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mercoledì 19 dicembre 2018

MODELLI DI RISCHIO

MODELLI DI RISCHIO

Il rischio per eccellenza è quello di estinzione. Chi le studia ha isolato una legge: quando sono poco frequenti sono devastanti, quando sono più frequenti sono contenute. Sembra uno schema ricorrente che puo’ essere generalizzato in molti ambiti.

Potremmo tradurlo così: argini più elevati ritardano l’alluvione rendendola più distruttiva. Più in generale: le misure di sicurezza hanno l’effetto di ritardare la catastrofe ingigantendola.

Morale: occhio all’ossessione per la sicurezza. Il livello OTTIMO non è il livello MASSIMO.

mercoledì 29 novembre 2017

SAGGIO E’ un mondo difficile


E’ un mondo difficile


Il bizzarro compito dell’economia e dimostrare agli uomini quanto poco sanno.
Come esemplificare al meglio questa ignoranza messa in luce da quelle discipline economiche che la danno per scontata?
Prendiamo come esempio un oggetto banale di uso comune, un oggetto presente in tutte le case, un tostapane. Cosa c’è di più triviale? Cosa c’è di più semplice?
Ebbene, provate a costruirne uno!
Oppure seguite le peripezie di chi c’ha provato, uno come Thomas Thwaites, dottorando in design del Royal College of Art di Londra.
Una volta imbarcatosi nel “progetto tostapane” si è subito reso conto della montagna di complicazioni che sta dietro un’opera tanto banale, i pezzi da procurarsi sono più di 400!
I materiali che occorrono non sono banali, il rame per i cavi degli spinotti elettrici e il fili di collegamento. L’acciaio, per il sistema di griglie e la molla. Il nichel, per il componente che scalda. L’amica, per raffreddare il componente che scalda. Infine la plastica per l’isolamento dei figli e della spina.
T. si rese conto che se uno parte completamente da zero ci mette una vita per fabbricare un tostapane. E questo senza nemmeno andare in Cile ad estrarre di persona il rame necessario o in Russia per la mica.
Viviamo circondati da oggetti che non sapremmo mai fabbricare.
A dir la verità tanti di noi non sanno neppure quale sarà la destinazione finale del loro lavoro. Il boscaiolo che taglia un albero non sa se il legno verrà usato per uno stuzzicadente, per la struttura di un letto o per una matita.
L’unico a sapere è “il sistema”. Un sistema in grado di coordinare migliaia di ignoranze sparse sul pianeta.
Questa santa ignoranza affidata al giusto sistema ci rende disponibili una varietà sbalorditiva di prodotti. Basta entrare in un grande magazzino per accorgersi che centinaia di migliaia di articoli diversi sono presenti sugli scaffali. Su piazze come Londra e New York vengono offerti più di 10 miliardi di prodotti diversi.
L’unico a sapere la destinazione dei lavori è il sistema. Strategie alternative con la medesima ambizione, dal feudalesimo alla pianificazione centralizzata, sono finite nei libri di storia.
Ma c’è di più: tostare il pane non è affatto complicato, il pane, diciamo così, non assume un ruolo attivo, non prova a fregarti come potrebbe fare una squadra di banchieri di investimento. Il vero miracolo del sistema non è tanto la fabbricazione di un tostapane ma il coordinamento di migliaia di persone impegnate in quest’opera con i bisogni dei clienti. I problemi con le persone sono enormemente più complicati del già complicatissimo tostapane: le persone non collaborano, non stanno mai ferme, voi cominciate a risolvere un problema e vi accorgete che il problema cambia continuamente sotto le vostre mani.
Un cervello non basta, per quanto sia geniale. Tutti noi ci aspettiamo troppo da un uomo solo. Ci aspettiamo troppo dal capo di governo. Ci aspettiamo troppo da un eroe. Ci aspettiamo troppo da un valoroso militare. Abbiamo il tremendo bisogno di credere nell’efficacia di un leader ma costui resterà sempre un nano se paragonato al “sistema”.
Forse tale istinto oggi perverso ha origine nel fatto che ci siamo evoluti operando in piccoli gruppi di cacciatori e risolvendo problemi che erano, per l’appunto, quelli di un piccolo gruppo. Problemi banali, in un certo senso, problemi che potevano essere risolti anche da un genio. Non riusciamo così a capire come i problemi più complessi possano e debbano essere risolti involontariamente grazie all’ignoranza coordinata di molti.
Philip Tetlock è il più grande esperto di esperti. La sua opera ci fa notare come la contraddizione tra esperti sia all’ordine del giorno, oppure che le previsioni sulla politica Russa pronunciate da esperti di cose sovietiche non fossero più precise di quelle pronunciate da specialisti della politica canadese. Oppure che più gli esperti erano famosi, più erano incompetenti.
Gli esperti, secondo le ricerche di Tetlock, fanno meglio dei non esperti ma “leggerissimamente”, e questo dopo aver studiato “moltissimamente” di più. La colpa non è loro, è che viviamo in un mondo difficile. Viviamo nel mondo in cui il complicatissimo problema del tostapane si archivia nello scaffale dei “problemi semplici”.
Il sistema di mercato sembra l’unico in grado di approcciare questa complessità, ma qual è il suo segreto?
La lezione sembra essere che il fallimento sia parte integrante del metodo risolutivo come del sistema di mercato.
Più un settore economico è giovane, dinamico e promettente più i tassi di fallimento delle sue aziende è elevato.
La macchina per stampare fu inventata da Johann Gutenberg, un uomo che cambiò con la sua invenzione il corso della storia facendo fallire molti progetti alternativi. Ma lui stesso, nel tentativo di realizzare la famosa Bibbia che porta il suo nome, fallì e fu accantonato (il centro dell’industria della stampa si spostò Venezia). Non si guarda in faccia a nessuno nel nome di sua maestà il Fallimento, ovvero il motore per la soluzione di problemi complicatissimi.
Quando esplose la bolla delle cosiddette Dot-com, spazzò via innumerevoli giovani realtà economiche. Grazie ha questa capacità di far piazza pulita il business di Internet fiorì e si affermò.
La moderna industria informatica costituisce un esempio eclatante, il settore più dinamico dell’economia è stato anche quello in cui si sono osservati fallimenti a catena: Hughes,  Transitron, Philco, Intel, Hitachi, Xerox… Tutti nel buco nero per risolvere problemi incasinatissimi e realizzare cio’ di cui oggi possiamo godere.
Non sono tanti i dirigenti d’azienda che amano ammetterlo, ma il mercato trova tentoni la via giusta.
La stessa selezione naturale in campo biologico, spesso sinteticamente definita come il processo di sopravvivenza del più adatto, è in realtà innescata dalla “sconfitta del meno adatto”.
Dicevamo che i problemi che coinvolgono gli esseri umani sono particolarmente difficili da trattare. I manager li hanno sul tavolo ogni giorno.
Molti ritengono che i dirigenti delle grandi aziende debbano avere delle qualità eccezionali, lo pensano sicuramente gli azionisti che pagano loro stipendi profumati, ma lo pensano molte persone della strada (che vengono a sapere di quegli stipendi). Ma e poi davvero così? In fondo non si capisce bene cosa facciano di tanto eccezionale.
Un tentativo interessante di risposta all’enigma lo fornisce l’economista Paul Ormerod che ha confrontato quel che i reperti fossili ci ci dicono circa le estinzioni (fallimenti biologici) avvenute negli ultimi 550 milioni di anni con le statistiche di Leslie Anna sulla morte dei giganti industriali. Ebbene, il rapporto opportunamente normalizzato delle estinzioni biologiche e delle estinzioni aziendali appare molto simile, e questo nonostante che il processo biologico sia cieco mentre invece quello economico guidato dai geni del management.
Vogliamo tradurre? Beh, secondo Ormerod Apple potrebbe tranquillamente sostituire Steve Jobs con uno scimpanzé.
Non sono i manager ad essere dei geni, è il mercato (ovvero il sistema in cui sono inseriti) ad essere geniale.
Ma il modo più efficace per vincere la complessità è anche il meno popolare, chi ha voglia di brancolare nel buio in cerca di una soluzione vincente commettendo ripetuti errori sotto gli occhi di tutti? Chi vuole votare per un politico che segue questo metodo, o sostenere un manager di livello la cui strategia sembra quella di sparare ideee casaccio?
Di solito i politici si presentano come gente che promette di tirare dritto per la sua strada, di non cambiare mai idea, di essere coerenti. Dovremmo invece tollerare, persino celebrare tutti i politici che mettono alla prova le loro idee in modo talmente coraggioso da dimostrare che alcune non funzionano. Ma in realtà non lo facciamo mai!
La varietà di opinioni e la diversità di approcci è una ricchezza, ma a quanto pare poco apprezzata anche nei luoghi deputati al culto dell’efficienza. Ci sono alcune dimostrazioni del fatto che più una persona è ambiziosa, più sceglierà di essere uno Yes Man, e per buone ragioni visto che questi tendono essere premiati. Persino quando i leader e i manager vogliono davvero un onesto riscontro delle loro azioni, spesso non riescono a riceverlo.
Tendiamo a presumere che l’economia pianificata dell’Unione Sovietica sia crollata perché mancava l’effetto galvanizzante della ricerca del profitto e la creatività del settore privato. Molto più probabilmente è crollata perché mancavano i fallimenti, ovvero quei segnali che ci indicano più o meno direttamente la direzione da prendere. L’Unione Sovietica ha tirato dritto con i suoi progetti faraonici messi al riparo da ogni fallimento… ed è finita nel burrone. Una patologica incapacità di sperimentare.
Ma anche in una moderna multinazionale la diversità degli approcci è difficilmente tollerata, gli ostacoli sono almeno due. Il primo è la mania di grandezza: sia i politici sia i capi d’azienda a mano i grandi progetti. Il secondo è che noi raramente amiamo la convivenza di un’accozzaglia di principi incoerenti fra loro, è come se turbassero la nostra naturale inclinazione all’eleganza e all’uniformità. Ci piace pensare che tutto sia uniforme.
Sarà anche per questo che gestiamo tremendamente male i nostri fallimenti, a volte ci deprimiamo ma l’insidia maggiore non è la depressione.
Prendiamo il mondo del poker, un mondo dove regna il sangue freddo. Diversi giocatori professionisti raccontano che esiste un momento specifico in cui il rischio di perdere il controllo è molto alto, non è quando vincono e l’euforia li coglie ma quando hanno appena perso un sacco di soldi per una cattiva giocata e siamo colti da un demone pericolosissimo: la voglia di riscatto. Riconoscere la sconfitta e ricalibrare il gioco è l’unica cosa da fare, per quanto dolorosa. Una persona che non si fa una ragione delle proprie perdite è probabilmente destinata a correre rischi che in altre situazioni non prenderebbe nemmeno in considerazione.
La perdita ci fa perdere la ragione, gli economisti parlano di “sunk cost”, se al ristorante abbiamo ordinato il piatto sbagliato ci sentiamo in dovere di mangiare ugualmente, il fatto di dover pagare (e quindi buttato i nostri soldi) è come se ci imponesse un dovere, ovvero sacrificare ulteriormente il nostro piacere sorbendoci una schifezza. Se ho prenotato una vacanza pagando un congruo anticipo mi sento in dovere di partire anche se non sto bene, lo trovo un modo per non sprecare i soldi versati. Non appena ci accade qualcosa di negativo noi evitiamo ogni analisi accurata abbandonandoci alla voglia di riscatto. La giusta reazione sarebbe quella di incassare la battuta d’arresto e cambiare direzione, sebbene l’istinto ci spinga nella direzione opposta.
Questo spiega perché il detto “sbagliando si impara”, che è un saggio consiglio, sia tremendamente difficile da seguire.
complicato

