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martedì 28 gennaio 2020
PECCATO E FRAGILITA'
Mentre la categoria di peccato rimanda al rapporto uomo-Dio e al necessario giudizio di Dio nei confronti dell’uomo, la categoria di fragilità rimanda essenzialmente a un problema tutto interno all’uomo, senza alcun giudizio da parte di Dio. Se sono peccatore ho bisogno di umiliarmi, riconoscere di aver sbagliato, chiedere perdono e accettare il giudizio. Se sono fragile ho bisogno di essere compreso, vedermi riconoscere delle attenuanti e chiedere non di essere giudicato, ma giustificato.
venerdì 23 agosto 2019
mercoledì 12 settembre 2018
Il discernimento SAGGIO
Il discernimento
Poniamo di ricevere l’ordine supremo di “non aprire quella porta” ben sapendo che la disubbidienza comporterà condanna e punizione. Il comando ha valore assoluto.
Ecco il caso di 6 presunti disubbidienti:
1. Giovanni apre la porta per curiosità.
2. Giuseppe perché crede che al di là della porta ci sia una persona in pericolo.
3. Giulio perché è pazzo.
4. Gino perché non ha mai ricevuto l’ordine.
5. Gabriele perché è stato soggetto a pressioni.
6. Gerardo perché ha ricevuto l’ordine in modo distorto.
Come risolvere i loro casi?
Secondo buon senso: Giovanni è da condannare, Giuseppe da condannare meno gravemente, Giulio e Gino da non condannare.
E Gabriele? E Gerardo?
Pensiamo alla differenza tra condannati e assolti: i primi hanno, per varie ragioni, disubbidito. I secondi no.
Ma Gabriele e Gerardo?
Giulio non è libero mentre Gino non è vincolato da alcun comando. Per questo vengono perdonati.
Ma Gabriele e Gerardo?
Qualcuno sostiene che nel caso di Gabriele e di Gerardo bisogna “discernere”. Altri sostengono che “discernere” toglie al comando impartito il suo carattere assoluto.
In effetti, se noi assolvessimo dei disubbidienti il comando non avrebbe più carattere assoluto. C’è solo un modo per evitare questa conclusione: ricondurre i casi di Gabriele e Gerardo a quelli di Gino e Giulio.
Gabriele, nonostante i suoi condizionamenti, conserva almeno in parte la sua libertà? In caso di risposta affermativa il suo caso sarebbe affine a quello di Giuseppe, in caso di risposta negativa sarebbe affine a quello di Giulio.
Gerardo, nonostante la distorsione con cui ha ricevuto il messaggio, poteva comprenderlo? Se la risposta fosse negativa il suo caso sarebbe assimilabile a quello di Gino.
In questo schema tutti i disubbidienti vengono, chi più chi meno, condannati. I non disubbidienti assolti.
Anche nell’ Enciclica papale Amoris laetitia si parla di “discernimento” a proposito dell’eventuale Comunione ai divorziati risposati ma a me sembra che lì si intenda qualcosa di ben diverso rispetto a cio’ a cui accennavo. Non si tratta cioè di distinguere chi ha obbedito da chi non ha obbedito (operazione per cui da sempre esiste un tribunale ad hoc: la Sacra Rota) bensì di considerare le motivazioni di chi non ha obbedito e non ubbidisce per, eventualmente, perdonarlo ugualmente. Si “discerne” al fine di valutare se è il caso di essere misericordiosi. Se le cose stessero in questi termini allora sì che il relativismo farebbe capolino: alcuni disubbidienti verrebbero condannati ed altri assolti. Il comando perderebbe inevitabilmente il suo valore assoluto. Dico così e chiedo un vostro giudizio a prescindere da come valutiate il comando in oggetto.
