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mercoledì 8 febbraio 2023

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lunedì 18 maggio 2020

BUONI PER FINTA

BUONI PER FINTA
Se fai del bene, rendi più facile fare del male agli altri; chi non è impegnato solo a tacitare la propria coscienza a queste cose le sa, per gli altri spero sia utile fare qualche esempio.
Se lasci l'auto in garage per non inquinare, non fai che rendere più conveniente agli altri l'utilizzo della stessa: meno congestione sulle strade, prezzi più bassi alla pompa di benzina, eccetera. Chiaro?
Anche l'esercizio della cosiddetta "responsabilità sociale dell'impresa" ha il difetto di agevolare comportamenti poco etici. Immagina il caso di un'impresa auto-dichiaratasi "socialmente responsabile" che si rifiuti di partecipare all'offerta pubblica per un piano che lei giudica immorale. Quali conseguenze ha un simile "comportamento virtuoso"? Essenzialmente quello di alzare il rendimento dell'affare e quindi di renderlo più allettante per le società che non intendono pubblicizzarsi come "socialmente responsabili": intraprendendolo, diventeranno più ricche e più potenti.
La vogliamo capire che essere "buoni" è difficilissimo? Per essere buoni occorre un cervello così. Il cuore è un affare secondario.
BLOOMBERG.COM
Social impact investing tends to value style over substance.

lunedì 10 giugno 2019

L'IMPRESA BUONA

L'IMPRESA BUONA

Barilla che chiede scusa in ginocchio al mondo gay per le illazioni dal sen sfuggite, Google che licenzia Damore per le inquietanti insinuazioni sulle donne. Tim Cook che gioca a fare il giustiziere sociale mettendo nel mirino i ristoranti dell'Indiana che discriminano gli immigrati... Si potrebbe proseguire con cento storie diverse che in realtà sono un'unica storia: quella del mercante miliardario improvvisamente divenuto sensibilissimo alle discriminazioni.

L'esibizione della bontà serve all'impresa per dire: "hei, lo vedi quanto sono affidabile, responsabile e di larghe vedute? Ecco, puoi quindi evitare di tassarmi e regolarmi in modo vessatorio come sarebbe invece giusto fare con un soggetto avido e cinico e che magari vota pure a destra".

Ma perché l'impegno sociale di questi miliardari in affari ha sempre per oggetto cause progressiste? Perché la minaccia maggiore al mondo del business viene storicamente proprio dal mondo progressista, E' quello il nemico da tenere a bada.

mercoledì 22 giugno 2016

L'imprenditore più buono del mondo

Cosa puo’ un imprenditore guadagnarsi il Paradiso?
Domanda ardua di cui si occupa quel ramo della filosofia morale che va sotto il nome di “etica degli affari”.
Si tratta di una disciplina destinata a deludere il curioso poiché le due principali visioni che propone appaiono entrambe insoddisfacenti.
Da un lato c’è chi ritiene (per esempio i cattolici) che l’ “imprenditore buono”, nel momento in cui passa all’azione, debba soppesare tutti gli interessi coinvolti nelle decisioni che prenderà. Sarà sua cura valutare come interferirà col benessere dei lavoratori, dei clienti, dei fornitori, dei terzi e finanche dei concorrenti.
Forse si pretende un po’ troppo, uno non lavora più. Arricchirsi sembra incompatibile con un simile puntiglio etico, da qui forse il detto su cammelli e crune.
Dall’altro lato, c’è chi vede il mercato come un meccanismo fondamentalmente amorale, per cui l’ “imprenditore buono” deve badare solo a far prosperare la sua azienda nel rispetto delle regole date dalla politica. Questo delizioso coretto illustra in modo vivido il concetto di responsabilità sociale dell’impresa.
[youtube https://www.youtube.com/watch?v=W3Seg0JE1PM]

Anche qui sembra di cogliere una certa esagerazione: non ce lo vedo in Paradiso chi nella vita ha solo massimizzato profitti.
Ma non è disponibile una terza via?
In effetti qualcuno l’ha proposta in questi termini: l’ “imprenditore buono” deve badare solo ai suoi profitti cercando di compensare sia i fallimenti di mercato che quelli della politica.
Colmare i fallimenti di mercato significa essenzialmente non adottare comportamenti opportunistici che compromettano l’efficienza del mercato.
Un esempio?: l’avvocato deve essere leale e trasparente col suo cliente (di solito più ignorante di lui in materia). Il problema non è tanto il fatto di spillare indebitamente soldi a un ingenuo, quanto il fatto che l’asimmetria informativa rende sospettosi molti clienti, il che impedisce la chiusura di diversi contratti con relativa inefficienza del sistema.
Colmare i fallimenti della politica significa essenzialmente trascurare le normative che nuocciono alla concorrenza.
Un esempio?: è bene che l’avvocato tolleri gli abusivi qualora la “lobby avvocatizia” ottenga dalla politica delle riserve di legge che limitano indebitamente la competizione nel settore.
In questo senso l’ “imprenditore buono” non mira né alla bontà né al suo esclusivo profitto, bensì all’ efficienza complessiva del sistema in cui opera. Per far questo, di solito, basta essere sinceri e leali, non è necessario avere slanci mistici.
Notevole il fatto che il risultato finale si ottenga in modo obliquo, un po’ come nello sport. Non a caso l’analogia con lo sport risulta particolarmente potente: il fine del calcio, per esempio, è divertire il pubblico ma gli atleti non si propongono di certo questo obiettivo (lo sport non è il circo!), a loro è richiesto solo di vincere in modo leale, magari aiutando l’arbitro quando è in difficoltà. Il divertimento del pubblico discende naturalmente come effetto collaterale.
Chi desiderasse approfondire “la terza via” puo’ leggere la raccolta di articoli del filosofo Joseph Heath contenuta in Morality, Competition, and the Firm: The Market Failures Approach to Business Ethics.

