Visualizzazione post con etichetta #bisin preferenze. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta #bisin preferenze. Mostra tutti i post

giovedì 16 febbraio 2017

La grande battaglia contro le preferenze (altrui)

Provate a pensarci, quasi tutte le battaglie civili moderne contro le "discriminazioni" possono essere ridotte a battaglia contro le "preferenze" di un sotto-gruppo sociale.
Recentemente, anche grazie all' effetto-lipperini, ci siamo appassionati alle battaglie tra donne.
Abbiamo visto che se le donne del gruppo A cedono volentieri alla lusinga di veder apprezzata la loro bellezza, ecco che spuntano le donne del gruppo B pronte a stigmatizzare questa preferenza (caso Avallone) che alimenta il "mito della bellezza femminile".
Se, per esempio, le donne del gruppo A sono inclini a risolvere i loro problemi materiali mediante forme di prostituzione, ecco che le donne del gruppo B si indignano dando l' assalto a questa preferenza "degenerata" e da cambiare al più presto (caso Ruby) per non alimentare lo stereotipo della donna-prostituta.
[Potrei proseguire parlando delle donne a cui piace dedicarsi alla famiglia (alimentano lo stereotipo della donna-casalinga), di quelle che non amano la vita lavorativa (idem), di quelle che rifuggono dalla competizione (alimentano il mito della donna-inadeguata). Costoro saranno bersaglio indiretto di chi ha preferenze opposte o comunque diverse]
Nella forma, le combattive femministe cercheranno di non mettere sul banco degli accusati le loro sorelle, ma nella sostanza sarà così.
Attenzione, sebbene queste guerre intestine siano fomentate dall' ardore moralista, non si possono escludere motivazioni egoistiche: se nella società s' imponesse lo stereotipo della donna/puttana, tanto per dire, le donne non-puttane potrebbero risentirne da un punto di vista pratico. Se nella società s' imponesse lo stereotipo della bellezza femminile, potrebbero ricevere un danno coloro che non puntano su quell' "argomento".
Ad ogni modo, di fronte ad una battaglia "contro le preferenze" altrui ci si deve porre per lo meno un paio di domande.
1. Si possono modificare?
2. Se sì, bisogna farlo?
RISPOSTA A 1.
Se la "preferenza" è genetica, si sappia che un 40-60% dei nostri tratti caratteriali non è influenzabile dall' ambiente (fonte 1). Ma la teoria standard (fonte 2) ci dice che per avere una vera mutazione genetica delle preferenze "profonde" del gruppo, se non vogliamo procedere come si fa per selezionare le razze canine, occorrono dai 10.000 a 500.000 anni. Di recente qualcuno (fonte 3) ha avanzato l'ipotesi che ne bastino qualche migliaio. Ancora troppi per sostanziare un programma politico.
Morale: ne sappiamo veramente poco.
RISPOSTA A 2.
Se mai la risposta al quesito precedente fosse un sonoro "sì", i casini sopraggiungerebbero inesorabilmente al quesito successivo. C' è da prendersi la testa fra le mani: infatti, se le preferenze cambiano, il metro per valutare se il cambiamento è un miglioramento del benessere è già venuto a mancare: la valutazione si fa in base alle preferenze!
Corollario impertinente: perchè le donne del gruppo tal dei tali anzichè "combattere" per il cambiamento delle preferenze altrui non si adoperano per cambiare le proprie? Con la loro battaglia testimoniano indirettamente la possibilità che le preferenze possano cambiare e seguendo l' impertinente suggerimento l' esito finale non muterebbe: saremmo tutti più felici.
***
Conclusione teorica: se anche potessimo cambiare le "preferenze" del nostro vicino, non avrebbe comunque senso farlo.
Conclusione pratica: molte battaglie contro la discriminazione vanno combattute a testa bassa, se ci si ferma a pensare si è perduti.