Facciamo un’analogia con un crimine orribile: l’omicidio di un bambino. Ora si chiede, è possibile evitare la condanna qualora il colpevole reo confesso fosse stato in grado di intendere e di volere? Poniamo che si risponda: sì, in alcuni casi sì, purché il giudice eserciti un corretto “discernimento” valutando rettamente la situazione soggettiva di chi sta giudicando. Non è forse questa una risposta inaccettabile? Un uomo libero che ha commesso un omicidio è sempre colpevole, magari avrà delle attenuanti ma la colpevolezza resta e richiama una pena, per quanto minima.
venerdì 30 marzo 2018
Spunti di riflessione dopo la lettura di “To Change the Church: Pope Francis and the Future of Catholicism” di Ross Douthat
Spunti di riflessione dopo la lettura di “To Change the Church: Pope Francis and the Future of Catholicism” di Ross Douthat
PRIMO SPUNTO DI RIFLESSIONE
L’alleanza tra il “populista” Bergoglio e l’ “azzeccagarbugli” Kasper resta l’ironia più spiazzante prodotta dall’ultimo Sinodo sulla famiglia.
Anche se il connubio tra slogan e sofismi non puo’ dirsi nuovo qui siamo alla sua apoteosi.
SECONDO SPUNTO DI RIFLESSIONE
In genere uno pecca POI si pente e viene perdonato. Quando posso invece perdonare chi sta ancora peccando e ha un’ intenzione esplicita di peccare ancora domani? Un caso c’è: quando questa persona non è liberà di fare cio’ che fa. Dalla Croce Gesù disse al Padre: “perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
La Comunione ai divorziati-risposati non propone un cambiamento nell’insegnamento morale della Chiesa Cattolica, non riguarda il “soggettivismo”, non riguarda nemmeno il “relativismo”, propone invece un nuovo sguardo sulla libertà del cristiano.
TERZO SPUNTO DI RIFLESSIONE
Papa Francesco interviene a raffica sull’economia, sull’ambiente, sull’immigrazione, sul consumismo… ma sono questioni marginali. Tutto il suo pontificato si gioca sul punto della comunione ai divorziati-risposati. E’ lì che si decide se la Chiesa Cattolica è diventata soggettivista, se da un dovere morale puo’ essere esentato colui per cui compierlo è troppo gravoso. Se un politico ruba ma lo fanno tutti è moralmente responsabile? Se un soldato uccide un innocente ma gli è stato ordinato è moralmente responsabile? Se un prete pedofilo stupra ma ha un vissuto problematico alle sue spalle è moralmente responsabile? Ripeto: la questione dei divorziati-risposati è al centro di tutto.
QUARTO SPUNTO DI RIFLESSIONE
Anche prima, senza alcun vulnus alla dottrina, i divorziati-risposati potevano essere riammessi alla Comunione: bastava che annullassero il loro matrimonio precedente. Molte cause oggettive lo consentivano ma soprattutto la mancanza di un “vero consenso”, un requisito facile da piegare alle proprie esigenze. Di fatto veniva richiesta quale prova di reale pentimento la volontà di spendere e imbarcarsi in un processo presso la Sacra Rota. Da un punto di vista profano direi che si trattava di un’ottima prova: gli economisti parlerebbero di “preferenza rivelata”.
Insomma, il soggettivismo puo’ essere praticato attraverso l’arbitrio dei giudici senza bisogno di essere riconosciuto dalla dottrina.
QUINTO SPUNTO DI RIFLESSIONE
Nella Germania del Cardinale Walter Kasper la metà dei preti non si confessa da oltre un anno. Sono gli stessi che in un 15/20 minuti di Confessione, stando al progetto del Cardinale, dovrebbero individuare con “scrupoloso discernimento” il grado di contrizione del “divorziato-risposato” al fine di riammetterlo alla comunione.
SESTO SPUNTO DI RIFLESSIONE
E’ bene sapere perché la Chiesa Cattolica, prima di Francesco, si sia tanto battuta per sostenere l’inscindibilità del matrimonio:
1) è un insegnamento che ha consentito di superare la concezione romana parificando i due sessi all’interno del matrimonio;
2) è un insegnamento che collega direttamente il cattolicesimo alle Scritture quando le altre confessioni cristiane hanno invece deciso su questo punto di deviare;
3) è un insegnamento che conserva coerente la metafora paolina della Chiesa come sposa di Cristo;
4) La fedeltà a questo insegnamento (eroico) è stata pagata a caro prezzo inimicandosi molte monarchie europee, a partire dall’Inghilterra di Enrico VIII.
