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giovedì 19 dicembre 2024

bias lamarckiano

 E' LA SELEZIONE, STUPIDO (il conflitto d'interesse non esiste).


Se scrivo per "Il Giornale" tu mi dici che sono un "servo di Berlusconi", io mi guardo dentro, constato di non essere tale e ti rispondo per le rime. Tu scrivi per "Repubblica", io ti dò del "servo della Fiat", tu ti guardi dentro, constati di essere un uomo libero e mi insulti. Chi ha ragione? In un certo senso tutti e due e nessuno dei due: noi ci comportiamo come il servo più servile ma non siamo servi. "Il Giornale" e "Repubblica" sanno bene che reclutare i "servi volontari" è l'affare migliore che possano fare. Difendi i valori della scuola pubblica lavorando nella scuola pubblica? E' la selezione, stupido, non il conflitto d'interesse! Tu pensi veramente a quello che dici, non sei condizionato granché dal tuo conflitto di interesse. Uno si trova dove si trova perché è stato selezionato per essere lì, non perché ha pianificato di essere lì. Uno dice quel che dice perché è stato selezionato per dirlo, non perché ha progettato di dirlo. L'interesse, l'avidità, l'intenzione e il progetto sono eccezioni trascurabili: la selezione è dietro a quasi tutto: è difficile che uno entri nella scuola pubblica se non simpatizza con i valori della scuola pubblica, cio' significa che all'occasione li difenderà a spada tratta, ma questa è solo una conseguenza. Se non diciamo quel che diciamo, se non facciamo quel che facciamo, se non pensiamo quel che pensiamo, non saremmo lì, non saremmo stati selezionati, non saremmo sopravvissuti per dirlo-farlo-pensarlo. Siamo come le giraffe che brucano i germogli più in alto perché hanno il collo lungo e non perché hanno progettato un collo lungo per cibarsi di quelle prelibatezze. La selezione viene prima di ogni intenzione espressa qui ed ora, magari sulla scorta del nostro interesse contingente. Credere sul serio al conflitto d'interesse è un errore marchiano. Anzi, "lamarckiano".

Mi piace raccontare qua sotto nei commenti una storiella di cui sono stato testimone. Giudicate voi il ruolo del conflitto di interesse nelle vicende. Formigoni, un politico ambizioso, riuscì a scalare il potere fino ad assicurarsi il vertice della regione Lombardia. Una volta su quello scranno, privatizzò la sanità lombarda beneficiando i suoi amici e ripartendo con loro una torta di miliardi di euro. Allora? Un classico caso di conflitto di interessi, non è forse vero? Ammetto di sì, ma per giudicare questa storia occorre conoscere anche l'antefatto, eccolo. C'era una volta un ragazzo cattolico e idealista che si riuniva con i suoi amici ciellini sognando, tra le altre cose, un impegno crescente della società civile nel welfare italiano, in particolare nella sanità. Era una forma di impegno missionario sulla scorta dei valori di don Giussani. Dopo questi sogni giovanili, le strade degli amici si divisero in base ai loro talenti, qualcuno scelse la politica, altri la professione medica e altri ancora, i più ambiziosi, misero in piedi delle vere e proprie strutture sanitarie, operazione da veri idealisti perché la presenza massiccia del pubblico rendeva sleale ogni concorrenza di settore (il privato aveva qualche chances giusto nella chirurgia estetica). Un bel giorno, la punta di diamante dei "politici" ciellini, quello dalla lingua più sciolta, il Formiga, si insediò al pirellone come governatore. Finalmente, nella stanza dei bottoni, il suo sogno poteva essere realizzato, la sanità lombarda poteva esporsi al contributo della società civile (io dico "privatizzata"). Ma a interfacciarsi con la politica chi c'era? Ovviamente quasi solo quei pazzi sognatori, che erano i suoi compagni di un tempo, ovvero i suoi amici, per il resto, com'era logico attendersi, il settore privato risultava desertificato dal mega-monopolista legale. La fiducia che derivava da un rapporto amicale di lunga data e l'assenza di alternative spinse il Formiga ad assegnare committenze miliardarie ai suoi amici. L'intimità con quelle persone - oltre ad un carattere esibizionista ed ingenuo - lo fece scivolare poi su diverse bucce di banana facendogli fare la fine che sappiamo. Lo so caro Formiga che andarsene in vacanza con i propri amici non è un delitto ma quando c'è un plotone di odiatori pronti a tutto cerca di darti una calmata. Ma questo è un altro discorso. Quello che voglio far notare è che ora la storia è un po' diversa, vero? Ora il conflitto di interesse pesa molto meno, vero? Sia il Formiga che i suoi amici si trovavano lì perché "selezionati" a monte dalle loro storie pregresse e non perché av

