequilibrino le distorsioni frutto di interessi. Infatti, spesso, gli interessi sono contrapposti: Uber contro i tassisti o Google contro i giornali, o Amazon contro le librerie, o la Borsa contro le Banche, per esempio.
***
Obiezione 3: in realtà anche gli elettori votano guidati dal portafoglio, ovvero per interesse. Il danno che producono, in questo senso, non puo’ essere superiore a quello delle lobby.
Il problema è empirico. Non sembra affatto che gli elettori seguano i loro interessi quando votano. Ecco l’economista Bryan Caplan sui poveri che votano per “meno tasse ai ricchi”, sui giovani che votano per “non toccare le pensioni” e sulle donne che votano (più degli uomini) per “preservare la vita in grembo del più debole”… 
… Empirically, there is little connection between voting and material interests. Contrary to popular stereotypes of the rich Republican and the poor Democrat, income and party identity are only loosely related. The elderly are if anything slightly less supportive of Social Security and Medicare than the rest of the population. Men are more pro-choice than women
Ancora su ricchezza e affiliazione politica
… Both economists and the public almost automatically accept the view that poor people are liberal Democrats and rich people are conservative Republicans. The data paint a quite different picture. At least in the United States, there is only a flimsy connection between individuals’ incomes and their ideology or party. The sign fits the stereotype: As your income rises, you are more likely to be conservative and Republican. But the effect is small, and shrinks further after controlling for race. A black millionaire is more likely to be a Democrat than a white janitor.25 The Republicans might be the party for the rich, but they are not the party of the rich…
Ancora sul voto di ricchi e vecchi
… the rich are not trying to advance upper-class interests, it does not follow that the interests of the poor suffer. Similarly, just because the old vote in greater numbers, it does not follow that the young lose out. For that fear to be justified, the young would have to be less supportive of old-age programs than their seniors. They are not…
E chiudo con una bibliografia sulla disconnessione tra voto e portafoglio…
… For overviews of the empirical evidence on the self-interested voter hypothesis, see Mansbridge (1990), Sears and Funk (1990), Citrin and Green (1990), and Sears et al. (1980). On income and party identification, see Gelman et al. (2005), Luttbeg and Martinez (1990), and Kamieniecki (1985). On age and policy preferences, see Ponza et al. (1988). On gender and public opinion about abortion, see Shapiro and Mahajan (1986)…
Ultima nota: se l’elettore fosse razionale nemmeno andrebbe a votare.
***
Ma se l’elettore non vota secondo i suoi interessi, cosa lo guida?
Non resta che l’ideologia. Ideologia intesa in senso lato: la voglia di dire qualcosa di “bello”, di “socialmente desiderabile”, oppure anche di trasgressivo (avete tutti torto e io ho ragione!). Vota per esprimersi.
Ma la molla dell’ “espressività” – come appena visto – fa più danni della molla dell’interesse.
***
Che fare?
Togliere peso all’elettore? Sì, è l’unica via.
Ma se l’elettore si accorge che la sua espressione democratica è silenziata potrebbe trovare forme più pericolose per esprimersi!? Forse la valvola di sfogo della democrazia è necessaria proprio in quanto tale.
Giusto, allora bisogna togliergli peso di nascosto, con qualche trucchetto.

Un esempio? La democrazia rappresentativa è molto meno “democratica” della “democrazia diretta”. Nella prima l’elettore conta molto meno che nella seconda. Nella prima vota ogni 4 anni su questioni generiche, nella seconda vota ogni settimana su questioni specifiche. Tuttavia, per questioni che non sto a dire ma che sono facilmente intuibili,  questo raramente viene affermato a chiare lettere. Ecco allora, l’invenzione della “democrazia rappresentativa” rappresenta una modalità vincente per togliere peso all’elettore e far contare di più i poteri forti, il che è un bene per tutto il Paese. Bisogna proseguire su questa strada.

HL Non esiste una connessione tra voto e interesse - dal Chapter 5 RATIONAL IRRATIONALITY

The Myth of the Rational Voter: Why Democracies Choose Bad Policies by Bryan Caplan
You have 5 highlighted passages
You have 5 notes
Last annotated on March 24, 2017
CHAPTER 1 Empirically, there is little connection between voting and material interests. Contrary to popular stereotypes of the rich Republican and the poor Democrat, income and party identity are only loosely related. The elderly are if anything slightly less supportive of Social Security and Medicare than the rest of the population. Men are more pro-choice than women.Read more at location 500
Note: ELETTORI E INTERESSE: CONNESSIONE DEBOLE Edit
Chapter 5 RATIONAL IRRATIONALITYRead more at location 2107
Note: 5@@@@@@@@@@@@ Edit
Both economists and the public almost automatically accept the view that poor people are liberal Democrats and rich people are conservative Republicans. The data paint a quite different picture. At least in the United States, there is only a flimsy connection between individuals’ incomes and their ideology or party. The sign fits the stereotype: As your income rises, you are more likely to be conservative and Republican. But the effect is small, and shrinks further after controlling for race. A black millionaire is more likely to be a Democrat than a white janitor.25 The Republicans might be the party for the rich, but they are not the party of the rich.Read more at location 2789
Note: RICCHEZZA E AFFILIAZIONE POLITICA*** Edit
the rich are not trying to advance upper-class interests, it does not follow that the interests of the poor suffer. Similarly, just because the old vote in greater numbers, it does not follow that the young lose out. For that fear to be justified, the young would have to be less supportive of old-age programs than their seniors. They are not.Read more at location 2937
Note: RICCHI E VECCHI Edit
For overviews of the empirical evidence on the self-interested voter hypothesis, see Mansbridge (1990), Sears and Funk (1990), Citrin and Green (1990), and Sears et al. (1980). On income and party identification, see Gelman et al. (2005), Luttbeg and Martinez (1990), and Kamieniecki (1985). On age and policy preferences, see Ponza et al. (1988). On gender and public opinion about abortion, see Shapiro and Mahajan (1986).Read more at location 4059
Note: ELETTORI NON GUIDATI DALL'INTERESSE NOTA Edit

mercoledì 9 novembre 2016

Cosa rende tollerabili le democrazie?

