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martedì 25 settembre 2018

HL DA FINIRE 7. THE TURNING POINT TROUBLE WITH STOCKINGS

7. THE TURNING POINT TROUBLE WITH STOCKINGS
Note:7@@@@@@@@@@@@@@@@@@

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Lee became obsessed with making a machine that would free people from endless hand-knitting.
Note:WILLIAM LEE 1583…LE CUFFIE DI LANA IMPOSTE DALLA REGINA E LA NECESSITÀ DI PRODURNE MOLTE

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Finally, in 1589, his “stocking frame” knitting machine was ready. He traveled to London with excitement
Note:1589

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ask her for a patent that would stop other people from copying the design.
Note:LA RICHIESTA DI WILLIAM ALLA REGINA

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Consider thou what the invention could do to my poor subjects. It would assuredly bring to them ruin by depriving them of employment, thus making them beggars.”
Note:REAZIONE DELLA REGINA....ZERO CONCESSIONI...

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feared that the mechanization of stocking production would be politically destabilizing. It would throw people out of work,
Note:LA PAURA DEI SOVRANI

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The fear of creative destruction is the main reason why there was no sustained increase in living standards between the Neolithic and Industrial revolutions.
Note:LA TESI DI QS LIBRO....BEN ILLUSTRATTA DA LEE

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major innovations such as Lee’s stocking frame machine also threaten to reshape political power.
Note:IL RISCHIO...OLTRE A MINACCIARE I LAVORATORI

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it is often possible to bypass the resistance of workers such as hand-knitters. But the elite, especially when their political power is threatened, form a more formidable barrier to innovation.
Note:LE DUE RESISTENZE

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Prior to seventeenth-century England, extractive institutions were the norm throughout history.
Note:LA NORMA

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The growth they generated was not sustained, and came to an end because of the absence of new innovations, because of political infighting generated by the desire to benefit from extraction,
Note:IL DIFETTO DELLE ISTITUZIONI ESTRATTIVE

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The life expectancy of a resident of the Natufian village of Abu Hureyra was probably not that much different from that of a citizen of Ancient Rome.
Note:STASI

