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lunedì 27 febbraio 2017

Che il rosso (sangue)

Appunti tirati giù in fretta nel corso della lettura del libro “The Che Guevara Myth and the Future of Liberty” di Alvaro Vargas Llosa.
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Oggi il Che è un brand della società capitalista ma pochi conoscono la sua storia se non attraverso il classico panegirico hollywoodiano. Nulla di più sviante.
  • Chi era in realtà il Che? Risposta breve: un tipo violento, di una violenza romantica quanto ideologica, innamorato della morte (soprattutto di quella altrui). Per tutta la vita, di fronte ai problemi, vide e propose sempre la stessa soluzione: la rivoluzione sanguinosa.
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  • Nelle sue lettere si dichiara continuamente "assetato di sangue". Ha quasi una concezione estetica della morte, come certi fascisti europei, penso a Pierre Drieu La Rochelle.
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  • Chiede a tutti i suoi collaboratori più crudeltà e attribuisce i fallimenti rivoluzionari all’ ingannevole pietà degli insorti. La rivoluzione non è un pranzo di gala.
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  • Protagonista in prima fila in tutte le esecuzioni capitali. Ci tiene ad essere presente in certe occasioni.
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  • Motto: "nel dubbio uccidi". La rapina delle banche e l'esproprio forzoso appartenevano al suo modus operandi abituale.
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  • Ma il suo meglio il Che lo dette come direttore della Cabana, dopo la Rivolucion cubana. Ha sulla coscienza dai 200 ai 1000 morti, si uccideva tutte le notti. Ci teneva a presenziare, anche per questo era amato dalla truppa psicopatica che più si sporcava le mani.
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  • Capito il tipo? Come ci sono i mafiosi sanguinari che si commuovono all'opera, ci sono anche le macchine di morte in grado di sciogliere ispirati inni alla rivoluzione contro tutte le ingiustizie.
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  • Noto è il suo puritanesimo, nonché quello che imponeva alle città via via conquistate alla Rivoluzione. Una specie di Sharia che regolava in modo stringente sesso, alcol e giochi. Una vera mania totalitaria, una passione per il controllo ipertrofico di tutto quanto accade nella società.
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  • A Cuba si occupò personalmente della polizia segreta e dei campi di concentramento. Lo volle fortemente.
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  • Il Che può essere inquadrato come un ortodosso. La sua ossessione era la controrivoluzione, che intendeva stroncare sul nascere. Vedeva controrivoluzionari ovunque, un po’ come Stalin. Su sta cosa non ci dormiva la notte.
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  • Le sue vittime alla fine erano perlopiù: dissidenti politici, cattolici, omosessuali, testimoni Geova...
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  • Se Castro fu un pragmatico opportunista, il Che fu l'ideologo puritano e intransigente, il fanatico della "sovietizzazione" a tutti i costi. Il suo modello dichiarato: il Nord Corea. In un certo senso i cubani, nella disgrazia, devono ringraziare il fatto che se ne andò sentendosi chiamato altrove e lasciando tutto in mano a Castro.
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  • Finché rimase spinse di brutto per la “nuclearizzazione” di Cuba da parte dell'URSS. Si allontanò dai sovietici solo quando li reputò troppo arrendevoli nei trattati: Mao divenne il suo nuovo idolo. Inoltre, l' URSS osava chiedere qualcosa in cambio dei colossali aiuti elargiti dimostrando agli occhi del Che una gretta “mentalità capitalista”.
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  • Cuba, prima della Rivolucion, si collocava stabilmente tra i primi quattro paesi più ricchi del Sudamerica. Bastarono pochi mesi del Che alla Banca Nazionale e al Ministero dell' Industria per far collassare un'intera economia e a stenderla per decenni. Ma in questo ambito, più che radicale, si dimostrò ignorante e i danni inferti dalle sue politiche sciagurate permanenti. Alla fine Cuba si rassegnò a vivere di sussidi sovietici. Come tutti i pasticcioni, ad un certo punto non seppe più che pesci prendere e decise di squagliarsela perché “la rivoluzione mondiale lo chiamava altrove”.
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  • Fu per lo meno un abile guerrigliero? La cosa è ormai seriamente in dubbio. L' unico suo successo - Cuba - sembra militarmente viziato dalle mazzette distribuite a destra e a manca agli ufficiali avversari per desistere (d'altronde, l'esercito di Fulgencio Batista era notoriamente corrotto e demotivato, non proprio un grande avversario). Altrove il Che fallì regolarmente conducendo a morte certa centinaia di persone, finché non ci lasciò le penne anche lui. Il risultato ottenuto dai suoi azzardi guerriglieri era sempre lo stesso: rinforzare il militarismo del tiranno e le ritorsioni verso una popolazione spesso innocente.
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  • Si dirà: ma forse non c’era alternativa in un contesto tanto atroce!? No, l’alternativa c’era: l'alter ego del Che potrebbe essere Juan Bautista Alberdi. Molti tratti in comune: viaggi, cosmopolitismo, sensibilità sociale. Senonché Alberdi non uccise mai una mosca battendosi per ottenere governo limitato,   immigrazione, commerci e proprietà privata. In questo modo rese grande l'Argentina. Una dinamica a cui s’ispirò anche il Cile di Pinochet, che nel giro di un decennio (tra i 70 e gli 80) divenne la democrazia punta di diamante del continente. Tanto per dire: le alternative c'erano e si conoscevano. Purtroppo latitavano le T-shirt su cui stampare la loro effige.