La teoria ci dice che il sistema di governo democratico non puo’ funzionare.
Lo avevano capito già gli antichi annoverandolo tra le sciagure che colpiscono l’uomo. Non ci voleva poi molto: quando il motore delle decisioni è un individuo ignorante e stupido non si va lontano (linklink).
Eppure, da un punto di vista pratico, i regimi democratici, diversamente dagli altri, vengono sopportati bene. Perché? A cosa devono la loro longevità?
Cerca di dipanare la matassa Bryan Caplan nel saggio “Why Is Democracy Tolerable?”
Cosa rende tollerabili le democrazie, allora? In poche parole: il fatto che molto spesso non siano affatto democrazie. Il fatto che nel concreto a decidere siano le lobby, i ricchi e le élite, ovvero soggetti più consapevoli e razionali dell’elettore mediano.
L’analisi prende il suo abbrivio da un famoso libro di Martin Gilens
… Martin Gilens' Affluence and Influence argues that when America's rich disagree with their fellow citizens, American democracy heeds the rich…
Il fatto che l’opinione dei ricchi predomini offre una spiegazione del perché le democrazie funzionino meglio di quanto predice la teoria di cui ai link, anche se il populista non sarà contento di apprendere che la maggioranza non governi affatto…
… They certainly constitute troubling news for advocates of "populistic" democracy…
La scoperta di Gilens è preziosa anche per l’evangelizzatore: se si vogliono cambiare le cose è al centro che bisogna agire, non in periferia. E’ l’élite e i ricchi che bisogna convincere: gli altri seguiranno come pecore mansuete. Con buona pace di Papa Francesco e del suo consiglio di privilegiare le periferie...
… Rather than renew debates about the rationality and selfishness of the American voter (no on both counts, but who's counting?), let's ponder a new question: What does Gilens' research imply for political activism?… The pragmatic response, then, is to tailor activism to Gilens' realities… contrary to appearances, Gilens' analysis doesn't imply that activism is futile. The correct inference to draw, rather, is that effective activism must convert the rich…
Da notare che i ricchi non tutelano specificatamente i loro interessi, nessun elettore lo fa. Anzi, spesso l’opinione dei ricchi tutela politiche a vantaggio dei poveri…
… Gilens doesn't say that American democracy is heavily biased in favor of the interests of the rich; he says that it's heavily biased in favor of the opinions of the rich. In fact, the opinions of the rich only sporadically differ from the general population's, which is why sophisticated statistics are required to detect the rich's oversize influence… His claim is not that American democracy primarily benefits the rich, but that it primarily listens to the rich…
Per parlare al “centro” bisogna essere istruiti e razionali poiché i ricchi mediamente sono più istruiti e razionali…
… figure out how to communicate effectively with the plutocracy. Since income and education are highly correlated, you'll want to tailor your rhetoric to both economic and educational elites…
Quando i ricchi si sono convinti del matrimonio gay, il matrimonio gay è più o meno passato ovunque (mentre qualcuno si dedicava a catechizzare la massa ininfluente).
… Anyone who can convert two successive generations of young elites can move policy mountains. See gay marriage…
Ora, lo stesso sta accadendo con l’immigrazione: l’élite sta per essere convertita che la libera immigrazione è cosa buona, mentre qualcuno perde tempo spaventando le masse e ritardando la loro capitolazione…
… The principled case for open borders is already making young elites wonder if mandatory discrimination against foreigners has a moral leg to stand on…
L’elettore mediano non sarà un nazista pericoloso, di certo è uno statalista convinto: mettersi nelle sue mani sarebbe un guaio…
… The median American is no Nazi, but he is a moderate national socialist… Gilens, like all well-informed political scientists, knows that self-interest has little effect on public opinion… So when do the poor, middle class, and rich diverge? On distributional issues, there is high consensus. But the rich are noticeably less statist on both economic and social policy. Rich and poor alike favor raising the minimum wage, but the support of the poor is nearly unanimous. The poor are slightly more in favor of extending unemployment benefits. They're much more anti-gay… They're much less opposed to restricting free speech to fight terrorism…
La persona più istruita, e quindi anche più ricca, è liberista in economia e libertaria nella società. Il che spesso è un toccasana visto le tendenze autoritarie e paternaliste dell’elettore mediano… 
… Democracies listen to the relatively libertarian rich far more than they listen to the absolutely statist non-rich. And since I think that statist policy preferences rest on a long list of empirical and normative mistakes, my sincere reaction is to say, "Thank goodness."…
Queste osservazioni ci istruiscono anche sulla concessione della cittadinanza agli immigrati: ok per i poveri, ma per i benestanti?
… granting citizenship to even staunchly statist immigrants is almost politically harmless... unless they're rich… Slogan: The immigrants to fear aren't Mexican laborers, but French professors…
 
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