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inhabitant
DA FINIRE

giovedì 12 ottobre 2017

13-14 Il mito della buona politica

Il mito della buona politica

No. Il cancro della povertà non si estirpa con la buona politica.
Le istituzioni non bastano, mi spiace.
Lo hanno creduto in molti studiosi di vaglia, Douglas North e Daron Acemoglu su tutti. Il mio rispetto è massimo ma nel loro resoconto qualcosa non quadra.
Il Medio Oriente – ma anche l’Oriente – tra il 1500 e il 1800 esprimeva società economicamente vitali, le (buone) istituzioni arrivavano ovunque, erano una panoplia estremamente curata. Come mai questa civiltà non si mise a capo nella marcia del mondo verso la ricchezza?
Gengis Khan ottenne la sua supremazia mongola attraverso un’applicazione rigorosa della “rule of law”. Implacabili sanzioni colpivano chi rubava una bestia, e gli animali erano il capitale di allora. Il risultato fu l’assai ammirata pax mongolica del XIII secolo. Pace e certezza del diritto assicurati per tutti. Ma come mai una simile pulizia istituzionale non partorì sviluppo e modernità? Come mai l’idea di “innovazione” sistematica non toccò mai queste linde lande?
I mercanti italiani dopo il 1300 continuarono a battere le rete viaria tra Ungheria e Corea elogiando la sicurezza e il controllo dell’autorità preposta alle comunicazioni.
Ma l’affermazione della legge si diffonde anche nelle società prive di autorità formale, nell’Islanda narrata dalle saghe, per esempio. Il motto dell’antica – e anarchica – Islanda: “solo la legge fa fiorire la vita dell’uomo”. Niente polizia in Islanda, ma una legge certa sì. Quando Gunnar Andersson uccise due membri della famiglia Giuriss, la famiglia fu autorizzata dalla legge ad ucciderlo e alla fine lo fece. Nessuno andò dalla polizia ma la legge parlava chiaro e fu applicata: la vendetta fu vista con favore da tutti. Il diritto trionfò.
I recenti esperimenti da laboratorio del premio Nobel Vernon Smith mostrano che la proprietà privata emerge dall’interazione spontanea anche in mancanza di un’autorità centrale. In compenso la storia ci dice come un’autorità centrale possa ostacolare la nascita del diritto di proprietà: la politica non è tutto, e a volte è molto meglio così.
Per sostenere l’ardita tesi per cui senza un re non c’è legge bisogna prelevare ad hoc campioni estremamente angusti della storia umana.
Le leggi nell’Inghilterra di fine Settecento dipendevano forse della politica? Uno studioso come Joel Mokyr ha dedicato buona parte dei suoi sforzi per negare con forza l’asserto! Non parliamo di uno studioso marginale e velleitario, parliamo di uno dei padri della storia economica contemporanea.
***
Soprattutto l’etica, non la politica, teneva insieme le società di allora.
Le regole del gioco non ci fanno giocare bene se noi non vogliamo giocare a quel gioco.
Le regole del gioco non ci fanno essere persone corrette se noi non le sentiamo corrette.
I codici legali dell’antica Mesopotamia, come per esempio il codice Hammurabi di Babilonia, non bastano a proiettare un popolo nella modernità.
Sostenere che la buona legge fa la buona società è come dire che l’incendio nel granaio è causato dal granaio. Magari il granaio lo attizza ma…
Purtroppo, l’economista ha una deformazione professionale, vuole spiegare la storia solo con gli incentivi, e quando non ci riesce non rinuncia, non molla la sua preda nemmeno di fronte all’evidenza. Nell’ economista manca la volontà di prendere l’etica sul serio: lo capisco, vorrebbe dire rinnegare interamente il suo paradigma di riferimento.
Che la corruzione sia illegale è una regola che vale a Stoccolma come a Dehli. Eppure…
La differenza la fa l’etica, inutile girarci attorno.
La cultura italiana per esempio è una cultura di norme ambigue. E’ spesso la cultura del furbetto che salta la coda.  Queste istituzioni informali contano più delle regole scritte.
La legislazione è un conto, la regola interiore un altro. Altrimenti, nel giro di una settimana trasformeremmo l’Africa in un’ immensa Svezia: basterebbe traslare laggiù le leggi di lassù.
Senza una comprensione adeguata della moralità e delle convenzioni sociali, lo storico non può nemmeno comprendere l’influenza reale delle istituzioni formali.
Con l’invenzione della stampa la regola può essere fissata una volta per tutte, ma questo non fa perdere in nulla l’importanza dei costumi.
La legge reale emerge da una dialettica tra l’ethos della popolazione e la legge formale. Qualcuno ha detto che la legge è una “conversazione”. Potremmo anche paragonarla ad una “danza”: una danza non può essere ridotta ad uno schema di passi.
Lo aveva capito Aristotele nell’ Etica Nicomachea, lo aveva capito l’autore dell’ Esodo e lo aveva capito anche l’autore della Mahabharata: la scelta di sottomettersi a una regola è un doloroso esercizio di identità. Non c’è una regola scritta e un soggetto che la osserva; c’è invece un soggetto in cerca della sua identità che si confronta con la regola scritta e delibera nel foro della sua coscienza.
Non c’è solo la l’autorità che verga un codice: c’è la dialettica, la conversazione, la storia, la vergogna, il senso del sacro… tante cose interagiscono. Cio’ che succede è la risultante di tutto questo. Se uno si limita al codice non capirà mai nulla di quello che accade.
***
A cosa si deve la resurrezione di San Francisco dopo il terrificante terremoto del 1906?
Non alla politica, la politica in quel frangente fu messa da parte. Un comitato di imprese e leader civici prese in mano la situazione. Grazie alla coscienza e all’opera di queste persone la città si riprese prontamente. La politica ha avuto un ruolo marginale.
Nel 2005 la storia si ripete a New Orleans con Walmart e Home-Depot che si sostituiscono alla politica.
A volte un economista come Oliver Williamson fa finta di prendere l’etica in considerazione ma lo fa riducendola a semplice incentivo.  Non riesce a pensare che in termini di incentivi.