venerdì 20 settembre 2019

COSA MI HA INSEGNATO QUESTA VICENDA

COSA MI HA INSEGNATO QUESTA VICENDA
Ora più di ieri sono un po' più incline a pensare che ciò che mantiene le persone sulla retta via sia semplicemente l'inerzia. Siamo stranamente passivi nelle nostre inclinazioni fondamentali, ma ci comporteremmo male se ne avessimo l' opportunità.

sabato 23 febbraio 2019

LA MIA SU FORMIGONI

LA MIA SU FORMIGONI

Su Formigoni, senza saper nulla, reso edotto solo dalle superficiali cronache giornalistiche dell’epoca, ho una mia “narrativa” (non vedevo l’ora di usare questa parola). E’ da quella che partirò il giorno che vorrò approfondire la faccenda ed estinguere i miei pregiudizi. La espongo brevemente.

C’era una volta, tanti anni fa, sotto il ciel di Lombardia che è così bello quando è bello, un gruppetto di giovani aitanti amici visionari che si raccoglievano intorno a CL – capeggiati dal sig. Vittadini – per sognare tutti assieme un bellissimo sogno: privatizzare il pezzente welfare italico.

Era il periodo in cui impazzava nelle sacrestie il “principio di sussidiarietà”, una roba citata nella dottrina sociale della chiesa che rivestiva a pennello la mossa politica di cui sopra. Do you remember? Altri tempi, ora che il "must" sono le pezze al culo.

Naturalmente non usavano la parola “privatizzare”, quella era tabù ieri come lo è oggi, ricorrevano piuttosto ad espressioni involute con un profumino cattolicizzante, roba del tipo: “… rendere partecipi i corpi sociali alla cura di chi è nel bisogno…”, “… valorizzare le presenze sul territorio per una vera coesione sociale…”, “… dare dignità e protagonismo nella cura del prossimo agli uomini di buona volontà…”. Eccetera.

Nella sostanza si trattava di creare una sanità con il privato accreditato.

Alcuni di questi pionieri si sono buttati nella professione medica (i nostri ospedali sono strapieni di ciellini), altri in politica (es. Lupi e Formigoni…), altri ancora nell’imprenditoria sanitaria. Quando il Formiga ebbe successo e diventò nientemeno che governatore della regione il sogno poteva finalmente realizzarsi.

Attenzione bene adesso. Ma quali erano all'atto del fatidico "via" le strutture già pronte a ricevere un accreditamento plausibile? Pensateci bene, ma è ovvio! Quelle già messe in piedi per tempo a questo scopo da chi a questo progetto aveva creduto fin dall’inizio, ovvero gli amici intimi di Formigoni, gente con cui ai tempi della bohem visionaria il Nostro aveva fatto vacanze a Riccione con la cassa comune da cui attingere per il pattino e che ora potevano offrirgli vacanze da sogno senza conguaglio. Ditemi voi cosa poteva farci il povero Formiga se la sua controparte – per ragioni facilmente comprensibili - era costituita quasi esclusivamente da quei suoi amici che avevano sognato il suo stesso sogno di gioventù ciellina? Certo, il narcisismo dell’uomo (vedasi la tinta delle sue camicie e le comparsate su “Scherzi a parte”) lo ha fatto ingenuamente cadere in tentazione, un politico scafato difficilmente avrebbe abboccato.

Dopodiché c’è il lato ironico della faccenda. L’idea coasiana dei ciellini era quella giusta, il sistema Formigoni è sbocciato e ha reso la già buona sanità lombarda un polo di eccellenza in tutta Europa, una meta del turismo sanitario; alla chetichella viene scopiazzata a destra e a manca e in regione Lombardia, i suoi successori, per non essere contaminati dall’appestato, dichiarano prontamente dopo qualche minuto dall’elezione una riforma sanitaria che – una volta spenti i riflettori - si limiterà a levare la polvere dalle mensole lasciando intatta la struttura portante.

Il tutto con il Nostro che langue a Bollate.

Cosa diceva quel tale? “… meglio un ladro competente che un intransigente con il paraocchi…”. Ecco.

Ora sono pronto ad approfondire.