SETTIMO SPUNTO DI RIFLESSIONE
La storia del Concilio Vaticano II.
I versione. Uno spirito di rinnovamento sabotato prima dalle “forze conservatrici” della Curia, poi da papi paurosi (Poalo VI), infine da Papi reazionari (GPII e BXII). Anche per questo la Chiesa soffre.
II versione) Una voglia di adattamento di cui si è appropriato un certo radicalismo le cui degenerazioni, nonostante l’azione di freno di papi come GPII e BXII, ancora fanno soffrire la Chiesa.
III versione) Non ci sono né sabotatori né rapitori, semplicemente i cattolici sono divisi e la spaccatura si è palesata anche nel Concilio, appena dissimulata dietro documenti vaghi e prolissi e concetti ancor più nebulosi (“Spirito del Concilio”). I cattolici sono fondamentalmente in disaccordo tra loro e la Chiesa soffre, collassando quando prevale la voce progressista, rallentando appena la ritirata quando prevale quella conservatrice.
OTTAVO SPUNTO DI RIFLESSIONE
I cattolici ogni tre per due si disperano per la “società liquida” accusandola di tutti i mali, ma che pensano del “cattolicesimo liquido”? Quello dove non si sa mai bene chi giudica e chi è giudicato, dove è poco chiaro cosa puoi fare e cosa no, dove ogni punto di riferimento è soggetto a contorsioni gesuitiche, dove la precarietà è la regola?
NONO SPUNTO DI RIFLESSIONE
Appartengo alla razza dei “cattivi cattolici”, quelli con una fede tiepida, che dubitano su molte dottrine, che adempiono svogliatamene, che pregano poco.
Oggi, al grido parole d’ordine come “inclusione” e “apertura”, si cerca di estinguere la mia razza. Personalmente mi sento quasi irritato. Che me ne farò più della mia religione?
DECIMO SPUNTO DI RIFLESSIONE
Un libro che ci racconta la storia più importante nel mondo contemporaneo delle religioni, ovvero come il capo dell’organizzazione religiosa più importante pensi che il cattolicesimo sia riformabile in un senso che i suoi predecessori non ritenevano possibile.
martedì 26 settembre 2017
Svolta interiore
Svolta interiore
Non che io ami particolarmente Papa Francesco, sia chiaro.
Non riesco ad amarlo.
Il malcelato narcisismo di certe sue esibizioni pauperistiche è fonte di purissima antipatia.
Rispolverare pari pari il vieto arsenale argomentativo tipico del “perfetto idiota latino-americano” è un’operazione a dir poco nauseabonda.
L’idea di una “Chiesa povera per i poveri” spaventa innanzitutto i poveri. Come il malato non è attratto dai malati ma dai medici, allo stesso modo un pezzente non aspira certo alla vicinanza dei suoi simili, preferisce accompagnarsi con amici ricchi e generosi.
L’operazione-Misericordia è zeppa di falle e da accantonare precipitevolissimevolmente.
Ripeto, non che io ami particolarmente questo papa, non posso amarlo visto che lo considero responsabile di una perdita secca della mia fede (15/20%!).
D’altronde, se ho il dovere di ossequiarlo in qualità di vicario di Dio in terra, ho anche il diritto trarre da cio’ che dice indizi circa la verità del Dio che rappresenta.
Ripeto, non che io ami particolarmente questo papa, eppure, dalle accuse più severe e formali che gli sono state rivolte – i “dubia” e la “corretio filialis” – mi sento di difenderlo.
La difesa che segue si articola su un’analogia che esprimo in 15 punti.
****
UNO. Poniamo di essere nella scuola dove studiano Pier e Margherita.
DUE. Su una scala di profitto da 1 a 10, Pier puo’ dare al massimo 8, ed in effetti è quello che dà.
TRE. Sulla stessa scala di profitto Margherita può dare 10 ma dà solo 9.