che-t-shirt

lunedì 6 luglio 2015

The Che Guevara Myth and the Future of Liberty by Alvaro Vargas Llosa


  • Oggi il Che è un brand della società capitalista ma pochi conoscono la sua storia se nn attraverso il classico panegirico hollywoodiano. Nulla di più sviante. 
  • Chi era in realtà? Un tipo violento, di una violenza romantica quanto ideologica, innamorato della morte (altrui) che x tutto aveva un'unica soluzione: la rivoluzione. Sempre quella. Nelle sue lettere si dichiara continuamente "assetato di sangue". Ha quasi una concezione estetica della morte come certi fascisti europei. Chiede a tutti i suoi collaboratori + crudeltà e attribuisce i fallimenti rivoluzionari alla sviante pietà degli insorti. Protagonista in prima fila in tutte le esecuzioni. Motto: "se sei in dubbio uccidi". La rapina delle banche e l'esproprio appartenevano al suo modus operandi abituale... 
  • Il suo meglio il Che lo dette come direttore della Cabana dopo la Rivolucion. 200/1000 morti, esecuzioni tutte le notti. Ci teneva a presenziare. Capito il tipo? Come ci sono i mafiosi che si commuovono all'opera, ci sono anche le macchine di morte in grado di sciogliere ispirati inni alla rivoluzione contro tutte le ingiustizie.
  • Noto è il puritanesimo che imponeva alle città via via conquistate alla Rivoluzione, una specie di Sharia che regolava sesso, alcol e giochi. Una vera mania totalitaria, una passione x il controllo ipertrofico, a Cuba si occupò xsonamente della polizia segreta e dei campi di concentramento.... 
  • Il Che può essere inquadrato come un ortodosso. La sua ossessione era la controrivoluzione, che intendeva sttoncare sul nascere.. Le sue vittime preferite: dissidenti, cattolici, omosessuali, testimoni gi Geova... 
  • Se Castro è un pragmatico opportunista, il Che è l'ideologo puritano e intransigente, il fanatico della "sovietizzazione" a tutti i costi. Il suo modello: la Nord Corea. Spinse x la nuclearizzazione di Cuba da perte dell'URSS. Si allonta dai sovietici quando li reputò troppo arrendevoli nei trattati: Mao divenne il suo nuovo idolo. Inoltre l' URSS osava chiedere qualcosa in cambio dei volossali aiuti dimostrando una mentalità capitalista... 
  • Cuba si collocava stabilmente tra i primi 4 paesi del Sudamerica quanto a ricchezza. Bastarono pochi mesi del Che alla Banca Nazionale e al Ministero dell' Industria per far collassare un'intera economia e a stenderla per decenni. Ma in qs ambito + che radicale si dimostrò ignorante e i danni inferti da politiche sciagurate permanenti. Alla fine Cuba si rassegnò a vivere di sussidi sovietici... 
  • Fu per lo meno un abile guerrigliero? La cosa è ormai seriamente in dubbio. L' unico suo successo - Cuba - sembra viziato dalle mazzette a destra e a manca (d'altronde l'esercito di Battista era notoriamente corrotto e demotivato, non proprio un grande avversario). Altrove il Che fallì sempre conducendo a morte certa centinaia di xsone. Il risultato ottenuto era sempre lo stesso: rinforzare il militarismo e le ingiustizia... 
  • L'alter ego del Che? Alberdi. Molti tratti in comune: viaggi, cosmopolitismi, sensibilità sociale. Senonché nn uccise mai una mosca puntando su governi limitati, immigrazione, commerci, p.p. In qs modo rese grande l'Argentina. tanto per dire: le alternative c'erano. Peccato non esistano T-shirt con la loro effige..

venerdì 8 ottobre 2010

Super Mario

Mario Vargas Llosa ha vinto il Nobel per la letteratura. Lo scrittore peruviano coltiva una passione politica mai sopita, spesso esterna sui media di tutto il mondo. Si è persino presentato alle elezioni.

La cosa, considerato anche il fresco Nobel, potrebbe far tremar le vene ai polsi di molti, invece:

"... difendo il capitalismo come sistema più efficiente e corretto rispetto al socialismo, come il modo migliore per salvaguardare la libertà delle persone. Vedo nella libera impresa il traino dello sviluppo, vedo nella "cultura del successo" un buon antidoto contro la "cultura del risentimento" e contro lo Stato invadente tanto caro ai pensatori che più combatto: marxisti e conservatori..."