venerdì 13 ottobre 2017

Perché non sono più ambientalista SAGGIO


Perché non sono più ambientalista


Non lo sono più perché è troppo difficile.
Fare l’ambientalista è tremendamente complicato, non ne azzecchi mai una. Se sei onesto hai continuamente la testa arrovellata da dubbi.
Come quando ho deciso di fare colazione a consumo-zero. Un bel bicchierone di latte freddo e via.
Poi uno pensa: ma per avere latte bisogna avere mucche, e le mucche, lo sappiamo, emettono parecchio metano (evito i dettagli). Il metano è un gas serra più potente dell’anidride carbonica. Per produrre 250 millilitri di latte bisogna tollerare l’espulsione di 7,5 litri di metano, che pesano circa 5 grammi ed equivalgono a 100 grammi di anidride carbonica. E questo senza contare tutto cio’ che occorre per fare il latte: foraggio per le mucche, trasporto, pastorizzazione… Era molto meglio puntare su una colazione diversa senza badare alla corrente elettrica. Si ma cosa? Il latte di soia? Il the? Io sono un ambientalista, mica un fachiro. E poi mi fa già male la testa.
Nemmeno il cheeseburger che mangiavo a pranzo si è rivelata una scelta felice. Così come la braciola di agnello a cena, perché anche gli ovini producono metano. Forse farei meglio a prendere del maiale oppure del pollo. O ancora meglio del pesce, specie quello che nuota vicino alla superficie: aringhe, sgombri o marlenghi. Ma dove li trovo i marlenghi? Certo, l’ottimo sarebbe la zuppa vegana, ma preferisco tagliarmi le vene.
Il chilometro zero è qualcosa su cui ho puntato a lungo, comprare prodotti locali riduce chilometri percorsi dal cibo per arrivare sui nostri piatti, ma spesso è una pratica controproducente. E’ sicuramente vero che trasportare cibo in giro per il mondo fa consumare energia, tuttavia l’impatto è inferiore a quanto si pensi, la maggior parte dei prodotti viene trasportata via nave (i consumi sono minimi), e quando viene caricata sugli aerei non sta su una bella poltrona con ampio spazio per le gambe e lo champagne gratis. Per esempio, la scelta di un nordico di consumare pomodori inglesi anziché spagnoli e di certo maldestra, l’anidride carbonica emessa dal viaggio del tir è completamente controbilanciata dal fatto che la Spagna e baciata dal sole mentre l’Inghilterra è baciata dalle serre..
Anche l’idea di evitare i sacchetti di plastica per la spesa mi sembra oggi un sacrificio decisamente dubbio. Il sacchetto è responsabile di solo un millesimo di emissioni di anidride carbonica rispetto al cibo che ci mettiamo dentro, forse valeva la pena di spendere altrove le proprie energie cognitive. Inoltre, questo risparmio non si avvicina neppure lontanamente a compensare la debolezza che mi concedo prendendo la macchina, nemmeno se avessi l’ibrido. D’altronde che faccio? Torno in bici carico di borse?
Non che muoversi in autobus migliori di molto la situazione. Nella mia città l’autobus trasporta in media 13 persone, le auto portano in media 1,6 persone e mettendo così meno anidride carbonica per km su passeggero. Certo, l’autobus viaggia lo stesso anche se non lo prendo ma allora non fatemi sentire in colpa se prendo l’aereo, tanto viaggerebbe lo stesso! In certi casi l’autobus può essere la scelta giusta, ciò non toglie che una settimana di autobus la compensi se non dimentichi di usare il coperchio bollendo le patate.
Ho lavato a mano i piatti per parecchio tempo prima di accorgermi che disprezzare la lavastoviglie è stato un gesto sciagurato, usando l’acqua calda ho inquinato molto di più. E d’altronde cosa vuoi? Che lavi con l’acqua gelata?
L’idea di installare un mulinello a vento sul tetto non è stata delle migliori, specie quando ho saputo che il risparmio energetico è compensato 5 volte evitando lo  stand by del computer.
Ho fatto solo qualche esempio dei mille che potrei fare. Insomma, è un gran casino.
Non potrebbe essere tutto più semplice?
No, a meno che uno dedichi la propria vita a studiare le emissioni.
Il bello è che ci sono persone che trascorrono le loro giornate in ufficio a fare questo genere di stime. Lo fanno per professione, lo fanno per una clientela che spazia dalle banche alla Pepsi Cola.
E in effetti ci vuole un professionista per comprendere l’impatto ambientale, per esempio, di un cappuccino. Per farlo occorre una macchina espresso, uno strumento decisamente sofisticato composto da migliaia di pezzi sulla produzione dei quali occorre concentrare l’attenzione, ma anche una mucca, dei chicchi di caffè, di una tazzina di ceramica… Quanto inquina ciascuno di questi oggetti? Occorre sapere come sono stati costruiti e cosa è servito per costruirli! Ci sono migliaia di aspetti di cui tenere conto. Il bar che vi serve il cappuccino ha i doppi vetri? Il barista che vi serve il cappuccino è un pendolare? Quanti km percorre ogni giorno per andare avanti e indietro? Che automezzo usa? E che dire dell’ avanti e indietro dai campi del coltivatore di caffè? Un caffè nero filtrato sarebbe meglio dell’orrore di un latte di soia?
Questi professionisti devono comprare e consultare libroni enormi obsoleti dopo pochi mesi (ci sono miliardi di prodotti in giro, un cappuccino ne tira in ballo più di 2000).
Anche un professionista farebbe comunque errori. La discordia alligna ovunque: per alcuni le banane sono un alimento a bassa emissione di anidride carbonica, altri fanno invece notare che le banane sono un prodotto con un impronta di carbonio importante. Ho letto studi che suggeriscono che la carne, se lavorata nel modo giusto, potrebbe aggravare molto meno sul cambiamento climatico di quanto non faccio adesso.
Per ogni gesto quotidiano c’è una pila di tesi di ricerca da scartabellare, ed è impossibile che si riesca ad arrivare ad una conclusione certa anche perché l’aggiornamento richiesto è continuo: quel che valeva ieri non vale oggi. Se questo è vero per gli esperti figuriamoci per persone qualsiasi. Figuriamoci poi quanto sarebbero disposti ad accollarsi questo onere persone con una coscienza ambientale appena al di sotto di quella dei fanatici.
Ma il punto decisivo è un altro, ovvero che esiste un metodo semplicissimo per risolvere d’emblée tutto il problema: lacarbon tax.
Si dovrebbe imporre una tassa per tonnellata di carboniocontenuta in ogni combustibile fossile estratto sul proprio territorio, in questo modo il potenziale inquinante di qualsiasi oggetto viene a riflettersi sul suo prezzo. Una tassa di €50 sul carbonio farebbe aumentare il prezzo della benzina di circa €0,03 al litro, creando così un incentivo modesto a guidare meno e in modo più efficiente e a comprare auto con tasso di consumo minore. Il prezzo medio dell’energia crescerebbe, i pomodori spagnoli aumenterebbero di prezzo a causa del dispendio energetico necessario per spedirli via mare dalla Spagna, ma  il prezzo dei pomodori nordici coltivati in serra aumenterebbe ancora di più! Tutto diverrebbe una mera conseguenza, un camionista che ignorasse il prezzo più alto del gasolio nel programmare le sue spese di spedizione finirebbe semplicemente fuori mercato.
Una volta al supermercato non dovrei più lanciarmi in calcoli arditi quanto complessi, mi basterebbe guardare al prezzo:quanto più dispendiosi saranno i pomodori in termini di emissione di anidride carbonica, tanto più il prezzo tenderà a salire. Non servirebbe più alcuna banca dati centrale, nessuna biblioteca con gli scaffali imbarcati da tomi assurdi. Guardo il prezzo e penso alla mia convenienza. Fine.
Ma i governi insistono sulle “regole” anziché sui prezzi, il frutto di questa scelta è molto spesso maldestro esattamente come il mio comportamento ai tempi in cui ero ambientalista e mi imponevo delle “regole”. Senonché, io imparo dai miei errori, mentre le normative di governo, per loro stessa natura, tendono a essere in qualche modo impermeabili alle opportunità di miglioramento. Gli esempi potrebbero moltiplicarsi.
La soluzione del prezzo ha una natura evolutiva mentre la soluzione delle regole ha una natura progettuale. “L’evoluzione è più intelligente di noi”, diceva un tale, almeno quando i problemi da risolvere sono molto complessi, tipo quello ambientale. Quando un processo evolutivo viene lasciato libero di agire su un problema, spesso troverà soluzioni che nessun progettista in carne e ossa sarebbe in grado di immaginare. L’economia, ovvero il sistema dei prezzi, è per sua natura un ambiente evolutivo, gli imprenditori e gli ingegneri hanno una miriade di idee che aspettano solo il giusto scenario economico per essere applicate, i governi invece sanno molto poco di tutto questo.
Ma perché soluzioni tanto semplici non trovano accoglienza entusiasta da parte dell’ambientalista medio?
Mi sono fatto l’idea che gran parte del mondo ecologista sia disinteressato all’ambiente quanto piuttosto alla ricerca di una pseudoreligione anti-capitalista. E, in questo senso, l’origine ideologica di molti leader non fa che alimentare questo sospetto.
Se le cose stessero così i conti tornerebbero: il vero obiettivosarebbe quello convertirci a nuovi stili di vita, non di risolvere il problema del global warning. L’ecologismo diverrebbe solo uno strumento nelle mani di chi ha obbiettivi ideologici da perseguire.
Faccio l’esempio che da cattolico mi è più vicino, quello di Papa Francesco. Sua Santità nell’ultima enciclica ha invitato in modo accorato a prendersi cura del creato ma anche a diffidare di quelle “soluzioni che facciano leva sui prezzi”. Ma perché mai? Forse che dopo aver rinunciato  alla conversione cattolica (vedi condanna del proselitismo) si punta su conversioni socialmente più “desiderabili”?
Naturalmente, una soluzione che punti sui prezzi non cambierebbe in nulla il nostro “stile di vita”, continueremmo a scegliere sulla base della nostra “convenienza” anziché sulla base della nostra “coscienza ecologica”. Questo, mi rendo conto,  puo’ andar bene per chi ha come nemico il riscaldamento globale ma non per chi ha come nemico il capitalismo.
ambient