Chi svaluta il ruolo dell’etica dice che muta lentamente, che il suo gradualismo non dà conto dei fenomeni ma li segue pedestremente.
Sbagliato. L’etica che giudicava le donne al lavoro è cambiata repentinamente nel corso degli anni 60 e 70. L’etica presso i romani alla fine del primo secolo è cambiata rapidamente passando dai valori repubblicani e quelli imperiali. L’etica della cristianità tedesca agli inizi del XVI secolo si è trasfusa rapidamente dal rilassato regime delle indulgenze a quello rigoroso del protestantesimo. L’etica con cui gli inglesi giudicavano il commercio e le innovazioni tecnologiche alla fine del 700 è passata dal disprezzo all’ammirazione, e non lo ha fatto gradualmente ma pressoché di colpo.
Un cambio molto più rapido di quello istituzionale!
I tribunali, nel frattempo, hanno continuato a “giudicare” secondo le prolisse procedure precedenti. Il diritto di proprietà non si smuoveva. La legge penale era ancora fortemente sbilanciata contro i poveri. Eppure, il giudizio e la retorica sugli innovatori è cambiata. È bastato quello per realizzare una rivoluzione.
L’etica può svoltare in un attimo. Considera in Italia le vicende di mafia nei primi anni 90 e la sollevazione di popolo a favore di certi giudici: una svolta inattesa quanto repentina che ha cambiato le carte in tavola dopo decenni di omertà. È stato un cambio ideologico, non istituzionale.
L’istituzionalista e l’economista di fronte al mistero delle idee e dell’ideologia restano spiazzati e si oppongono, di solito tendono a ridurre l’idea a puro stimolo biologico. Ci si appella alle scienze neurobiologiche. Tutto deve essere inquadrato come “meccanismo”, l’ umano va espulso.
Ma per comprendere l’azione rivoluzionaria delle idee pesa di più l’approfondimento umanistico che discende dall’abbracciare 2000 anni di storia che l’approfondimento scientifico sul cervello partito negli anni 80.
Chi trascura la cultura e si concentra sulle regole del gioco, non comprende che le regole del gioco sono sempre in discussione.
Quando, tanto per dire, l’economista pensa alla teoria della “broken window” elaborata nel mondo della criminologia da Kelling e Wilson la pensa come mero incentivo e non come “conversazione”, ovvero come messaggio culturale del tipo: “questo posto è carino e ben curato perché chi abita qui trova che valga la pena di averne cura, vuoi unirti a questa comunità civile? Vuoi partecipare anche tu?”. No, l’unica cosa a cui pensa l’economista è la logica law&order: dove c’è ordine, c’è nascosta la pula da qualche parte.
L’economia trascura il linguaggio. L’economia è una scienza prelinguistica. In Marx come in Samuelson la valenza del linguaggio è azzerata.
Ma per avere un obbligazione bisogna sentirsi in obbligo, bisogna riconoscere un dovere, bisogna saperselo rappresentare, bisogna avere le parole giuste per rappresentarselo.
Agli economisti piace molto la teoria dei giochi, che come premessa ha il “taci e gioca”. In quel taci c’è l’azzeramento del linguaggio: tutti giocano capendo il gioco allo stesso modo, lo si dà per scontato. Il gioco, in un certo senso, si oppone al linguaggio.
Se ti prometto di fare qualcosa tu reagirai a seconda di cosa intendi con il termine “promessa”. Io che ricevo la tua promessa farò altrettanto. Dentro questa presunta comprensione scatta un corto circuito che sfugge all’economista ma non è affatto irrilevante.
L’economista dà per scontata l’ inequivocabilità del linguaggio quando l’equivoco è dietro l’angolo ovunque.
Pensiamo al significato della parola “onestà” presso la nostra cultura e presso quella africana del popolo che intendiamo aiutare. Spesso c’è un abisso. Pensiamo poi alla parola “onore”, l’abisso si approfondisce. Con queste premesse aiutare sul serio dando delle indicazioni diventa difficile.
Chiamare una persona disonesta nella società aristocratica implica un duello, per esempio. Chiamare una persona disonesta nella società borghese implica scherno e derisione. I significati cambiano a seconda della cultura e l’equivoco è sempre in agguato.
Nella cultura aristocratica l’innovazione non era testata dal mercato. Inventare una nuova macchina da guerra era di per sè ammirevole anche se la profittabilità dell’innovazione restava dubbia. Il significato del termine muterà radicalmente.
Quando possiamo dire che esiste un accordo tra due parti? Che un patto è stato stipulato? Per l’economista non esistono problemi di questo genere, per lui tutto è scontato: c’è un accordo! Eccolo lì! Per lui un patto è un “fatto bruto”. Ma nella realtà le cose sono assai diverse. La società è tenuta insieme da convenzioni che ci fanno capire quando un accordo esiste, quando un patto è siglato. Queste convenzioni sono sempre sotto pressione, sono sempre in discussione, sono sempre soggette a slittamento.
Come esprimere una preferenza? Anche questo problema affonda le sue radici nel linguaggio. Bart Wilson è uno studioso che ha molto da dire in merito, e non si tratta di banalità. Noi siamo sicuri di ciò che sta nel nostro cuore ma come possiamo esserlo di ciò che sta tra noi e l’altro? Nella decifrazione di questa intercapedine la cultura gioca un ruolo centrale. Nel generare cooperazione, per esempio, la cultura è decisiva. E che cos’è il capitalismo se non cooperazione volontaria?
E’ l’approccio umanistico a gettare luce sulle istituzioni, non viceversa.
L’economista vede l’istituzione come un vincolo esterno, non come qualcosa sempre in discussione che la cultura crea e negozia di continuo. Le cose non possono essere ridotte a “preferenze+vincolo di bilancio”. Troppo facile.
Poi ci chiediamo perché in Africa certe istituzioni palesemente vantaggiose non allignano. Abbiamo smesso di capire cos’è l’uomo, se ci impantaniamo non è sorprendente!
La scienza economica, per capire, ha bisogno di più “significati” e di meno “regole del gioco”!
politicaa

