mercoledì 6 marzo 2019

Processo alla ragione

Processo alla ragione

Leggendo e riflettendo sul saggio di Daniel Sperber: “Reason on trial 
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Si comincia con Cartesio e il suo ambizioso progetto: liquidare tutte le opinioni soggettive. Cosa resta?
Ricostruire la conoscenza da zero.
Cartesio mette al centro il singolo, odiava la conoscenza collettiva (winsdom of the crowd).
Il culto della solitudine e della riflessione. Per Cartesio cio’ che apprendiamo dai libri va accantonato. L’unica saggezza è la ragione individuale.
Questo non fa di lui un élitario, sia chiaro: “buon senso e ragione sono le risorse più equamente distribuite nei cervelli della gente”.
Ma veniamo a noi, siamo affetti da un grave pregiudizio: ci riteniamo razionali!
Non solo, anche gli altri sono razionali, per noi: infatti ci arrabbiamo quando difendono opinioni che riteniamo assurde.
Per noi la ragione è solo uno strumento per scoprire la verità, da qui la nostra incredulità quando i sentieri divergono. Diamo per scontato che tutte le persone assennate vedano la stessa cosa.
Per noi la ragione è come un organo di senso: se davanti a me c’è un tavolo, una persona sana vede un tavolo. Punto.
Il disaccordo per Cartesio: le cose possono essere viste da angolazionidifferenti.
Ma Cartesio non fa che traslare l’enigma: l’angolazione migliore per vedere le cose non dovrebbe essere scelta secondo ragione?
Un detrattore della ragione, Lutero: “la ragione è una puttana infame”.
Difensori della ragione: Aristotele, Cartesio, Kant, Popper… Detrattori: Lutero, Hume, Kierkegaard, Foucault…
Argomento a difesa: dubiti della potenza della ragione? Guarda le scienze!
Un caso eclatante: Eratostene e come arrivò a misurare la circonferenza della terra. Che la terra fosse rotondo già lo si sapeva dalla curvatura dell’orizzonte. Un proverbio locale menzionava un pozzo di Aswan dove il sole, un giorno all’anno, si rifletteva perfettamente nell’acqua, evidentemente era al suo Zenith. Individuato il giorno fatidico lo attese per misurare la lunghezza dell’ombra dell’obelisco di fronte alla biblioteca di Alessandria dove era direttore. Poi calcolò la distanza tra il pozzo e l’obelisco ricavando l’angolatura dei raggi e la curvatura dell’arco terrestre che univa i due luoghi prescelti. Infine calcolo la lunghezza della circonferenza in grado di chiudere l’arco di cui sopra.
Ma l’accusa a questo punto introduce un test a sorpresa: Ted Kaczynski, un uomo indubbiamente dotato di solida ragione. Laureato ad Harward con la lode e una tesi in cui risolveva brillantemente un problema matematico che da sempre assillava il suo relatore. Subito assunto a Berkley.
Improvvisamente TK cambiò vita, si dimise da tutti gli incarichi accademici per ritirarsi in una baracca nel Montana dove si sprofondò in letture sociologiche teorizzando sempre più convintamente sul carattere distruttivo della tecnologia moderna.
La medicina di tutti i mali per TK: una rivoluzione violenta.
TK passa all’azione: nel 1978 comincia a mandare per posta bombe ai sui ex colleghe e a varie università.
Scrisse un manifesto ideologico e pretese che fosse pubblicato sul NYT.
La difesa chiese per lui l’incapacità di intendere e di volere. Quella che sembrava una razionalità metodica era in realtà un’assenza totale di ragione.
Quello che ci interessa qui: perché un brillante matematico si trasformò in un fuori di testa?
Leggete il suo manifesto: è zeppo di formule trite già sostenute da altri rispettati filosofi e sociologi. Un documento più razionale di molti discorsi politici, tanto per dire.
TK è solo stato “conseguente”. Un assassino non per mancanza di cervello ma per un eccessivo uso del cervello. La sua colpa: l’ idolatria della coerenza.
Una credenza assurda che ha minato tutto: pensare che mandando qualche bombetta qua e là ad accademici di secondo piano avrebbe innescato la “rivoluzione”.
La ragione ha questo difetto: un ragionamento è potente quanto la parte più debole di esso.
Nel processo alla ragione sia l’accusa che la difesa, in un caso come quello di TK, non avrebbero problemi a reclutare testimoni.
Il processo a TK è una buona metafora della “guerra sulla razionalità” combattuta dagli psicologi per decenni.
Come mai i sofisticati ragionamenti sulla ragione non riescono a definirla in modo convincente? Tutto è molto sospetto.
Cos’è la logica? La logica sembra essere un passaggio formale da alcune premesse ad una conclusione, eppure nella mente umana sembra che il contenuto delle premesse incida sul passaggio. La conoscenza di fondo e le aspettative interferiscono pesantemente.
Nel 1980, quando il tennista Bjorn Borg era all’apice del suo successo e vinceva spesso in rimonta, venne chiesto un pronostico da alcune “cavie” che assistevano ad un torneo. Le risposte possibili a loro disposizione: 1. Borg vincerà la partita. 2. Borg perderà il primo set. 3. Borg perderà il primo set ma vincerà la partita. 4. Borg vincerà il primo set ma perderà la partita.
In molti assegnarono a 3 una probabilità maggiore rispetto a 1. Assurdo. Si chiama “fallacia della congiunzione”.
C’è poi il problema dello scomparto: nel villaggio di Denton ci sono ventidue agricoltori. Tutti gli agricoltori hanno almeno una mucca. Nessuno degli agricoltori ha più di diciassette mucche. Quanto è probabile che almeno due allevatori a Denton abbiano esattamente lo stesso numero di mucche?