lunedì 11 settembre 2017

HL Sei La prevenzione dei disastri finanziari, ovvero: «decoupling»

Sei La prevenzione dei disastri finanziari, ovvero: «decoupling» - Elogio dell'errore: Perché i grandi successi iniziano sempre da un fallimento (Saggi) (Italian Edition)
Tim Harford
Note:6@@@@@@@@@@@@

Yellow highlight | Location: 3,273
Quando il fallimento è impensabile
Note:ttttttttttt

Yellow highlight | Location: 3,313
le istituzioni finanziarie e i suoi regolamentatori si convinsero che i nuovi strumenti finanziari stessero arginando i rischi «spalmandoli» su chi era nelle condizioni migliori per affrontarli, e i precedenti storici suggerivano che i pacchetti di contratti di riassicurazione fossero molto sicuri. Infine – come nella stretta creditizia – per i protagonisti fu praticamente impossibile rendersi conto delle reali dimensioni del rischio cui stavano andando incontro, almeno fin dopo che la situazione degenerò orribilmente. In entrambi i casi le innovative tecniche finanziarie si rivelarono costosi fallimenti.
Note:LA SPIRALE DELLE RIASSICURAZIONI

Yellow highlight | Location: 3,319
la crisi finanziaria ha dimostrato che un atteggiamento di tolleranza nei confronti degli errori è pericoloso per il sistema bancario.
Note:TOLLERANZA CATTIVA

Yellow highlight | Location: 3,324
sistemi che concedono poco spazio al «prova e sbaglia»,
Note:TRIAL AND ERROR E ONE SHOT

Yellow highlight | Location: 3,326
«Il sistema bancario supera per complessità qualsiasi impianto nucleare che abbia mai studiato»
Note:ttttttttt

Yellow highlight | Location: 3,330
James Reason,
Note:LO PSICOLOGO DEGLI ERRORI

Yellow highlight | Location: 3,339
Perrow si è fatto un nome pubblicando un libro, Normal Accidents, dopo Three Mile Island e prima di Chernobyl. Il libro esplorava le dinamiche dei disastri e sosteneva che in un certo tipo di sistema gli incidenti erano inevitabili, o «normali».270 Secondo Perrow, la concomitanza pericolosa si verifica quando un sistema è sia complesso, sia «strettamente correlato».
Note:INCIDENTI INEVITABILI

Yellow highlight | Location: 3,360
Poche invenzioni umane sono più complesse e tanto strettamente correlate come il sistema bancario, che secondo Perrow «supera per complessità qualsiasi impianto nucleare che abbia mai studiato».
Note:IL SISTEMA PIÚ COMPLESSO E CORRELATO

Yellow highlight | Location: 3,364
Perché i sistemi di sicurezza hanno effetti collaterali
Note:tttttttt

Yellow highlight | Location: 3,369
Immaginiamo una serie di sistemi di sicurezza messi uno sull’altro come fette di Emmental. Ogni fetta di formaggio ha i suoi buchi, e così ogni dispositivo di sicurezza ha le sue falle. Ma aggiungendo altre fette di formaggio si può essere abbastanza sicuri che i buchi non saranno mai uno in coincidenza dell’altro.
Note:SICUREZZA A FORMAGGIO SVOZZERO

Yellow highlight | Location: 3,387
quello che è accaduto nella crisi finanziaria: non mancavano i sistemi di sicurezza, ma tali sistemi hanno aggravato i problemi.
Note:LA SICUREZZA CHE AGGRAVA GLI INCIDENTI

Yellow highlight | Location: 3,389
I CDS sono una sorta di assicurazione contro un prestito non rimborsato.
Note:CDS

Yellow highlight | Location: 3,397
Furono due i modi in cui questi CDS causarono guai. Il primo è semplicemente che avendo assicurato qualcuno per i suoi rischi, le banche potevano alzare con fiducia il credito.
Note:PRIMO GUAIO DEI CDS

Yellow highlight | Location: 3,400
«È come se le persone prendessero l’invenzione delle cinture di sicurezza come un’opportunità per guidare ubriachi».
Note:ANALOGIA

Yellow highlight | Location: 3,407
I contratti CDS aumentarono sia la complessità, sia la stretta correlazione del sistema finanziario. Le istituzioni che in precedenza non avevano connessioni reciproche si ritrovarono legate le une alle altre,
Note:DANNO INDIRETTO

Yellow highlight | Location: 3,417
Se un bond veniva assicurato, ereditava semplicemente il rating sul credito dell’assicuratore. Le compagnie assicurative come AIG, naturalmente, avevano una valutazione sul rischio di credito molto alta,
Note:IL PROBLEMA DEL RATING

Yellow highlight | Location: 3,422
Un gran numero di bond venne abbassato di rating all’unisono e le banche furono obbligate a venderli tutti a causa di una normativa apparentemente ragionevole che vietava loro di avere in portafoglio un numero eccessivo di bond a rischio.
Note:UNA NORMA RAGINEVOLE CHE CREA GUAI

Yellow highlight | Location: 3,425
una banca può evitare tutte le principali fonti di guai finanziari, come il mercato dei mutui subprime, e tuttavia venire spinta verso la bancarotta.
Note:QUANDO È IL TUO ASSICURATORE A FINIRE NEI GUAI... CI FINISCI ANCHE TU...

Yellow highlight | Location: 3,428
subisce un ribasso di rating sul credito non perché sia cambiata la sua qualità, ma perché il suo assicuratore naviga in cattive acque.
Note:ccccccccc

Yellow highlight | Location: 3,429
come per un alpinista che scala prudentemente una falesia ma è legato a una squadra di spericolati: improvvisamente si ritrova spinto negli abissi
Note:ALPINISTI

Yellow highlight | Location: 3,432
Più che ridurre i rischi, i CDS hanno trovato invece il modo di massimizzarli, facendoli emergere in superficie là dove non si prevedeva potessero manifestarsi.
Note:IL PARADOSSO

Yellow highlight | Location: 3,443
Se quindi un’aggiunta alla Rube Goldberg di un sistema di sicurezza dopo l’altro non è la soluzione né per le catastrofi industriali, né per quelle finanziarie, che cosa ci resta da provare?
Note:IL VANO CUMULO DELLE SICUREZZE

Yellow highlight | Location: 3,446
«Le persone che stavano lavorando sull’impianto erano completamente perse»
Note:tttttt

Yellow highlight | Location: 3,447
Il disastro del 1979 a Three Mile Island
Note:tttt

