Visualizzazione post con etichetta kling retorica e teoria dei tre assi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta kling retorica e teoria dei tre assi. Mostra tutti i post

lunedì 11 novembre 2019

PARLARE DI POLITICA

https://feedly.com/i/entry//cnXVr/5HNe2pDqTI3udBeVx4AbJSW9TNhacAl8h6Dc=_16e5ae15f41:124dc43:b605d590
PARLARE DI POLITICA
E chi ha più voglia di parlare di politica nel 2019? La qualità del discorso politico è in uno stato pietoso, dovrebbe essere vietato ai minori come i porno. I nostri ragazzi dovrebbero girare al largo da certe arene, e invece ci sono dentro in pieno. Dominano insulti igniominosi e offese sanguinose. Lo splatter costituisce lo standard.
Polarizzazione e il tribalismo coprono tutto il resto, niente si salva. Ci piace demonizzare più che persuadere. Chi vuole persuadere avvicina il suo prossimo con rispetto e lo ascolta curioso, ma parliamo di una razza estinta. Chi demonizza invece considera l'altro come una pessima persona, uno da evitare, sentina di tutti i vizi e causa di tutti i mali.
Pur di stare al calduccio, ognuno di noi si fa il suo schemino e da lì non esce. I tre schemini base ruotano intorno a tre concetti cardine: oppressione/barbarie/coercizione.
La sinistra si ritiene impegnata in una battaglia morale contro l'oppressione. La destra è perennemente in trincea per difendere la civiltà. I liberali si ritengono l'ultimo baluardo contro l'onnipresente coercizione statalista.
Le tre opposizioni (oppresso/oppressore, civiltà/barbarie e libertà/coercizione) possono essere utilizzate in alternativa tra loro per descrivere i fatti ed esprimere la propria opinione. Naturalmente, a seconda della prospettiva privilegiata certe idee si impongono sulle altre.
Insistere sul nostro asse preferito ci consente di demonizzare gli altri ma in questo modo si perde l'occasione per persuaderli. Poco male, avere una mente chiusa ci protegge dai pericoli tipici a cui la mente aperta e curiosa ci espone. Avere un disaccordo politico con qualcuno, infatti, è vissuto con ansia, la stessa che un atavico istinto ci fa provare quando vediamo un serpente o una tigre nella vegetazione. Nasce un'esigenza di incolumità, ed ecco che indossiamo la corazza.
Nei casi critici la nostra mente va subito alla ricerca spasmodica di conferme (bias della conferma). Esempio: se ci si imbatte in uno studio sostiene che il salario minimo comporta benefici sociali, il liberale cercherà con il lanternino eventuali errori metodologici. Se invece ci imbattiamo in uno studio che sostiene il contrario non ci si preoccuperà affatto di indagare oltre, lo studio entrerà a far parte dell'arsenale.
Un'altra tipica reazione è quella di imputare ai portatori di idee contrarie alle nostre intenzioni malevole (bias dell'attribuzione). Avere a che fare con persone malvagie ci risparmia ogni faticoso approfondimento della loro posizione: una persona cattiva non puo' che sostenere cattive idee.
Ricordiamoci sempre che la cosa più temuta dai nostri antenati era di essere "scomunicati" ed esclusi dalla tribù per ritrovarsi poi soli nella foresta selvaggia. Era una condanna a morte. D'altra parte, sapevano che sarebbero stati ricompensati dalla comunità dimostrando la loro lealtà al gruppo.
Per questo oggi una persona di destra che si ritrovi intruppata in un gruppo di sinistra - magari sul lavoro - tende ad auto silenziarsi, mentre se si trova nel suo elemento la spara grossa contro il nemico in modo da essere ancora più apprezzato.
Queste dinamiche operano da sempre ma oggi sembrano esacerbate. Come mai?
L'autore vede all'opera due meccanismi, il primo è una tendenza alla segregazione culturale, ovvero quel fenomeno per cui ci associamo sempre meno alle persone con un differente background. Il motore di tutto è probabilmente l'istruzione - mai come oggi legata alla ricchezza. Sia come sia le persone con un'istruzione superiore orbitano quasi esclusivamente su altre persone con istruzione di pari livello mentre un tempo era molto più comune che, per esempio, un "lui" laureato sposasse una "lei" diplomata, o un ricco sposasse una povera (matrimonio Cenerentola). Oggi persone con educazione differente vivono in enclaves differenti. Una donna bianca laureata difficilmente mostrerà interesse per un uomo bianco non laureato, cerca di meglio e per evitare perdite di tempo si tiene ben lontana dai posti dove sa che rischierebbe di incontrarlo.
Un altro fattore che inasprisce il confronto politico è il web, e i social media in particolare. Sui social le nostre reazioni sono rapide e concise quindi anche molto emotive, poco inclini alla riflessione; queste modalità favoriscono di gran lunga la demonizzazione rispetto alla persuasione. Quest'ultima richiede una sua simbolica per segnalare il proprio rispetto, il dissenso deve essere attutito da una sequela di premesse che ne ammorbidiscano l'impatto, ma sui social non c'è spazio per simili cerimoniali. In secondo luogo i social favoriscono l'incontro tra simili, ovvero la formazione di compagnie omogenee dove siamo più a nostro agio e autorizzati a "perdere il controllo" radicalizzandoci. Inoltre i social media e il web in generale creano quell' inflazione informativa che svaluta l'autorità dei media tradizionali impedendo loro di formare e spostare la pubblica opinione in modo omogeneo come hanno sempre fatto in passato.
Il risultato qual è? Che mentre gli avversari politici si differenziano sempre meno nelle politiche concrete, il sentimento ostile scava un fossato incolmabile tra le fazioni. Lo sappiamo bene in Italia dove chi fino a ieri se le suonava di santa ragione il giorno dopo governa a braccetto.
È probabile che alle tre prospettive descritte da Kling oggi se ne debba aggiungere una terza, quella che viaggia sull'asse élite cosmopolita/popolo sovranista. Sarebbe un'asse ben strano perché, mentre nei precedenti il "male" è chiaramente isolabile (oppressore, barbaro, despota), qui no. Inoltre, i populisti esprimono un generico sentimento "contro" senza avere in testa nulla di preciso (voi riuscite a capire cosa ha in testa un grillino?). In molti casi queste presenze sono decisamente spiazzanti, pensate solo ai poveri libertari che dovrebbero essere felici di vedere un movimento che si oppone alla potente élite politica ma poi constata tutti i giorni - ammaestrato anche dalla storia sudamericana - come questa anti-politica sia pronta in un amen a diventare iper-politica seguendo la fascinazione del primo demagogo carismatico che passa di lì.
Rimedi. Mah, sempre gli stessi alla fine. Per stemperare il discorso politico e renderlo di nuovo fruttuoso occorrerebbe avere rispetto per l'altro. La mancanza di rispetto genera l'odio, e l'odio le odiosissime crociate anti-odio, tutti fenomeni che sono uno peggio dell'altro. Evitare la personalizzazione delle idee altrui è il minimo, quando le idee sono disincarnate vengono ascoltate con più pazienza e le reazioni sono più moderate. L'obiettivo della discussione politica non è quella di sconfiggere o umiliare chi non è d'accordo con noi ma quello di comprendere l'origine di certe idee incondivisibile che stanno nella sua testa.
Un principio guida potrebbe essere questo: "chi sa di più faccia di più". Per questo mi sento di mettere sul banco degli imputati il disprezzo e le crociate anti-odio, perché chi disprezza e poi si batte contro l'odio di solito è più appassionato di politica, spesso ne "sa di più", ed è quindi anche più responsabile della degenerazione in atto.