martedì 8 novembre 2016

Le ragioni del terzomondismo

Il motto del terzomondista è "loro sono poveri perchè noi siamo ricchi", dacchè segue condanna del nostro modello "sfruttatore".
In realtà il modello di economia liberale arricchisce tutti sul lungo periodo, ciò non toglie che nella storia l'Occidente abbia in molte occasioni sfruttato i paesi poveri con ripercussioni severe per il loro sviluppo successivo, ma questo perché sono stati esclusi dal mercato, non perché ne sono stati vittime. 
Un vivido resoconto delle nostre colpe si ha leggendo REVERSING DEVELOPMENT SPICE AND GENOCIDE di Daron Acemoglu e James A. Robinson che partono con il caso emblematico delle isole Molucche nel sud-est asiatico...
... the Moluccas were then central to world trade as the only producers of the valuable spices cloves, mace, and nutmeg. Of these, nutmeg and mace grew only in the Banda Islands. Inhabitants of these islands produced and exported these rare spices in exchange for food and manufactured goods coming from the island of Java, from the entrepôt of Melaka on the Malaysian Peninsula, and from India, China, and Arabia...
Poi arrivarono i portoghesi per commerciare le spezie: in precedenza venivano spedite dal Medio Oriente e dalla Turchia. Il primo a doppiare il Capo di Buona Speranza fu Bartolomeo Diaz nel 1488, a seguire Vasco de Gama giunse nelle Indie dieci anni dopo.
I portoghesi presero Melaka  nel 1511, ora gli europei avevano la loro via autonoma per le spezie. Ecco la testimonianza del mercante Tomé Pires...
.... "The trade and commerce between the different nations for a thousand leagues on every hand must come to Melaka . . . Whoever is lord of Melaka has his hands at the throat of Venice"...
Il tentativo di stabilire un monopolio fallì per la vitalità della concorrenza locale...
... City-states such as Aceh, Banten, Melaka, Makassar, Pegu, and Brunei expanded rapidly, producing and exporting spices along with other products such as hardwoods...
Ma la musica cambiò con l' arrivo degli olandesi nel 1600 che operarono facendosi firmare delle esclusive, era il metodo abituale della Compagnie delle Indie Olandesi...
... It was also the second company that had its own army and the power to wage war and colonize foreign lands. With the military power of the company now brought to bear, the Dutch proceeded to eliminate all potential interlopers to enforce their treaty with the ruler of Ambon. They captured a key fort held by the Portuguese in 1605 and forcibly removed all other traders...
Nelle Molucche, il metodo dell'esclusiva trovò facile applicazione ad Ambon, dove c'era un capo assoluto con il controllo del territorio. Ma nell'arcipelago delle isole Banda la situazione politica era frammentata e non esisteva un interlocutore designato...
... The Dutch also took control of the Banda Islands, intending this time to monopolize mace and nutmeg. But the Banda Islands were organized very differently from Ambon. They were made up of many small autonomous city-states, and there was no hierarchical social or political structure. These small states, in reality no more than small towns, were run by village meetings of citizens. There was no central authority whom the Dutch could coerce into signing a monopoly... At first this meant that the Dutch had to compete with English, Portuguese, Indian, and Chinese merchants...
A fronte del fallimento, Jan Pieterszoon Coen - governatore di Batavia - tentò un piano alternativo: il massacro e la deportazione della popolazione in modo che rimanesse disponibile solo una forza di schiavi....
... In 1621 he sailed to Banda with a fleet and proceeded to massacre almost the entire population of the islands, probably about fifteen thousand people. All their leaders were executed along with the rest, and only a few were left alive, enough to preserve the know-how necessary for mace and nutmeg production. After this genocide was complete, Coen then proceeded to create the political and economic structure necessary for his plan: a plantation society...
Quindicimila vittime. La tabula rasa riguardò anche le sofisticate istituzioni, fu una condanna al sottosviluppo della regione. La successiva produzione di spezie di fatto collassò del 60%.
Ma gli olandesi si reputarono soddisfatti ed esportarono la strategia della "soluzione finale" anche ad altre regioni del sud-est asiatico. La costante espansione commerciale di questi stati fu stroncata e molti di loro per non subire le "attenzioni" degli olandesi abbandonarono o ridussero le loro culture: l'autoarchia era più sicura.
Baenten, sull'isola di Java, per esempio, si tagliarono in massa le piante del pepe.
Testimonianza di un mercante olandese nelle filippine:
… “Nutmeg and cloves can be grown here, just as in Malaku. They are not there now because the old Raja had all of them ruined before his death. He was afraid the Dutch Company would come to fight with them about it.”…