Yellow highlight | Location: 3,448
alcuni ingegneri, provando a pulire un filtro intasato, hanno accidentalmente permesso che una quantità d’acqua pari a un bicchiere penetrasse nel sistema sbagliato.278 La perdita, di per sé innocua, innescò un dispositivo di sicurezza automatico che spense le pompe principali che facevano circolare l’acqua attraverso lo scambiatore di calore, le turbine a vapore e le torri di raffreddamento. A quel punto il reattore aveva bisogno di essere raffreddato in un altro modo.
Note:IL CASINO DEI SISTEMI DI SICUREZZA

Yellow highlight | Location: 3,452
singoli errori recuperabili si sommano irrimediabilmente l’uno all’altro.
Note:CUMULI

Yellow highlight | Location: 3,463
Una cacofonia di oltre un centinaio di allarmi provvide a creare i presupposti per questo confuso scambio di opinioni.
Note:CONFUSIONE

Yellow highlight | Location: 3,469
Alle 6.20 del mattino una nuova squadra con occhi freschi e riposati si accorse che
Note:OCCHI RIPOSATI

Yellow highlight | Location: 3,478
fare in modo che gli operatori non debbano più cercare di controllare un reattore in panne frastornati dal suono di un centinaio di allarmi e da migliaia di piccoli indicatori luminosi impazziti.
Note:LA LEZIONE

Yellow highlight | Location: 3,491
rivestimenti colorati pensati per aiutare gli operatori a capire, in un momento di panico o confusione, quali interruttori e quali indicatori sono collegati gli uni con gli altri.
Note:I COLLEGAMENTI

Yellow highlight | Location: 3,494
gli stessi errori di confusione e stanchezza che hanno caratterizzato la tragedia di Three Mile Island hanno complicato il processo decisionale durante la crisi finanziaria.
Note:CONFUSIONE STANCHEZZA E STRESS

Yellow highlight | Location: 3,504
AIG costituiva sia una minaccia più grande di Lehman, sia una sorpresa decisamente più imprevista. Eppure nella testa di Geithner il campanello d’allarme fu meno forte di quanto avrebbe dovuto.
Note:TROPPO CONCENTRATI SU LEHMAN

Yellow highlight | Location: 3,506
Per vari motivi – forse fatica, forse perché non ebbe il tempo di studiare la nota di Willumstad, o forse perché questa non era sufficientemente esplicita – Tim Geithner accantonò la questione AIG e ritornò a concentrarsi su Lehman Brothers.
Note:DISTRATTO DA UN ALLARME SECONDARIO

Yellow highlight | Location: 3,512
abbiamo passato le ultime quarantott’ore a occuparci della cosa sbagliata?»
Note:LA COSA SBAGLIATA

Yellow highlight | Location: 3,518
Dare la colpa a quelli come Geithner e ai capi di Lehman Brothers e di AIG ci fa stare meglio, ma gli esperti di sicurezza come Perrow sanno che è molto più utile ideare sistemi migliori che non sperare in persone migliori.
Note:DARE LA COLPA ALL OPERATORE

Yellow highlight | Location: 3,541
«Non abbiamo avuto il tempo»
Note:tttttttttt

Yellow highlight | Location: 3,553
non esiste il caso di una banca d’investimento che scivoli lentamente verso la bancarotta. O succede rapidamente o non succede affatto.
Note:FALLIMENTO IN TEMPO ZERO

Yellow highlight | Location: 3,593
Chi doveva essere pagato, quanto e quando?
Note:IL CAOS DEL FALLIMENTO LEHMAN

Yellow highlight | Location: 3,598
Con il tempo si capì che la banca aveva sistematicamente nascosto l’ammontare delle sue ristrettezze finanziarie grazie a un trucco contabile legale chiamato «Repo 105»,
Note:REPO 105

Yellow highlight | Location: 3,611
non abbiamo avuto il tempo di farlo».
Note:IMPOSTARE UN BUON FALLIMENTO

Yellow highlight | Location: 3,618
Il domino e le banche «zombie»
Note:ttttttttt

Yellow highlight | Location: 3,618
Quello strano gioco chiamato domino è forse l’esempio più chiaro di un sistema strettamente correlato.
Note:DOMINO

Yellow highlight | Location: 3,627
Nel 2005 un centinaio di volontari ha trascorso due mesi a predisporre 4.155.476 tessere in una sala espositiva olandese, quando un passero ci volò dentro e ne fece cadere una. Ma grazie a queste porte di sicurezza, caddero solo ventitremila tessere:
Note:PORTE DI SICUREZZA

Yellow highlight | Location: 3,633
ha bisogno dell’equivalente di queste porte di sicurezza.
Note:IL SISTEMA FINANZIARIO

Yellow highlight | Location: 3,654
Questo tipo di strategia ha evitato che il crollo avesse effetti ancora più gravi sull’economia, ma ha comportato un costo. Non solo spese (e rischi) maggiori per i contribuenti, ma anche il messaggio pericolosamente rassicurante per i creditori delle banche: prestate quanto vi pare a chi vi pare, perché il contribuente garantirà sempre che veniate ripagati.
Note:INIEZIONE DI LIQUIDOTÀ E AZZARDO MORALE

Yellow highlight | Location: 3,658
Disaccoppiare» (decoupling) il sistema finanziario significa istituire gli equivalenti finanziari delle porte di sicurezza,
Note:DISACCOPPIARE

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«Decoupling»
Note:ttttttt

Yellow highlight | Location: 3,661
assicurarsi che queste dispongano di più capitale.
Note:PRIMA MISURA

Yellow highlight | Location: 3,663
è probabile che requisiti di capitale più alti rendano i prestiti e le assicurazioni più care.
Note:COSTO

Yellow highlight | Location: 3,686
Il terzo modo per togliere rigidità al sistema consiste nel creare un meccanismo decisamente migliore per la gestione del fallimento bancario.
Note:FALLIMENTO

Yellow highlight | Location: 3,688
Le autorità potrebbero e dovrebbero pretendere che le più grandi aziende finanziarie preparino questo genere di piani d’emergenza
Note:cccccccc

Yellow highlight | Location: 3,697
È altresì assurdo che un anno dopo la bancarotta di Lehman Brothers i tribunali stessero valutando quattro strategie legali diverse per gestire il denaro nei conti della banca.
Note:QUATTRO ANNI DOPO

Yellow highlight | Location: 3,701
l’equivalente della causa Jarndyce & Jarndyce descritta nella Casa desolata di Dickens, che si protrae così a lungo che le spese legali consumano l’intera eredità
Note:DICKENS

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Bulow e Klemperer
Note:METODI DI RISTRUTTIRAZIONE

Yellow highlight | Location: 3,710
i due teorici propongono che le autorità di regolamentazione possano forzatamente dividere una banca che lotta per la sopravvivenza in una banca «ponte» buona e in una banca «superstite» cattiva.
Note:BAD BANK

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In un colpo solo la banca ponte è perfettamente funzionante,
Note:ccccccc

Yellow highlight | Location: 3,715
Questo significa che i creditori della banca superstite sono stati derubati? Con calma, non così in fretta. Ecco il gioco di prestigio: la banca superstite è proprietaria della banca ponte!
Note:ET VOILÀ

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John Kay.
Note:IDEATORE DEL NARROW BANKING

Yellow highlight | Location: 3,723
Kay suggerisce di separare le funzioni «casinò» e «utility» del moderno sistema bancario. La funzione utility è quella che assicura che i bancomat emettano denaro,
Note:SEPARARE

Yellow highlight | Location: 3,728
L’idea è infatti assicurare che le banche che procurano utility non possano giocare al casinò.
Note:cccccc

Yellow highlight | Location: 3,730
Come abbiamo visto nel terzo capitolo, le idee nuove hanno bisogno di finanziamenti arrischiati, e molte buone idee sono destinate a fallire.
Note:IL COSTO

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senza attività in stile casinò come il venture capital il mondo sarebbe un luogo più povero e meno innovativo.
Note:ccccccccc

Yellow highlight | Location: 3,732
Non è nemmeno così semplice distinguere tra utility e casinò:
Note:DISTINGUERE

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Scivoloni, errori e violazioni
Note:ttttttttt

Yellow highlight | Location: 3,762
I più evidenti sono gli scivoloni, quando per via di goffaggine o mancanza d’attenzione si fa qualcosa che semplicemente non si voleva fare.
Note:IL PRIMO DI TRE POSIBILI ERRORI

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«errori del dito ciccione»,
Yellow highlight | Location: 3,766
Poi ci sono le violazioni, per cui qualcuno ha deliberatamente fatto la cosa sbagliata.
Note:VIOLAZIONI

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Bernard Madoff
Yellow highlight | Location: 3,769
Più insidiosi sono invece gli errori, che sono azioni compiute consapevolmente ma con conseguenze inattese, perché basate su una percezione errata della realtà.
Note:CONSEGIENZE INATTESE

Yellow highlight | Location: 3,772
L’ipotesi matematica che stava dietro alle CDO era altresì un errore: i genietti che li hanno progettati sbagliavano riguardo alla implicita distribuzione dei rischi,
Note:CDO

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sono generalmente molto più difficili da individuare rispetto agli scivoloni,
Note:ERRORI E VIOLAZIONI

Yellow highlight | Location: 3,790
le persone che dovrebbero individuare i rischi sono i revisori contabili e le autorità finanziarie. Dopotutto, è il loro lavoro. Ma lo fanno?
Note:CHI CONTROLLA I CONTROLLORI?

