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sabato 2 febbraio 2019

TIRARSI AVANTI

TIRARSI AVANTI

Poiché il prossimo grande dibattito politico (2020?) verterà sulla patrimoniale da introdurre, mi porto avanti dicendo che delle patrimoniali già esistono. Alcune sono evidenti, altre meno. Una passa particolarmente inosservata: il capital gain.
Sì, la tassazione del capital gain senza indicizzazione nasconde una patrimoniale.

Esempio, poniamo che compri a 100 e venda anni dopo a 1000. Poniamo anche che il valore sostanziale dell’attività negoziata non sia aumentato e che il passaggio da 100 a 1000 sia dovuto solo all’inflazione. Il capital gain si applica su 900, ma cosa tassa visto che non esistono plusvalenze? E’ chiaro, la ricchezza. Insomma, è una patrimoniale.

https://marginalrevolution.com/marginalrevolution/2019/02/the-politics-of-a-wealth-tax.html

venerdì 28 marzo 2014

Tassare il capitale?

Too Little Faith in People, Tax Policy Edition http://gregmankiw.blogspot.com/2014/03/too-little-faith-in-people-tax-policy.html

giovedì 9 maggio 2013

Il mistero delle tasse sul lavoro

Domanda: “quali sono le tasse che colpiscono il lavoro?”
Risposta semplificata: “tutte”.
Risposta accurata: “praticamente tutte”.
***
Si sente dire in giro che bisogna abbassare le tasse sul lavoro, tutti sembrano d’ accordo su questa priorità.
Ebbene, qui vorrei mostrare che non esiste cosa più facile al mondo.
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Partiamo dalla premessa che mi sembra d’ obbligo, esistono solo due tipi di tasse:
1. Tasse sul lavoro e
2. Tasse sulla natura.
Le tasse sulla natura sono rare, talmente rare che mi sembra non ce ne sia in vigore neanche una.
In teoria è facile concepirle: Esisti? Ti tasso. Ecco una tassa sulla “natura”.
Un’ altra tassa sulla natura è la tassa sull’ altezza del contribuente.
Quando non si tassa la natura, si tassa la ricchezza, e la ricchezza è sempre prodotta grazie al lavoro. Tassare la ricchezza e tassare il lavoro è la stessa cosa.
Le tasse sulla natura sono le più efficienti perché non producono disincentivi: se ti tasso per il solo fatto di esistere o perché sei più alto di un metro e ottanta, come potresti mai eludere la tassazione che ti impongo?
Le tasse sul lavoro invece si possono eludere facilmente: basta lavorare meno.
Una società in cui si lavora poco per paura delle tasse è una società inefficiente.
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Poiché in teoria esistono solo due tipi di tasse – quelle sul lavoro e quelle sulla natura – e il secondo tipo di tassa non esiste in pratica, non c’ è cosa più semplice che abbassare le tasse sul lavoro: basta abbassare una tassa qualsiasi.
Compresa la tanto vituperata IMU.
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In realtà anche le tasse sul lavoro si possono dividere in due gruppi:
1. Tasse sul lavoro, e
2. Sovrattasse sul lavoro.
Le seconde rappresentano una “doppia tassazione”.
Le tasse sul capitale o sulle rendite finanziarie, per esempio, non sono altro che “sovrattasse sul lavoro”.
Anche l’ IMU è da classificare come “sovrattassa” sul lavoro.
Poiché le “sovrattasse” sono ancora peggio delle “tasse”, qualsiasi economista consiglia di tenerle particolarmente basse.
C’ è anche un problema etico: perché certi cittadini devono pagare due volte ed altri una?
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Cerchiamo di capire meglio il concetto di “sovrattassa”: se Giovanni compra una casa pagherà l’ IMU.
Ma Giovanni comprerà la sua casa con un reddito di lavoro già tassato.
Il fatto che Giovanni metta lì il suo reddito di lavoro già tassato fa sì che Giovanni, sempre su quel reddito, debba scontare un’ altra tassa, il che si traduce in una sovrattassa sul lavoro.
