LA PARTITA IVA COME WELFARE
Alan Krueger ha tenuto d'occhio per anni il tipico disoccupato del XXI secolo, in genere non accetta una retrocessione, per esempio salari più bassi che in precedenza, preferisce stare sulla soglia in attesa di nuove offerte, piuttosto si mette in proprio, in questi casi l'esplosione di partite iva non è un segno di vitalità o di creatività dell'economia quanto piuttosto un sintomo che il mercato non offre lavori decenti: fare la fame da lavoratore autonomo è in qualche modo meno umiliante, uno apre il suo negozietto e tira a campare sperando che le cose un giorno andranno meglio. In futuro molti lavori saranno di questo tipo, una specie di welfare a base di partita IVA, molte di loro non sono imprenditori ma sognatori di posto fisso all'ufficio contabilità della multinazionale. Solo un decennio fa per impressionare sul tema dell'evasione bastava dire che il lavoratore autonomo medio guadagnava meno del dipendente, oggi non è più possibile farlo perché la cosa appartiene quasi al senso comune. Imprese individuali, consulenti, piccoli professionisti, mediatori, interinali, piccoli trasportatori... questo è il nuovo proletariato che si consola pensandosi “autonomo”. Anche i giovani tirano avanti a lavoretti posticipando l'età adulta: se ti cade la chiave nel tombino e sai usare il web troverai un qualcuno che per 80 euro ti risolverà i problemi, sono i nuovi lavori-flash; i giovani hanno molta più libertà e flessibilità delle generazioni precedenti, passano più tempo con amici o in famiglia, fanno festa tutte le sere nella piccola Brera giù in città, bevono e si divertono più di prima ma mancano di stabilità e progetti a lungo termine, diventano così poco ambiziosi e tirano avanti. La parola d'ordine è “rilassati”, chi punta in alto è mal visto.
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Alan Krueger ha tenuto d'occhio per anni il tipico disoccupato del XXI secolo, in genere non accetta una retrocessione, per esempio salari più bassi che in precedenza, preferisce stare sulla soglia in attesa di nuove offerte, piuttosto si mette in proprio, in questi casi l'esplosione di partite iva non è un segno di vitalità o di creatività dell'economia quanto piuttosto un sintomo che il mercato non offre lavori decenti: fare la fame da lavoratore autonomo è in qualche modo meno umiliante, uno apre il suo negozietto e tira a campare sperando che le cose un giorno andranno meglio. In futuro molti lavori saranno di questo tipo, una specie di welfare a base di partita IVA, molte di loro non sono imprenditori ma sognatori di posto fisso all'ufficio contabilità della multinazionale. Solo un decennio fa per impressionare sul tema dell'evasione bastava dire che il lavoratore autonomo medio guadagnava meno del dipendente, oggi non è più possibile farlo perché la cosa appartiene quasi al senso comune. Imprese individuali, consulenti, piccoli professionisti, mediatori, interinali, piccoli trasportatori... questo è il nuovo proletariato che si consola pensandosi “autonomo”. Anche i giovani tirano avanti a lavoretti posticipando l'età adulta: se ti cade la chiave nel tombino e sai usare il web troverai un qualcuno che per 80 euro ti risolverà i problemi, sono i nuovi lavori-flash; i giovani hanno molta più libertà e flessibilità delle generazioni precedenti, passano più tempo con amici o in famiglia, fanno festa tutte le sere nella piccola Brera giù in città, bevono e si divertono più di prima ma mancano di stabilità e progetti a lungo termine, diventano così poco ambiziosi e tirano avanti. La parola d'ordine è “rilassati”, chi punta in alto è mal visto.
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