Altre piaghe: de-urbanizzazione e declino della popolazione.
Tanto per dire: la capitale della Birmania fu trasferita dalla costa all’entroterra.
Insomma, la colonizzazione olandese fu disastrosa per il sud est asiatico…
… The people in Southeast Asia stopped trading, turned inward, and became more absolutist…
In queste condizioni è facile capire che nessuno di questi popoli trasse vantaggio dalle innovazioni della rivoluzione industriale
… In Southeast Asia the spread of European naval and commercial power in the early modern period curtailed a promising period of economic expansion and institutional change…
Intanto in Africa si verificava un fenomeno molto differente legato alla tratta degli schiavi.
Negli USA ci si riferiva alla schiavitù come all’ “istituzione peculiare” ma lo storico Moses Finland ci rende edotti del fatto che la schiavitù non è affatto “peculiare” ma è presente in tutte le società umane: era endemica già nell’antica Roma che si procurava i suoi schiavi dalle regioni slave e nordiche.
Nel 1400 gli europei smisero di schiavizzarsi a vicenda ma l’Africa non conobbe il passaggio dalla schiavitù al servaggio, il commercio degli schiavi, specie verso la penisola araba, rimase molto fiorente…
… medieval West African states of Mali, Ghana, and Songhai made heavy use of slaves… adopting organizational models from the Muslim North African…
Nel ‘700 le colonie caraibiche cominciarono la coltivazione della canna da zucchero che richiedeva molta manodopera non specializzata. Cominciò il traffico internazionale di schiavi e l’Africa, da sempre in prima linea in questi commerci, fu subissata di richieste alle quali cercò di rispondere. Qualche numero:
… In the sixteenth century, probably about 300,000 slaves were traded in the Atlantic. They came mostly from Central Africa, with heavy involvement of Kongo and the Portuguese based farther south in Luanda, now the capital of Angola. During this time, the trans-Saharan slave trade was still larger, with probably about 550,000 Africans moving north as slaves. In the seventeenth century, the situation reversed. About 1,350,000 Africans were sold as slaves in the Atlantic trade, the majority now being shipped to the Americas… The eighteenth century saw another dramatic increase, with about 6,000,000 slaves being shipped across the Atlantic… Adding the figures up over periods and parts of Africa, well over 10,000,000 Africans were shipped out…
La poderosa domanda europea ebbe un impatto forte sulle società africane. Gli affari garantiti trasformarono molti stati africani in stati produttori di schiavi, ovvero in stati guerrieri visto che gli schiavi erano per lo più prigionieri di guerra. “Cattura e vendi”, questo l’imperativo che arricchì molti popoli locali.
Lo stato guerriero era uno stato assoluto con un capo plenipotenziario che esercitava un controllo totale sulla popolazione. Prima, le società africane erano molto più decentralizzate, alla stregua di quelle del medioevo europeo. Tutta questa articolazione andò in malora.
La trasformazione del sistema giudiziario fu esemplare, esisteva una sola punizione: la schiavitù! Il destino del famoso oracolo Arochukwa spiega molto…
… One example is the famous oracle at Arochukwa, in eastern Nigeria. The oracle was widely believed to speak for a prominent deity in the region respected by the major local ethnic groups, the Ijaw, the Ibibio, and the Igbo. The oracle was approached to settle disputes and adjudicate on disagreements. Plaintiffs who traveled to Arochukwa to face the oracle had to descend from the town into a gorge of the Cross River, where the oracle was housed in a tall cave, the front of which was lined with human skulls. The priests of the oracle, in league with the Aro slavers and merchants, would dispense the decision of the oracle. Often this involved people being “swallowed” by the oracle, which actually meant that once they had passed through the cave, they were led away down the Cross River and to the waiting ships of the Europeans. This process in which all laws and customs were distorted and broken to capture slaves and more slaves had devastating effects on political centralization, though in some places it did lead to the rise of powerful states whose main raison d’être was raiding and slaving…
Il regno del Congo si trasformò in uno stato schiavista. Un altro tipico stato schiavista e conquistatore fu quello degli Oyo in Nigeria…
… As Oyo expanded south toward the coast, it crushed the intervening polities and sold many of their inhabitants for slaves. In the period between 1690 and 1740, Oyo established its monopoly in the interior of what came to be known as the Slave Coast…
Si realizzò una drammatica miscela di schiavizzazione e guerre. Un esempio canonico è quello di Asante