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Ma le tasse sul lavoro, diversamente da quelle sulla natura, hanno un grave difetto: producono disincentivi.
Di fronte a tasse e sovrattasse Giovanni lavorerà meno e acquisterà un’ abitazione più modesta, oppure acquisterà case solo a prezzi ridotti.
Una domanda di case più contenuta implicherà delle riduzioni nello stipendio del maguttino Giuseppe. Giovanni è riuscito almeno in parte a trasferire le tasse che gravano (e graveranno) sul suo lavoro  (IRPEF e IMU) su quello del maguttino Giuseppe.
Ai nostri fini non cambia molto: sia Giovanni che Giuseppe sono lavoratori e a noi interessava capire che con IRPEF e IMU si colpisce (e si ricolpisce) il lavoro.
D’ altronde è ovvio che sia così: visto che né IRPEF né IMU sono Tasse sulla Natura, non possono essere che Tasse sul Lavoro.
***
Spesso si dice: “bisogna detassare i lavoratori, non i proprietari di casa”, “bisogna abbattere il cuneo fiscale, non l’ IMU”.
Alla luce di quanto appena detto sembrano assurdità: l’ IMU non solo è una tassa sul lavoro ma è addirittura una sovrattassa sul lavoro!
Eppure un fondo di verità esiste, pensateci bene.
L’ IMU colpisce due tipi di lavoro: quello pregresso di Giovanni, nonché quello attuale di Giuseppe.
Mentre per noi qualsiasi lavoro ha pari dignità, per il tassatore non tutto il lavoro è uguale. Il tassatore anela a colpire il lavoro pregresso, ed è facile capire perché.
Le tasse sul lavoro pregresso sono particolarmente efficienti poiché il lavoro pregresso non puo’ essere disincentivato: Giovanni ha già lavorato e non puo’ certo decidere oggi di lavorare di meno.
Colpendo il lavoro pregresso il tassatore puo’ contare sull’ effetto sorpresa: il lavoro pregresso (quello di Giovanni) puo’ essere colpito a tradimento mentre il lavoro attuale (quello di Giuseppe) puo’ essere colpito solo frontalmente “guardandolo negli occhi”.
Colpire il lavoro pregresso è moralmente odioso (Giovanni a suo tempo fece le sue scelte e oggi qualcuno gli ha cambiato le carte in tavola) ma è anche più efficiente (Giovanni non puo’ tornare indietro ed eludere la tassazione o trasferirla su terzi).
L’ IMU per molti è una tassa odiosa, il motivo è facile da capire: 1. è una tassa che, almeno al momento dell’ introduzione, si basa su un tradimento e 2. non è solo una tassa ma addirittura è una sovrattassa sul lavoro.
Detto questo l’ IMU è una tassa che non disincentiva il lavoro atuale quanto il cuneo fiscale, almeno finché non passa un certo periodo dalla sua introduzione.
L’ IMU piace a chi vuole risultati subito qui ed ora. Tra costoro ci sono anche i politici miopi.
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Naturalmente, una tassa che colpisce il lavoro pregresso (es. IMU), man mano che passano gli anni vedrà sempre più scemare i vantaggi in termini di efficienza poiché non potrà più contare sull’ “effetto tradimento”.
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Sintetizziamo allora così: 1. l’ IMU colpisce sia il lavoro attuale che quello pregresso, 2. Il cuneo fiscale si concentra invece sul lavoro attuale 3. Le tasse che colpiscono il lavoro pregresso sono moralmente odiose ma, introdotte di fresco, sono anche particolarmente efficienti visto che il lavoro pregresso non puo’ essere disincentivato 4. Man mano che passano gli anni gli effetti della tassazione IMU e quelli del cuneo fiscale tendono a convergere fino ad essere quasi indistinguibili.

martedì 31 gennaio 2012

Il privilegio dell’ addizionale

I tributi che colpiscono le rendite (dividendi, interessi, affitti, capital gain…) in realtà non sono tasse bensì sopratasse.