QUATTRO. Se il rendimento è di questo tipo che voto dare ai due in pagella?
CINQUE. Chi si basa sulle prestazioni oggettive assegnerà a Margherita un voto superiore.
SEI. Chi si basa sui meriti soggettivi privilegerà invece Pier.
SETTE. L’ “oggettivista” privilegia l’oggetto-prestazione. Il soggettivista privilegia il soggetto-studente.
OTTO. Entrambe le valutazioni sono parimenti rigorose: potrebbe assegnarle lo stesso robot facendo girare due algoritmi differenti. In questo senso non c’è “relativismo”, non dipendono dal valutatore.
NOVE. Tuttavia, il voto del soggettivista richiede di “discernere” la prestazione potenziale da quella effettiva: un compito non facile che si presta ad arbitri.
DIECI. Il voto sul merito riguarda la persona, il voto sulla prestazione riguarda quel che fa la persona.
UNDICI. Il voto sulla prestazione ha una maggiorevalenza sociale. Per esempio, è quello che interessa il potenziale datore di lavoro.
DODICI. Il voto sul merito a una maggiore valenza morale. Assomiglia, per esempio, a quello del buon Dio nel “giorno del giudizio”.
TREDICI. Il giudizio sul merito è più di buon senso: nessuno di noi giudica male chi non fa cio’ che non puo’ fare. Il giudizio sulla prestazione è piùpragmatico: nessuno perde tempo chiedendo a qualcuno di fare cio’ che non puo’ fare.
QUATTORDICI. Poiché la scuola ha un ruolo sociale più che morale è comprensibile che anteponga la prestazione ai meriti. Di solito si dà una pacca sulla spalla a Pier, ma in pagella prevale Margherita.
QUINDICI. Così facendo si creano però fastidiosiparadossi: può darsi infatti che un “bocciato” sia più meritevole di un “promosso”. Se Riccardoproducesse una prestazione da 5 potendo dare al massimo 5 sarebbe bocciato sebbene più meritevole di Margherita, promossa come migliore della classe.
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L’analogia è evidente: la Chiesa è la scuola, i maestri sono i sacerdoti, gli studenti sono i fedeli, i voti sono i giudizi dati in Confessione e Papa Francesco è il preside.
Ora, Papa Francesco vuole trasformare la Chiesain una scuola dove il voto di merito prevalga. E’ una piccola rivoluzione.
Il giudizio si orienterebbe più sul peccatore che sulpeccato (vedi proposizione DIECI).
A me sembra tutto sommato un’operazione di buon senso (vedi proposizione TREDICI).
Oltretutto, la Chiesa ha ormai perso la sua centralità sociale poiché l’ha demandata allo stato. Questo fatto fa cadere molte esigenze un tempo imprescindibili (vedi proposizione UNDICI).
L’operazione non presenta pericoli di relativismo(vedi proposizione OTTO).
Questo anche se il “discernimento” si presta ad arbitri da tenere a bada (vedi proposizione NOVE).
Il soggettivismo (vedi proposizione SETTE) non fa parte della tradizione cattolica più pura, è vero. Tuttavia, la dimensione interiore non è certo estranea a questa tradizione. Si tratta di valorizzarla ulteriormente (da qui le accuse disvolta luterana).
Difficile nel complesso negare l’esistenza diaspetti eretici: quando chi pecca puo’ essere giudicato più meritevole di chi non pecca (vedi proposizione QUINDICI) qualcosa non quadra con il passato.
Nella “corretio filialis” si stigmatizza questa eresia nella quale il papa rischia di incorrere: “Una persona, mentre obbedisce alla legge divina, può peccare contro Dio in virtù di quella stessa obbedienza”. Forzando un po’ potremmo travasare l’eresia nella nostra analogia: “chi registra una prestazione sufficiente potendo fare molto di più merita l’insufficienza”. In effetti, nella scuola del Preside Bergoglio, questo caso è possibile.
Ebbene, per quanto in chiaro odore di eresia, mi sento di difendere la nuova chiesa di Bergoglio, la ragione e il buon senso mi spingono a farlo.
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