Qualcuno puo' pensare che ne esca malconcia la teoria per cui il grande artista è sempre in affanno quando chiamato a farsi un quadro della società che lo accoglie.

Ma forse non è così, in fondo l' unico romanzo che ho preso in mano del buon Mario l' ho poi abbandonato in preda alla noia. Dopodichè tra noi non c' è stato più niente.

P.S. mi sia qui consentito ricordare, accanto a Super Mario, suo figlio Alvaro, una delle menti più brillanti del disgraziato continente latinoamericano.

domenica 3 ottobre 2010

Il “Che” colpito e affondato

Figo questo libro: Alvaro Vargas Llosa, The Che Guevara Mith and The Future of Liberty.
Per carità, solo 9 dollari, niente di impegnativo.
Ma è scritto con la verve tipica del vispissimo primogenito di Mario.
Uno che lubrifica meravigliosamente il discorso soggiogandoci a quella che altrimenti sarebbe solo una pallosa trasmissione di notizie documentate.
Forse qualcuno se lo ricorda alle prese con altri 4 baldi intellettuali nello scoppiettante volumetto "Manuale del Perfetto Idiota Latino Americano".
[incredibilmente tradotto anche in italiano da Bietti, forse perchè siamo un paese pieno di idioti Italo/Latino Americani].
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Il "Che" è stato un vero mito, lo sappiamo.
Alvaro si stupiva solo di come in molti lo coltivassero anche dopo la fase pre-adolescenziale.
Ammirazione che ha fatto del combattente "contro il capitalismo" una lucrosa "brand" del capitalismo.
La figura del Comandante viene tenuta d' occhio da quattro postazioni.
La prima inquadra la sua crudeltà (spesso inutile).
A quanto pare il Che in battaglia era una spietata "macchina di morte".
Tutti i momenti i suoi poveri e affaticati companeros erano impegnati in esecuzioni sommarie ordinate dal Capo.
Ma nelle boscaglie le cose si dissimulano e la realtà trasfigura nella leggenda.
Molto meglio osservare le attitudini naturali del Nostro quando assunse la direzione della prigione La Cabana (da allora nota come El Inferno).
La seconda prospettiva ci mostra lo "stalinista puritano" e le sue manie da stalinista puritano.
Proibito il gioco, il sesso, l' alcol...proibito tutto. Tranne la colletivizzazione compulsiva di ogni risorsa.
In altre parole veniamo a conoscenza di quanto il Che fosse vicino ai nemici che combatteva.
La sicumera ottusa con cui enunciava le sue utopie oggi fa correre un brivido a chi la ricorda.
Nessun dubbio nella sua mente circa l' esigenza di creare uno stato totalitario ed oppressivo. E' la Revolucion, baby (gli accenti metteteli voi).
Il legame con l' URSS fu voluto fortemente da lui.
Almeno finchè non si rivolse alla Cina apparendogli l' URSS un paese in cui andavano diffondendosi pericolose pratiche capitaliste

 

Fortunatamente a Cuba i ruoli di maggiore responsabilità furono assunti da Castro (un uomo essenzialmente opportunista, diversamente dal Che).
La Terza prospettiva ce lo fa vedere come cattivo capo in tempo di pace.
Sovrintendente a tutti i collassi cubani, ministro di tutte le carestie, la sua ignoranza nelle materie economiche è oggi diventata un proverbio (vivacemente alimentato tra frizzi e lazzi dai suoi autorevoli ex sottoposto).
La quarta prospettiva mi fa cadere braccia e calze. Anche il genio militare del Che viene questionato.
Mazzette per entrare a Santa Clara e solo fallimenti altrove (Nicaragua, Haiti, Panama, Bolivia, Congo...).
Laddove intervenne ricevette scarso aiuto dalle masse contadine disorientate e consentì, come era facile prevedere, alle dittature militari di rinsaldarsi e diventare più spietate abbandonando i barlumi di riforma intrapresi.
Scarsa consolazione, al Che viene riconosciuto un "coraggio disorganizzato", una passione semidilettantesca (il suo scritto "Guerilla Warfare" non è certo libro di testo nelle Accademie Militari) appena sufficiente a sfangarla contro l' esercito corrotto e demotivato di Batista.
Un pamphlet distruttivo che lascia solo cenere?
No, la chiusa è un commovente omaggio a Juan Bautista Alberdi, rivoluzionario vincente che non uccise mai una mosca e contribuì a fare dell' Argentina di fine 800 un paese che stracciò tutti i record.
Alvaro si mostra preoccupato per il suo amato continente Sudamenricano. Come è importante la giusta "mentalità" per uscire dalle ambasce nelle quali ora si trova!
Il messaggio è questo: finchè l' icona del Che campeggerà ed Alberdi sarà poco più che uno sconosciuto potremo aspettarci solo il populismo dei Chavez e dei Morales accompagnati nelle loro gesta dal trombone ammaccato suonato dai Galleano/Minà