Chi urla di continuo “le rendite sono colpite con aliquote troppo basse” in realtà sostiene la penalizzazione ingiustificata di alcuni contribuenti rispetto ad altri.

I concetti di fondo non sembrano chiari nemmeno a molti giornalisti finanziari. Meno male, mi chiedo cosa farebbero i blogger senza le bufale a getto continuo della stampa più blasonata.

Prima dell’ esempio, partiamo con un concetto di base che tutti condividono: la pressione fiscale effettiva si esprime come percentuale che misura la perdita di reddito disponibile dopo l’ applicazione della tassa.

Bene, ora prendiamo Giovanni e Giuseppe.

Situazione 1 (S1). Entrambi vivono in un paese senza tasse e guadagnano 100 grazie al loro lavoro. Giuseppe decide di consumare 100; Giovanni, per un suo usto, preferisce investire, raddoppiare il suo capitale e consumare 200 dopo un anno. Fine della storia.

Situazione 2 (S2). Viene introdotta una tassa sui redditi di lavoro pari al 50%. Ora Giuseppe consumerà 50 (il 50% in meno rispetto a S1). Giovanni investirà 50, raddoppierà e consumerà 100 (anche lui il 50% in meno rispetto a S1).

La tassazione sembra equa: nel passaggio da S1 a S2 i redditi disponibili di Giuseppe e Giovanni calano entrambi nella stessa misura (50%).

Situazione 3 (S3). Ora, a fianco della tassa sui redditi da lavoro, viene introdotta una tassa del 10% sul capital gain. Nulla cambia per Giuseppe, continuerà ad avere un reddito disponibile pari a 50. Giovanni invece ora lo ha pari a 95 (il capitale reinvestito sarà infatti tassato per un importo pari a 5).

Nel passaggio da S1 a S3 Giuseppe sopporta una decurtazione dei redditi disponibili pari al 50% mentre Giovanni si carica un bel 52.5% (così impara a fare la formichina).

Insomma, contro la retorica dominante la tassazione sulle rendite si rivela essere una semplice addizionale sui redditi da lavoro.

In altri termini, Giovanni viene penalizzato con un’ addizionale per la sua semplice scelta di non consumare subito tutto, una scelta che in quanto tale non si vede perché debba essere penalizzata.

Adesso andate pure a spulciare i giornali per constatare di persona con quanti salamelecchi ci si riverisce alla “doverosa tassazione sulle rendite”, vera e propria misura tesa a implementare forme di giustizia fiscale. Lo spettacolo è esemplare: un’ ignoranza talmente compenetrata da trasformarsi in cristallina buona fede, con il solito seguito a rimorchio da feroci greggi furiosamente belanti disinteressate a capire ma interessatissime al sangue del lupo.

Christian Tagliavini forse l' imperatore non è proprio nudo

… forse l’ imperatore non è proprio nudo, ma di sicuro porta abiti stranissimi…

lunedì 27 settembre 2010

Wrong wrong wrong

Telegiornali, tribune politiche, Ballarò, Anno Zero, Matrix... ogni volta che si parla di politiche fiscali è sempre la stessa storia, prima o poi salta su uno che fa:

"... ma vi rendete conto che in Italia tassiamo il lavoro al trenta e rotti per cento mentre i redditi di capitale subiscono una ritenuta alla fonte del 12,5%? Cosa aspettiamo a chiudere questo gap che non è degno di un paese civile?..."

Finchè lo dice il Ministro dell' Economia o un sindacalista, passi, sappiamo con chi abbiamo a che fare. Ma negli altri casi dobbiamo rispondere forte e chiaro: assurdo!

O meglio, come dice il buon Landsburg:

"this is wrong, wrong, wrong, wrong, wrong, wrong, wrong, and you can’t begin to think clearly about tax policy if you don’t understand why".

La cosa è molto semplice: l' imposizione fiscale del capitale non è mai una tassa, bensì una sopratassa; confrontare l' entità di una sopratassa con quella di una tassa è come confrontare mele con pere!!

Capito?

No?

Allora leggere tutto, e di corsa:

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