Yellow highlight | Location: 3,796
Dyck, Morse e Zingales
Note:ESPERTI IN FRODI

Yellow highlight | Location: 3,796
Delle varie frodi venute a galla, le società di revisione contabile e le autorità di regolamentazione finanziaria ne avevano scoperte solo una su sei.
Note:UNA SU SEI

Yellow highlight | Location: 3,802
Questo suggerisce che le persone nella posizione migliore per individuare le frodi – o, a essere più precisi, ogni tipo di pericolo si celi dietro un’organizzazione – sono i dipendenti che lavorano in prima linea
Note:LA POSIZIONE PRIVILEGIATA DEL DIPENDENTE

Yellow highlight | Location: 3,804
a fare luce sul numero maggiore di frodi erano stati i dipendenti.
Note:cccccccc

Yellow highlight | Location: 3,806
«Non avevo nulla da guadagnarci a dire la verità»
Note:tttttttt

Yellow highlight | Location: 3,811
ricevuto pressioni affinché vendesse i mutui necessari a raggiungere gli obiettivi aziendali, non importava quali rischi correlati ci fossero.
Note:PRESSIONI SUL DIPENDENTE

Yellow highlight | Location: 3,815
il personale della HBOS concedeva prestiti in denaro a persone che non erano nelle condizioni di restituirlo.
Note:CONSEGUENZA

Yellow highlight | Location: 3,821
licenziato.
Yellow highlight | Location: 3,846
È vero, alcuni informatori tirano acqua al proprio mulino, e alcuni sono ex dipendenti frustrati desiderosi di creare problemi:
Note | Location: 3,846
DIFFICILE CAPIRE CHI PRENDERE SUL SERIO

Yellow highlight | Location: 3,849
Molti di essi si dicono pentiti di avere parlato: più dei quattro quinti del campione analizzato da Dyck, Morse e Zingales raccontano di essersi dovuti dimettere, di essere stati licenziati o retrocessi.
Note:PENTITI DI INFORMARE

Yellow highlight | Location: 3,859
«Sta’ attento a non farti nemico uno come me».
Yellow highlight | Location: 3,861
non è impossibile creare un sistema che incoraggi gli informatori
Note:INCORAGGIARE

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Non sorprende, quindi, che la prospettiva di vincere «il primo premio della lotteria» abbia sciolto la lingua di numerosi dipendenti del settore sanitario, nel quale le denunce sono tre volte più frequenti che in qualunque altro settore.
Note:PREMIO AGLI INFO

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durante la crisi finanziaria molti videro i segnali dei guai all’interno delle singole banche e delle istituzioni finanziarie, ma non ravvisarono alcun tornaconto a raccontarlo.
Note:E NELLA FINANZA?

Yellow highlight | Location: 3,880
Rendere sostenibili gli esperimenti
Note:tttttttt

Yellow highlight | Location: 3,883
La fine degli errori nella finanza sarebbe anche la fine delle nuove idee,
Note:SACRIFICARE LE NUOVE IDEE?

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Negli anni Sessanta mio suocero provò a chiedere un mutuo, ma senza successo. Era un dentista, cioè un libero professionista, quindi un rischio troppo grande per le banche.
Note:DIAMO X SCONTATE TROPPE COSE

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Come in qualsiasi altro settore, alcune innovazioni finanziarie falliranno inevitabilmente. E come in ogni altro settore, questi insuccessi inevitabili sono il prezzo da pagare
Note:INNOVAZIONE

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La proposta di John Kay della «banca a operatività limitata» mira a strutturare le banche in modo tale che il sistema finanziario possa continuare ad assumersi dei rischi
Note:PROPOSTA KAY

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Evitare che le banche diventino «troppo grandi per fallire» è il giusto tipo di approccio, ma è il modo sbagliato per dirlo, come dimostrato dall’analogia con il domino: sarebbe infatti assurdo dire che una singola tessera è troppo grande per fallire. Ciò di cui abbiamo bisogno sono barriere di sicurezza all’interno del sistema
Note:TESSERE DEL DOMINO TROPPO GRANDI X FALLIRE

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Deepwater Horizon
Note:tttttttt

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La prima lezione è che i sistemi di sicurezza spesso falliscono.
Note:PRIMA LEZIONE

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La seconda lezione è che gli errori latenti possono essere letali.
Note:SECONDA LEZIONE

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La terza lezione è che se gli informatori avessero avuto la sensazione di poter parlare, l’incidente si sarebbe evitato.
Note:INFORMATORI

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Quarto, il sistema della piattaforma era correlato in maniera troppo stretta.
Note:QUARTA LEZIONE... DIVERSITÀ

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Quinto, come avrebbe confermato Tony Lomas, dei piani d’emergenza avrebbero aiutato.
Note:QUINTO... AVERE UN PIANO DI EMERGENZA

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La lezione finale è quella della teoria degli incidenti «normali»: gli incidenti accadono, e dobbiamo essere preparati alle conseguenze.
Note:LEZIONE FINALE: L INCIDENTE ACCADE

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La risposta istintiva sarebbe di cercare di eliminare gli errori, ma si tratta di un sogno impossibile. L’alternativa è provare a semplificare e «disaccoppiare» il più possibile questi sistemi ad alto rischio, incoraggiare le «gole profonde» a denunciare errori latenti che aspettano di colpire e, purtroppo, prepararsi al peggio.
CONCLUSIONE


