lunedì 18 marzo 2019

SOSPETTI MALEVOLI

SOSPETTI MALEVOLI
La storia è all’incirca questa: Greta Thunberg è preoccupata per i sacchetti di cellophane nell’ oceano (piange senza sosta durante un documentario visto alla TV), ma soprattutto per il clima che cambia. Conosco il soggetto, ho in casa una vegana naturista intransigente sempre in ansia per la sorte delle formiche e sempre rabbiosa quando ai margini di un’ innocua favoletta fa capolino un cacciatore. Ma Greta è una tipa intraprendente e trasforma il suo dolore in azione: decide di bigiare la scuola al Venerdì per piazzarsi davanti al parlamento di Stoccolma chiedendo ai politici “un mondo migliore”. Diviene ben presto un’icona della “nuova generazione” e in suo nome vengono organizzate manifestazioni di portata continentale.
Tutto qui? Difficile crederlo. Difficile anche per chi non ha nessuna intenzione di buttarla sulla “manipolazione” dei minori. I sentimenti di Greta sono sinceri ma dietro di lei si sente girare una colossale macchina propagandistica.
Ma è ipocrisia a fin di bene, dicono sensatamente i difensori del fenomeno. Lo ammetto, su di me l’ipocrisia è sempre “a fin di male”, non so perché ma quando è così scoperta mi tira fuori il peggio.
Innanzitutto, quando l’ipocrisia è utilizzata con tanta disinvoltura probabilmente se ne fa uso anche altrove. Io, almeno, ne sento l’odore ovunque. Tutti i sospetti diventano legittimi, in particolare quello per cui la semioticizzata sinistra europea stia tentando di camuffare i suoi obbiettivi politici dietro il mascherone del buon senso naif ben rappresentato da una bambina col faccione a luna piena.
Dietro Greta c’è “Greta”, e questo mi dà alcune sensazione.
Ho come la sensazione di sapere cosa ne pensi “Greta” circa la possibilità di affrontare il problema che tanto l’angoscia con la costruzione a distesa sul continente di centrali nucleari.
Ho come la sensazione di sapere cosa ne pensi “Greta” circa la possibilità di affrontare il problema che tanto l’angoscia sparando tra le nuvole una cannonata di agenti chimici in grado di ridurre la CO2, oppure di catturarla attraverso i processi artificiali dell’ingegneria climatica.
Ho come la sensazione di sapere cosa ne pensi “Greta” circa la possibilità di affrontare il problema che tanto l’angoscia con una corposa carbon tax destinata a creare sempre maggiori diseguaglianze nelle società contemporanee.
E chissà che ne pensa “Greta” dell’ipotesi secondo cui lei e la sua generazione erediteranno un mondo tremendamente migliore rispetto a quello ereditato dalle generazioni precedenti, e che le sue lamentele sono quelle tipiche della generazione-bambocciona. Chissà poi se si tranquillizza cessando il lamento venendo a sapere che le soluzioni preventive del problema climatico sono proibitive perché costosissime è inefficienti, e che è più ragionevole organizzarsi per una sana resilienza.
Ho come la sensazione di sapere cosa abbia invece nella testa “Greta”. Roba tipo: energie alternative, auto elettrica, cambiamento degli stili di vita, decrescita felice e altra roba del genere.
Certo, le mie sono solo sensazioni, solo sospetti.
Ma quando al centro del tuo progetto ci metti una quintalata di ipocrisia e di “non detto” i sospetti diventano automaticamente delle prove.