Aberrante il modo in cui don Marco è venuto al corrente della vicenda: alla vigilia della pubblicazione di uno scoop sul Corriere della sera, settimane prima di ricevere l’avviso di garanzia dal Tribunale, la giornalista lo chiama informandolo di quello che l’indomani avrebbe scritto sul giornale e chiedendo dichiarazioni. Altro che presunzione di innocenza!
Don Marco si è sempre detto innocente e nel primo grado di giudizio ha rifiutato il rito abbreviato
Il primo grado, nonostante il PM avesse chiesto dodici anni di carcere, si conclude con l’assoluzione dell’imputato “perché il fatto non sussiste” e non perché le prove raccolte non permettessero di andare al di là di ogni ragionevole dubbio.
Nel dibattimento credo abbia pesato oltre che le contraddizioni di spazio e di tempo della presunta parte offesa, anche una serie di affermazioni che apparivano alquanto inverosimili: le violenze sarebbero avvenute a scuola, in aula, durante le lezioni, oppure in sacrestia prima e dopo la santa Messa (come per il cardinale Pell in Australia) oppure in oratorio, durante le attività estive ma in un’aula dell’oratorio, con la porta aperta, con incuranza del fatto che la situazione poteva essere scoperta da chiunque. Credo abbia pesato anche il quaderno dei verbali della psicologa che nel periodo dell’adolescenza seguì la ragazza (evidentemente con una situazione di fragilità) per conto dei servizi sociali del territorio: dal quaderno infatti non emerge nulla, sebbene la ragazza avesse confidenza con la psicologa, tanto da rivelare anche alcuni dettagli intimi della sua vita personale e alcuni particolari imbarazzanti del suo vissuto familiare. Per di più, la difesa dell’imputato ha messo in luce come da questa fonte si possa leggere il desiderio della ragazza di diventare negli anni delle superiori animatrice per le attività oratoriane estive: inverosimile che, appena terminate le perverse attenzioni del prete, la vittima desiderasse tornare in contatto con lui.
a gennaio 2018 don Marco viene condannato a sei anni, 15 mila euro di risarcimento oltre che le pene accessorie, benché non si fosse aggiunto un minimo dettaglio che potesse far pensare alla colpevolezza.
La comunità di Serina, di fronte a una sentenza che trova profondamente ingiusta ma che pure rispetta, senza la volontà di fare processi in piazza (altrimenti avrebbe agito prima) decide di mandare una lettera all’ex curato, che è stato con loro per dodici anni, sempre amato e stimato
Come è stato detto durante il processo di don Marco: l’inverosimiglianza è sintomo di verità; se le accuse fossero inventate sarebbero ovviamente profondamente coerenti!
https://www.aldomariavalli.it/2019/03/25/cosi-don-marco-e-finito-in-carcere/