giovedì 16 febbraio 2017

SAGGIO L' evoluzione è più intelligente di te

Di sicuro è più intelligente dell’ambientalista tipo.
O almeno, questa è la tesi che cerca di sostenere Tim Harford nel suo " Il cambiamento climatico, ovvero: cambiare le regole per avere successo. Elogio dell'errore: Perché i grandi successi iniziano sempre da un fallimento". Si tratta di un caso specifico del motto più generico che dobbiamo a Leslie Orgel.
***
Siamo nel 1859, John Tyndall è uno sperimentatore provetto presso la London Royal Institution. L’obiettivo di Tyndall era risolvere un dilemma sollevato dallo scienziato francese Joseph Fourier...
... Fourier aveva calcolato quanta energia solare raggiungeva la Terra, e quanta questa ne irradiasse nello spazio. Più calda era la Terra, maggiori erano le radiazioni emesse, e Fourier si aspettava che le radiazioni della Terra bilanciassero il caldo fornito dal Sole a una temperatura di circa 15 °C. Fourier rimase quasi sconvolto, perché secondo i suoi accurati calcoli l’effettivo equilibrio dell’energia implicava che la temperatura media fosse meno 15...
Tyndall ritenne che la risposta a questo enigma fosse che tutta l’atmosfera terrestre intrappolava il caldo come una serra. Ricostruì una "atmosfera" artificiale con ossigeno e azoto (due gas che costituiscono insieme il 99% dell'atmosfera terrestre). Ma, a quanto pare, il famoso effetto serra non si produceva. Aggiunse allora due elementi che in prima battuta sembravano irrilevanti: vapore acqueo e biossido di carbonio: il calore cominciò ad irradiarsi. Aveva scoperto l' "effetto serra".
***
Oggi l' "effetto serra" sembra essere al centro del riscaldamento globale della Terra. Dobbiamo preoccuparcene? Cosa dobbiamo fare? Non è facile prendere decisioni perché l'intricato gioco dei feedback rende tutto molto incerto...
... Le complicazioni sono molte: le nuvole potrebbero formarsi in un’atmosfera più calda, riflettendo più calore; ma il ghiaccio bianco si scioglierebbe, riflettendo meno; e se la tundra artica si sciogliesse, marcendo potrebbe rilasciare più metano, un potente gas serra. A causa di questi cicli di feedback, alcuni dei quali dovrebbero soffocare l’effetto mentre altri è probabile che lo aumentino, i possibili risultati sono incerti...
La concentrazione di anidride carbonica, comunque, sembra un parametro cruciale...
... la concentrazione dell’anidride carbonica prima dell’era industriale era 280 parti per milione (0,028 per cento). Attualmente è intorno alle 390 ppm, e i negoziati internazionali appoggiano ufficialmente l’obiettivo di mantenere la concentrazione sotto le 450 ppm...
Ma quanta anidride carbonica possiamo permetterci? Qui già cominciano i disaccordi… 
... Richard Lindzen, un meteorologo bastian contrario del MIT, ritiene che la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera possa tranquillamente superare le 10.000 ppm...
***
L'ambientalista è quello strano tipo per il quale la domanda "che fare?" risulta semplicissima. Per lui c’è solo un problema: la volontà.
Tende a confondere l'importanza del problema con la semplicità delle soluzioni. Mescola obbiettivi e programmi. Sembra sottovalutare il fatto che persino delle modeste riduzioni nelle emissioni di gas serra implicano una completa riorganizzazione del sistema economico su cui si fonda la nostra vita quotidiana.
Punta sempre il dito contro le multinazionali scordandosi che se giriamo in automobile non è perché ce lo dice la ExxonMobil, ma perché la troviamo terribilmente comodo.
Ci invita a cambiare abitudini, oppure a promulgare leggi "verdi". Per lui la soluzione del problema è solo questione di volontà.
Ma probabilmente l’ambientalista ha torto, le cose non stanno in questi termini,  e il miglior modo per capirlo consiste nel seguire il nostro eroe nella sua giornata tipo. A lui la volontà non manca, eppure...
***
Geoff, per esempioè un neo convertito alla religione ambientalista. Ecco la sua giornata tipo...
...  Geoff comincia la sua giornata, come sempre, riempiendo il bollitore per il caffè, ma poi si ricorda che il bollitore elettrico succhia un sacco d’energia, allora opta per un bicchiere di latte freddo. Poi risparmia ulteriore elettricità non tostando le sue solite due fette di pane. Al momento di lasciare l’appartamento, indugiando se staccare o meno dalla spina il caricabatteria del cellulare, prende le chiavi della macchina, ma subito ci ripensa e si avvia a piedi alla fermata dell’autobus. Quando salta giù dall’autobus di fronte all’ufficio, la rinuncia al caffè mattutino si fa sentire, quindi s’infila da Starbucks per un cappuccino. All’ora di pranzo interroga il proprietario della gastronomia riguardo alla provenienza degli ingredienti, e sceglie un cheeseburger fatto con manzo allevato localmente. Nel pomeriggio ha un momento libero e ne approfitta per navigare su Internet e scaricarsi una brochure sulla Toyota Prius, poi chiama e fissa un appuntamento con un installatore di mulini a vento da tetto per chiedergli un preventivo. A fine giornata è stanco, e senza accorgersene dimentica il computer dell’ufficio in stand-by, prima di avviarsi verso la stazione degli autobus. Arrivato a casa tardi, dopo avere aspettato l’autobus per un’eternità, prende la macchina e va al supermercato – giusto un tratto breve, ricordandosi però di prendere la propria borsa per la spesa – per comprare un pacco di lampadine a basso consumo energetico e una confezione di detersivo in polvere senza fosfati, in modo da mettere i vestiti del giorno dopo nel lavasciuga. Compra anche dell’agnello locale biologico, pomodori e patate locali e una bottiglia di vino (che non ha attraversato mezzo mondo per arrivare dal Cile). Dopo mangiato risparmia ancora più energia lavando i piatti a mano, senza lavastoviglie. Poi decide di installare le sue lampadine a risparmio energetico, ma ci ripensa perché significherebbe buttare nella spazzatura quelle vecchie, ancora perfettamente funzionanti; le mette quindi in un cassetto in attesa di sostituire le altre quando si bruceranno. Geoff va a dormire con il sonno del giusto...
Scorriamola passo passo cercando di fare qualche considerazione. Cominciamo dal latte. Le vacche che ce ne fanno dono producono anche molto metano 231 (e non entro nei particolari). Si tratta del gas serra più nocivo in assoluto...
... per produrre 250 millilitri di latte, una mucca espelle 7,5 litri di metano, che pesano circa 5 grammi ed equivalgono a 100 grammi di anidride carbonica...
Ma nel cappuccino di Geoff sono coinvolti altri elementi...
... altri elementi per fare il latte – foraggio per le mucche, trasporto, pastorizzazione – e i 250 millilitri che Geoff ha bevuto producono circa 300 grammi di anidride carbonica...
La sua prima decisione "salva-pianeta" ha dunque di fatto aumentato le emissioni (indipendentemente dalle sue buone intenzioni)...
... I prodotti caseari sono così nocivi al Pianeta che Geoff avrebbe fatto meglio a tostare il suo pane senza burro, piuttosto che imburrarlo senza tostarlo...
E che dire del cheeseburger e dell'agnello comprato al supermercato?...
... nemmeno il cheeseburger mangiato da Geoff a pranzo (2.500 grammi di anidride carbonica ogni 100 grammi circa) è stata una scelta felice.235 Lo stesso vale per la braciola di agnello a cena (diciamo altri 2.500 grammi), perché anche gli ovini producono metano...
Forse sarebbe stato meglio del maiale o del pollo. Di sicuro del pesce, specie se nuota in superficie (aringhe, sgombri...). Meglio ancora una zuppa vegana, anche se poi bisogna ingerirla, e lì cominciano i guai.
Ma che dire della scelta localista dei cibi? Del km zero in stile slow food? Sorpresa: potrebbe aver ulteriormente peggiorato le condizioni del pianeta azzurro...
... Comprare prodotti locali riduce i chilometri percorsi dal cibo per arrivare sui nostri piatti, ma spesso è una pratica controproducente. È sicuramente vero che trasportare cibo in giro per il mondo fa consumare energia, tuttavia l’impatto è inferiore a quanto si pensi: la maggior parte dei prodotti viene trasportata via nave, e quando viene caricata sugli aerei non sta su una bella poltrona con ampio spazio per le gambe e lo champagne gratis. Inoltre, proviene sicuramente da luoghi con condizioni climatiche molto più adatte. La preferenza di Geoff dell’agnello inglese su quello neozelandese potrebbe produrre più anidride carbonica: quattro volte tanto, se diamo retta a un team di ricercatori universitari che però, ammettiamolo, è neozelandese.238 Sui numeri si può dibattere, ma il dato di fondo è che ci vuole più combustibile fossile per produrre l’agnello in Inghilterra che non in Nuova Zelanda, dove la stagione verde è più lunga e c’è più energia idroelettrica, e questo andrebbe messo sulla bilancia accanto alle emissioni causate dal trasporto. La scelta di Geoff dei pomodori inglesi anziché spagnoli è stata di certo maldestra: l’anidride carbonica emessa dal viaggio del TIR è completamente controbilanciata dal fatto che la Spagna è baciata dal sole,239 mentre in Gran Bretagna i pomodori hanno bisogno di serre riscaldate. Quanto al vino cileno, la navigazione intorno al mondo aggiunge solo il 5 per cento di gas serra a quelli emessi soltanto per produrlo...
E la scelta di utilizzare per la spesa una borsa riciclabile?...
... un sacchetto di plastica è responsabile di solo un millesimo di emissioni di anidride carbonica rispetto al cibo che ci mettiamo dentro.241 Il che non si avvicina neppure lontanamente a compensare la debolezza che si è concesso prendendo la macchina, capace di generare quasi 100 grammi di anidride carbonica per ogni chilometro percorso, nemmeno se avesse guidato la sua tanto desiderata Prius. Ma anche questa stima è troppo ottimista, perché suppone che il viaggio avvenga in assenza di traffico...
E la scelta di prendere l'autobus? Almeno quella la salviamo? Mmmm... buona scelta, ma... Anche qui i “ma” sono molti e complessi…
...  Il classico autobus londinese trasporta in media tredici persone, nonostante le dimensioni della città e l’entusiasmo per i trasporti pubblici. Le auto portano in media 1,6 persone, e già così emettono in realtà meno anidride carbonica per chilometro su passeggero di un autobus al suo carico medio.243 Alcuni sostengono che si tratti di un aspetto irrilevante, perché l’autobus viaggia in ogni caso e dunque il contributo di Geoff ai gas serra sarebbe vicino a zero. Ma con la stessa logica Geoff potrebbe godersi un bel viaggio di lunga distanza in aereo senza sensi di colpa, perché tanto anche l’aereo avrebbe volato lo stesso...
Insomma, bollire le patate senza coperchio compensa tre giorni di autobus.
E il cambio delle lampadine? Ottima scelta (specie se in casa la luce non serve). Ma anche qui Geoff ha commesso un errore (non si può essere perfetti)...
... Geoff ha fatto bene a comprare le lampadine a risparmio energetico, ma ha sbagliato ad aspettare a installarle: quelle vecchie consumano così tanta energia che è meglio per l’ambiente buttarle subito...