AMAZON.COM
The Three Languages of Politics is a profoundly illuminating exploration of communication in America's political landscape. Progressives, conservatives, and libertarians are like tribes speaking different languages. Political discussions do not lead to agreement. Instead, most political commentar...

venerdì 21 aprile 2017

Parlare di politica

Una considerazione andrebbe riservata alla retorica del dibattito politico.
Non parlo di quello in cui si cimentano i “politici” di professione ma quello in cui si impegnano i semplici appassionati al bar o nei social network.
Ci sono due o tre cose che ho imparato e che vorrei puntualizzare qui, anche se forse non è la sede ideale.
Parlare di politica è molto difficile, dopo pochi scambi partono diatribe infuocate quanto sterili.
Escludo dall’ analisi chi ha interessi diretti in gioco nella materia in cui discute, in questi casi immedicabili le orecchie si tappano con il cemento; tuttavia, lo avrete constatato ripetutamente, anche la pura e semplice passione ideologica, per tacere della vanità narcisistica, puo’ trasformare una piacevole discussione in un rabbioso dialogo tra sordi.
Un modo per evitare esiti tanto deprimenti consisterebbe nel mettersi nei panni del prossimo e scoprire quanto costui sia molto meno ottuso di quel che crediamo: semplicemente vede le cose da un’ ottica differente rispetto a noi!
L’ operazione è piuttosto semplice poiché, a guardar bene, in queste materie la moltitudine dei protagonisti puo’ essere agevolmente incasellata in tre sole tipologie:
LIBERALE: privilegia l’ asse libertà/coercizione;
PROGRESSISTA: privilegia l’ asse forza/debolezza;
CONSERVATORE: privilegia l’ asse civiltà/barbarie.
Ora, i tre hanno obbiettivi differenti:
1) il LIBERALE vorrebbe tutelare le libertà di scelta,
2) il PROGRESSISTA vorrebbe tutelare il debole e
3) il CONSERVATORE vorrebbe tutelare la civiltà.
Semplice, no? Eppure di solito si discute dando per scontato che la meta a cui tendere è comune (di solito la nostra) e che l’ altro prende semplicemente una strada sbagliata poiché privo di senso dell’ orientamento.
Partendo dalla premessa che nessuna di queste tre prospettive è “indegna”, proviamo allora ad adottare per un attimo l’ “asse” del nostro interlocutore, ci accorgeremmo ben presto che le sue soluzioni sono tutt’ altro che peregrine.
In altri termini, quel che ci differenzia da lui è quasi sempre la prospettiva da cui partire, non l’ intelligenza o l’ ottusità nel giudicare il reale.
Ammettiamolo, un riconoscimento del genere non è tutto ma è già molto.
Proviamo a fare un esempio. Si discute di quote rosa.
Il liberale sarà contrario: implicano una coercizione.
Il progressista sarà favorevole: implicano un aiuto ai più deboli.
Il conservatore sarà contrario: implica un sovvertimento delle tradizioni.
I tre tipi possono dissentire sui valori senza considerarsi stupidi per la strategia che privilegiano.
Altro esempio: l’utero in affitto.
Il liberale sarà favorevole poiché non c’è coercizione.
Il conservatore sarà contrario poiché si tratta di un’innovazione radicale.
Il progressista è a metà strada: da un lato la categoria debole degli omosessuali potrebbe beneficiarne, dall’altra la categoria debole delle donne potrebbe subire uno sfruttamento. Lasciamo perdere la categoria debole dei bambini, che politicamente conta poco.
Anche qui: strategie differenti per mete differenti. Se rispettiamo le mete potremmo disprezzare un po’ meno le strategie.
***
The Three Languages of Politics Arnold Kling