… Asante expanded from the interior, in much the same way as Oyo had previously. During the first half of the eighteenth century, this expansion triggered the so-called Akan Wars, as Asante defeated one independent state after another. The last, Gyaman, was conquered in 1747. The preponderance of the 375,000 slaves exported from the Gold Coast between 1700 and 1750 were captives taken in these wars…
Lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo causò anche ripercussioni demografiche delle quali si è occupato lo storico Patrick Manning… 
… population of this region in 1850 ought to have been at least forty-six to fifty-three million. In fact, it was about one-half of this… million people being exported as slaves… millions likely killed by continual internal warfare aimed at capturing slaves…
Persino istituzioni ben radicate come quella matrimoniale davano segni di disgregazione.
A fine 700 cominciò a farsi sentire in Europa il movimento anti schiavista con a capo  William Wilberforce. Nel 1807 la schiavitù era illegale.
Fu un durissimo colpo per le economie africane ormai organizzate intorno a questo commercio.
Si cerco di virare verso i cosiddetti commerci legittimi: olio di palma, noccioline, avori, gomma… Ma che fare dell’eccesso di schiavi e dell’apparato costruito per “produrli”? Semplice, furono utilizzati in loco nella cultura dei prodotti legittimi da esportare. L’esempio di Asante…
… the Asante political elite reorganized their economy. However, slaving and slavery did not end. Rather, slaves were settled on large plantations, initially around the capital city of Kumase, but later spread throughout the empire (corresponding to most of the interior of Ghana). They were employed in the production of gold and kola nuts for export, but also grew large quantities of food and were intensively used as porters, since Asante did not use wheeled transportation…
L’abolizione della schiavitù nel mondo occidentale fece sì che l’economia africana crescesse con al centro l’utilizzo degli schiavi. Le guerre continue necessarie alla loro produzione continuarono inalterate. Si diffuse a macchia d’olio anche la pratica dei rapimenti.
… Kidnapping was such a problem in some parts of Nigeria that parents would not let their children play outside…
L’800 africano vide un’espansione della schiavitù anziché una contrazione, com’era logico attendersi dopo l’abolizione in Europa…
… More accurate data exist from early French colonial records for the western Sudan, a large swath of western Africa, stretching from Senegal, via Mali and Burkina Faso, to Niger and Chad. In this region 30 percent of the population was enslaved in 1900…
Persino la colonizzazione europea del XIX secolo non riuscì a stroncare un’istituzione ormai consolidata. Ci sono casi paradossali come quello della Sierra Leone e della Liberia
… In Sierra Leone, for example, it was only in 1928 that slavery was finally abolished, even though the capital city of Freetown was originally established in the late eighteenth century as a haven for slaves repatriated from the Americas. It then became an important base for the British antislavery squadron and a new home for freed slaves rescued from slave ships captured by the British navy…Liberia, just south of Sierra Leone, was likewise founded for freed American slaves in the 1840s. Yet there, too, slavery lingered into the twentieth century; as late as the 1960s, it was estimated that one-quarter of the labor force were coerced, living and working in conditions close to slavery…
Naturalmente, schiavitù diffusa e guerre non creano l’ambiente ideale per recepire e mettere a frutto le grandi novità della rivoluzione industriale, da qui il perenne sottosviluppo dell’ Africa sub-sahariana.
Ma c’è anche un’ Africa che non conobbe la schiavitù: il Sudafrica. Vediamo allora come andarono le cose da questa parte del mondo.
Sir Artur Lewis – pioniere dell’economia dello sviluppo – propose il modello dell’economia duale per spiegare l’arretratezza di certi paesi…
… According to Lewis, many less-developed or underdeveloped economies have a dual structure and are divided into a modern sector and a traditional sector. The modern sector, which corresponds to the more developed part of the economy, is associated with urban life, modern industry, and the use of advanced technologies. The traditional sector is associated with rural life, agriculture, and “backward” institutions and technologies. Backward agricultural institutions include the communal ownership of land, which implies the absence of private property rights on land. Labor was used so inefficiently in the traditional sector, according to Lewis, that it could be reallocated to the modern sector without reducing the amount the rural sector could produce…
La soluzione era semplice: spostare persone dai settori poveri a quelli ricchi e più produttivi.
Per decenni il paradigma di Lewis fu adottato da tutti. Il Sudafrica illustra però il suo lato debole…