E la scelta di lavare le posate a mano? Pessima. Non avrebbe  dovuto disprezzare la lavastoviglie, che consuma meno anidride carbonica del tipico lavaggio a mano.
E il progetto dei mulinelli eolici sul tetto? Decisamente poco promettente...
... ma il progetto dei mulini a vento sul tetto salverà il sogno romantico di Geoff? È improbabile. Un piccolo mulinello a vento da tetto in un contesto urbano genera una media di 8 watt, e Geoff avrà quindi bisogno di dodici mulini per far funzionare una normale lampadina da 100 watt. Uno di questi mulini a vento giocattolo farà risparmiare a Geoff solo 120 grammi di anidride carbonica al giorno.247 Ha sprecato cinque volte questa energia quando è uscito dall’ufficio lasciando il suo computer in stand-by...
E la decisione di staccare il carica batterie?  Basta un minuscolo errore per renderla ininfluente...
... E che dire del caricabatteria del cellulare che Geoff ha staccato dalla presa uscendo di casa? Non farlo sprecherebbe circa mezzo watt, un centesimo del computer in stand-by...
***
Essere ambientalisti è facile ma fare gli ambientalisti è difficilissimo. Basta un errorino e comprometti tutto.
Quanta buona volontà in Goeff, ma quanti disastri nella sua vita quotidiana di ambientalista.
È possibile semplificare le cose a questi martiri? No, a meno che uno dedichi la sua vita a studiare le emissioni.
Euan Murray lo sa bene. Lui lavora per la Carbon Trust, un istituto governativo che si dedica al calcolo dell' "impronta di carbonio"....
... Murray trascorre le sue giornate in ufficio a fare quel genere di stime su cui mi sono basato per calcolare l’impronta di carbonio della giornata di Geoff, e svolge lo stesso lavoro per clienti che spaziano dalle banche (200 grammi di anidride carbonica per ogni conto corrente) alla PepsiCO (75 grammi di anidride carbonica per un sacchetto di patatine)...
Un lavoro duro e oneroso, lo si può fare per i grandi progetti, non per le piccole decisioni quotidiane.
Tanto per far capire meglio di cosa parliamo: per lavorare su un"cappuccino" occorre sapere, tra l’altro, la densità delle pecore nella stalla.
Un cappuccino ha bisogno di una macchina espresso, di una mucca,  di una tazzina di ceramica. Per ciascuno di questi elementi ci sono migliaia di aspetti di cui tenere conto. Le economie moderne offrono 10 miliardi di prodotti differenti. Solo Sturbacks si vanta di avere in listino 87 mila bevande. Buon lavoro.
Quanto pesa, per esempio, il pendolarismo del barista che vi sta facendo il cappuccino? E che dire dell’avanti e indietro dai campi del coltivatore di caffè? Forse la differenza alla fine la fanno i doppi vetri del locale dove consumiamo il nostro benedetto cappuccino! Un caffè nero filtrato sarebbe meglio dell’orrore di un latte di soia?
Tutto questo rovello per un semplice cappuccino, ovvero cinque minuti della nostra giornata. E le restanti 23 ore e 55 minuti? Se anche azzeccassimo tutto, probabilmente compenseremmo con errori nei cinque minuti successivi.
Persino i pareri degli esperti sono discordanti. La grande battaglia delle banane
… Mike Berners-Lee, l’autore di How Bad Are Bananas? (quanto sono cattive le banane?) mi ha spiegato che le banane sono un alimento a bassa emissione di anidride carbonica. Geoff Beattie, autore di Why Aren’t We Saving the Planet? (perché non stiamo salvando il Pianeta?), fa invece notare che le banane sono un prodotto con un’impronta di carbonio importante….
La grande battaglia sulla carne
… Ho letto convincenti studi che suggeriscono che la carne, se allevata nel modo giusto, potrebbe gravare molto meno sul cambiamento climatico di quanto non faccia adesso…
L’ambientalista dovrebbe consultare una pila di ricerche per qualsiasi cosa faccia. E la gente normale, anche se ben intenzionata, non è come Geoff, possiede una coscienza ecologica moderata, ad essere generosi. Arriva giusto a generiche “buone intenzioni” e non intende andare oltre, figuriamoci se si mette a studiare ficcandosi in un ginepraio da cui non uscirebbe viva.
***
C’è chi ha proposto soluzioni tecnologiche
… Geoff potrebbe scattare una foto o scansionare il codice a barre del prodotto, e nel giro di qualche istante ricevere un rapporto su quanto è dannoso un biscotto, un espresso o un cheeseburger…
Un calcolatore approssimativo dell’ “impronta” potrebbe essere installato sui telefonini. Ma servirebbe un enorme database. E poi, solo gli ambientalisti più convinti si prenderebbero la briga di fotografare e scansionare.
***
In realtà una soluzione ci sarebbe, e sarebbe l’uovo di Colombo: un accordo tra paesi…
… tutti i Paesi devono imporre una tassa di circa cinquanta dollari per tonnellata di carbonio contenuta in ogni combustibile fossile estratto sul proprio territorio, più o meno quattordici dollari per ogni tonnellata di anidride carbonica…
Sarebbero 5 dollari in più per ogni barile di petrolio. Quaranta dollari in più per una tonnellata di carbone. Ma qui i numeri hanno poco senso, è il principio che interessa.
La tassa sul carbonio ricadrebbe nel sistema dei prezzi. Ecco il meccanismo in azione…
… Una tassa di cinquanta dollari sul carbonio farebbe aumentare il prezzo della benzina di circa tre centesimi al litro, creando così un incentivo modesto a guidare meno e in modo più efficiente e a comprare auto con tasso di consumo minore…
Il prezzo medio dell’energia cresce. Torniamo ai pomodori “local” di Goeff…
… I pomodori spagnoli aumenterebbero di prezzo a causa del dispendio energetico necessario per spedirli via mare dalla Spagna, ma anche il prezzo dei pomodori inglesi aumenterebbe a causa dei costi per riscaldare la serra…
Tutto diventa una mera conseguenza. La convenienza di portafoglio diventa la nostra stellala polare, l’unica guida di ogni comportamento: basta principi, basta religione ambientalista. Tutto si semplifica…
… E Geoff, che è andato al supermercato con l’intenzione di comprare i pomodori, non dovrebbe puntare il suo smartphone su nessun codice a barre: gli basterebbe guardare il prezzo. Quanto più dispendiosi saranno i pomodori in termini di emissioni di anidride carbonica, tanto più il prezzo tenderà a salire…
Non servirebbe alcuna banca dati centrale, fanno tutto i prezzi. Ma forse per chi cerca solo un culto il problema è proprio quello. 
***
Nonostante una soluzione razionale sembrerebbe disponibile, le alternative alla carbon tax sembrano oggi avere il sopravvento. La UE, per esempio, ha un sistema di cap&trade: fatica a risultare incisivo e trascura ampi settori dell’economia.
L’India ha una carbon tax ma modesta. Nessun grande Paese ha introdotto un prezzo significativo per la CO2.
Ma l’alternativa che va per la maggiore è la “regolamentazione”, ovvero una normativa finalizzata alla riduzione delle emissioni.
In GB, per esempio, c’è la normativa Merton introdotta nel 2003 da Adrian Hewitt, amministratore di una zona urbana a sud ovest di Londra…
… prevedeva che ogni intervento edilizio di un certo rilievo dovesse comprendere la capacità di generare il 10 per cento di quello che l’edificio avrebbe poi consumato in termini energetici. In caso contrario, alla società immobiliare sarebbe stato negato il permesso di costruire…
Sembrava ragionevole. A Londra il sindaco Ken Livingstone, per non essere da meno, alzò addirittura l’asticella al 20. Adrian Hewitt divenne una celebrità, iniziò così a racimolare premi.
A prima vista la normativa offre un sistema per incoraggiare comportamenti virtuosi come la crescita delle “rinnovabili”. Inoltre, all’apparenza, non implica costi per il governo.
Ma c’è un inconveniente non da poco…
… Il prevedibile inconveniente è che avere installato uno strumento per rinnovare l’energia non significa necessariamente che verrà utilizzato. Spesso una soluzione alternativa è una semplice caldaia a doppia combustione, che può funzionare sia con gas naturale sia con biomasse come i pellet, e che può essere inserito senza grandi sforzi nel progetto immobiliare rispettando alla lettera la normativa Merton. Naturalmente, una volta che una simile caldaia è installata, sarà più semplice ed economico farla funzionare con il gas naturale che non con il legno. Capacità rinnovabile: 10 per cento. Energia rinnovabile prodotta: zero….
Basterebbe questo per consigliare un accantonamento.
***
Geoffrey Palmer è un ambientalista incallito, lavora per azienda ingegneristica Roger Preston Partners, ha appena restaurato l’ Elizabeth House seguendo tutti i canoni del costruttore ambientalista. Un grandioso lavoro durante il quale ha capito quanto la normativa Merton intralci le soluzioni più razionali…
… Per adempiere alla norma, date le dimensioni dell’edificio la squadra di Palmer ha progettato una caldaia a biomassa con un deposito di combustibile grande come una piscina di 25 metri, pari al fabbisogno di soli quattordici giorni. Palmer ha calcolato che mantenere il deposito pieno di ciocchi di legno, pellet e scarti dell’IKEA avrebbe reso necessario che tutte le settimane due camion di circa 30-40 tonnellate attraversassero il centro di Londra e scaricassero il contenuto nell’area preposta: forse non il tipo di cosa che vorremmo sentirci proporre. Tra l’altro, neppure i proprietari dell’edificio saranno felici di riparare costose apparecchiature nel caso in cui si dovessero rompere. Anche il più perfetto dei macchinari finirà con l’avere bisogno di manutenzione, e data la giovane età delle energie rinnovabili è risaputo che sono particolarmente soggetti a problemi. «Se uno installa dei pannelli fotovoltaici sul tetto di casa sua e questi si rompono subito dopo i cinque anni di garanzia», dice Palmer, «è difficile che abbia voglia di mettere mano al portafoglio per sostituirli.»…
Oltre ai problemi legati all’utilizzo c’è anche il problema della localizzazione: perché costruire un impianto per ogni edificio quando centralizzare sarebbe molto più pratico?…
… Ma i problemi legati alla normativa Merton non finiscono qui. Infatti, nel momento in cui esige che le tecnologie siano installate nella stessa area dell’edificio, esclude altre opportunità. Una grande turbina a vento in cima a una colina può essere decisamente efficace, anche quando si trova a competere con due miliardi di anni di risorse energetiche condensate in forma di carbone e petrolio. Ma una piccola turbina a vento in cima a un tetto circondato su tutti i lati da altri edifici non servirà granché, se non a ricaricare un cellulare…
Ma la Merton, nella sua inevitabile ottusità, non consente soluzioni locali: ogni singolo edificio deve avere i suoi impianti “verdi”.
C’è qualcosa di perverso nella Merton, e in generale nel tentativo di affrontare il problema ambientale dettando regole dall’alto. Lo si comprende subito…