lunedì 30 marzo 2015

Responsabilità sociale dell' investitore

Molti molti investitori coltivano una loro responsabilità sociale. Come dovrebbero comportarsi?
  1. In borsa il vizio paga. Chi investe in settori "problematici" (tabacco, alcol, pornografia...) ha un extra-profitto. 
  2. Ci sono due strategie possibili per chi ha preoccupazioni etiche: boicottare gli investimenti o investire facendo pressioni dall' interno.
  3. La strategia del boicottaggio rende ancora più lucrosi gli investimenti in quel campo, e forse per questo non si registrano successi di rilievo.
  4. La strategia della "pressione" è più promettente, specie se la si affianca con investimenti su un portafoglio universale, in questo modo se perdo nei "vizi" guadagnerò nelle "virtù" e la compensazione è assicurata.
Continua.

martedì 7 luglio 2009

Joseph e Milton

Nella nuova enciclica il Papa annuncia in modo cristallino: l' impresa non si riduce all’interesse dei suoi proprietari, ha anche responsabilità sociali.

Ma ancora più terso (al punto da poter essere intonato) è stato in passato il messaggio di Milton Friedman: l' impresa faccia il suo lavoro e lasci che siano le persone ad essere generose.

In entrambi i messaggi c' è del vero, anche se il "vero" di Milton a me risulta più intelleggibile e facile da spiegare.

Postuliamo infatti che esistano due comunità parimenti generose. La prima si organizza secondo le indicazioni di Joseph, la seconda si uniforma all' insegnamento di Milton.

I josephiani avranno imprese che, distraendosi dal profitto, produrranno inefficienze. Tutto il contrario per le spietate imprese dei miltoniani: niente nelle loro avide grinfie andrebbe "sprecato".

Risultato: la generosità sarebbe la stessa in entrambe le comunità ma la seconda alimenterebbe il nobile sentimento con molte più risorse.

sabato 9 agosto 2008

Sindrome di Voltaire: vedere stupidità ovunque

Nelle scienze umane l' assunto della "razionalità dell' agente" scatena sempre un putiferio. E' uno dei più contestati. Ma anche dei meno capiti.

Qualcuno pensa di espellerlo con disinvoltura osservando la quantità di comportamenti incongrui in cui ci imbattiamo di continuo. E' esperienza comune, chi potrebbe negarla... bastasse questo!

Di fronte all' ingenuità di chi è colto dalla sindrome di Voltaire, viene buona l' avvertenza di Thomas Schelling. Lo studioso ci invita ad osservare come non sempre sia vantaggioso essere "razionali", in particolare se il fatto di esserlo o meno non possa essere nascosto o fatto conoscere (p.21). A volte conta anche il fatto di nasconderlo a se stessi.

Schelling fa diversi esempi. Anch' io vorrei tentarne uno: per il claciatore Kakà il Milan ha ricevuto un' offerta da 110 milioni di euro, un record.

Probabilmente un comportamento razionale esorterebbe ad accettare quell' offerta e, con il ricavato, rifondare una squadra credibile. Ci sono sulla piazza almeno quattro grandi giocatori acquistabili a 30 milioni l' uno in grado di costituire la spina dorsale del nuovo Milan.

Eppure Galliani rifiuta sdegnosamente. E' forse matto? No, molto semplicemente la notizia dell' offerta è stata divulgata e, allorchè dovesse presentarsi nelle vesti di acquirente dal portafoglio rigonfio, i prezzi da fronteggiare non sarebbero più i 30 milioni di cui parlavo e il progetto andrebbe a carte e quarantotto.

Quindi attenzione: dietro molti comportamenti inspiegabili il senno continua a pulsare più lucido che mai. Bisogna andare oltre le eleganti superfici di Voltaire per reperirne l' esistenza.

E come bottom line, un esempio in extremis: occhio a classificare tra gli "stupidi" l' amante folle che minaccia di tagliarsi le vene. Spesso la sua strategia è la migliore.

martedì 19 febbraio 2008

La responsabilità etica finisce in tribunale

L' Ancona calcio, solo qualche mese fa, si lanciava in proclami nei quali sottolineava il proprio impegno etico nella gestione. Oggi è caos totale e le liti sono finite in tribunale. La responsabilità etica nelle aziende funziona ben poco, speriamo che i managers tornino ad offrire profitti ai loro azionisti, è l' unico modo in cui possono servire la società.