… South Africa was one of the clearest examples, split into a traditional sector that was backward and poor and a modern one that was vibrant and prosperous… Across the river, it is as if it were a different time and a different country… By now you will not be surprised that these differences are linked with major differences in economic institutions between the two sides of the river…
A est, nel Natal, troviamo proprietà privata, agricoltura commerciale, industria e prosperità. A ovest, nel Transkei, abbiamo tribalismo, beni comuni e scarsa produttività. Tutti i neri vivevano in questo territorio governato da istituzioni pre-moderno.
Il paradigma di Lewis descrive bene la fotografia della situazione ma non ci fa capire la storia che c’è dietro. Il dualismo così ben visibile non era un portato della storia ma un fenomeno recente…
… It was created by the South African white elites in order to produce a reservoir of cheap labor…and reduce competition from black Africans…
Partiamo dall’inizio. Per clima e salubrità il Sudafrica è sempre stato appetibile per gli europei, l’espansione all’interno da parte degli olandesi cominciò subito dopo la presa degli inglesi del capo di Buona Speranza. Erano le terre degli Xhosa (Bantù), un popolo immune da ogni forma di schiavismo…
… The penetration into the South African interior was intensified in 1835, when the remaining Europeans of Dutch descent, who would become known as Afrikaners or Boers, started their famous mass migration known as the Great Trek away from the British control of the coast and the Cape Town area. The Afrikaners subsequently founded two independent states in the interior of Africa, the Orange Free State and the Transvaal…
Altro evento capitale fu la scoperta dei diamanti a Kimberley nel 1867 e dell’oro a Johannesburg nel 1886. Una simile ricchezza indusse gli inglesi a controllare più strettamente questi territori…
… The resistance of the Orange Free State and the Transvaal led to the famous Boer Wars in 1880–1881 and 1899–1902… After initial unexpected defeat, the British managed to merge the Afrikaner states with the Cape Province and Natal…
Lo sviluppo portato dalle miniere e la forte domanda alimentare fece prosperare l’intera economia africana circostante, in particolare talune culture agricole.
Lo storico Colin Bundy descrive bene il dinamismo economico della regione. La testimonianza di un missionario…
… “To obtain these objects, they look . . . to get money by the labour of their hands, and purchase clothes, spades, ploughs, wagons and other useful articles.”… he was struck with the very great advancement made by the Fingoes in a few years . . . Wherever I went I found substantial huts and brick or stone tenements. In many cases, substantial brick houses had been erected . . . and fruit trees had been planted; wherever a stream of water could be made available it had been led out and the soil cultivated as far as it could be irrigated; the slopes of the hills and even the summits of the mountains were cultivated wherever a plough could be introduced. The extent of the land turned over surprised me; I have not seen such a large area of cultivated land for years…
L’aratro, una tecnologia nuova, fu prontamente adottato senza difficoltà. Ma furono approntati anche canali d’irrigazione. Le classiche istituzioni tribali cominciavano a svanire, la proprietà privata prendeva piede e l’agricoltura fioriva. Testimonianza del magistrato di Umzimkulu of Griqualand…
… “the growing desire of the part of natives to become proprietors of land—they have purchased 38,000 acres.”…
Un vero cambiamento era in atto. Un caso di successo fu quello dell’imprenditore Stephen Sonjica
… self-made farmer from a poor background. In an address in 1911, Sonjica noted how when he first expressed to his father his desire to buy land, his father had responded: “Buy land? How can you want to buy land? Don’t you know that all land is God’s, and he gave it to the chiefs only?” Sonjica’s father’s reaction was understandable. But Sonjica was not deterred. He got a job in King William’s Town…
Testimonianza del missionario metodista W.J. Davis…
… he recorded with pleasure that he had collected forty-six pounds in cash “for the Lancashire Cotton Relief Fund.”…
Tuttavia, questa evoluzione dispiaceva comprensibilmente ai capi tradizionali che si opposero a molte riforme agrarie. Una testimonianza:
… “some of the chiefs . . . objected, but most of the people were pleased... the chiefs see that the granting of individual titles will destroy their influence among the headmen.”…
Si opposero ferocemente anche allo scavo dei canali per l’irrigazione e all’introduzione di una proprietà privata sempre più estesa.
Nel periodo 1890-1913 il corso delle degli eventi si invertì e il tempo volse al brutto.
Dapprima lo sviluppo africano trovò un ostacolo nell’opposizione degli agricoltori bianchi. E’ chiaro che una concorrenza così feroce li disturbava.