Risposta: è certo, non solo probabile, che almeno 2 agricoltori abbiano lo stesso numero di mucche. In pochi ci arrivano velocemente.
Riformulando ci arrivano tutti: nel villaggio di Denton ci sono ventidue agricoltori. Tutti gli agricoltori hanno avuto una visita dall’ispettore sanitario. Le visite dell’ispettore sanitario hanno avuto luogo tra il primo e il diciassettesimo giorno di febbraio di quest’anno. Quanto è probabile che almeno due agricoltori a Denton abbiano avuto la visita dell’ispettore sanitario nello stesso giorno?
Ecco, questi esempi non evidenziano gravi lacune nei nostri ragionamenti? Dobbiamo preoccuparci?
Sembra chiaro comunque che una qualche forma di razionalità esista: la usiamo tutti i giorni. Pensiamo solo alla congiunzione “e” o e alla disgiunzione “o”.
Jack (a Jill): Ho prestato il mio ombrello a te o a Susan, non ricordo a chi. Jill: Beh, non me lo hai prestato! Jack: Oh, poi ho prestato a Susan. Jill: Giusto! Non bisogna aver studiato logica per arrivarci.
Alcuni psicologi – Jean Piaget, Martin Braine e Lance Rips – hanno sostenuto che noi compiamo le nostre deduzioni attraverso un meccanismo di “logica mentale” che governa la nostra mente. la nostra mente è una macchina che quando funziona in modo adeguato “ragiona” conformemente alla logica.
Una spiegazione alternativa a cura di Philip Johnson-Laird e Ruth Byrne: la nostra mente si rappresenta dei modelli ed esclude quello incompatibile con gli altri. Il modello in cui Jack presta il suo ombrello a Susan è incompatibile con quello in cui presta a Jill.
Mental logic v Mental model. Non so se ho capito bene la distinzione, ad ogni modo qui non conta molto, si tratta di due modi di difendere la ragione umana.
Entrambi i modelli, comunque, ammettono che la mente umana accede solo ai ragionamenti più semplici. Quelli più complessi sono disseminati da trappole.
Il modello logico di base è quello dell’inferenza: da due premesse (maggiore e minore) si inferisce una conclusione.
Basta poco a creare confusione, basta aggiungere una premessa. Esempio: 1) Prima premessa maggiore: se Mary ha un compito, studierà fino a tardi in biblioteca. 2) Seconda premessa maggiore: se la biblioteca rimane aperta, Mary studierà fino a tardi nella biblioteca. 3) Premessa minore: Mary ha un compito. 4) Conclusione?
Solo il 38% giunge alla conclusione corretta, ovvero che Mary studierà fino a tardi in biblioteca.
Evidentemente la nostra mente non è governata da un meccanismologico, altrimenti… Noi “rappresentiamo” ma spesso rappresentiamo in modo scorretto.
In questo caso noi diamo per scontato che la seconda premessa maggiore sia rilevante quando invece non lo è affatto. La gente è portata a chiedersi: e se Mery ha un compito ma la biblio è chiusa? La domanda è assurda visto che la prima premessa maggiore già ci assicura che se ha un compito studierà in biblio fino a tardi (magari ha un pass, a noi la faccenda non riguarda).
Forse la nostra mente consolida le premesse in un unica premessa del tipo: “Se Mary ha un compito e se la biblioteca rimane aperta, allora Mary studierà tardi nella biblioteca”. Il che è palesemente scorretto.
Altri difensori della ragione sostengono che il laboratorio degli psicologi non è un contesto realistico: perché dovrei sforzarmi di ragionare bene quando non sono incentivato a farlo?
Insomma, gli psicologi fanno domande irrazionali e ricevono risposte irrazionali.
C’è chi sostiene l’esistenza di un’analogia tra illusioni cognitive e illusioni ottiche.
L’illusione di Edward Adelson: è più chiaro il quadrato A o il quadrato B? Risposta unanime: B. Sbagliatissimo, hanno la stessa sfumatura di grigio.
Risultati immagini per Edward Adelson illusion
Cosa succede nell’illusione di Adelson? La nostra percezione non riporta la luce effettivamente riflessa dai quadrati ma la proporzione tra la luce che investe i quadrati e quella che riflettono (riflettenza). Riflettenza: luce che investe/luce riflessa.
Ergo: la stessa superficie di grigio puo’ ricevere e quindi riflettere diverse sfumature.
Per cogliere l’illusione: annullare mentalmente la tridimensionalità della figura (è dura, vi avverto).
Torniamo all’illusione cognitiva di cui Mary: in genere noi ci aspettiamo che quanto ci viene detto sia rilevante. E’ questo che ci inganna, esattamente come la riflettenza attesa ci inganna nella percezione visiva quando in realtà non esiste.
Quando alla gente viene detto che “Mary studierà in biblioteca se la biblioteca sarà aperta” si aspetta che l’informazione abbia un pesonella soluzione del problema.
Ci vuole pazienza e allenamento per dissolvere le illusioni. Sia quelle cognitive che quelle ottiche.
Le facoltà da utilizzare in questi casi le abbiamo tutti ma sono arrugginite perché poco utili nella vita quotidiana.
La conclusione dei difensori della ragione: il fatto che l’uomo medio fallisca nel districarsi in questi problemi non implica che sia irrazionale.
Una cosa comunque l’abbiamo appurata: il rapporto tra logica e ragionamento umana è tutt’altro che lineare.
Qualche provocatore avanza il dubbio che siano cose fondamentalmente diverse. Il ragionamento umano è davvero cio’ che ammirava Cartesio e disprezzava Lutero?
La ragione che ci distingue dagli animali e di cui per millenni tanti filosofi si sono vantati esiste veramente o è solo un manichino che cela una realtà ben diversa da quel che si credeva?