… Prendiamo per esempio un nuovo supermercato fuori città, che sotto certi punti di vista potrebbe rappresentare una catastrofe ambientale in miniatura, ma che garantisce un ampio tetto piatto perfetto per i pannelli solari, dimensioni del sito tali da consentire l’installazione di mulini a vento di dimensioni accettabili e un grande potenziale sotto il parcheggio delle automobili per pompe di calore geotermiche. Il 10 per cento della capacità rinnovabile può essere un obiettivo ridicolmente piccolo per un simile edificio. D’altra parte, la creazione di palazzi uffici a molti piani come Elizabeth House è per sua natura efficiente dal punto di vista del consumo energetico, dato che ogni piano provvede a scaldare quello superiore, e se situato nei pressi di una stazione ferroviaria, sempre come nel caso di Elizabeth House, incoraggia i lavoratori a muoversi con i trasporti pubblici piuttosto che in auto…
La legge Merton è maldestra esattamente come è maldestro il nostro povero ambientalista Goeff. Anzi, è peggio di lui perchè Geoff, perlomeno, puo’ correggersi…
… perlomeno è possibile che con il tempo Geoff impari dai propri errori, mentre le normative di governo, per loro stessa natura, tendono a essere in qualche modo impermeabili alle opportunità di miglioramento…
Volete un altro esempio di regolamentazione maldestra? Un famoso esempio è quello dei parametri CAFE. CAFE sta per corporate average fuel efficiency. Serviva ad incentivare il consumo di benzina a bassa emissione. Finì per far proliferare i macchinoni…
… Prevedevano, per esempio, standard distinti e poco severi per i «camion leggeri», che all’epoca costituivano una categoria di nicchia che comprendeva veicoli principalmente commerciali destinati al trasporto di carichi. Allora i produttori si resero conto che era possibile fabbricare automobili che alle autorità di settore sembrassero «camion leggeri», scansando in questo modo una normativa più onerosa. Il risultato fu che gli standard CAFE incoraggiarono la diffusione di un nuovo modello di automobili più grande e più pesante, e l’efficienza (in termini di consumo) delle nuove auto vendute negli Stati Uniti scivolò costantemente verso il basso fra il 1988 e il 2003… le aziende automobilistiche non erano incentivate ad andare oltre gli standard fissati, così una volta che questi venivano raggiunti, i progressi tecnologici venivano indirizzati a favore della produzione di macchine più grandi e più veloci…
Il terzo esempio lo traggo dalla UE: ogni Stato membro dell’Unione Europea deve garantire che il 10 per cento dell’energia per i trasporti provenga da fonti di energia rinnovabile…
… Nella pratica, l’opzione più semplice e più economica è rifornire macchine convenzionali o leggermente modificate con combustibili liquidi come biodiesel o etanolo… per poi non utilizzare questi impianti…
Con l’etanolo, poi, gli ambientalisti hanno pasticciato parecchio. In molti casi è peggio della benzina…
… l’etanolo di grano può in realtà essere peggiore della benzina… il biodiesel di olio di palma cresciuto in ex foreste pluviali può essere responsabile di un rilascio di anidride carbonica venti volte maggiore rispetto alla cara vecchia benzina…
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Forse adesso è un pochino più chiaro cosa intendesse Leslie Orgel quando affermava che “l’evoluzione è più intelligente di voi”?…
… Orgel intendeva che quando un processo evolutivo viene lasciato libero di agire su un problema, spesso troverà soluzioni che nessun progettista in carne e ossa sarebbe in grado di immaginare… se il problema è posto in modo inesatto, a quel punto è probabile che l’evoluzione trovi delle scappatoie che pochi di noi sono in grado di prevedere… l’economia è per sua natura un ambiente evolutivo…
Intendeva dire che non dobbiamo essere noi (ambientalisti, legislatori, ecc.) a trovare la soluzione: solo un sistema evolutivo (come per esempio l’economia) puo’ farlo in un processo continuo di trial & error.
Non solo: se le regole del gioco economico sono scritte male, l’evoluzione economica troverà le sue scappatoie. Normative ambientali apparentemente ragionevoli possono risultare in effetti perverse, lo abbiamo appena visto. E’ la sorte a cui va incontro chi si crede più intelligente dell’evoluzione.
Il triste caso del bulldog inglese illustra bene la fine di chi si crede più intelligente dell’evoluzione…
… Questa creatura dalla mascella churchilliana è una delle più carismatiche e amate fra tutti i cani di razza. Ha quel tipico naso corto, le gambe ad arco e le pieghe della pelle che rendono il suo muso simile a velluto spiegazzato. Sono tutte caratteristiche non certo casuali, ma sviluppatesi come risultato di un secolo di selezione naturale. Purtroppo, però, il bulldog è un cane che soffre di una serie di problemi direttamente attribuibili al suo aspetto fisico. Molti esemplari non possono accoppiarsi senza assistenza umana per ragioni puramente anatomiche. Una soluzione è quella dell’inseminazione artificiale, l’altra è quella di reclutare tre o quattro persone per reggere l’animale. Oppure sono disponibili sul mercato delle culle speciali, e quelli che la producono sostengono che con una di queste culle basta una persona sola: una che però abbia due bulldog. Ma anche se una femmina bulldog rimane incinta, spesso ha bisogno del taglio cesareo, perché i bulldog hanno la testa molto sviluppata e canali genitali ridotti. I bulldog, a differenza della maggior parte dei cani, non possono regolare la propria temperatura tramite la respirazione e sono a rischio di colpi di calore. Inoltre, quelle adorabili pieghe della pelle intorno agli occhi li espongono a infezioni dei dotti lacrimali. Spesso i bulldog respirano a fondo e danneggiano le laringi, perché hanno i canali della respirazione compressi. L’evoluzione – e le sue perverse conseguenze – è più intelligente degli allevatori di cani di razza…
Ma c’è anche l’esempio dei televisori neozelandesi
… Negli anni Settanta in Nuova Zelanda si sviluppò una nuova, bizzarra categoria di business: l’industria per l’assemblaggio delle televisioni, che lavorava a stretto contatto con i produttori giapponesi, ai quali commissionava la raccolta di tutti i componenti per i televisori e la relativa spedizione in Nuova Zelanda. I componenti dovevano essere catalogati con precisione e forniti con istruzioni in inglese, ma il tutto creava non pochi problemi ai giapponesi, con il risultato che i kit per il montaggio erano più cari dei televisori giapponesi già pronti e finiti.261 Il governo, infatti, voleva che gli apparecchi venissero prodotti localmente, una pretesa che comportava dei costi proibitivi in un mercato così piccolo. Gli imprenditori locali provarono allora a pensare a un sistema meno costoso per fare il lavoro. L’evoluzione economica fu più intelligente del governo neozelandese, e produsse uno spettacolare bulldog finanziario…
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L’economista ambientale Prashant Vaze ha lavorato sul concetto di spintarella (o paternalismo dolce. Esempio…
… Prendiamo, per esempio, le lampadine incandescenti, uno strumento molto dispendioso per produrre luce ma preferito da quelle persone che hanno una vista debole e certe caratteristiche della pelle che le rendono sensibili alla luce: tali lampadine potrebbero essere rimosse dagli scaffali a vista dei supermercati, ma rese disponibili solo su richiesta…
Si tratta di stratagemmi che potremmo utilizzare per salvare il pianeta? Forse meglio “spingere” che proibire, ma il vulnus di fondo resta: ci crediamo più intelligenti dell’evoluzione. Prendiamo la spintarella a mangiare più verdura
… La spinta per l’insalata potrebbe funzionare bene per indurre qualcuno a mangiare sano nel bar vicino al posto di lavoro, ma se provassimo a introdurla per via legislativa che effetto sortirebbe? Forse i legislatori potrebbero imporre a tutti i bar di offrire insalate, sebbene rischi di risultare una sciocchezza per quei piccoli esercizi vicino ai binari della stazione ferroviaria. Un’alternativa potrebbe essere decidere che se un locale serve insalate, allora deve esporle in una posizione privilegiata. Ma che cosa succederebbe se in un determinato locale sono le torte e i dolciumi in generale a costituire il grosso del fatturato?…
Sia come sia la perversione delle regole o delle spintarelle esce sempre fuori.
Morale: certo, una goffa spintarella è meglio di uno spintone o di un divieto insensato, ma sempre goffa rimane.
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Torniamo alla carbon tax. Chi dovrebbe pagarla? La risposta inaspettata è: non importa. Per questo si tratta di una buona idea. La carbon tax lavora per l’ambiente indipendentemente da chi la paga.
I problemi sono altrove: si troverà mai un accordo internazionale? Una relativa comunione d’intenti è infatti necessaria…
… Grazie all’esperienza della crisi energetica degli anni Settanta, sappiamo che prezzi alti per le fonti energetiche tendono a stimolare la ricerca di una soluzione per ridurne il consumo…
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Le soluzioni nascoste al problema ambientale sono una miriade e probabilmente quella finale sarà un mix della miriade. Non possiamo certo affidarci alla buona volontà dell’ambientalista o del legislatore per scovarlo…
… Ma chissà a quali altri cambiamenti potremo assistere. L’intera catena dei fornitori globali potrebbe essere riconfigurata… Se ci fosse un sistema per ridurre il metano espulso dalle mucche e dalle pecore – quasi un decimo del contributo totale alle emissioni di gas serra – sarebbe di certo di un grande risultato.263 Gli scienziati australiani hanno scoperto che i canguri non emettono metano, e stanno cercando un modo per inserire alcuni batteri intestinali dei canguri negli stomaci delle mucche.264 Questo potrebbe dare dei risultati, ma potrebbe anche non darne. Tuttavia un prezzo corretto sui gas serra incoraggerebbe a percorrere molte strade diverse… Gli imprenditori e gli ingegneri hanno miriadi di idee che aspettano il giusto scenario economico per essere applicate… e i governi sanno molto poco di tutto questo…
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Mi sembra che il caso sia chiarito, la soluzione è semplice e lineare.
Eppure non fa breccia, eppure ci si continua ad affidare alla buona volontà. Perché?
Perché l’ambientalismo è ormai una religione: la religione verde. Nell’era della secolarizzazione una delle attività che più impegnano gli uomini è cercarsi una religione.
L’adepto ad una religione vuole adorare il suo Dio. Non vuole che i suoi comportamenti siano guidati dalla convenienza e quindi dal portafoglio. Vuole conferire il primato al proprio cuore puro.
La carbon tax si riflette nei prezzi e ti chiede solo di affidarti alla convenienza, di curarti solo dei prezzi per prendere le tue decisioni. Il tuo amore per il pianeta – cio’ a cui tieni di più - a quel punto diventa irrilevante, ed è per questo che la soluzione più razionale viene vista con antipatia.
Pe lì Adepto, molto meglio avere regole e precetti per la salvezza dell’anima che per la salvezza del pianeta. Se poi la regola religiosa coinvolge anche altri che non appartengono alla grande Chiesa ambientalista, la cosa ci lascia indifferenti: che si convertano!
AngelaLergo