In secondo luogo, le miniere chiedevano manodopera a basso costo e la presenza di attività economiche alternative era un ostacolo. George Albu, il direttore delle miniere, in uno scambio con la commissione governativa:
… Commission: Suppose the kaffirs [black Africans] retire back to their kraal [cattle pen]? Would you be in favor of asking the Government to enforce labour? Albu: Certainly . . . I would make it compulsory . . . Why should a nigger be allowed to do nothing? I think a kaffir should be compelled to work in order to earn his living. Commission: If a man can live without work, how can you force him to work? Albu: Tax him, then . . . Commission: Then you would not allow the kaffir to hold land in the country, but he must work for the white man to enrich him? Albu: He must do his part of the work of helping his neighbours …
Nel 1913 si varò la “Legge sui Nativi” che divideva il Sudafrica in due parti confinando gli africani in riserve minuscole, era l’inizio dell’ Apartheid. Molti diritti economici e politici venivano riservati alla minoranza bianca. Gli africani non potevano essere “proprietari” e con loro si potevano stipulare solo contratti di servizio: l’agricoltura dei nativi, così promettente, si dissolse.
Un economista in visita negli anni 50 avrebbe visto una nazione divisa in due: da una parte gli europei istruiti e sviluppati, dall’altra gli africani poveri e arretrati. Il dualismo di Lewis perfettamente confermato ma tutt’altro che naturale, bensì imposto con la forza dalla minoranza privilegiata. Un portato del colonialismo europeo, un frutto amaro di leggi governative discriminatorie per creare manodopera economica in vista dell’impiego nelle miniere, oppure per proteggere gli agricoltori bianchi da una concorrenza agguerrita.
In condizioni del genere tornarono i capi tradizionali, gli stregoni e le istituzioni di un tempo. La terra torno ad essere “bene comune”, e quindi sterile.
Nel 1951 fu varato il “Bantù Act”. Nelle parole dello storico Findlay…
… Tribal tenure is a guarantee that the land will never properly be worked and will never really belong to the natives. Cheap labour must have a cheap breeding place, and so it is furnished to the Africans at their own expense…
L’evidenza portata alla luce dallo storico Francis Wilson dimostra il contraccolpo nel tenore di vita dei neri e il declino della loro economia…
… miners’ wages fell by 30 percent between 1911 and 1921… in 1961… 12 percent lower than they had been in 1911…No African was allowed to own property or start a business in the European part…87 percent of the land…
Da notare che anche nel settore del lavoro subordinato, già dal 1904, una quota dei posti era sempre riservata ai bianchi….
… No African was allowed to be an amalgamator, an assayer, a banksman, a blacksmith, a boiler maker, a brass finisher, a brassmolder, a bricklayer . . . and the list went on and on, all the way to woodworking machinist. At a stroke, Africans were banned from occupying any skilled job in the mining sector. This was the first incarnation of the famous “colour bar,” one of the several racist inventions of South Africa’s regime…
Negli anni 50 Hendrik Verwoerd varò il “Bantù Edication Act”…
… The Bantu must be guided to serve his own community in all respects. There is no place for him in the European community above the level of certain forms of labour... For that reason it is to no avail to him to receive a training which has as its aim absorption in the European community while he cannot and will not be absorbed there…
Con istituzioni sfruttatrici di questo tipo l’economia ne risentì anche nel suo complesso, gli anni 70 segnarono il primo forte rallentamento…
… At the time of the foundation of the Union of South Africa in 1910, the Afrikaner polities of the Orange Free State and the Transvaal had explicit racial franchises, barring blacks completely from political participation. Natal and the Cape Colony allowed blacks to vote if they had sufficient property, which typically they did not. The status quo of Natal and the Cape Colony was kept in 1910, but by the 1930s, blacks had been explicitly disenfranchised everywhere in South Africa. The dual economy of South Africa did come to an end in 1994…
Il resto è storia recente.
Un piccolo riassunto della tesi di fondo:
…World inequality today exists because during the nineteenth and twentieth centuries some nations were able to take advantage of the Industrial Revolution and the technologies and methods of organization that it brought while others were unable to do so…
Ecco, nei casi descritti il terzomondista ha ben ragione nel dire: “loro sono ricchi perché noi siamo poveri”. Ma la colpa non è del “modello occidentale” bensì dell’esclusione dal “modello occidentale”. E’ un certo modello coloniale, piuttosto, a dover essere messo sotto accusa.
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